Ritratti di Sanremo: Ermal Meta in gara al Festival di Sanremo con “Un milione di cose da dirti” presenta l’album “Tribù Urbana”

ERMAL META è in gara al 71° Festival di Sanremo con il brano “UN MILIONE DI COSE DA DIRTI”, contenuto nel nuovo album di inediti intitolato “Tribù Urbana”.

“Un milione di cose da dirti” è una canzone d’amore, una «semplicissima canzone d’amore», dal sound essenziale, pochi accordi per raccontare qualcosa di personale ma capace di risuonare anche a livello universale. Con questa ballad, il cantautore torna sul palco del Festival con la voglia di emozionarsi ed emozionare insediandosi con le sue parole sotto l’epidermide.

Parlando del suo nuovo album, Ermal Meta lo descrive come un lavoro pensato, scritto, realizzato e suonato immaginando di essere in platea, mimetizzato tra il pubblico, esattamente come chiunque di noi che, dopo più di un anno, torna a vedere un concerto con l’intento di lasciarsi trascinare e cantare a squarciagola. Ermal Meta non è rimasto confinato all’interno di un unico genere, il suo sound è di respiro internazionale, prende ispirazione dalla matrice rock degli esordi ma avanza spedito alla ricerca di nuovi suoni in modo sempre misurato e bilanciato. Mai come in questo caso il verbo “play” si addice perfettamente alla natura di “Tribù urbana”.

Nel frattempo Ermal Meta torna al Festival di Sanremo con uno spirito completamente diverso, l’obiettivo non è strettamente legato a una possibile vittoria bensì alla voglia di salire sull’unico palco in cui si possa cantare dal vivo in questo momento e, per chi come lui, respira musica da 20 anni, forse è questa la vittoria più importante in una situazione critica come quella che stiamo affrontando tutti. Nella canzone i personaggi non sono confinati in nomi e cognomi, ogni storia è un incantesimo e anche questa cerca di esserlo annullando i confini tra l’uno e l’altro. Un evento d’amore verticale in un crescendo di emozioni. Anche dal punto di vista visivo ci saranno importanti novità: forte del grande successo riscontrato dai suoi ultimi videoclip, anche Ermal Meta ha intuito l’importanza di porre l’accento sull’estetica dei propri lavori visuali e anche questa volta ha deciso di stupirci con un lavoro speciale e ragionato.

Ermal Meta

Ermal Meta

Per quanto riguarda la serata dei duetti al Festival di Sanremo, Ermal Meta spiega: “Canterò il 4 marzo ma non ho fatto un calcolo delle date. Per questo ho scelto “Caruso” di Lucio Dalla anche se tutti mi hanno sconsigliato di farla. Sono fatto così, cerco di andare controcorrente, preferisco misurarmi con i miei limiti, mettere i guanti e toccare l’intoccabile. Magari sbaglierò ma voglio misurarmi con questa canzone, vorrei provare a tirare una punizione al 93’ e vedere se mi avvicino allo specchio della rete. Insieme a me ci sarà la Napoli Mandolin Orchestra. Un giorno mi sono messo al pianoforte e ho registrato una take di “Caruso” e l’ho inviata al maestro Diego Calvetti a cui ho chiesto un arrangiamento degno della grandezza della canzone. Dato che è sempre molto difficile accostarsi a certe canzoni, gli ho suggerito che volevo farla con dei mandolini che fossero di Napoli. È stato Diego a parlarmi del gruppo e ovviamente ho subito detto di sì. Sarebbero dovuto essere 12 ma ci hanno consentito di poterne invitare solo 4. Sono sicuro che sarà stupendo, la canzone napoletana non mi ha formato ma, anche senza poter riuscire a spiegarne il motivo, sento un legame molto forte con Napoli. La prima volta che ci sono andato mi sono sentito a casa, la sento molto vicina e credo che sia la rappresentazione dell’Italia intera. Chi non capisce Napoli, non può capire l’Italia, anche musicalmente parlando. Ad ogni modo preferisco la serata delle cover rispetto alla rivisitazione degli inediti perché ti misuri con canzoni che conoscono tutti e le persone non devono far fatica potendosi concentrare solo sull’interpretazione che ne fanno i cantanti in gara”.

