Umbria Jazz Festival 2018: una notte per e con Quincy Jones. Un evento più unico che raro

Umbria Jazz Festival: una notte per e con Quincy Jones

Umbria Jazz Festival: una notte per e con Quincy Jones

4000 spettatori arrivati da tutt’Italia. Questo il sold out registrato ieri sera all’Arena Santa Giuliana per il concerto tenuto in Onore (ed è il caso di dirlo forte) di Quincy Jones. 
Come già si era potuto immaginare durante la conferenza stampa di Roma, è stato un grande evento, che ha visto protagonista la musica in primo luogo.

Tre ore abbondanti di performances coinvolgenti, hanno tenuto inchiodati tutti alle sedie, con grande fatica, bisogna dire, perché il parterre dell’Arena Santa Giuliana, ad un certo punto, sembrava un mare in libeccio. Difficile riuscire a vincere la tentazione di andare a tempo seguendo il ritmo. Quando a farlo sono 4000 persone contemporaneamente, beh, significa che quello che stanno ascoltando ha un suo valore. E tra quelle note composte con maestria, di valore aggiunto ieri sera ce n’è stato molto.
Prima tra tutte, e non per temporaneità di uscita, ma per intensità di interpretazione, la Regina (e per un Re è quello che ci vuole), Dee Dee Bridgewater, che ha dato una lezione di capacità vocale in Misty, (arrangiata da Quincy Jones per Sarah Vaughan); il momento più emozionante di una serata che di emozioni ne ha regalate “ a palate”. Immensa, l’Umbria Jazz Orchestra, diretta da John Clayton, e sul finale, dallo stesso Quincy Jones, dopo un’introduzione “tutta sua” (da menzionare le esecuzioni di Soul Bossa Nova, la “sigla per eccellenza”, e The Separation, dalla colonna sonora de “il Colore Viola”), ) ha accompagnato un gruppo di artisti strettamente legati alla vita ed alla carriera di The Dude, a partire dai Take 6 ed i loro virtuosismi vocali, passando attraverso Ivan Lins, introdotto dai ricordi di Quincy Jones, che, seduto su una poltrona a bordo palco, nella penombra, ha seguito con attenzione tutti, alternando lo sguardo tra la scaletta della serata e il pubblico incantato. Di Lins ha ricordato la prima volta che si incontrarono, quando fu proprio Gillespie a dirgli “ti innamorerai della bossa nova, e non riuscirai più a farne a meno”. E di fatto, di Lins divenne anche il “fortunato” produttore. Con Ivan Lins, sul palco, l’ottimo Nanni Zedda, che già aveva accompagnato Jones durante la conferenza stampa capitolina, manifestando un legame fraterno.

Umbria Jazz Festival: una notte per e con Quincy Jones ph JR

Umbria Jazz Festival: una notte per e con Quincy Jones ph JR

Tra le varie performances, quella del cubano Alfredo Martines, un gran “lavoratore” delle tastiere, che si sottopone a sessioni di studio quotidiano da stakanovista, a dimostrazione, dice Jones, che senza l’impegno, il talento serve a poco. E Martines fa parte della “pletora” di giovani talenti che l’ultra ottuagenario trombettista di Chicago ogni anno esamina, valuta, e, quando meritano, sostiene. Uno su tutti Jacob Collier, altro giovane virgulto dall’originalità compositiva accattivante, e polistrumentista a 360 gradi che ha infiammato il Morlacchi un paio di anni fa.
Patty Austin, la bella “figlioccia” di Jones, fa il suo ingresso con disinvolta e semplice eleganza, e con disinvolta e semplice eleganza, intona note al ritmo di Funk Jazz, movimentando ulteriormente l’attenta platea dell’Arena.

Preziosa la presenza di una Noa “luccicante” e sempre sorridente, che, nel ruolo insolito di percussionista, fa vibrare le corde emotive dell’Arena, eseguendo, tra l’altro, un originale adattamento di Bach.
Viene poi la volta degli artisti di casa. Alla domanda “cosa apprezzi della musica italiana”, The Dude fa tre nomi: Ennio Morricone, Armando Trovajoli, e Romano Mussolini, con cui racconta di aver eseguito delle Jam.
Ma una cosa vorrebbe possedere, sostiene l’umile Quency, e non ha: la capacità di soffiare nella tromba, come fa Paolo Fresu, unica italian guest della serata, che intonando My Ship, si commuove per primo, a darci tutto il fiato di cui è capace, con la sua tecnica davvero unica al mondo nel gestire il diaframma.

Umbria Jazz Festival: una notte per e con Quincy Jones ph JR

Umbria Jazz Festival: una notte per e con Quincy Jones ph JR

La serata prosegue, all’insegna della musica e del ritmo, con l’omaggio a Michael Jackson, fatto dai Take6 nell’esecuzione di Wanna Be Startin’ Somethin’ , ed il pubblico si assembra sotto il palco. Palco al cui centro si porta anche Quincy, accompagnato da Patron Pagnotta, e da Tony Renis, a ricevere un premio, il primo istituito da UJ, l’ Umbria Jazz Award: sorrisi ammiccanti e battute scherzose (“ho 85 anni, ne avrò 95 quando sarà finito”), dell’icona musicale che raramente si concede, anche per questioni di età. Ma, quelle quattro cinque volte l’anno in cui fa la sua apparizione in pubblico, lo fa con lo spirito di un ventenne e con la generosità con cui ha arricchito il panorama musicale internazionale, in 70 anni di carriera prestigiosa. Partito povero dai sobborghi di Chicago, ed arrivato dal Papa, a difesa delle nazioni più povere del mondo, per chiedere che intercedesse per il ridimensionamento del debito.

“I soldi non sono mai stati il primo obiettivo nel mio rapportarmi con la musica. La passione lo è stata. I soldi sono arrivati di seguito”. Passione, impegno, curiosità e grande feeling col pubblico. Un mix vincente.

Jones si diverte, manda baci, incita il pubblico, tutto raccolto sottopalco: uno spettacolo incredibile, per uno degli avvenimenti più importanti che questo festival abbia mai ospitato. Poi si accomiata, l’orchestra bissa Soul Bossa Nova, e la serata si spegne, lasciando accesi però animi e cuori.

Un evento importante. Imperdibile. Unico.

JR