Al via l’Atlantico tour di Marco Mengoni: è giunto il tempo della consapevolezza.

marco mengoni -atlantico tour

marco mengoni -atlantico tour

“I’ll show you how great I am” è la scritta che campeggia sullo schermo all’inizio del nuovo show di Marco Mengoni che per l’Atlantico tour si ispira alla filosofia di Muhammad Alì per veicolare un messaggio tanto forte quanto veritiero.

Questo nuovo tour vede Marco alle prese con un concerto molto strutturato sviluppato con Claudio Santucci per Giò Forma e suddiviso in tre parti. Così come nel disco, l’artista veicola idee, energie e contenuti in una scaletta pensata per portare sul palco i suoi ultimi ascolti, i suoi viaggi, le sue idee e la sua evoluzione personale e artistica.

Sul palco con lui c’è un gruppo di musicisti coesi e preparati. Con la direzione musicale di Christian Rigano (piano e tastiere) ritroviamo Giovanni Pallotti (basso), Peter Cornacchia (chitarre), Davide Sollazzi (batteria) e incontriamo Massimo Colagiovanni (chitarre), Leonardo Di Angilla (percussioni) mentre ai cori ci sono Barbari Comi, Moris Pradella (anche chitarra) e Yvonne Park.

Per chi era abituato a vedere un artista esibirsi a cuore aperto si troverà di fronte a qualcosa di molto diverso. Marco è cresciuto, è maturato, ha imparato a gestire le emozioni e il tremolìo delle gambe. La sua voce tocca note e tonalità che solo lui può fare con tanta naturalezza, allo stesso tempo però non ci sono più scoppi di lacrime e inondazioni di emozioni incontrollate. L’obiettivo di Marco è dosare, equilibrare, concentrare i contenuti delle sue ballads storiche alternandole alla dimensione calda, trascinante, ipnotica del mondo latino, al soul, alle radici afro fino a virare verso echi di dub, metal, tappeti elettronici decongenstionanti.

marco mengoni -atlantico tour

marco mengoni -atlantico tour

Tutto il discorso musicale viaggia di pari passo anche con l’aspetto tecnologico e visuale: la scenografia, dapprima scarna e minimale, si nutre di luci ed effetti strettamente correlati ad uno speciale schermo in grado di diventare completamente trasparente fino a lasciar intravedere una grata industriale. L’obiettivo in questo show è fondere mondo analogico e quello digitale come lui stesso ha spiegato alla stampa alla fine del concerto: “Il progetto del palco esiste già da tre anni ma con il passare dle tempo ha subito continui cambiamenti e trasformazioni fino a pochi giorni prima dello show”. Di grande impatto due grandi passerelle laterali al palco in grado di innalzarsi fino a 7 metri di altezza, un veliero di grande impatto scenico che pone Marco in una condizione visuale di completo trionfo.

In verità il concerto vuole essere di tutti, esattamente come lo stesso Marco sottolinea sia sul palco che nel backstage. L’idea è quella mettere in luce l’operato di tutti nel segno dei valori che nascono da questo tour. Liberazione, apertura, curiosità, riflessione si avvicendano all’interno di un concerto appassionato e ricco di momenti per niente scontati e coraggiosi.

Su tutti spiccano due monologhi intensi, necessari, preziosi. Sarebbe stato bello se a parlare di certi temi fosse stato direttamente Marco in prima persona ma ci accontentiamo anche cosi: “Sei fatto per il 60% di acqua, per il 30% delle persone che ami e per il 10% di quello che ti manca”, recita la voce dell’artista nel primo monologo, proprio lui che da mesi insiste nel dire che gli manca sempre il tempo per godersi le cose. Il secondo monologo si concentra invece sui temi sociali e di grande attualità: Marco Mengoni tenta la sua carta per sensibilizzare il pubblico al rispetto per l’ambiente e per ammonirlo sui rischi di annichilimento e indifferenza, due dei più grandi mali che affliggono la nostra società.

In scaletta ci sono naturalmente quasi tutti i brani di “Atlantico” ma anche vecchie glorie come “In un giorno qualunque”, “Non passerai”, Dove si vola”, fusa in modo convincente con “Someone like you” di Adele e soprattutto una nuovissima vibrante versione di “Credimi ancora” arricchita da un mashup di “Amazing” di Kanye West e “Pastime Paradise” di Stevie Wonder; uno degli esperimenti meglio riusciti in termini di arrangiamenti per questo neonato tour. Irresistibili “Buona vita”, in mashup cubano con Chan Chan di Company Segundo. Il prezioso omaggio a Frida Kahlo con “La casa Azul” e le trascinanti percussioni di “Amalia” dalla imperiosa carica adrenalinica conferitale dal contributo di tutta la band al completo.

