Tommaso Paradiso live al Teatro Arcimboldi di Milano: emozioni, nichilismo e ciaciara in un perfetto concerto pop

Si è tenuta presso il Teatro degli Arcimboldi di Milano la seconda delle tre date milanesi dello Space Cowboy tour di Tommaso Paradiso. Sono circa le 21.15 quando si alza il sipario è inizia lo show. Paradiso fa le cose in grande e sceglie di farsi accompagnare da una band tanto affiatata quanto performante: Gianmarco Dottori (chitarra e pianoforte), Nicola Pomponi (chitarra), Silvia Ottanà (basso elettrico e synth), Daniel Fasano (batteria), Angelo Trabace (pianoforte, tastiere e synth), l’ottimo Marco Scipione (sax e percussioni), Francis Alina Ascione e Roberta Montanari ai cori.

Tommaso entra sul palco in penombra e intona “Guardati andare via”. La voce è piena e calda, la scenografia richiama le atmosfere del suo album da solista “Space Cowboy”. Paradiso chiude gli occhi e idealmente abbraccia questi tre anni di crescita personale e artistica, costellata di rinvii ma anche di tanti singoli che ogni volta hanno saputo lasciare il segno. “Sono solo un vaccaro che ama guardare il cielo”, canta Paradiso nella title track, il suo spirito è legato a doppio filo agli anni ’80, con una smodata passione per il cinema e quelle atmosfere amarcord così radicate in sé da farle trasparire, reiventarle e ravvivarle nei suoi testi, negli arrangiamenti e nel modo di concepire il mondo sempre con una certa nostalgia e una irrinunciabile condizione di disagio che finisce spesso in caciara.

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La malinconia di “New York”, in combo ai bei vecchi tempi di “Promiscuità”, cede il passo all’irriverente estemporaneità di “Silvia” e poi al nichilismo di “Sold out” con il mantra: Senza una meta senza una strada con gli occhi lucidi e la sigaretta.  “Quanto costa la libertà?” Si chiede Paradiso in “E’ solo domenica”, un brano importante che l’artista dedica sempre alla stessa persona.

La scaletta prosegue con “Magari no”, “Tra la strada e le stelle”, “Completamente” cantata a squarciagola da tutto il pubblico che balda in piedi rompendo le righe anticovid.

Si prosegue a pieno ritmo con “La stagione del cancro e del leone” in versione dance anni ’90. “Oggi sono stato bene. Sono stato bene anche da solo. Con il pianoforte e mille cose in testa. Che non mi deludono mai. Che non mi abbandonano mai, canta Paradiso in “Lupin”, sopraggiunge il medley composto da  “Fatto di te” e “Il tuo maglione mio”. Una pioggia di torce si accende per “Questa nostra stupida canzone d’amore”. Trascinante il loop di “Riccione” sul cui ritornello, il TAM diventa un catino incandescente.

Il concerto si interrompe bruscamente si tratta apparentemente di una pausa, poi è lo stesso Tommaso a ricomparire una ventina di minuti dopo, scusandosi per l’attesa e spiegando di essersi sentito male all’improvviso.  L’ultima trance del concerto è tutta da cantare con “Tutte le notti”, “Felicità puttana”, sulle cui note l’artista fa salire delle fan sul palco con lui per cantare viso a viso, cuore a cuore. Le prime file si si riversano felici e scomposte sotto palco: non ci sono più barriere. L’ultimo brano in scaletta è un augurio ma anche un monito “Ricordami”. E così sarà perché perdersi in un concerto pop tante volte è proprio quello che ci vuole per sedimentare la realtà e affrontarla più a cuor leggero.

