I Muse nell’Olimpo del Rock

 

Imponente, maestoso, trascinante, entusiasmante. Il concerto che i Muse hanno tenuto lo scorso 6 luglio allo Stadio Olimpico di Roma, e che è stato filmato per la probabile realizzazione di un Dvd, rappresenta un grandioso scacco matto alla mediocrità imperante nel mondo.

Il trio britannico non bada a spese e trasforma lo Stadio in un pianeta rock: fantasie apocalittiche, scenari extraterrestri, 6 ciminiere sputafuoco, infiniti vulcani di coriandoli e sognanti scenografie danno vita alle manie di gigantismo dei Muse senza mai perdere di vista la vera protagonista dello show: la musica.
Un’enorme esplosione annuncia l’arrivo della band sul palco sulle note di Supremacy ed è subito incontenibile la carica entusiasta dei 60.000 presenti all’evento. La travolgente energia di Panic Station e la plateale ironia di Plug in Baby lasciano ballare anche i potenti del mondo: sugli schermi, in divertenti versioni caricaturali di cartoni animati,  Obama, Cameron, Merkel, Putin e Papa Francesco eseguono esilaranti coreografie mentre calpestano il mondo. Map of the Problematique e Resistance  tengono il ritmo senza dimenticare temi scottanti come la  geopolitica, le cospirazioni e il  controllo della mente, le delicate tematiche spesso al centro dei testi dei Muse. Veri e propri “Animals” sul palco, i tre suonano indemoniati mentre un banchiere in crisi viene risucchiato da una botola mentre migliaia di banconote della Zecca Muse vengono sparate a raffica inondando il prato, ormai oceano di braccia levate al cielo.
Un emozionante omaggio a Morricone con L’uomo con l’armonicaprepara l’ imponente cavalcata di Knights of Cydonia. Poi Dominic Howard alla batteria e Chris Wolstenholme al basso si concedono la cover strumentale Dracula Mountain, mentre Matthew Bellamy al pianoforte regala Explorers, rinunciando a Sunburn.
 Il concerto dei Muse è un affascinante viaggio tra le pietre miliari del prog, rock, musica classica, pop, elettrofunky e un inedito tuffo nel labirinto dubstep. Salti mortali tra emozionanti ballate e travolgenti jam strumentali  infiammano il pubblico: dopo le distorsioni di Hysteria, l’atmosfera si fa sinuosa con la cover Feeling Goodin cui una sensuale broker muore ingozzata di benzina lasciando ampio spazio all’immaginario erotico.
Si torna a The 2nd Law con l’ode alla paternità Follow me (un emozionato Matt spiega in italiano: «Questa canzone è per mio figlio»).

Poi ancora Liquid StateMadness: il celeberrimo Kaoss Pad integrato nella chitarra di Bellamy gli permette miracoli elettronici in grado di ipnotizzare il pubblico. L’intro di House Of The Rising Sun degli Animals è l’introduzione ad hoc per un classico senza tempo come Time Is Running Out, poi Stockholm Syndrome e la ballatona Unintended illuminano lo stadio di luci e sorrisi.

Guiding light e Matthew Bellamy, steso al suolo, sulle note di Blackout accompagnano la suggestiva coreografia di una ballerina che piroetta in aria, sorretta da  un’enorme lampadina volante. Gli assi nella manica non sono però finiti: subito dopo la travolgente Undisclosed Desires entra in scena il robot Charles  mimando un avvincente e fantascientifico scontro uomini contro macchine sulle note di Unsustainable.
Supermassive Black Hole, Isolated System e l’irresistibile Uprising sono le scariche elettriche finali, prima di lasciare i cuori esanimi del pubblico con la poesia di Starlight.
Quando il trionfo è così plateale viene spontaneo chiedersi cosa succederà dopo. Ma in fondo, perché domandarselo?