Completano la scaletta la trionfale “Guerriero”, un accenno de “L’essenziale” e la versione piano solo di “20 Sigarette” in cui Marco si siede per la prima volta al pianoforte e invita tutti a spegnere i cellulari per godersi fino in fondo ogni singolo istante di un momento da vivere con tutti i sensi all’erta.

Chiudono lo show la versione integrale de “L’essenziale” e l’incantevole “Hola”; il modo ideale con cui Marco Mengoni sceglie di congedarsi dal suo affezionatissimo pubblico dopo una prima tappa carica di emozioni, aspettative, ricordi, scoperte, riflessioni, intuizioni.

 Raffaella Sbrescia

Fabrizio Moro pubblica il nuovo album “Figli di nessuno”. La recensione

Fabrizio Moro

Fabrizio Moro

“Figli di nessuno” è il decimo album di inediti di Fabrizio Moro. Un album diretto e senza filtri in cui l’artista ha voluto esprimersi ancora una volta in tutta la propria sincerità esponendo la propria sfera più intima. Un disco scritto e prodotto in pochi mesi, durante i quali Fabrizio e i suoi musicisti hanno avuto modo di restare chiusi in studio a curare ogni dettaglio relativo alla costruzione di arrangiamenti ricchi di richiami e influenze musicali . L’antifona era già stata subito chiara con il singolo di lancio “Ho bisogno di credere”: oggi non mi spezzo e non abbasso mai lo sguardo e se sono così forte lo devo solo al mio passato, ho fede in te e ho fede nel colore. Questo suo modo di scrivere in modo urgente, necessario, arrabbiato convive dunque con la speranza, la fiducia, la forza di volontà. Fabrizio spera, crede, rivela, risana, scava e scova a fondo nel passato, nelle cose, nelle persone e sopratutto non dimentica. Ogni frame della vita diventa risorsa a cui fare riferimento quando lo si ritiene più necessario. Fabrizio Moro è e rimane un combattente, l’artefice della propria salvezza, un uomo che nel suo essere rimasto coerente ha saputo mantenere intatta la propria sensibilità e la propria creatività senza mai scendere a compromessi. La sua attitudine rock continua a esistere e svilupparsi anche in “Figli di nessuno” ed è proprio qui che sgorga la sua voglia di rivalsa, di dimostrare a chi lo ha umiliato, disprezzato, ostacolato. Fabrizio ce l’ha fatta e ci svela che gli artefici della nostra salvezza siamo proprio noi stessi.
Tra i brani più importanti del disco c’è “Filo d’erba” dedicata a suo figlio Libero: un brano tanto intenso quando scomodo per Fabrizio che ammette la sua responsabilità nei confronti delle fragilità di un bambino che vive la separazione dei genitori. Un modo per mettere a nudo certe verità che fanno male ma che al contempo possono rappresentare un punto fermo da cui ripartire. C’è poi “Non mi sta bene niente”, un brano manifesto, molto vicino alla descrizione di una personalità complessa, irrequieta, genuina e autentica come la sua. La piccola perla del disco è il brano “Me ‘nnamoravo de te”, un capolavoro di testo e poesia in cui il punto di vista di due bambini che si innamorano è l’espediente metaforico per rivivere e percorrere gli ultimi cinquant’anni della Repubblica Italiana. Un’epopea ferma ad un punto di stallo che ci fa struggere e che stimola lo spirito combattivo di chi sente il fuoco degli ideali bruciare dentro. Bravo Fabrizio, sii te stesso sempre, continueremo ad essertene grati.

 Raffaella Sbrescia

Tracklist

1. Figli di nessuno 2. Filo d’erba 3. Quasi 4. Ho bisogno di credere 5. Arresto cardiaco 6. Come te 7. Non mi sta bene niente 8. Me’ nnamoravo de te 9. Per me 10.#A 11. Quando ti stringo forte

Da oggi, Fabrizio Moro incontrerà i fan per presentare il nuovo album di inediti “Figli di nessuno” con un instore tour: il 12 aprile a Roma (Discoteca Laziale in Via Mamiani, 62 – ore 18.00); il 13 aprile a Bari (La Feltrinelli c/o C.C. “Mongolfiera Santa Caterina” in Strada Santa Caterina, 19 – ore 18.00); il 14 aprile a Milano (Mondadori Megastore in Piazza Duomo, 1 – ore 18.00); il 16 aprile a Salerno (C.C. “Maximall” di Pontecagnano Faiano, Salerno in Via Pacinotti, snc – ore 18.00); il 17 aprile a Napoli (La Feltrinelli della Stazione Centrale Piazza Garibaldi – ore 18.00); il 18 aprile a Catania (C.C. “Etnapolis” di Belpasso, Catania in Contrada Valcorrente, 23 – ore 18.00); il 19 aprile a Palermo (C.C. “La Torre” in Viale Michelangelo – ore 18.00); il 23 aprile a Bologna (SEMM Music Store & More in Via Oberdan, 24F – ore 18.00); il 24 aprile a Gorizia (C.C. “Tiare

