Giovanni Truppi live all’Auditorium Parco della musica di Roma. Il report del concerto

La prima cosa che ci si chiede, mentre si ascolta Giovanni Truppi dal vivo, è come mai non fosse sul palco del Primo Maggio: perché sicuramente rappresenta al momento una delle vette più elevate, originali, intelligenti e genuine del cantautorato italiano, e su quel palco avrebbe avuto la sua da dire. Non siamo in grado di fornire risposte. Tuttavia il sold out di pubblico che lo ha calorosamente accolto, attentamente seguito, entusiasticamente applaudito in standing ovation e commentato, commosso, all’uscita del concerto tenuto ieri sera in Auditorium a Roma, Sala Sinopoli, probabilmente lo esigerebbe, e andrebbe tenuto in considerazione. Ma è un’altra storia.
Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

Come un’altra storia possiamo definire il concerto di ieri: nel rispetto di tutti gli artisti che hanno ripreso ad esibirsi, dopo un periodo buio, Truppi ci ha messo una marcia in più, un ingrediente che è difficile contenere nella sintesi di un termine. Più precisamente, arrivare direttamente al petto, lì, dove le emozioni per loro natura si amplificano.
L’incipit, “Conversazione con Marco sui destini dell’umanità”, è un monologo, velocissimo, fitto, denso riflessivo, e già cattura l’attenzione della sala per la spontaneità, l’assoluta naturalezza con cui si diffonde, quasi un’improvvisazione a flusso di coscienza.
Segue un piccolo grande “Respiro”, un desiderio di cambiare, il volersi diverso, ma anche no, poi alla fine: “Vorrei poterti dimenticare, ma anche no come se t’avessi amato quanto adesso ti piango”. Riflessioni che coinvolgono, fanno pensare senza pesare, quasi ci partissero da dentro e non fossero suggerite da fuori.
Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

Un ringraziamento alla città che lo ospita (e, oso dire, ne è lusingata) e alle persone che hanno creduto in lui, nella sua maniera particolare, personalissima di proporre versi in musica: alle volte Gaber, ma più sciolto. Altre Bennato, ma meno accelerato. Alla fine però è inequivocabilmente e solo Giovanni Truppi, unico nel suo genere e unico in un panorama musicale per altro spesso valido, ma che fa fatica a scollarsi dai canoni e riuscire a rielaborarli e offrirli come se si trattasse di un menù destrutturato. Ecco, in Truppi si trovano tante cose, tanti riferimenti, tanti versi, ma tutti destrutturati e ricomposti, e penso sia lì la chiave del fascino.
C’è rock nelle note ma anche melodia. E quello che arriva è magico. Una band di tutto rispetto fa da contorno, lasciandolo protagonista, ma avvolgendolo come in un abbraccio: la sintonia si sente forte, e a ogni scroscio di applausi è un brivido e un crescendo di calore.
Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

Da “Il Mondo è come te lo metti in testa”, a “Adamo”, a “Hai messo incinta una scema”, un susseguirsi in enfasi di entusiasmi, e un’esplosione di liberazione da canoni, anche lessicali, che oramai si fanno sempre più stringenti, standardizzando anche la trasgressione in gesti rituali e volutamente scomposti, ma sempre calibrati al punto da non riuscire a sfondare come la musica, quella che “acchiappa”, dovrebbe fare. Ecco, Truppi ci riesce.
Ci riesce con un sorridente e commosso Francesco Motta e con l’affettuosa presenza di Niccolò Fabi, leggeri, in disparte, complementari e in sintonia perfetta nei due brani in cui lo accompagnano.
Si susseguono: “Amici nello spazio”, “La Domenica”, “Stai andando bene”, “Tuo Padre Mia Madre Lucia”, in quasi due ore di intenso e affascinante coinvolgimento, al punto che il pubblico esplode sul finale in una standing ovation che parte dal cuore e stenta a fermarsi.
Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

All’uscita, è un unanime commento positivo, volti sorridenti, scambi di opinioni tra persone che non si conoscono, ma sentono il bisogno di condividerla ancora l’intensa emozione che Truppi è riuscito a generare.
La musica come dovrebbe evolversi, la musica come la vorremmo, la musica che meno male che c’è Sanremo, che tre anni fa eravamo in quindici ai suoi concerti, e lo sentivamo che non era quello il numero di persone che avrebbero meritato di più di una monotona nenia rap o trap, in cui sembra che l’evoluzione musicale si sia impantanata.
Una cosa ci auguriamo, e la chiediamo coralmente: Giovanni, non cambiare mai.
Roberta Gioberti
Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

Truppi live - Roma - Roberta Gioberti

Truppi live – Roma – Roberta Gioberti

 

 

 

 

 

Michele Bravi live a teatro: un progetto che racchiude e abbraccia l’arte a 360 gradi. Il report della data zero a Peschiera Borromeo

Michele Bravi live a teatro è un progetto che racchiude e abbraccia l’arte a 360 gradi. L’artista ha regalato una data zero al pubblico dell’Oltheatre di Peschiera Borromeo, in cui aveva girato il videoclip de “L’inverno dei fiori”; una sorta di prova generale inedita, in vista dell’inizio ufficiale di stasera al Teatro Colosseo di Torino.

