Filippo Timi in scena con “Sciarada, Trilogia della vita”. “Parlo a una truppa di creature terrestri: siamo stati sconfitti ma ce la faremo”. Il report dello spettacolo

“Parlo a una truppa di creature terrestri: siamo stati sconfitti ma ce la faremo” E’ l’incipit della nuova creatura di Filippo Timi, che pare un poco riprendere la dimensione visionaria di Bellocchio e proiettarla in una articolazione teatrale e musicale, scenograficamente ammiccante al circo, a Fellini, quasi a voler rafforzare la caratteristica frammentaria , enigmatica e in parte anche onirica di questo articolato montaggio di scrittura e passaggi sonori. Potente come sempre nella recitazione, eccentrico nei costumi, originale, nella scelta di piazzare un attrezzato frigorifero in scena, che non stona e dà sostenibilità, Timi non cede al compiacimento del mattatore che è naturalmente portato ad essere, e, affiancato da un gruppo di giovani ed entusiasti musicisti, porta in scena uno dei lavori più intriganti degli ultimi 10 anni.

Filippo Timi - Petra Magoni E’, come lui stesso dice, un work in progress, e dal titolo si può intuire. Sciarada: Trilogia della vita, monologhi e musica non propriamente scritti, né improvvisati, frammenti da comporre, e emozioni da elaborare. Le componenti sono eterogenee: c’è il Timi autore dei monologhi, il Timi interprete dei monologhi, il Timi cantante, l’apporto di Giovanni Onorato, che ha scritto le liriche, e i musicisti Mario Russo, Claudio Larena , il sound engineer Lorenzo Minozzi , e l’inimitabile Petra Magoni col suo entusiasmo che si protrae anche a concerto ultimato, e che sul palco non solo porta la consueta originalità interpretativa, ma in qualche modo gestisce, muove e smuove, organizza e prende iniziativa. Quanto mai adatta alla sua personalità e sensibilità artistica questa Sciarada, così dinamica e fuori dagli schemi. Timi, pronto a dare fuoco al mondo (come se la calura romana non fosse sufficiente), perché è proprio quando non si ha niente che bisogna saper spendere tutto. Il divario, la dicotomia, il tutti dentro o tutti fuori, il manicheismo, in un paradossale quadretto di comparse che cercano di sopravvivere passo dopo passo, giorno dopo giorno, almeno fino alla fine dell’anno. A comporre in musica tutto questo la Pavane, che in chiave poeticamente rock accompagnale parole incendiarie di uno cui il cerino resta alla fine in mano.

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All’onirico e delirante, ma spassoso monologo sulla sessualità di Mussolini, fa seguito, provocatoria, la riflessione “Ma cosa succederebbe se mentre stai giocando la partita della tua vita sentissi di appartenere alla squadra rivale?” Il Goal, il gioco di squadra, una squadra cui potresti sentire di non appartenere più. E qui la provocazione è per chi la vuole cogliere, ma Timi stempera, sorride, scherza scende tra il pubblico senza muoversi dal palco. E se a Roma, al debutto, chiami Totti in causa, il pubblico rumoreggia, lui lo sa e sta al gioco dicendolo chiaramente “sciarada è un rischio”, qualcosa che si alimenta mentre vive e vive per alimentarsi. Nel terzo capitolo, si parla di desiderio, lo spunto è “Nella solitudine dei campi di cotone”, il costume a dir poco intrigante, per un’evocazione di dispute tra uomini insoddisfatti, animali insoddisfatti, il tutto concertato da una Jam Session ben sostenuta dall’eterogenea ma armonica cornice sonora. Petra Magoni, nel corpo dello spettacolo, con I wanna be loved by you, esce alla fine per esibirsi in una strazzacore interpretazione in duetto di un brano di Scialpi, Cigarette and coffee, che sembra davvero scritto ad hoc per raccontare i vuoti e le solitudini di questa pandemia, che sono andati ben oltre le difficoltà economiche generate, e che sicuramente (l’evidenza è agli occhi), porteranno i loro effetti nefasti nell’anima di ognuno ancora per parecchio tempo.

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Sciarada è uno spettacolo in crescita, un enigma da comporre, in qualche frammento anche improvvisato, ma frutto di un grande lavoro fatto durante la pandemia, che, per chi ne ha avuta la capacità, ha potuto rappresentare un giusto momento di riflessione, anche per dare una spallata a degli schemi che, forse, avevano raggiunto livelli di stucchevolezza che spesso lasciavano lo spettatore con un senso di mezzo pieno non proprio piacevole. Questo con Sciarada sicuramente non accade. Un Made in Trastevere, che ci auguriamo possa essere messo a disposizione di tutti quanto prima.

Roberta Gioberti

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