ermal-meta-tribu-urbana

Tornando al disco “Tribù Urbana”, Ermal Meta racconta: “In questo lavoro lavoro ci sono storie nascoste. Ad esempio il brano “Invisibili” è una canzone molto importante nata dopo un viaggio negli USA durante il quale ho fotografato tanti homeless fino a fermarmi a parlare proprio con uno di loro. Nel giorno del suo compleanno, quest’uomo mi ha raccontato parte della sua vita e ho pensato che quella fosse una bella storia che nessuno avrebbe mai ascoltato e voluto darle un mezzo per farla volare. Tutti noi siamo stato invisibili almeno una volta, nella mia canzone gli invisibili diventano supereroi. C’è poi il brano “Stelle cadenti” che magari sulla carta poteva essere il brano più adatto per Sanremo ma in realtà mi sembrava pù giusto andarci con una ballad. Questa canzone è la vita fotografata in modo molto artistico ma poco nitido, questo aspetto la rende sicuramente più estiva. Un altro brano fondamentale è “Nina e Sara”: la storia è ambientata nel 1987 e ci porta a riflettere sul fatto che la nostra libertà individuale è ancora confinata tra mille tabù. La vicenda nasce da una storia personale, da ragazzino a 16 anni avevo una fidanzatina che spesso si comportava come un’anima in pena sia con me che con gli altri. Non ero in grado di capire cosa avesse, non ero in grado di spiegarlo. Solo dopo due o tre anni che ci eravamo lasciati l’ho ritrovata felice e fidanzata con una ragazza. La società non le ha dato gli strumenti per comprendere di non essere in errore e ancora oggi c’è una strada molto lunga da percorrere su questo tema. Quando la rividi, pensai a quanto potesse aver sofferto negli anni precedenti e ho voluto omaggiarla con questa canzone. Questo è un disco strano per me, ci ho lavorato con la voglia di libertà quando la libertà mancava, non ho pensato a nessuna collaborazione. Ho fatto qualcosa con un mio grande amico ma è un progetto che esula da questo album e l’ho fatto per puro gusto artistico. Ci sono troppi feat in giro, spesso anche scollegati tra loro. La verità è semplicemente non ho pensato di chiamare nessuno e va bene così”.

Raffaella Sbrescia

 

Ritratti di giovani autori: intervista a Evandro

Ritratti di Note ha incontrato ed intervistato Evandro, il giovante cantautore romano, che fino a qualche settimana fa, ha fatto parte della classe della nuova edizione di “Amici”, il Talent condotto da Maria De Filippi.
Evandro ha risposto simpaticamente alle mie domande, e alle tante domande dei fans che hanno inondato i nostri Social negli ultimi giorni.

Evandro

Evandro

Evandro partiamo proprio da “Amici”. Il tuo personale bilancio di questa esperienza.

Beh, devo dire che la partecipazione ad “Amici” mi ha dato tanto e il bilancio è positivoè stata una bellissima esperienza, e adesso è diventata un bellissimo ricordo.
“Amici” mi ha messo alla prova, sia come persona che come musicista. È stato fortemente formativo ma anche impegnativo, però, come ho detto anche in trasmissione, sono queste le cose che fanno crescere.

Parliamo del tuo inedito, già molto ascoltato, “Guacamole”. Come è nata questa canzone?

“Guacamole” è nata in un periodo “vuoto” della mia vita. Ero appena arrivato in Inghilterra, cambiando la mia vita nel giro di dieci giorni. Sono partito per frequentare una scuola statale lì e avevo appena lasciato la mia fidanzata dopo una relazione durata tre anni. Ho scritto “Guacamole” in questa fase, ed è stata la mia prima prova di scrittura. Il tema principale della canzone non è l’amore ma il vuoto raccontato attraverso una relazione. La storia d’amore è stato un espediente per raccontare quel periodo di tedio e noia totale.

Lyric video: Guacamole

C’è molta attesa da parte dei tuoi fans per il video di “Guacamole”. Verrà pubblicato?

Il videoclip era pronto prima che uscissi dal Talent e, secondo me, era anche molto carino. Ci sono stati problemi sulla pubblicazione, sto lavorando per modificarlo e lo sto rimettendo a posto. Spero di pubblicarlo al più presto.

Un’altra tua canzone molto amata è “Roma Centro”. Uscirà come singolo?

Certo, bisogna solo capire quando farlo uscire. Spero che tutti siano abbastanza pazienti da aspettare.

Cosa ami fare nel tempo libero?

Leggere, quando ci riesco. Il telefono mi distrae molto. Poi mi piace molto disegnare, pratico una sorta di funambolismo che si chiama Slacklining, e salto la corda. Quest’ultima cosa mi riesce molto bene.
Senza dimenticare che studio anche…

A proposito del disegno, come è nata la tua pagina Instagram di disegni Scarasbratti?

La pagina è nata nello stesso periodo del brano “Guacamole”. Non avevo molta voglia di comunicare con le persone che mi circondavano e con le quali non ero in sintonia, e mi sono dedicato al disegno. Ho pensato “Apriamo una pagina Instagram e vediamo cosa succede”…

Cantautori preferiti oltre Bob Dylan?

Tra i giovani cantautori mi piace molto Giorgio Poi. Tra i classici, Lucio Dalla e Kate Bush. Lei è una grande…

Cosa ti ha insegnato l’esperienza di “Amici?

Tante cose. Ogni settimana, dal punto di vista musicale, riuscivo a capire cosa avessi imparato. Una settimana imparavo qualcosa sull’interpretazione, un’altra settimana qualcosa sulla tecnica. Dentro la casetta, convivere con quindici sconosciuti, con i quali inevitabilmente non si è sempre in sintonia, mi ha insegnato molto dal punto di vista umano.
Io ho costruito quasi con tutti gli altri ragazzi un bellissimo rapporto, sono persone che rivedrò volentieri anche fuori dalla scuola. Anche le situazioni di difficoltà, le tensioni tra noi, mi hanno insegnato umanamente a gestire meglio diverse situazioni al di fuori della casa.