Shopping Center” di Villesse, presso Località Maranuz, 2 – ore 18.00); il 27 aprile a Torino (Mondadori Bookstore in Via Monte di Pietà 2 ang. Via Roma – ore 18.00); il 28 aprile a Limbiate – MB (C.C. “Carrefour” di Limbiate, Monza-Brianza presso Ex SS 527 angolo Via Garibaldi – ore 18.00); il 2 maggio a Taranto (Mondadori Bookstore in Via Giuseppe de Cesare, 35 – ore 18.00); il 3 maggio a Foggia (C.C. “Gargano” di Monte Sant’Angelo, Foggia presso Contrada Pace – Loc. Macchia – ore 18.00); il 4 maggio a Latina (La Feltrinelli in Via A. Diaz, 10 – ore 18.00); l’8 maggio a Firenze (la Feltrinelli RED in Piazza Della Repubblica, 26 – ore 18.00); il 9 maggio a Padova (C.C. “Piazzagrande” di Piove di Sacco, Padova in Via Fratelli Sanguinazzi, 1 – ore 18.00).

Achille Lauro presenta il nuovo album “1969″: Sono l’operaio del mio successo”

ACHILLE LAURO foto di Cosimo Buccolieri

ACHILLE LAURO foto di Cosimo Buccolieri

Esce oggi 1969” (Sony Music Italy) il nuovo album di Achille Lauro. Dopo essere salito alla ribalta popolare grazie alla partecipazione al Festival di Sanremo con il brano “Rolls Royce”, Achille Lauro lancia questo nuovo progetto con 10 tracce lavorate insieme a Fabrizio Ferraguzzo ed Edoardo “BossDoms” Manozzi, interamente registrate nei nuovissimi RCA studios della Sony.

L’Amleto romano è un sexy ugly artist: Achille Lauro vuole essere glam, bohemien, angel, devil, rebel, dreamer, killer, fucker, sudbolo e ruffiano.

Il controverso artista romano si ispira agli anni ‘60 e ‘70 e alle relative icone. Rock’n’ roll e libertinaggio fanno da sfondo ad un album in cui il testo lascia spesso spazio alle parole in libertà. Non ci sono costrutti, non ci sono concetti, non ci sono messaggi. Lauro si affida alle intenzioni che ci sono dietro le parole. Profonda disperazione ed estrema leggerezza convivono in un artefatto che, nel suo insieme, risulta sicuramente diverso da quanto circola in Italia in questo momento e che al contempo lascia una sensazione di vuoto da colmare. Un po’ come se Achille Lauro avesse il potenziale di dirci di più, di osare come soltanto lui potrebbe permettersi di fare e non fa. Un freno a mano che in realtà sembra più motivato dalla scelta precisa di lasciarci in attesa, d’altronde lui stesso ha dichiarato di voler sviluppare il sound usato per questo disco e che è al lavoro su altri due album. Ne sentiremo sicuramente delle belle.

Questo è, intanto, tutto quello che Achille Lauro ci ha raccontato nel corso della conferenza stampa che si è tenuta a Milano:

Sono sempre stato un outsider in qualunque momento e in qualsiasi progetto in cui mi sia lanciato in questi anni. Questo disco è un passo importante, questa è una bella veste ma sto già lavorando ad altri due album che sto sviluppando. In questo momento mi sento al posto giusto, nel momento giusto. Mi sono ispirato agli anni 60’ e ‘70, anni in cui c’era voglia di fare, di dire, di cambiamento, di libertà. Una manciata di ore dopo la Finale di Sanremo ero già in studio a finire questo progetto che porto avanti da due anni. In copertina ci sono 4 icone: James Dean, Marylin Monroe, Jimi Hendrix, Elvis Presley. Vere e proprie leggende che dopo 50 anni vendono ancora dischi. Artisti che incarnano l’immaginario hippie e libertino a 360 gradi.

Il rock’n’roll è più un life syle che uno state of mind. Leggerezza e malinconia convivono rispecchiando ciascuno di noi. Ognuno attraversa alti e bassi, io cerco di fermare questi momenti (sia alti che bassi) contaminando il sound e cercando di dare a tutto l’insieme la direzione giusta.

