“Ventre della città”, il nuovo singolo di Mario Venuti. La recensione

Mario Venuti Ph Amleto Di Leo

Mario Venuti Ph Amleto Di Leo

Scritto e musicato da Mario Venuti, Francesco Bianconi e Kaballà,“Ventre della città” è il nuovo atteso singolo di  Mario Venuti che anticipa l’uscita de “Il tramonto dell’Occidente”, nuovo album di inediti del cantautore siciliano, la cui uscita è prevista per il 23 settembre (Microclima-Musica & Suoni/Believe Digital).  “Ventre della Città” è un brano delicatamente intenso, in grado di concentrare l’occhio e lo spirito all’interno delle viscere della più intima realtà delle zone degradate e periferiche dei grandi centri urbani. Le “Storie di Corviale, di Quarto Oggiaro, di Scampia, di Librino e Zen sono conficcate come pugnali nel ventre della città…” e, in quanto tali, fanno male, tanto male. Un dolore quotidiano, ineludibile, insopportabile che rende insofferenti, insonni, cattivi e cinici. Un dolore che, in maniera assolutamente transitiva, è in grado di passare dalle esistenze individuali a interi quartieri delle grandi metropoli che, a causa della noncuranza di chi di dovere, trova sempre nuovi spazi in cui diffondersi, diventando endemico. A rendere visivamente l’idea del disagio sociale è il videoclip diretto da Lorenzo Vignolo e girato proprio a Librino, un quartiere periferico a sud ovest della città di Catania, in cui ciascuno dei frame proposti al pubblico diventa proporzionalmente necessario alla diretta comprensione di un testo dedicato alle vite dei quartieri venuti male, quelli in cui nessuno vuole andare, quelli che fanno paura, che fanno orrore, quelli che si vorrebbero dimenticare e che, invece, continuano ad attirare attenzione su di sé in maniera disperata, tragicamente drammatica.

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Mario Venuti si conferma, dunque, un cantautore in grado di scavare a fondo nell’animo umano, senza, tuttavia, rinunciare ad una linea melodica solare, quasi in contrapposizione con l’aspetto più propriamente semantico del testo. In questo caso l’arrangiamento è vivo e ritmato, un ampio utilizzo dell’elettronica ed una serie di riff di chitarra regalano al brano un’allure godibile e molto orecchiabile. “Ci incontreremo le sere d’estate/Sul mare d’asfalto di queste borgate/Non sarà male fermarsi a guardare le nostre ferite, le stelle inventate”, canta Mario, rendendo visivamente le immagini di un mare di sogni infranti lungo muri di cemento e, mentre le stelle vengono coperte dagli ecomostri delle periferie suburbane, non rimane che immaginarle durante le notti insonni in cui si sogna di scappare via lontano. Nonostante un così grigio affresco del nostro mondo periferico, Venuti, Bianconi e Kaballà trovano anche lo spazio per la poesia perché, allorquando non è possibile trovarla nei libri, allora è giusto forzare la mano e carpirla nei più reconditi meandri dell’istinto umano, tra vizi e virtù, mantenendosi in ogni caso lontano dalla corruzione del pensiero borghese senza rinunciare, infine, ad un omaggio a Gianni Celeste, esponente di un genere, quello neomelodico, sempre più forma di espressione dei mali e dei pensieri dei cosiddetti ultimi.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Ventre della città”