So che hai costruito un profondo legame di amicizia con un altro artista di “Amici”, il ballerino Samuele Barbetta.

Eh sì, Samuelito mi manca molto. So che ci rivedremo presto perché lui verrà a trovarmi a Roma ed io andrò a casa sua a Padova. Abbiamo in programma di visitare insieme Chioggia e di mangiare tanti Kebab. Sono passato dal vederlo per tre mesi tutti i giorni, perché siamo stati anche compagni di stanza, a non vedere più quotidianamente le sue splendide coreografie, o le sue cose particolari, come dormire sul pavimento. La sua mancanza si fa sentire abbastanza…

Tra i tuoi prossimi progetti c’è anche un Album?

Sì, necessariamente. A meno che non decida di lasciare la vita del cantautore (ride) No, scherzi a parte, ci sto lavorando, vediamo come andrà…

Una domanda decisamente simpatica. Sei già stato fermato per strada da qualche fan scatenato?

Sì, pensavo che non succedesse per niente. Sono stato fermato per strada già tre volte.
In particolare, una volta, mi è presa una scarica di adrenalina, ero al bar a prendere una birra con una amica quando la cassiera mi guarda ed esclama… “Ma tu sei Evandro di “Amici”?…Lì mi è esploso il cuore. Non ci si abitua facilmente a queste cose.

Una frase che ti hanno dedicato in molti è ”Bubi sei fortissimo”. Un pensiero a tutti i fans che ti hanno scritto.

Sto ricevendo una quantità di supporto e di affetto che mai avrei immaginato nella vita. Sembra scontato dire “Grazie”, ma io ringrazio davvero di cuore le pagine dedicate e tutti i fans. Senza di loro, sarebbe stato più duro uscire dal Talent, invece, grazie al sostegno che mi sto portando dietro, mi sento compreso da tutti i ragazzi che mi seguono. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Li adoro.

Giuliana Galasso

Ritratti di giovani autori: intervista a Elena Faggi in gara a Sanremo Giovani

Ritratti di Note ha incontrato ed intervistato Elena Faggi, la cantautrice diciannovenne che quest’anno sarà in gara tra i Giovani al Festival di Sanremo con il brano “Che ne so”.

Elena Faggi

Elena Faggi

Elena, le tue sensazioni a pochi giorni da Sanremo 2021. Sarà un Festival particolare, senza pubblico, ma credo che l’emozione si farà sentire lo stesso

Sì, è vero, l’emozione ci sarà, e comunque io sono già molto emozionata. Diciamo che è da Dicembre che sto aspettando questo momento e, arrivata a questo punto, mi sembra che il tempo sia volato, manca davvero poco. Non ho il tempo di annoiarmi perché sono sempre piena di pensieri e di cose da fare, e sono grata di tutto ciò. In un periodo così cupo, farò un’esperienza così importante che mi permetterà anche di regalare un po’ di leggerezza grazie al mio pezzo.

Stiamo ascoltando da molte settimane, in radio e su tutte le piattaforme digitali, il tuo pezzo “Che ne so”. Per questa canzone ha avuto un peso importante l’arrangiamento di tuo fratello Francesco Faggi.

Sì, per la canzone ho scritto io testo, musica e melodia. “Che ne so” era nata da un’idea di voce e ukulele. L’ arrangiamento che ha fatto Francesco ha donato un valore aggiunto. L’ha cambiata decisamente in meglio. È diventata la canzone che avevo scritto io, ma con più musicalità. Francesco l’ha resa in qualche modo “speciale”.

Video: Che ne so

 

Facciamo un passo indietro.
Quando è scoccato il colpo di fulmine tra te e la musica?

Praticamente da sempre. Ho iniziato piccolissima, avevo quasi sei anni. Ho iniziato a quell’età a suonare il violino, poi ho cominciato a prendere lezioni di teatro e di musical, e alla fine sono venute anche le lezioni di canto. Dopo l’esperienza di Italia’s Got Talent nel 2017, ho iniziato anche a scrivere le prime canzoni.

A proposito di Italia’s Got Talent, che ricordi hai di quell’esperienza, condivisa con tuo fratello Francesco? Tra l’altro, dopo l’esibizione, avete ricevuto subito anche il Golden Buzzer, che vi ha portato direttamente in finale.

Italia’s Got Talent è stata un’esperienza unica. Io e Francesco non ci aspettavamo assolutamente di ricevere il Golden Buzzer. Io avevo solo quattordici anni, ma stare su quel palco, con tutte quelle persone, mi ha fatto capire che è lì, su un palco, che voglio rimanere, spero per il resto della mia vita.
Vorrei lavorare con la musica per sempre.

Con tuo fratello Francesco, c’è un legame profondo, anche dal punto di vista professionale. Ti accompagnerà a Sanremo e ti seguirà in qualche modo in questa esperienza?