Raffaella Sbrescia

Ombra: “Canzoni della cupa e altri spaventi”. Alla ricerca delle clandestinità interiori con Vinicio Capossela

Vinicio Capossela_manifesto tour Ombra

Vinicio Capossela_manifesto tour Ombra

“Canzoni della cupa e altri spaventi” racchiude la seconda parte dell’ultimo lavoro discografico di Vinicio Capossela ed è anche il titolo dello spettacolo che l’artista ha portato sul palco del Teatro degli Arcimboldi lo scorso 28 febbraio. Nel pieno della sera del martedì grasso di carnevale, il geniale cantautore ha incantato il pubblico con uno show assolutamente inedito e curatissimo in ogni singolo dettaglio. A tenere le fila del discorso, il concetto di ombra intesa come materia sostanziale, esistenziale, scenica dello spettacolo nella sua interezza. Attraverso una sorta di travolgente ipnosi, Vinicio Capossela e i suoi eccellenti “cavalieri dell’ombra” hanno accompagnato il pubblico tra i più spinosi e lugubri meandri della Cupa, metaforicamente intesa come la parte più nascosta dell’interiorità individuale.

Corde di violino, onde elettromagnetiche, cornamuse e tamburi a cornice, tasti di pianoforte insieme alle mirabolanti diavolerie di Vincenzo Vasi e alle travolgenti incursioni del quartetto di Torino agli archi hanno scandito le mirabolanti tappe di un magico viaggio oscuro in un surreale luogo di metamorfosi spirituale. Grazie al potere dell’evocazione, alle reminiscenze della superstizione, del folklore e della religione, Vinicio Capossela ha rievocato la bellezza delle anime doppie tra echi morriconiani e ombre proiettate in 3D con la scenografia di Anusc Castiglioni e le luci di Loic Hamelin.

Vinicio Capossela live @ Teatro Arcimboldi ph Francesco Prandoni

Vinicio Capossela live @ Teatro Arcimboldi ph Francesco Prandoni

Teli, sagome, rami d’albero, luci di plenilunio, riflessi, vistosi copricapi e irriverenti maschere, gli ingredienti pricipali di quattro quadri (il selvatico, l’archetipo, lo specchio e il paese) pensati per mettere in luce le clandestinità interiori degli infimi. Vagabondi, vagamundi, schiuma dell’umanità, accappanti, accapponi,affarinati, falsi malati. Abbianti, accattosi, limosinanti simulati. Sacerdoti, alacerbanti, affamiglioli, vergognosi. Perdonatori, venditori, medicastri, guaritori. Affarfanti, alacrimanti, apezzenti, testatori. Consumieri, consumati, raggruppati, artificiati, rintruppati, ammassonati, rivestiti, implasticati, feccia de l’umanità, tramonto de l’umanità hanno fluttuato nel corso di quasi tre ore di concerto grazie a Vinicio Capossela, nei panni di eclettico traghettatore di anime nonchè stimatissimo salvifico baluardo di genialità e cultura.

 Raffaella Sbrescia

Setlist

  1. LE CREATURE DELLA CUPA
  2. SCORZA DI MULO
  3. IL PUMMINALE
  4. MADDALENA
  5. LA NOTTE DI SAN GIOVANNI
  6. L’ANGELO DELLA LUCE
  7. LA BESTIA NEL GRANO
  8. BRUCIA TROIA
  9. VINOCOLO
  10. DIMMI TIRESIA
  11. LE SIRENE
  12. PARLA PIANO
  13. FATALITA’
  14. MODI’
  15. CORVO TORVO
  16. SCIVOLA VA VIA
  17. INTERMEZZO CINESE
  18. MARAJA
  19. SONETTI/PENA DELL’ALMA
  20. PETTAROSSA
  21. LO SPOSALIZIO DI MALOSERVIZIO
  22. IL LUTTO DELLA SPOSA
  23. IL TRENO
  24. IL BALLO DI SAN VITO