Il concerto si presenta subito come un’esperienza artistica immersiva a tutto tondo. Michele Bravi entra dall’alto della gradinata della platea con un completo Armani customized e un palloncino bianco. Voce, gestualità, espressioni accompagnano le profonde parole di testi intensi e ricchi di significato. Gli arrangiamenti, curati dal maestro Andrea Manzoni, sono curatissimi e raffinati. Ai sytnh e tastiere troviamo il sempre bravo Helio di Nardo. Il surplus ultra è dato dal quartetto d’archi composto dal primo violino Davide Rigato, dal secondo violino Teresa Storer, alla viola Eiling Labarca e al violoncello Luca Dondi.

Michele Bravi percorre la distanza tra quello che è e quello che era in modo maturo ma sempre misurato. Alterna monologhi importanti a sketch ironici, si destreggia tra brani suoi e cover di spessore volteggiando prima e ancheggiando poi, sempre padrone del palco. “E’ la prima volta che faccio un tour completamente teatrale, spiega l’artista, questo progetto è un piccolo sogno uscito dal cassetto. Stare a teatro significa guardare e guardarsi. La grande attrice Anna Marchesini, definiva il teatro la casa tattile delle illusioni. Le regole del teatro racchiudono una serie di metafore della vita, il silenzio è un inno all’ascolto. Ecco dunque il mio invito ad ascoltare questo percorso dall’inizio alla fine”, spiega Michele al pubblico. Da il “Diario degli errori” a “Solo per un po’” si veleggia tra archi eterei e ritmica elettronica. Il ritmo è variegato ma sempre curato al dettaglio, nulla è lasciato al caso. Lo testimonia anche un light design di forte impatto che diventa parte integrante dello show.

Michele Bravi

Il concerto di Michele Bravi è costellato di monologhi di spessore, con rimandi a stralci di libri: romanzi, poesie, pensieri di artisti, di poeti, di cantautori che hanno fatto la storia. Michele studia, assorbe e fa suoi interi passaggi scritti e parole di personaggi indimenticabili. Da “Alice attraverso lo specchio” di Lewis Carroll, Bravi ci catapulta in un mondo in cui la logica è al contrario. Il tutto per ricordarci che serve molto più amore per rimanere dove siamo, per non essere trascinati via e non perdere quello che avevamo”. La perfetta introduzione al brano “Cambia”: Cambiano le strade, i tuoi rimpianti. Cambiano i motivi per andare avanti. Cambiano i vestiti addosso ai tuoi pensieri ma l’amore di oggi è sempre uguale a ieri.

Bello e profondo anche il rimando alla poesia della poetessa polacca Anna Szymborska per spiegare che per lui la musica è essere predisposti a passare attraverso il mondo, viverlo appieno e ad arrivare preparati ad affrontarlo con consapevolezza. Un altro importate momento è quello dedicato a Lucio Dalla. Michele Bravi reinterpreta il brano “Se io fossi un angelo” contornandolo da un pensiero da condividere: con attenzione e apprendimento continuo possiamo capire cosa non è inferno per farlo durare e dargli spazio.

Sono innumerevoli le citazioni e i riferimenti di Michele Bravi in questo live, è magico stare ascoltare lasciandosi abbracciare dalla bellezza: “La vita e la felicità”, “Diamanti” e poi “L’inverno dei fiori” in scaletta, ci ricordano che esiste sempre un modo per intrecciarci alla vita di qualcun altro.

Maggio è il mese dell’orgoglio e allora è giusto ricordare Umberto Bindi di cui Michele reinterpreta la sua “Odio” in modo travolgente e straziante al contempo. La sorpresa della serata è il nuovo singolo estivo “Zodiaco” che Michele introduce con un divertente siparietto introduttivo che coinvolge gli spettatori in prima persona.

bravi 2

Acclamato a gran voce, l’artista conclude il concerto con due grandi successi: “La vita breve dei coriandoli”, e “Mantieni il bacio”, la perfetta chiosa per trattenere negli occhi e nelle orecchie tutta la bellezza a cui abbiamo assistito.