Sì, Francesco sarà proprio con me sul palco. Sarà di fianco a me, al pianoforte a coda, e questo mi rende ancora più felice.

Quale genere di musica hai ascoltato fin da piccola, e ti ha formato poi anche artisticamente?

Da piccola, e di questo ringrazierò sempre mio padre, ho ascoltato molto i Queen, Michael Jackson ed Elisa, poi crescendo, ho iniziato ad ascoltare Ed Sheeran, Billie Eilish, Bruno Mars. Negli ultimi due anni mi sono dedicata molto all’R&B americano. H.E.R. è un’artista che amo alla follia…

Il brano “Che ne so” racconta di quella fase dell’innamoramento in cui ci sono ancora dubbi sulla persona che abbiamo di fronte, e non sappiamo ancora se siamo ricambiati.
Credo che la forza di questa canzone sia anche nella frase “Forse un po’, forse no, che ne so”; in queste parole ci sono i tuoi diciannove anni, ma anche i nostri quaranta, e gli anni di tutti, perché il messaggio che dà è davvero trasversale.

Mi fa piacere che tu mi dica questo, perché questo è il mio obiettivo. Alla fine, io non scrivo per riferirmi solo ad un determinato gruppo di persone. Voglio che il mio messaggio possa essere condiviso più o meno da tutti, che ognuno possa interpretarlo come vuole. È bellissimo sentirsi dire questa cosa…

Cosa ti aspetti da questo Festival, e cosa ti aspetta dopo?

Per me il Festival è una grande vetrina, un evento che non mi aspettavo di vivere a questa età. Lo affronterò con il massimo dell’energia, cercando di dare il meglio di me stessa. So che sarà un’esperienza unica.
È un inizio importante. Poi lavorerò perché il futuro sia sempre migliore.
Dopo Sanremo farò sicuramente uscire un altro singolo. Per il resto preferisco non spoilerare ancora.

Ti abbiamo sempre vista e ascoltata in duetto con tuo fratello Francesco.
Un altro artista, italiano o internazionale, con il quale ti piacerebbe duettare in futuro?

Tra gli italiani, Frah Quintale.
Tra gli internazionali, Ed Sheeran, ma anche Ella May, H.E.R., Amalia. Se si sogna, bisogna farlo in grande.

Giuliana Galasso

Ritratti di Sanremo. Aiello: Al Festival presento “Ora” e il mio nuovo pop “Meridionale”

Cosentino di nascita, romano di adozione, AIELLO parteciperà al Festival di Sanremo 2021 nella sezione Campioni con il brano “ORA”, che sarà incluso, così come i precedenti singoli estratti, nella tracklist del nuovo progetto discografico dell’artista intitolato “Meridionale” in uscita il 12 marzo 2021.

MERIDIONALE AIELLO

“Il mio secondo disco è un progetto a cui tengo particolarmente. Dopo “Ex-Voto”, questo nuovo lavoro rappresenta un modo per provare a confermare a chi mi ha apprezzato che non si è trattato solo di un abbaglio. Si tratta di un lavoro di grande onestà e trasparenza, l’ho portato avanti senza tradirmi cercando di fare un passo in avanti e di evolvermi seguendo il mio modo di vivere la musica. Il titolo rispecchia le mie origini e omaggia la Calabria, la terra che mi ha dato la voce. Una terra spigolosa, aspra, piena di ombre ma molto bella e molto generosa, circondata dal mare e dai sapori forti. Volevo accendere una luce su una terra di cui si parla poco, non si tratta di dualismo; vivo a Roma e amo Milano. Il meridione appartiene a tutti e la musica è contaminazione, è mescolare cose diverse e questa è la mia visione. Nel mio album ascolterete pop, clubbing, sonorità street, urban, classic in un turbinio di colori diversi.

La mescolanza tra generi musicali non è un lavoro artificioso. La mia terra è stata particolarmente soggetta a diverse colonizzazioni, ho voluto racchiudere un percorso culturale nel mio linguaggio contemporaneo, parlo di storie nuove ma anche di qualche storia che non sono riuscito a cancellare. Il disco gode della presenza di tre produttori: Brail, Alessandro Forte e MACE che, invece, ha coprodotto il brano sanremese. Sulla base di questa premessa spero che l’ascolto possa offrire diversi spunti. Ragiono in ottica di live, da spettatore ho sempre sognato una musica fatta di abbracci, lacrime e sudore; questa è la mia visione. La carnalità e la passione sono due caratteristiche che mi rispecchiano e che ho sempre riscontrato nelle popolazioni del sud del mondo nonché nel mio modo di vedere le cose e soprattutto la musica.

Nel brano “Ora” racconto la storia di un ragazzo che si appresta a vivere una storia d’amore e, come spesso accade, lo fa tramite il sesso: un sesso curativo ma non abbastanza, tossico ma solo in parte. Si tratta di un pezzo molto carnale, urlo di essere stato uno stronzo, non è banale ammetterlo, di solito è più facile incolpare qualcun altro, lo stronzo sono stato io e me ne assumo la responsabilità.