Questi brani sono stati scritti in momenti particolarmente difficili, mi sento fortunato nell’aver reso queste sensazioni tangibili. Tutta la mia musica è condizionata dalla mia vita, qui si parla di vuoti interiori. Non mi piace essere inquadrato, non mi piace fare sempre le stesse cose. Sto sperimentando così come nessun pittore dipingerebbe lo stesso quadro tutta la vita. Voglio fare qualcosa di diverso che piaccia a me stesso in primis. Le piccole storie che ho scritto le ho affrontate in modo diverso senza ostentarle, quasi come una preghiera come ho cercato di fare in 

Oggi affronto la passione come una carriera che comporta un sacrificio di tutti i giorni. Sono un operaio del mio successo, l’ho costruito ora per ora, senza dormire per 7 anni circa. Questo è il momento delle responsabilità, mi sento responsabile per le persone che hanno lavorato a questo progetto e per la mia famiglia. Se sbaglio io, cascano in tanti. Mi interessa mantenere il successo anche se vorrei sottolineare che l’arte è l’arte e l’educazione è un’altra cosa. L’artista non è un educatore. Mi sono fatto strada in mezzo agli illusionisti, sto lavorando a tante cose nuove ma la musica è una strada tortuosa, è una scommessa, anche se lavori 20 ore al giorno non sai mai se ce la farai. Ho investito tutti i miei soldi e il mio tempo in questo sogno, ho lasciato tutto e tutti, l’illusionista principale è questo mondo che, invece di trainarti, ti prende tutto quello che hai.

achille lauro

achille lauro

A Sanremo ero molto motivato, avevo ricevuto ottime recensioni, ero felice di sapere che questo brano di rottura non fosse bello solo per me. Le polemiche sorte in seguito, in merito al possibile riferimento alla droga nel testo di “Rolls Royce” le ho inizialmente ignorate, le ritenevo circoscritte al Festival, mi è dispiaciuto vedere continuare a oltranza questa cosa. Quando volevo essere esplicito, lo sono sempre stato. Vedere che la gogna mediatica distoglieva l’attenzione dalla mia musica mi ha deluso, soprattutto ritengo che l’argomento droga sia stato discusso con estrema superficialità. Chi ne parla non conosce un tema che va analizzato e discusso nelle sedi opportune. Il vero pericolo non è in chi è nato a contatto con queste cose, il pericolo è in chi ci si trova davanti come di fronte a un gioco senza capirne la mortale pericolosità. Sono riuscito a farmi passare tutto concentrandomi sulla musica e mettendoci tutto il mio impegno, un po’ come sempre accade a chi riesce ad avere un certo tipo di successo (vedi Sfera Ebbasta ndr).

Ho voglia di rimanere, a volte mi è capitato di sentirmi un fantasma, spesso frutto di etichette sbagliate che mi sono state appiccicate. Ho 28 anni e voglio arrivare a diverse generazioni così come è riuscito a fare Vasco Rossi. La musica è comunicazione, a volte l’intenzione che c’è dietro alle parole è più importante delle parole stesse. Svilupperò questo sound, mi piace parecchio. L’anima resterà sempre la stessa, nell’album ci sono diverse zone comfort per i fan della prima ora. Ovviamente è rimasta anche quella disperazione che è squisitamente connessa alla mia sfera caratteriale. I miei brani non sono quasi mai dediche, sono pensieri e stati d’animo che voglio immortalare, non mi interessano i singoli, non mi interessano le mode, faccio quello che mi piace e voglio semplicemente dire la mia. In questo mercato che mastica e sputa, il mio obiettivo è lasciare il segno.

Il tour sarà il riflesso esatto del disco, sarà all’insegna del cambiamento. Sto preparando uno show diverso, avrò una band. Porteremo una nuova ondata di musica diversa. Molti dei nuovi brani sono proprio nati per il live. Per il discorso legato alla mia possibile partecipazione nella veste di giudice a X Factor, tutti ne parlano ma io non ne so nulla al momento. Sarebbe bello però, ho trascorso una intera giornata con Mara Maionchi e mi sono divertito molto.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist del disco, prodotto da Fabrizio Ferraguzzo e Boss Doms: “Rolls Royce”; “C’est la vie”; “Cadillac”; “Je t’aime” (feat. Coez); “Zucchero”; “1969”; “Roma” (feat. Simon P); “Sexy Ugly”;“Delinquente”; “Scusa”.