BIS

  1. ZAMPANÓ
  2. CON UNA ROSA
  3. STANCO E PERDUTO
  4. VETRI APPANNATI D’AMERICA
  5. NELLA PIOGGIA
  6. RESTO QUA

La fortuna che abbiamo tour: Milano riabbraccia Samuele Bersani

Samuele Bersani ph Franc

Samuele Bersani ph Franc

Il pubblico di Milano ha riabbracciato Samuele Bersani in occasione del concerto al Teatro degli Arcimboldi. La sensazione è stata proprio quella di un ritrovamento reciproco, un incontro tra anime simili tenute lontane da elementi avversi. In effetti, è andata proprio così ed è stato lo stesso Samuele Bersani a parlare di quello che è accaduto in questi ultimi mesi: dal problema alle corde vocali che l’ha costretto a rimandare il tour (la data milanese era programmata in ottobre), al ricredersi sulla risposta del pubblico fino alla felicità nello scoprire che quasi nessuno aveva chiesto il rimborso del biglietto. L’artista ha schiettamente ammesso di avere bisogno della compartecipazione degli spettatori e del fatto che per questa ragione ha scelto un paio di cuffie che gli consentono di sentire cosa succede aldilà del palcoscenico. Stando ben lontano da frizzi e lazzi, Samuele Bersani ha poi concentrato tutto il meglio del proprio repertorio in una scaletta concisa e variegata concedendosi anche il lusso di ripescare qualche rarità dal baule dei ricordi. Il suo canzoniere, si sa, si muove tra delicatezza e ermetismo, i testi non sono mai troppo criptici ma consentono molteplici interpretazioni ed è sempre suggestivo riascoltarli. Lo è ancora di più se gli arrangiamenti proposti sono vellutati e sapientemente modellati da una band di sette musicisti esperti come Tony Pujia, Davide Beatino, Silvio Masanotti, Marco Rovinelli, Alessandro Gwis, il sassofonista/flautista Claudio Pizzale e Michele Ranieri.

Samuele Bersani live @ Teatro Arcimboldi - Milano ph Francesco Prandoni

Samuele Bersani live @ Teatro Arcimboldi – Milano ph Francesco Prandoni

Senza fronzoli, senza scenografie o facilonerie ruffiane, Samuele Bersani è riuscito a creare una tale empatia col pubblico da essersi conquistato una standing ovation con tanto di applausi a scena aperta sulle note di “Giudizi universali”. La sua verve da outsider, l’ironia sottile ma impattante e la sua intaccabile passione per il buon gusto sono il suo marchio di fabbrica da ormai 25 anni e, ad oggi, gli consentono di gestire il rapporto con il pubblico in modo assolutamente disteso e rilassato. “Voglio spremere il tubetto fino in fondo, la fortuna che abbiamo di dipingere con un colore più intenso meno opaco e finalmente indelebile”, così recitano le parole di una strofa de La fortuna che abbiamo”, la canzone che dà il titolo a questo tour e che, prontamente decontestualizzate, possono rendere l’idea di come certe parole scritte con l’anima possano tracciare un solco nel cuore di molti. Questo è il potere che hanno gli artigiani della musica, questo è il piccolo grande potere che ha Samuele Bersani.

 Raffaella Sbrescia

SET LIST:
Il mostro
Le mie parole
Lo scrutatore non votante
Occhiali rotti
Il pescatore di asterischi
En e Xanax
Spaccacuore
Psyco
Ferragosto
Cattiva
Come due somari
Replay
La fortuna che abbiamo
Una delirante poesia
Crazy boy / Che vita / Settimo cielo
Canzone
Giudizi universali
Chiedimi se sono felice
Freak
Coccodrilli
Senza titoli
Chicco e Spillo
Cosa vuoi da me

Mario Biondi in concerto al Teatro Arcimboldi di Milano: eccellenza e sensualità in un tripudio di ritmiche internazionali