Ero solo nella mia casa di Roma, ho realizzato di avere delle colpe, ho parlato di sesso, un sesso speciale, che ho definito ibuprofene. Sono scappato, me sono pentito, non si può tornare indietro ma era giusto che chiedessi a me stesso cosa fosse accaduto e spiegarmelo. Ho voluto vestire le parole in modo non scontato, non volevo tradire la mia visione di musica.

 

Sono sempre stato un fan del Festival di Sanremo, tanti lo considerano pesante ma alla fine siamo tutti a guardarlo e a giudicarlo. Non ho mai pensato che fosse un passaggio obbligato per la carriera, l’anno scorso non ci pensavo assolutamente e neanche qualche mese fa, poi il momento particolare ha inciso. Sanremo è il più grande palco della musica live, Amadeus ha allargato molto i generi, il cast è cool, contemporaneo, giovane. Nel mio brano pop, classic e urban si incrociano provando a essere veraci alla ricerca di larghi abbracci sempre più stretti. Il Festival mi darà tre grandi regali: suonare con una grande orchestra, arrivare al maggior numero di persone possibili e poter tornare a suonare dal vivo. Inutile prevedere grande forza e consapevolezza, arrivo sul palco con coscienza maggiore e forte del fatto che tutto questo me lo sono sudato da solo se non con il sostegno delle persone che credono che io valga qualcosa. Ai tuoi live arrivi con una certa tensione ma ti senti anche protetto, a Sanremo sarò tra i big ma sarò il più piccolo dei big, avrò la responsabilità di conquistare tutti, un ruolo molto più difficile che cantare a casa propria. Se dovessi arrivare ultimo e avere i concerti pieni andrebbe benissimo così.

Aiello_ph Gabriele Gregis

Aiello_ph Gabriele Gregis

Sto lavorando per crescere e spero che questo traspaia soprattutto dal mio nuovo lavoro. Porto come esempio il feat. con Sum un’artista napoletana della scena r’nb che vive tra Milano e Londra. Ho chiesto un feat di qualità con un talento in fase di fioritura e l’ho incontrata personalmente al Giffoni Film Festival. Volevo Napoli nel mio disco, la volevo donna, brava, figa, cool e di alto livello. Quando lavoravamo al brano “Di te, niente” ho vissuto tutto il tuo entusiamo e spero di meritarmi la sua fiducia. Anche un artista piccolo rischia nell’ affiancarsi ad un altro progetto in via di sviluppo a cui si viene poi affiancati in seguito. Culturalmente la Campania e la Calabria sono legate da sempre, quella magia che immaginavo possibile si è concretizzata e ne sono orgoglioso.

Tra gli altri brani del disco, vorrei porre un focus anche su “Farfalle”. Il primo pezzo dell’album vuole dare subito uno scossone, si entra a gamba tesa nel viaggio sonoro con suoni più stronzi ma con un cuore sempre morbido. Poi c’è “Scomposto”, la ballad per eccellenza del disco nonché il pezzo manifesto della mia persona. Vivo tutto in modo poco abbottonato, poco schematizzato, seguo il flusso, sono sempre molto fluido nel racconto e nella condivisione delle mie visioni. Con il brano “Per la prima volta” vi dimostro che io sono uno che vuole ballare. Tutte le volte che hanno provato a incasellarmi, sono sempre scappato. Non sono un sottone né un angelo, la clubbing music mi fa volare e mi piace mostrare che si può ballare e sorridere oltre che riflettere sulle macerie delle storie passate”.

 

Ritratti di Sanremo: Irama presenta “La genesi del tuo colore”

Irama torna sul palco dell’Ariston per la terza volta dopo aver partecipato nel 2016 con “Cosa Resterà” nella sezione nuove proposte e nel 2019 con il brano “La Ragazza Con Il Cuore Di Latta” (Doppio disco di Platino). Irama ha pubblicato nell’estate 2020 l’EP “Crepe” (Warner Music),  un lavoro che rispecchia appieno la sua ecletticità mentre al Festival di Sanremo porterà il brano intitolato “La genesi del tuo Colore”.

irama @ Nicolò Parsenziani

irama @ Nicolò Parsenziani

“La genesi del tuo colore” è un brano che rappresenta un inno alla vita. A volte, nei momenti di sofferenza, quando rischiamo di perdere tutto, nasce qualcosa dentro di noi che fa scoppiare il colore e fa tornare a scorrere la vita. Il colore per me rappresenta la vita, con le sue tante e diverse sfumature che scorrono dentro di noi come il sangue nelle vene. La canzone ha degli elementi uptempo ma il tema è malinconico. Mi ha ispirato una scena molto toccante di un video in cui un ragazzo rade i capelli alla ragazza mentre piange e subito dopo si rasa anche lui. Ho trovato questo messaggio così potente che mi ha messo freddo alle ossa, mi ha scavato dentro. Da lì sono nate le parole della canzone che, per questo motivo, possiede due anime da cogliere. Ho voluto incorniciare un uptempo con un concetto malinconico, sono sempre stato molto attratto da questo contrasto tra gioia e dolore, è un incrocio difficile, il più difficile che ci sia. La genesi del tuo colore non è nato come un brano sanremese. In generale tendo a seguire un impulso creativo, la canzone è nata a cappella, la scrittura è nata in modo spontaneo e ho pensato che potesse avere suscitare un flusso di vibrazioni sul palco di Sanremo. Con Dario (Dardust ndr) è nato un bel rapporto di stima reciproca. Quando ho iniziato a mettere giù la melodia del brano ho pensato che lui sarebbe stato in grado di racchiudere al meglio questo tipo di vibrazione. Con lui è nato un connubio sincero, abbiamo creato qualcosa che si sposa e che si abbina perfettamente.