Al via domani, venerdì 12 aprile, l’instore tour durante il quale l’artista attraverserà l’Italia per incontrare i fan e firmare le copie del nuovo album

Questi gli appuntamenti confermati:

Venerdì 12 aprile (ore 17:00) a Milano – Mondadori Megastore (Piazza Duomo, 1)

Sabato 13 aprile (ore 14:30) a Genova – La Feltrinelli (Via Ceccardi, 16)

Sabato 13 aprile (ore 18:00) a Torino – Mondadori Bookstore (Via Monte di Pietà, 2 ang. Via Roma)

Domenica 14 aprile (ore 14:30) a Verona – La Feltrinelli (Via Quattro Spade, 2)

Domenica 14 aprile (ore 18:00) a Stezzano (BG) – Media World c/o CC Le Due Torri (Via Guzzanica, 62/64)

Lunedì 15 aprile (ore 15:00) a Firenze – Galleria Del Disco (sottopassaggio Stazione Santa Maria Novella)

Lunedì 15 aprile (ore 18:00) a Lucca – Sky Stone & Songs (Piazza Napoleone, 22)

Martedì 16 aprile (ore 17:00) a Roma – Discoteca Laziale (Via Mamiani, 62)

Mercoledì 17 aprile (ore 16:30) a Bari – La Feltrinelli (Via Melo, 119)

Venerdì 19 aprile (ore 15:00) a Forlì – Mondadori Bookstore c/o CC Mega (Corso della Repubblica, 144)

Venerdì 19 aprile (ore 18:00) a Bologna – Semm Music Store & More (Via Oberdan, 24F)

Sabato 20 aprile (ore 14:30) a Varese – Varese Dischi (Galleria Manzoni, 3)

Sabato 20 aprile (ore 18:00) a Como – F.lli Frigerio Dischi (Via Garibaldi, 38)

Giovedì 2 maggio (ore 15.00) a Napoli - La Feltrinelli Stazione Centrale (Piazza Garibaldi)

Giovedì 2 maggio (ore 18.00) a Salerno - La Feltrinelli (Corso Vittorio Emanuele 230)

Venerdì 3 maggio (ore 16.30) a Foggia – Mondadori Bookstore (Via Guglielmo Oberdan, 9-11)

Dal 3 ottobre ACHILLE LAURO arriverà nei club con il “ROLLS ROYCE TOUR”.  Queste le date confermate:

3 ottobre al Tuscany Hall di Firenze

4 ottobre all’Atlantico Live di Roma

7 ottobre al Fabrique di Milano

10 ottobre al PalaEstragon di Bologna

11 ottobre al Teatro Concordia di Venaria Reale (TO)

13 ottobre alla Casa della Musica di Napoli

 

 

 

Henosis: Joep Beving chiude la trilogia in modo maestoso. La recensione dell’album

Joep Beving

Joep Beving

Viene dall’Olanda e ha già abbondantemente dato prova del suo indiscutibile talento. Lui è il pianista Joep Beving che con Henosis, pubblicato il 5 aprile per Deutsche Grammophon, chiude una trilogia imponente. Massiccia è, tra l’altro, la quantità di note e di stimoli offerti da questo suo mastodontico ultimo album composto da ben 23 brani per oltre 100 minuti di musica. Un’esperienza sensoriale plurima, è il caso di dire. Il comune denominatore delle nuove composizioni strumentali di questo artista visionario rimane chiaramente il pianoforte: un vecchio Schimmel verticale ereditato da sua nonna in cui ogni tocco si intinge di ricordi e di sfumature che rendono il suono fortemente personale e inscindibile dall’artista. L’intento di Beving è il perseguimento della connessione tra l’uomo e il cosmo. I due album precedenti sono perciò da considerarsi dei passaggi propedeutici a questa finalità ultima. L’analisi dell’interiorità diventa uno strumento, una risorsa per addentrarsi all’interno di un più ampio processo di ampliamento semantico. La proattività dell’ascoltatore è l’immediata reazione che l’istinto mette in atto soprattutto nei brani in cui compare la mano di Maarten Vos. Per questo progetto, Beving si avvale infatti di archi, synth ed elettronica minimale per una molteplice declinazione di sfumature raggiungendo sempre un risultato di grande impatto acustico. C’è bisogno di tempo da investire e pensieri da raccogliere per ascoltare questo disco, non è di certo un lavoro che può essere fruito da ascoltatori mordi e fuggi, sarebbe davvero uno spreco perdersi la bellezza, la nobile intenzione metafisica dell’autore, la prospettiva finale di un viaggio compositivo durato quattro anni e che per qualche attimo ci offre l’ologramma fedele della vacuità della nostra mente.
Brani preferiti: Into the dark blue, Nebula.
Raffaella Sbrescia

Angelica riparte da solista: la recensione dell’album “Quando finisce la festa”

