Intervista a Floraleda Sacchi e Maristella Patuzzi: “Vi raccontiamo le nostre emozioni in Intimamente tango”

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Nel disco “Intimamente Tango” Floraleda Sacchi e Maristella Patuzzi rivisitano le composizioni di Astor Piazzolla in un tango inconsueto che si fonde con i caratteri poetici ed intimi della musica classica.

Le composizioni di Astor Piazzolla sono riproposte negli arrangiamenti originali e creativi firmati da Floraleda e Maristella che fondono armonicamente malinconia, speranza e sensualità in una nuova chiave musicale, tra tradizione e innovazione, tra classico e jazz, tra improvvisazione e world music.

Cosa vi ha spinto a lavorare insieme e perché avete scelto di concentrarvi proprio sul repertorio di Piazzolla?

Perché entrambe amiamo la sua musica, perché non esisteva per il nostro duo e dunque questo ci obbligava ad essere più personali e ad arrangiare tutti i brani. Ci è sembrato il modo migliore per fare veramente duo e trovare un accordo.

In che modo avete interpretato un genere così particolare come il tango?

Cercando di metterci tutto il sentimento possibile. Il Tango è così, ti coinvolge e  ti fa sentire vivo perché ti emoziona. Dato che Piazzolla è stato anche un compositore colto e raffinato, con studi tradizionali,  abbiamo pensato molto a come valorizzare la sua ricerca sonora e la sua raffinatezza, elementi che spesso passano in secondo piano.

Cosa significa fondere malinconia, speranza, sensualità in un unico progetto?

Significa parlare delle  sfaccettature del vivere quotidiano.

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Quali sono le tappe che hanno scandito il percorso legato a questo disco?

Abbiamo dapprima scelto di suonare insieme, poi abbiamo scelto la musica da suonare attraverso un grande lavoro di ricerca e selezione dei brani di  Piazzolla da trascrivere (ce ne piacevano troppi). Abbiamo lavorato agli arrangiamenti  ad ogni ora del giorno con  giornate di prove intense,  le registrazioni e le valutazioni finali del risultato a due mesi di distanza dalla fine dei lavori.

 Com’è andato il concerto dello scorso 9 maggio al Loggione de La Scala?

Molto bene, abbiamo suonato anche un po’ di brani operistici di Donizetti e Paisiello e il pubblico si è molto divertito. Ci hanno detto che li abbiamo fatti sognare e che era un concerto pieno di poesia.

Che sensazioni avete provato suonando al Museo del Legno?

Il concerto è andato molto bene. E’ stato molto particolare suonare su un tavolo (per noi palco) di legno Kauri vecchio di 48.000 anni. Il legno risuonava meravigliosamente e ci ha fatto da cassa armonica. Dovendo suonare senza scarpe, lo sentivamo vibrare sotto i piedi e abbiamo avuto la sensazione che abbia gradito e quasi sognato che potesse rifiorire.

Floraleda, hai suonato in tante sale importanti, sei stata solista con tante orchestre… come cambia di volta in volta il tuo approccio allo strumento?

Cambia in base al repertorio che suono e posso suonare molto diversamente. Cambia ancor più l’approccio in base alla sala in cui si suona, all’acustica e al pubblico che frequenta il luogo. Ma proprio questo è quello che rende ogni concerto diverso dall’altro e il lavoro del musicista così bello.

Quali sono le differenze tra l’arpa antica e quella moderna? Quale tipologia di strumento preferisci suonare?

Gli strumenti antichi così come l’arpa sudamericana sono caratterizzati dalla minor tensione delle corde, questo (chiaramente con stili molto diversi) porta ad una grande velocità e leggerezza nell’esecuzione. L’arpa moderna è più potente e più aggressiva e la amo per quello. So suonare anche le arpe celtiche, ma sarebbe meglio avere le unghie più lunghe perché l’unghia è richiesta nel pizzico, un po’ come sulla chitarra. Questo è un po’ un problema perché per le altre serve rigorosamente solo il tocco con il polpastrello.  Mi diletto anche a suonare il Koto e la Kora… insomma ho un feeling con le corde.

Sei autrice delle musiche del monologo “donna non rieducabile” , in scena con Ottavia Piccolo… di cosa parla l’opera e come vivi i successi di ben 100 repliche?

Bene, ormai lo spettacolo sta nel piacere di incontrarsi con i  colleghi. Dopo 100 repliche potrei suonare tutto anche in condizioni proibitive. Il tema dello spettacolo è estremamente importante e serio e mi tocca ogni volta che lo porto in scena: si parla infatti della libertà di stampa, di comunicazione ed espressione, insieme alla volontà di portare il proprio lavoro fino in fondo, restando fedeli ai propri ideali anche a costo di rischiare la propria vita. Non a caso la figura che guida questo percorso è quella della giornalista Anna Politkovskaja, che è stata uccisa per non essersi piegata alla censura. La sala stampa della Comunità Europea, infatti, è intitolata a lei.

Maristella, come ti trovi a suonare con Floraleda e quali altri progetti hai in programma?

Adoro suonare con Floraleda perché è sempre creativa e suona con entusiasmo. Per quanto mi riguarda mi divido tra la musica e la politica, la musica mi segue fin da bambina, la politica è capitata per caso, ma quasi senza che lo volessi, sono diventata prima consigliera a Lugano e da qualche giorno parlamentare al gran consiglio del Ticino. Mi piace immensamente cercare di fare qualcosa per gli altri. Per me, che ho genitori italiani e nazionalità italiana, ma sono nata in Svizzera e ho anche questa nazionalità, è bello potermi dedicare ad entrambi i paesi, perché mi sento di appartenere ad entrambi.

Che emozioni provi suonando lo Stradivari Ex Bello 1687?

Bellissime, suonai questo strumento per la prima volta a New York e me ne innamorai. Dopo il concerto dovetti ovviamente restituirlo, dopo qualche mese fu lui a venire a Lugano, dove abito, nelle mani di un collezionista privato che me l’ha affidato. L’ho sempre visto come un segno del destino e poi l’87 è il mio anno di nascita, 300 anni più di me… Le coincidenze sono troppe!

Che tipo di riscontro state ricevendo dal pubblico?

Finora siamo state accolte molto favorevolmente e abbiamo ricevuto solo complimenti e critiche positive. Questo ci sprona ovviamente a continuare a dare il massimo per soddisfare il nostro pubblico.

Raffaella Sbrescia