Il brano non è di cronaca, non è condizionato dal contesto che stiamo vivendo, sono un lupo solitario, il lockdown non ha influito sul processo creativo. Pochi mesi fa sono uscito con un ep, per ora sarà solo un pezzo che aprirà un capitolo nuovo, sono in piena fase creativa e sto tracciando quello che verrà. Il brano sanremese aprirà il resto. Per il resto cerco di sopravvivere agli eventi che mi bombardano, a volte le cose mi capitano così velocemente che mi sfuggono. Il vero momento per vivere è guardarti indietro, in questi mesi difficili non mi sono mai fermato, ho continuato a creare e a lavorare molto ai progetti futuri. Mi piace pensare di superarmi nella speranza di arrivare a sempre più persone possibili. Vivo un po’ nel mio mondo. Quando ottengo dei risultati ne sono molto orgoglioso e festeggio con chi lavora con me. La parola verità è una parola chiave che ho fatto mia fin da quando ero piccolo. La grandezza della musica è arrivare, essere veri e sinceri.

Partecipare al Festival significa più consapevolezza. Noi artisti cresciamo non solo da un punto di vista artistico ma anche anagrafico. Ad oggi sento una maggiore responsabilità, il bello di chi fa arte è che ogni volta che ci si approccia a una nuova nuove esperienza, lo si fa con un’idea creativa differente. Io nel mio piccolo sto costruendo qualcosina, mi sto rimboccando ancora una volta le maniche e sento di avere tanto da dare come se fosse un nuovo inizio. Vivrò questa opportunità in modo genuino. Essendo giovane non mi guardo indietro, la percezione reale che ho io è data dalle persone che cantano una mia canzone. Da un punto di vista tecnico ho ancora tanto da dimostrare, ci sarà ancora tanto da imparare e raccontare ancora”.

Irama tornerà  dal vivo nei palazzetti per due date speciali prodotte da Vivo Concerti:

Sabato 9 ottobre 2021 || Roma @ Palazzo dello Sport

Mercoledì 27 ottobre 2021 || Assago (MI) @ Mediolanum Forum

I biglietti sono disponibili in prevendita su www.ticketone.it  e nei punti vendita abituali.

Ritratti di giovani autori: intervista a Giulio Musca

Ritratti di Note ha incontrato e intervistato Giulio Musca, il giovane cantautore pugliese, tra i protagonisti della nuova edizione del Talent “Amici”, condotto da Maria De Filippi.
Giulio ci ha raccontato della sua partecipazione al Talent, dei suoi progetti, ma anche delle difficoltà di chi oggi, al Sud, fa il complesso e affascinante “mestiere” del cantautore.

Giulio Musca

Giulio Musca

Giulio, prima di parlare della tua partecipazione ad Amici, raccontaci come è nata in te la passione per la musica e per il canto.

Beh, diciamo subito che è una passione di famiglia, a partire da mio nonno, mio zio, e successivamente mio padre, tutti musicisti ad orecchio. Grazie a loro ho assaporato i primi concerti di musica jazz e swing.
Mio zio, tra l’altro, è anche un musicista del Conservatorio, e ha suonato per molto tempo Bossanova. È partito tutto con loro, poi è stata chiaramente mia l’intenzione di voler iniziare a studiare diversi strumenti musicali. Ho iniziato per gioco con la batteria, poi è arrivata la chitarra classica, e poi anche la voglia di iniziare a scrivere canzoni.
Fino ai diciassette anni sono rimasto in qualche modo un po’ “bloccato”, per via del mio peso, che non mi permetteva di espormi più di tanto, a causa della paura di essere giudicato. Poi, pian piano, ho iniziato a scrivere canzoni e ad esibirmi con la mia vecchia Band, i Kayssah. Abbiamo fatto delle bellissime esperienze, che rimarranno indelebili nei nostri ricordi.
Un po’ di anni fa, fummo selezionati al Festival Show da Mogol, Dodi Battaglia, e vari direttori d’orchestra per fare un tour di apertura concerti a diversi Big della musica italiana, tra cui Nek e The Kolors, fino ad arrivare all’Arena di Verona, grazie al televoto delle persone da casa. Durante quell’anno, ho avuto il piacere di conoscere tutta la redazione di “Amici”, e ho intrapreso il percorso che mi ha portato quest’anno nella Scuola.
Io volevo cercare una mia personale strada nel mondo della musica, diversa da quella degli altri ragazzi della Band, e così eccomi qua da solista, a comporre la mia musica, e a scrivere le mie canzoni.