Angelica - Quando finisce la festa

Angelica – Quando finisce la festa

Lo sai che anche le cose invecchiano, invecchiano si rompono non restano. Noi siamo i giocatori dei giochi fuori luogo dei luoghi fuori gioco ogni domenica anche se non ci va, anche se non mi va. Così canta Angelica (Schiatti), ex front-woman dei Santa Margaret, in “Giocatori”, brano tratto dal suo album d’esordio in veste di solista. Il disco s’intitola “Quando finisce la festa”  (Carosello Records) e mette Angelica nella posizione di ritrovare la quadra della propria cifra stilistica. Capire in che direzione muoversi, se mantenere le radici del gruppo o estirparle del tutto. Ad aiutarla in questo fondamentale percorso di ricerca artistica, un nutrito gruppo di musicisti di grande esperienza come: Antonio “Cooper” Cupertino, Massimo Martellotta e Fabio Rondanini dei Calibro 35, Teo Marchese e Ivo Barbieri, Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Esplosion e Daniel Plentz dei Selton.
Il risultato è un disco con degli arrangiamenti molto astuti, che pescano tra le epoche, che regalano un’aura retrò al progetto, che ne esaltano l’estetica malinconica. In mezzo ci sono le canzoni, tutte scritte da Angelica. Si va dal magnetismo cinematografico di “Adulti con riserva” alla già citata “Giocatori” passando tra le memorie casuali della liquida “Beviamoci” e la tristezza consapevole di “Due anni fa”. La forza del disco sta nel cercare di rendere la riflessione e la malinconia una risorsa per affrontare un limbo esistenziale: cosa si prova nell’affrontare la fine di qualcosa che coincide con l’inizio di un nuovo capitolo? Ecco cosa prova a raccontarci Angelica. Concetti come memoria, tempo, distanza si incrociano e si rincorrrono, un po’ come avviene in “Domenica e lunedì”. Si arriva alla titletrack “Quando finisce la festa” con frasi che rimbombano: Questa canzone non mi basterà per riempire tutti i vuoti che ho. Il trampolino è troppo in alto, la vita è durante il salto. Quello che ho da dire è qui..., scrive Angelica mettendo per iscritto una serie di sensazioni contrastanti e complesse da affrontare. Il bilancio per questa cantautrice, già con diversi anni di rodaggio alle spalle, è che come primo passo di un nuovo percorso solitario, la prova è superata. Conoscendola però, le auguriamo di trovare il coraggio di osare di più, di celarsi meno dietro la scrittura e di essere più cruda, proprio come invece si mostra sul palco. L’identità solitaria è in divenire e noi la troviamo affascinante anche per questo.
Raffaella Sbrescia
TRACKLIST
01. Adulti con riserva – (03:24)
02. I giocatori – (03:05)
03. Beviamoci - (03:32)
04. Due anni fa – (04:04)
05. I giocatori – P.M. – (02:27)
06. Guerra e mare – (03:50)
07. Domenica e Lunedì – (02:48)
08. Mi spiace (davvero) – (03:39)
09. Bambina feroce – (03:28)
10. QFLF – Quando finisce la festa – (06:07)

“Sea Shell. Musica per conchiglie”: l’opera più green e più pazza di Mauro Ottolini. La recensione