Mario Biondi live @ Teatro Arcimboldi ph Francesco Prandoni

Mario Biondi live @ Teatro Arcimboldi ph Francesco Prandoni

Mario Biondi approda al Teatro Arcimboldi di Milano con un concerto ricco, corposo, importante. Da ormai diversi anni l’artista catanese ci ha abituati alla sua voce potente, corposa, imponente. Quello che fa la differenza di volta in volta sono le sfumature con cui Mario riesce a colorare non solo la sua interpretazione ma anche le parole di canzoni che profumano di soul, di funk, di jazz d’Oltreoceano. La maestosità degli arrangiamenti portati sul  palco insieme a Alessandro Lugli alla batteria, Federico Malaman al basso, Massimo Greco alle tastiere, David Florio alle chitarre, Marco Scipione al sax e Fabio Buonarota alla tromba travolge lo spettatore cogliendolo spesso impreparato di fronte ad un mole così spessa di contenuto semantico ed acustico. Camaleontico, ironico e sinceramente emozionato, Mario dimostra di essere anche un ottimo ballerino grazie ad una serie di movenze particolarmente in linea con le ritmiche proposte in scaletta. Attraverso le perle contenute nel suo ultimo disco “Beyond”, tra tutte citiamo “Ecstasy”, “I chose you”, “Love is a temple”, Mario Biondi si è divertito mettendosi in gioco e senza risparmiarsi un attimo sia in termini di energia che di interazione con il pubblico. Se il groove è il suo marchio di fabbrica, la carnale sensualità insita nella sua voce rappresenta il surplus ultra su cui lasciar convergere il flusso delle emozioni. Mario Biondi è una garanzia di eccellenza e, dato che stiamo parlando di livelli qualitativi altissimi, non possiamo esimerci dall’elogiare l’encomiabile bravura dei musicisti di cui l’artista ama circondarsi da ormai svariato tempo.

Raffaella Sbrescia

Ludovico Einaudi live al Teatro Arcimboldi di Milano con “Elements”: una trilogia di concerti catartici

Ludovico Einaudi live @ Teatro Arcimboldi - Milano

Ludovico Einaudi live @ Teatro Arcimboldi – Milano

Il pianista e compositore Ludovico Einaudi arriva al Teatro Arcimboldi di Milano per tre imperdibili concerti incentrati sul suo ultimo lavoro discografico intitolato “Elements” (Decca Records). Il primo atto di questa attesa trilogia live è andato in scena lo scorso 8 dicembre: una foresta di suoni, ombre e simboli ha dato vita ad un’ipnosi sonora in grado di innescare un processo di anamnesi collettiva. Attraverso una meticolosa attenzione per il più piccolo dei dettagli, Einaudi porta sul palcoscenico la costruzione artigianale dei suoni concepiti in fase di composizione ed il risultato è eccellente. Ad assistere l’artista in questa delicata operazione sono dei musicisti veramente preparati, in grado di fronteggiare l’uso di numerosi strumenti con la stessa padronanza. Parliamo di Federico Mecozzi, Redi Hasa, Alberto Fabris, Francesco Arcuri e Riccardo Laganà. Suoni acustici ed elettronici, luci soffuse e penetranti lampi incarnano il dualismo sotteso lungo tutto il percorso emozionale concepito da Einaudi. I musicisti entrano in scena uno per volta, piccole ombre che si muovono nella semioscurità, piccoli disegnatori di una complessa mappa di pensieri che, allo stesso modo delle note proposte, si fanno via via più ricchi e stratificati. Attraverso un crescendo ritmico, nutrito da suggestioni estemporanee e vibrazioni continue, Einaudi indaga tra visioni, leggi, assiomi e corollari: si va dai miti della creazione alla tavola periodica degli elementi, dalle figure geometriche di Euclide agli scritti di Kandinsky: un discorso senza un punto di approdo di cui ciascun ascoltatore può scrivere il proprio finale. I brani in scaletta, ora carezzevoli e delicati, ora intimi e intricati, ora pieni e corposi, ora tormentati e burrascosi, delineano i cardini di un’orbita in cui il pianoforte è il pianeta principale e tutt’intorno ci sono i satelliti: sega musicale, crotali, Kalimba, carillon, glockenspiel, waterphone sono solo alcuni degli strumenti scelti per trasmettere specifiche funzioni espressive. “Whirling winds”, “Night”, “Twice”, “Song for Gavin”, “Petricor”, “Four dimension”, “Elements”, “Numbers”,  ”Logos” generano paura e attrazione, un vorticoso andirivieni di emozioni contrastanti alla ricerca di risposte esistenziali. Una tempesta sonora la cui potenza, in grado di scuotere la nostra natura sensibile, raggiunge il picco più elevato sulle note di “Experience”, una composizione ossessivamente travolgente. A seguito di una sentita standing ovation e del conseguente scroscio di applausi, Ludovico Einaudi e i suoi musicisti salutano il pubblico con “Divenire”, un modo fresco per prendere coscienza del fascino generato dall’enigmaticità e ridestarsi da una sorprendente catarsi.

Raffaella Sbrescia

Leggi l’intervista a Ludovico Einaudi