Manfredi presenta “Hollywood” e si racconta senza filtri. Intervista

Manfredi - Hollywood

Esce oggi venerdì 25 settembre HOLLYWOOD, il nuovo singolo di MANFREDI, prodotto da Matteo Cantaluppi e in uscita per Foolica. Il brano anticipa l’album d’esordio in arrivo nei primi mesi del 2021 e segna il ritorno del cantautore, noto nella scena indie per brani da milioni di ascolti quali: “CUFFIETTE” e “NOI MENO TU”.

HOLLYWOOD, prende ispirazione dai film romantici, che Manfredi descrive come “tutti uguali e con la stessa trama”, che tuttavia piacciono tanto. La verità è che grazie a quei film l’uomo sogna l’amore perfetto, che nella vita reale sembra sempre troppo complicato e drammatico. “Hollywood è una presa di coscienza” – commenta il cantautore – “Sono io che accetto che se le cose vanno male è perché io ho bisogno che vadano male. Sono io che accetto che “mi piace solo quando è complicato, sì, ma tanto”. Sono io che accetto che non era destino, che non potevo essere io la sua felicità. Questa canzone è un sorriso amaro a tutti gli amori che non ho saputo meritare.”

Intervista

Ciao Antonio, il tuo percorso musicale nasce nell’armadio di un tuo amico e si sviluppa vorticosamente nell’arco di una manciata di anni. Raccontaci le tappe salienti che hanno scandito questo tempo e le tue emozioni a riguardo.

In pochi lo sanno, ma la mia è una storia molto particolare. Non ho seguito quasi per nulla “il percorso standard degli artisti”, ho fatto un unico grande salto. In quell’armadio ho registrato la mia prima demo, l’ho inviata a Foolica, la mia etichetta, a loro è piaciuta e abbiamo iniziato a lavorare insieme sin da subito.

Grazie a loro ho avuto la fortuna di poter entrare in alcuni degli studi più grandi di Milano e di poter collaborare con produttori e artisti di talento da cui ho imparato molto. La gavetta me la farò e ne sono più che felice, la strada è lunga, ho avuto però la fortuna di essere affiancato sin da subito da persone di esperienza che mi hanno sempre saputo consigliare lasciando però il giusto spazio al mio lato artistico.

Il tuo modo di scrivere cavalca gli stilemi dell’onda indie, come sei approdato a questa modalità di intendere la musica, quali sono i tuoi ascolti e che tipo di sviluppo prevedi per le canzoni in arrivo nel tuo primo album?

Mi sono innamorato della scrittura dopo aver scoperto artisti come I Cani, Calcutta e in generale quella che era la scena indie degli anni in cui il genere non era ancora esploso. I miei ascolti mi hanno influenzato molto ma quando scrivo cerco di non auto-impormi dei paletti. Non dico mai “devo scrivere una canzone indie”, mi viene semplicemente voglia di scrivere una canzone e ciò che esce poi lo pubblico. Il disco contiene brani molto diversi tra loro, alcuni molto pop, altri più intimi e introspettivi. Ciò che provo a fare è trattare argomenti magari banali (come l’amore, il rapporto coi genitori, l’ansia per l’università), fornendo però un mio personale punto di vista, con delle immagini che spero possano arrivare alle persone, che possano emozionare.

Hai descritto il nuovo singolo “Hollywood” come un sorriso amaro a tutti gli amori che non hai saputo meritare. Sarebbe interessante capire quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a descrivere il brano in questo modo e come nasce la canzone.

Ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno fatto provare emozioni forti, che mi hanno reso a volte molto felice e a volte molto triste, che mi hanno insegnato a distinguere tra affetto e amore. Io di mio sono una persona che difficilmente riesce a trovare equilibri, vedo tutto o bianco o nero e sono consapevole di essere stato la causa della fine di alcune di queste storie. In Hollywood parlo proprio di questo. Questa canzone è una presa di coscienza, faccio i conti con me stesso e inizio a dirmi le cose come stanno. Accetto che se le cose vanno male è anche perché me le cerco, perché io, come molti altri, sono affascinato dagli amori impossibili e dagli alti e bassi delle storie difficili.

Ad un primo ascolto dei tuoi brani, si intravede uno spirito vivo, che tende a non accontentarsi delle cose semplici e che è sempre pronto a virare verso nuove direzioni. Confermi?