Mauro-Ottolini-Sea-Shell-foto-Alberto-Martinelli

Mauro-Ottolini-Sea-Shell-foto-Alberto-Martinelli

Cura, dettaglio, attenzione, pazienza e follia sono gli ingredienti speciali alla base di “Sea Shell. Musica per conchiglie”, il nuovo lavoro discografico del polistrumentista, compositore e arrangiatore Mauro Ottolini. Quest’opera, pubblicata lo scorso 1° marzo per Azzurra Musi con il prezioso sostegno di Greenpeace, Legambiente, Umbria Jazz, Doc Servizi e FestambienteSud, si compone di un cd e un cartoon che rappresentano un atto di devozione verso l’universo marino e i problemi che lo mettono in pericolo come l’inquinamento. Conchiglie italiane certo, ma provienienti anche da posti lontanissimi come Thailandia, Madagascar, Brasile, Costa Rica.
Una collezione ventennale, portata avanti con perizia e un pizzico di cocciutagine per spiegare che le conchiglie si possono anche suonare, grazie agli insegnamenti del Maestro Steve Turre, ottenendo un suono rilassante e magnetico. Lo scopo principale del disco è lanciare un forte messaggio ecologista.Con l’amico Maurilio Balzanelli, Ottolini ha registrato e sovrapposto i suoni delle conchiglie ai suoni che la natura stessa ci regala, come se le voci delle conchiglie ci raccontassero con la musica quello che hanno visto nel mare.
“Sea Shell ” mescola così i suoni naturali del mare, del vento, delle cicale, delle pietre sonanti di Pinuccio Sciola, le lattine raccolte abbandonate sulla spiaggia, i giocattoli sonori, gli strumenti aborigeni e quelli artigianali sardi in armonia perfetta con le percussioni, con le voci delle balene o con il rumore dei detriti marini calpestati. I brani sono tutti originali scritti e arrangiati per conchiglie da Ottolini e i titoli stessi ci raccontano già una storia. Unica eccezione il brano “La Madonna delle conchiglie” scritta e interpretata appositamente per questo lavoro da Vinicio Capossela.
Il disco si propone quindi di creare un contesto di ascolto sia mistico che socio-culturale impattante: l’obiettivo è quello di porre attenzione a certe tematiche di impatto sociale ma di creare anche una dimensione di ascolto peculiare, tale da catalizzare l’attenzione dell’ascoltatore in modo inedito e autentico. Tra i brani in tracklist troviamo “ Coral dirge”: corale di conchiglie a 6 voci, rivisitazione con due voci nuove aggiunte da Ottolini del brano corale Abide With Me di Monk che a sua volta è una semplificazione di un corale di Bach, una specie di overture al disco. “In voi siete qui”, esiste un modo per ricordare all’umanità che il nostro pianeta sta chiedendo aiuto e c’è bisogno di coalizione per poter migliorare lo stato delle cose.
“La madonna delle conchiglie” è il brano composto e cantato da Vinicio Capossela, già presente nell’album “Marinai Profeti e Balene”. Geniale e irriverente è “Plastic Islands” con il conturbante maestro Vincenzo Vasi alla voce. Questo brano ci racconta di un’isola di plastica dove i paguri vanno ironicamente a fare surf. Ne “La reina de la las conchas” la voce di Vanessa Tagliabue Yorke racconta la ricerca di una casa da parte del paguro Hermit che con l’aiuto della Regina delle conchiglie scende negli abissi marini, ma incontra solo immondizia e detriti. Il paguro Hermit è perciò costretto a vivere in un tappo di plastica rosso. Inquietante e veritiero è il brano “Prelude palude” un brano in cui si prefigura uno scenario buio e disastroso per i mari e gli oceani.
Quando il mare, gli oceani, i laghi e le sorgenti ormai saranno totalmente inquinati l’uomo sarà costretto per sopravvivere a diventare un nomade per trovare qualche falda d’acqua ancora potabile. Uno scenario drammatico in cui il predicatore musicista Waite partecipa al disco per recitare una cerimonia, un mantra per il mare. Un quesito universale chiosa l’album: WHAT CAN I DO FOR MOTHER EARTH? (Cosa posso fare per la Madre Terra?) A questa domanda, cerchiamo di rispondere tutti noi con azioni concrete.

 Raffaella Sbrescia

TheRivati: Non c’è un cazzo da ridere. La recensione di un album scomodo e necessario