Raffaella Sbrescia

Concertone Primo Maggio Roma: al lavoro per la pace

Il Concertone di San Giovanni torna in piazza, dopo due anni di assenza, e lo fa con tutta l’energia, l’impegno, l’entusiasmo e la scenografia che si devono ai grandi ritorni.
Nell’ entrare in Piazza San Giovanni, e nella sua atmosfera festosa, sembra quasi che questi due anni di difficoltà e restrizioni non siano trascorsi: però lo sono e non possiamo dimenticarcene.
Non è il caso di addentrarsi nel merito delle performances degli artisti, delle scelte della Direzione Artistica, della qualità della musica. C’è sempre chi sarà contento e chi invece muoverà delle critiche. Anche perché questa manifestazione musicale oramai consolidata nel tempo tutto può essere definita, meno che un momento di riflessione e di celebrazione, soprattutto sulle problematiche del mondo del lavoro, mondo che sicuramente in questi due anni ha subito delle notevoli difficoltà in tutti i settori, e in molti fa fatica a entrare nuovamente a regime.
Insomma di spunti ce ne sarebbero per portare in piazza un discorso diverso dal solo fare musica, a prescindere dal genere di musica, e sicuramente nell’ambito di una manifestazione che si tiene in un giorno celebrativo sarebbe auspicabile e opportuno. Tuttavia è altrettanto opportuno cogliere un aspetto diverso del Concertone, aspetto che è andato sempre più delineandosi nel corso dell’ultimo decennio.
Il suggerimento ce lo dà la piazza: giovane, molto giovane, colorata, più composta rispetto alle precedenti edizioni, e tanto desiderosa di lasciarsi alle spalle problemi, difficoltà, restrizioni che hanno caratterizzato le nostre vite soprattutto nel corso degli ultimi due anni, e di fare il carico di spensieratezza.
La musica è per lo più quella della generazione più fresca: i ragazzi che mi sono di fianco sanno tutto di artisti di cui ignoro l’esistenza. Si entusiasmano, saltano, sono felici. A mia volta cerco di raccontare loro chi sia e cosa faccia Marco Paolini, e ascoltano. Lo scambio è divertente, ci offriamo a vicenda del cibo, io di qua loro di là dalla transenna. Insomma, voglia di divertirsi, ma anche la disponibilità ad aprire fessure attraverso le quali far passare qualcosa di più articolato. Un Primo Maggio troppo impegnativo probabilmente lo rifiuterebbero.
E se la musica non è sempre in linea con quella che la generazione dei Miti ha come punto di riferimento, poco importa: avranno tempo per assorbirla. Il tempo a noi un poco più anziani invece sfugge, e forse proprio sforzandoci (lo ammetto per me è uno sforzo), di entrare nel loro mondo, potremmo impiegarlo proficuamente per comprendere anche noi stessi oggi, eterni ventenni cosparsi di rughe.
La Signora Vanoni, commovente al punto che è giusto valutarne la presenza e non la performance, porta sul palco un brano da brividi, che in passato fece parte del suo repertorio, e viene acclamata all’unanimità.
Max Pezzali è attesissimo. E forse è il giusto anello di congiunzione generazionale, tra noi su con gli anni che cominciavamo, ai tempi degli 883, a concederci qualche digressione sul pop commerciale senza troppi sensi di colpa, e loro che invece hanno attinto principalmente dal pop, per evolversi nel rap e nella trap.
Tuttavia un momento che mette a tacere tutti e catalizza l’attenzione senza sé e senza ma è quello dedicato al ricordo di Gino Strada, per il quale pochi giorni fa al teatro Argentina, con il patrocinio della Regione Lazio e del Comune di Roma si è tenuto un acclamato e commovente evento commemorativo.
strada PH  Roberta Gioberti
Su Gino Strada e sul suo operato nessuno ha nulla da ridire. Lo conoscono i giovani, i meno giovani. Ne riconoscono il ruolo e l’importanza. E soprattutto si riconoscono sotto un motto: non esiste una guerra buona. E se anche soltanto questo valore restasse impresso a fuoco nelle anime e nelle coscienze degli uomini e delle donne che verranno, beh, potremmo scegliere qualsiasi accompagnamento musicale e andarne fieri.
Insomma, per i contenuti politici e sociali ci sono le piazze e la quotidianità.
Il Concertone oramai è diventato una sorta di regalo che viene fatto in un giorno che andrebbe celebrato ogni giorno. Perché il diritto al lavoro, che sia dignitoso, retribuito, contrattualizzato, non si rivendica il Primo Maggio: si rivendica 364 giorni l’anno. E la riflessione nasce naturale: “hanno rappresentato realmente un momento di valorizzazione del mondo del lavoro tanti anni di Primo Maggio vissuti all’insegna di una imprescindibile componente politica?”.
I fatti lo negano, per quanto possiamo ricordarli, giustamente, con nostalgia. Tanti ragazzi venuti dal centro sud, che forse non avranno i soldi per andare a sentire Mengoni o Coez, hanno approfittato dell’occasione.
Scevri da sofismi, prendiamoci il dono, facciamone tesoro, eliminiamo la retorica delle commemorazioni, e, passata la festa, cominciamo a parlare di diritti, e soprattutto di Pace: il tempo per la musica di “qualità”, quella che molti rimpiangono, arriverà anche per loro, i quindicenni di oggi: noi ne siamo stati fortunati contemporanei, insieme ai tempi migliori che l’hanno accompagnata, e questo dovrebbe bastarci.
Roberta Gioberti
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