Quali sono stati gli artisti punti di riferimento per il tuo cantautorato?

Veri e propri punti di riferimento nella musica italiana non ne ho, avendo ascoltato per formazione sempre molta musica Jazz e molto Funky.
L’unico artista italiano che mi ha sempre ispirato di più è Pino Daniele, perché con il suo groove, con il mettere nelle note parole napoletane che finiscono in maniera tronca, quasi sempre per consonante, è più simile di quanto si possa pensare al funky americano.
Se dovessi scegliere qualcuno, direi subito lui, e Cesare Cremonini, un altro artista che ha segnato momenti importanti della mia vita, soprattutto alla fine degli anni Novanta, in formazione con i Lunapop.

Attualmente stai lavorando ad un album?

Sì, ci sto lavorando da casa mia.
Per chi, come me, vive al Sud, il problema è sempre quello delle opportunità, delle occasioni di conoscere persone, per poter collaborare. Con il Covid poi, è tutto fermo, ed è ancora più difficile.
Diciamo che rispetto a prima della pandemia, non è che la situazione sia poi cambiata molto.
Al Sud è più difficile fare il cantautore.
È una terra che non ti dà molte possibilità, quindi, o bisogna andare via, o partecipare ad un Talent, l’unica vetrina per farsi vedere e conoscere. La cosa che sto facendo adesso è continuare a fare musica nella mia cameretta, oltre che lavorare di mattina nell’azienda di famiglia.
Il pomeriggio mi dedico alle mie produzioni, alle mie bozze e alle mie idee, sperando di avere una produzione finale degna di essere lanciata sulle varie piattaforme musicali.

Il tuo personale bilancio della partecipazione ad “Amici”?

Il mio bilancio è positivo, anche se sono stato poco tempo in trasmissione, però da questa esperienza ho imparato tante cose.
Bisogna sempre credere nei propri sogni e cercare di raggiungerli in qualsiasi posto del mondo. In più, ho capito anche come si lavora, perché quando hai a che fare con dei professionisti, capisci davvero cosa significhi fare musica tutto il giorno. Questo è un insegnamento che porterò sempre con me e cercherò di riprodurre nei giorni e negli anni che verranno.
Cercherò di fare musica sempre, perché la musica è qualcosa che va oltre il lavoro, è passione, amore. E io parlo da innamorato della musica.

Da ascoltatore, cosa trovi oggi di interessante nella musica italiana e straniera?

Sono un po’ stranito dal fatto che escano continuamente artisti, che potrebbero essere davvero meteore. Non c’è molta differenza tra musica italiana e straniera e c’è una cosa che mi preoccupa: la grande accessibilità. La musica è diventata accessibile a tutti, troppi. Poi ci sono strumenti che facilitano, e c’è sempre chi riesce a spiccare il volo più degli altri. Se da una parte fa piacere ascoltare tante proposte musicali, dall’altra parte pensi che dovrebbero “arrivare” solo i più bravi, così nella musica, così nelle altre professioni. Invece l’accessibilità è diventata globale, universale.
Per il resto io sono sempre alla ricerca di sonorità nuove, mi diverte sentire delle cose diverse dalle solite, quelle che ti fanno dire “wow”. Mi affascina ascoltare generi musicali di diversa matrice culturale.

Il sogno più grande che vorresti realizzare attraverso la musica?

Una piccola soddisfazione l’ho già avuta, quella di sentire persone cantare le mie canzoni. Vedere che qualcuno fa un Tik Tok o un video con una tua canzone è una cosa che fa molto piacere.
Quello che ho sempre voluto, e che vorrei ancora per me, è collaborare con più artisti possibile, per apprendere a 360 gradi tutto ciò che è utile per il mio bagaglio.
Credo che alla fine questo sia il vero valore della musica, aprirsi a tutti.
Il mio sogno è quello di lavorare con tanti artisti, italiani e internazionali, per poter crescere sempre di più…

Giuliana Galasso

La geografia del buio: intervista a Michele Bravi

Michele Bravi ph credit Clara Parmigiani

Michele Bravi ph credit Clara Parmigiani

Quando ho ascoltato la prima volta “La Geografia del Buio”, il nuovo album di Michele Bravi, l’immagine a cui ho pensato subito è stata quella del famoso gioco enigmistico dell’unire i puntini con tratti di inchiostro, fino a comporre una figura, il collegare tutte le nostre zone d’ombra, fino ad arrivare alla luce. In realtà questo disco non insegna come trovare la luce ma come convivere con quelle “zone cieche”, che appartengono alle vite di tutti.
Lo conferma anche Michele Bravi, intervistato per Ritratti di note.

Michele, “La Geografia del Buio” è un bellissimo viaggio all’interno dell’animo umano, e della tua di anima…

Sì, e ci tengo a specificare che alla fine dell’album non c’è la luce, c’è piuttosto un modo diverso di intendere il buio, un modo di conviverci. Questo disco non parla di come uscire dal buio e raggiungere la luce, parla di come convivere col buio, di come trovargli uno spazio dentro la propria anima per attraversare il dolore…

Quale è stato il tuo più grande appiglio nel buio?