Sono una persona abituata a vivere la routine. L’università mi costringe ad orari sempre uguali e ad avere molte abitudini. Proprio per contrastare questa routine, nei rapporti umani e nelle esperienze extra-universitarie mi piace trovare qualcosa che mi smuova, che mi emozioni e che non scada nella monotonia. Molto spesso finiamo col frequentare una persona solo per abitudine. Io invece sogno qualcosa di più intenso, una passione che si confermi giorno dopo giorno. Nulla di eccessivo, però che mi accenda.

Insomma, sogno un amore da film e non credo di essere l’unico.

Facendo un passo indietro, ci racconti anche di “Cuffiette” e di “Noi meno tu”? Ci sono diversi frame in questi brani, proprio come se si trattasse di un susseguirsi di immagini cinematografiche.

Mi piace molto lavorare con le immagini, credo siano il modo più onesto e immediato per arrivare alle persone. “Ero sotto casa tua a chiederti di aprire”. É una situazione in cui molti di noi si sono trovati e immaginare questa scena ci fa rievocare quelle sensazioni, le emozioni di quel momento. Un’altra cosa che adoro sono gli slogan, frasi semplici che dicono tutto. Se ti canto “è solo noi meno tu” non c’è bisogno di aggiungere altro, hai capito tutta la storia che ci sta dietro e sono bastate tre parole. Immediatezza e immagini forti sono ciò che mi piace nelle canzoni, il mio modo di esprimermi. Un’altra cosa che reputo fondamentale è essere onesti, veri, non bisogna mai inventare. La gente non è stupida, se inventi storie lo capiscono e non ti prenderanno mai sul serio.

Manfredi ph Federico Cataleta

Manfredi ph Federico Cataleta

Come hai conciliato la musica e gli studi universitari? Farai anche la specialistica in ingegneria?

Ho iniziato da poco la magistrale, mi ci metterò di impegno e vedo come va, il mio desiderio è però quello di portare a termine gli studi. Al di là dei contenuti che centrano poco con la musica, il Politecnico mi ha fatto vivere l’esperienza universitaria, mi ha fatto conoscere persone nuove, mi ha costretto a muovermi verso Milano e mi ha fatto passare molte notti fuori a casa di amici. Tutte queste cose poi fanno la differenza quando scrivi una canzone. Gli impegni sono tanti, però a me piacciono entrambe le cose, sia la musica che l’ingegneria, quindi ho voglia di farle e quando c’è la passione puoi fare tutto coi giusti tempi, o almeno così dicono.

Come vivi il fatto di far parte dell’universo Foolica e come hai lavorato con Matteo Cantaluppi?

Foolica è una realtà meravigliosa, una famiglia prima che un’etichetta. Riescono a supportarmi in tutto e sono sempre presenti. Hanno molta più esperienza di me, sanno sempre cosa consigliarmi ma lasciano molto spazio al mio lato artistico. Grazie a Foolica ho avuto modo di collaborare con molti artisti e produttori, tutti davvero molto bravi e tra questi c’è anche Matteo Cantaluppi, con cui sto lavorando al mio disco. Si sente che è un produttore di esperienza, riesce a dare grande personalità ai brani, a rinnovarli e a farli suonare come tu nemmeno avresti potuto immaginare. Sono curioso di sapere come uscirà l’album. Con lui è tutto una sorpresa.

Chiudo chiedendoti il tuo punto di vista in merito allo status quo della musica italiana in questo momento e cosa auspichi che accada nel futuro imminente.

La musica italiana sta vivendo un periodo molto florido. Ci sono moltissimi artisti, escono moltissimi album, ognuno può scegliere cosa ascoltare e troverà qualcosa di adatto ai propri gusti. È vero che si pubblicano molti più brani, però grazie a Spotify, Apple Music, Amazon music e via dicendo, le persone hanno modo di ascoltare molta più musica e quindi molti più artisti. In ogni caso, credo che la grande sfida sia quella di durare nel tempo. Ci sono stati tanti fenomeni del momento, artisti diventati virali, che sono stati sulla bocca di tutti e che poi non hanno combinato niente. Secondo me i veri talenti si vedranno sul lungo periodo. Sono curioso anche io e onestamente incrocio le dita.

Raffaella Sbrescia