Storm and drugs: Dardust chiude la trilogia ispirandosi all’estetica del sublime. Intervista

dardust

Esce oggi S.A.D. “Storm and drugs” il nuovo album nonché ultimo capitolo della trilogia discografica di Dario Faini, in arte Dardust. Muovendosi sul filone nord europeo lungo l’asse Berlino-Reykjavik-Edimburgo, il pianista, autore e produttore mette in campo tutta la sua poliedricità dando libero sfogo a turbe personali, influenze filosofico culturali, ispirazioni strumentali all’interno di uno scenario musicale apocalittico che non conosce limiti e mezze misure.

Tempeste emozionali attraversano questo progetto strumentale che prende spunto dalla corrente tedesca di fine ottocento denominata “Sturm und Drang”. Come nei quadri di Friedrich, l’ascoltatore diventa parte integrante dell’ascolto attraverso scenari e sonorità improvvise e inaspettate. Dardust affronta la tempesta dall’interno in modo ambizioso, complesso, ricco, vorace. Il risultato finale è la catarsi, altresì interpretata come riscatto, rinascita. La paura e l’estasi si sublimano in un vortice perturbante, così come viene elucubrato all’interno della critica del giudizio di Kant.

Le tante esperienze dal vivo e gli scambi artistici che ho avuto modo di intraprendere dall’uscita di “Birth” nel 2016 ad oggi, mi hanno reso una persona diversa. Ho affrontato un processo di maturazione molto veloce, ho attraversato periodi complessi e difficili ai quali ho reagito affidandomi alla musica, lasciando che le mie percezioni si muovessero senza pressioni e senza particolari prospettive. Il messaggio di questo lavoro è proprio quello di abbattere le barriere, affidarsi all’inconscio e lavorare con passione. Ogni volta che riascolto l’album si riaccendono in me le stesse emozioni con cui l’ho concepito, questo accade perché ho lavorato con onestà creativa, senza deviazioni o compromessi mantenendo il controllo del lavoro seguendo ogni singolo dettaglio personalmente.

Tra tutti i brani del disco, STURM II è il più emblematico e il più ambizioso. Ci sono tante modulazioni, riferimenti alle colonne sonore che ho amato:da John Carpenter a John Williams, i compositori preferiti da Liszt a Beethoven, influenze sudamericane, percussioni, beats improvvisati. Il brano è un crossover molto particolare nato in modo spontaneo, parte in modo oscuro per raggiungere una catarsi finale che considero liberatoria. La mia drug è la creatività, la musica ha tirato fuori in maniera colorata quello che avevo dentro e lo ha fatto in maniera veloce guarendomi. In “Beatiful solitude” raggiungo la pace che segue la tempesta. Ora pian piano ricomincio a cercare nuove energie e a voler scoprire qualcosa di nuovo. Sono in fase di totale rinascita e, al netto di questo piccolo bilancio, sono sempre più convinto che bisogna fare le cose di cui ci si appassiona senza pensare forsennatamente al risultato. Mi piace pensare che se c’è qualcosa che viene fatto con onestà e passione, quella emozionalità intrinseca dovrà per forza di cose arrivare a qualcuno. Quando lavoro ai progetti pop sono un compagno di viaggio, quando lavoro da solo mi assumo i miei rischi e mi lancio nei miei studi captando energie.

I concerti che si terranno a breve, saranno un upgrade dello spettacolo live che ho ideato. Il concerto resterà diviso in due atti ma ci saranno dei colpi di scena con cui mi presenterò al pubblico europeo per sorprenderlo. La formula della dualità rappresenta la mia doppia anima per cui la parte acustica e quella elettronica sono destinate a convivere.

Nel frattempo ci sarà il mio zampino anche al Festival di Sanremo: i brani di Elodie e Rancore a cui ho lavorato mi hanno stupito entrambi per motivi diversi. Non si tratta di canzoni facili, hanno bisogno di diversi ascolti per sedimentarsi senza mai annoiare chi li ascolterà. D’altronde questa è la mia sfida: i brani che durano di più sono destinare a rimanere”.

Raffaella Sbrescia

La tracklist del disco:

Sublime

Prisma

Storm and Drugs

Without You

Ruckenfigur

S.A.D.

Sturm I – Fear

Sturm II – Ecstasy

Beautiful Solitude