Guarda in realtà nel buio si sviluppa una sensorialità diversa e quindi, in generale, tu cerchi di ricostruire una realtà nuova, che non ha nulla a che fare con quella che conoscevi prima e che quindi non può essere nemmeno vagamente paragonata.
Io semplicemente l’ho abbracciato quel buio, l’unico appiglio è stato il lasciarsi andare al fatto che non c’era luce.
È come se tastassi le superfici di una stanza al buio, riconosci per prima la sedia, poi il divano, poi altre cose, e piano piano riesci a viverci nel buio…

In quest’album c’è una presenza femminile, quella di Federica Abbate, autrice, e interprete insieme a te della canzone “Un secondo prima”. Al di là del rapporto professionale, in questo pezzo,si evince la bellezza e la profondità del vostro rapporto…

È vero, Federica Abbate nasce come mia amica. In quest’album ha anche una sua veste professionale, che sono felicissimo di poter ospitare. “Un secondo prima” è una canzone sull’amicizia, e ci tenevo che fosse un’amica a cantarla e a condividerla con me.
Aggiungo una nota personale, credo che Federica Abbate sia uno dei più grandi talenti che abbiamo in Italia, e spero che anche il pubblico lo scopra…

Nella canzone “Storia del mio corpo” racconti una grande verità … “Il mio corpo è una casa che mi porto addosso, sopra i muri ha scritto quello che è successo…”
Ognuno di noi si porta sul corpo e sul viso i segni di ciò che ha vissuto, ma ogni piega, ogni ruga, può essere un solco sul quale far nascere un nuovo fiore.

Sì, il corpo è proprio la crepa in cui la vita si modella. In questo senso mi piace vedere come nel volto delle persone, nella loro fisiognomica, ci sia già suggerita la loro storia. Basta avere un velo di umanità in più per poterla accogliere. La storia di un corpo è proprio la storia di una vita.

Video: Mantieni il bacio

Nel processo di scrittura dell’album c’è un pezzo che ti ha toccato emotivamente più degli altri?

Forse proprio “Storia del mio corpo”, il pezzo più intimo tra tutti, perché racconta proprio la storia del mio di corpo, poi grazie alla magia della musica, che rende tutto universale, mi sto accorgendo che in questa canzone si riconoscono in tanti. Sto ricevendo molti messaggi di persone che mi dicono che questa canzone è anche la storia del loro corpo…

In quest’album c’è anche un brano strumentale, “A sette passi di distanza”.
La tua voce diventa il suono di un pianoforte. Nel presentare il brano, hai citato una bellissima frase di Gabriel Garcia Marquez che descrive la distanza geografica di due amanti che si rincorrono per una vita, “Non erano a sette passi di distanza ma in due giorni diversi”…

La frase è tratta dal romanzo “L’amore ai tempi del colera”. Questo brano racconta la mia storia d’amore ma allo stesso tempo la mia incapacità a parlare. Questo disco nasce dal silenzio più totale, non a caso, nell’ultima stanza di questo percorso nel buio, anche le parole non servono più, vengono messe da parte, e rimane soltanto l’unico linguaggio più alto che conosciamo, che è quello della musica.

La prima cosa che farai, artisticamente, quando tutto sarà finito, immagino sia un concerto

La risposta è scontata, ma credo che in questo momento, per chiunque lavori nella musica e nello spettacolo, poter risentire l’odore del palcoscenico, poter rivedere gli occhi delle persone durante un concerto, sia diventato un miraggio lontanissimo. Spero che avrò la possibilità di fare un concerto, spero di poter lavorare per costruirmela questa possibilità, nonostante l’incertezza dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo…

MicheleBravi_tour

Uno dei pezzi che amo di più in quest’album è “Maneggiami con cura”. C’è una frase che è la sintesi di tutto il disco, “Ho trovato la bellezza anche dentro un errore”

È un po’ quello che dico sempre, dall’inizio della mia carriera, già con la scrittura di “Il Diario degli Errori”. L’ errore non deve intendersi come sbaglio, ma come semplice imperfezione. Viviamo gli errori come sbagli perché abbiamo questo disegno della perfezione che ci perseguita, ma nella realtà la vulnerabilità e la fragilità ci insegnano a conviverci con le imperfezioni.

Giuliana Galasso

Dopo “La vita breve dei coriandoli, il secondo singolo estratto dall’album é “Mantieni il Bacio”, canzone che contiene le parole di Massimo Recalcati.

Questa la Tracklist dell’album:

1) La promessa dell’alba
2) Mantieni il Bacio
3) Maneggiami con cura
4) Un secondo prima (feat. Federica Abbate)
5) La vita breve dei coriandoli
6) Storia del mio corpo
7) Tutte le poesie sono d’amore
8) Senza fiato
9) Quando un desiderio cade
10) A sette passi di distanza