The Rivati - Non c'è un cazzo da ridere

The Rivati – Non c’è un cazzo da ridere

Avevamo lasciato i TheRivati sulle note di “Black from Italy”, li ritroviamo oggi con “Non c’è un cazzo da ridere”. Un titolo eloquente come lo è da sempre il linguaggio musicale e testuale della band napoletana composta da Paolo Maccaro (voce e testi), Marco Cassese, Antonio Di Costanzo (basso), Saverio Giugliano (sax, tenore e dub master) e Salvatore Zannella(batteria).
In tre anni di vita, lavoro, scrittura, la band torna a muso duro con un impatto vivido e vibrante sulla nostra realtà. Il mezzo è un concept album in cui le tracce si avvilupano una dopo l’altra nell’affresco audio-visivo di un’attualità avvilente in cui, difatti, non c’è davvero un cazzo da ridere.
Intensi, genuini, sfrontati, irriverenti, i TheRivati conservano inalterata la loro identità e lo fanno perseguendo una cifra stilistica autentica e fastidiosa al contempo. Fastidiosa sì, soprattutto per chi si è lasciato abbindolare dall’uso massiccio di elettronica e synth buttati qui e lì alla spicciolata. Qui si fa sul serio, si suda, si maledice, si impreca, si usano gli strumenti con cognizione di causa e lo si fa nel nome della scuola del neapolitan power, sulla scia della afro black music, sugli echi di un blues polveroso e dannatamente sexy.
Il mood è subito chiaro con le premesse di “Intro nervoso” che riprende una scena del film del 1982 “No grazie, il caffè mi rende nervoso”: l’invettiva è diretta alle fondamenta del music business e i TheRivati non le mandano proprio a dire a nessuno. Tanto inquietante quanto tristemente realistica è la trama di “Nun sto buono”, una canzone che prova a mettere nero su bianco la sensazione di totale estraniamento e inspiegabile avulsa malinconia che avvince l’anima di chi si ammala di depressione. Ancora temi scomodi in vista tra l’interludio di “Così parlò” e “Cocaina”, tra i mali più diffusi dell’epoca ultra contemporanea. Il dramma esistenziale viene sviscerato, senza soluzione di continuità in “Trent’anni”, la soglia in cui ciascun individuo sente su di sé una sorta di spada di damocle e si sente obbligato a tracciare bilanci tra passato e futuro. Le testimonianze del nostro vivere continuano in “Bataclan” e “Eyewitness (interludio)” con tanto di stralci audio a sancire nero su bianco un dramma epocale per la storia contemporanea. La forza dei The Rivati sta però nel perseguire e individuare il modo per reagire e vivere anche in questo marasma totale. A riprova di quanto detto troviamo “’O sce’”, “Rapsofollia” e “Stai tutta sudata” una triade di canzoni con cui la band mette in scena tutta la grinta del suono da cui trasuda l’anima e l’intenzione di chi, forte del sapersi reinventare anche in un contesto complicato, trova sempre le risorse necessarie per andare avanti a testa alta e con un bagaglio emotivo che possa bastare non solo per se stessi ma anche per tutte le anime affini che scelgono di sposare uno stile di vita, forse rude. ma decisamente più vero e più affascinante di quello di tante macchiette che, ad oggi, non hanno davvero un cazzo da raccontare.
Raffaella Sbrescia

 

Aspettando il forum è stato bello sognare insieme a Ermal Meta al Live Music live

Ermal Meta live @Live Music Club -ph Andrea Brusa

Ermal Meta live @Live Music Club -ph Andrea Brusa

La favola di Ermal Meta la conosciamo bene. L’epopea dell’autore di prestigio che diventa cantautore di successo nazionale è nota a tutti così unanimi sono i consensi che l’artista ha collezionato negli ultimi anni. Il prossimo 20 aprile Ermal festeggerà il compleanno con un super party al Mediolanum Forum di Milano ma nel frattempo le prove generali si sono tenute nel piccolo Live Music Club di Trezzo sull’Adda.

La cornice dello show durato poco di due ore era costuita dai fan più accaniti e più fedeli dell’artista che hanno sfidato una copiosa pioggia e le impervie strade di provincia per cantare dalla prima all’ultima parola di canzoni che profumano di vita, verità e autenticità.

Ermal Meta ha concentrato tutto il concerto sulla musica: niente scenografia, niente parole in più oltre a quelle dei suoi successi. In scaletta ha inserito praticamente tutti i singoli senza escludere le meno note perle degli esordi. Stranisce l’assenza di “Odio le favole”, sorprende ed emoziona la presenza dello Gnu Quartet per una parentesi acustica di importante caratura artistica.

Video – Amara Terra Mia

Incorpora video

La forza dei brani di Ermal Meta sta in una vestibilità traversale, sia in veste elettrica che più scarnificata. Il comune denominatore sta nella vocalità del cantautore che, in questa speciale occasione, non si è davvero risparmiato nemmeno per un attimo. Alla chitarra, al pianoforte, in vocal solo, Ermal Meta ha saltato, si è inginocchiato, si è sdraiato sul palco mostrandosi in fulgida forma. Dopo decine di live in lungo e largo per la penisola, ha trovato il tempo, la voglia e il modo di inventarsi un tour teatrale, di stravolgere il proprio repertorio, di collaborare con altri artisti, di continuare a scrivere come in preda ad un flusso creativo che non poteva aspettare per palesarsi. Sarà strano pensare che dopo la fatidica data del 20 aprile ci sarà presumibilmente una lunga pausa per un artista come lui, affamato di musica e di studio.

Video:

E’ stato bello sognare insieme, lo è stato ancora di più festeggiare in modo intimo, privato e speciale un percorso luminoso e soprattutto meritato. AD MAIORA, Ermal e grazie.

Raffaella Sbrescia

Cosa fai questa notte tour: gli Ex-Otago al meglio della loro forma a Milano

Maurizio Carucci @ Ex-Otago ph Lorenzo Santagata

Maurizio Carucci @ Ex-Otago ph Lorenzo Santagata

Chi non era al concerto degli Ex-Otago al Fabrique di Milano avrebbe semplicemente dovuto esserci. La data milanese del “Cosa fai questa notte tour” è stata veramente speciale. Le premesse in verità c’erano già tutte, il live prodotto da Magellano Concerti era sold-out da tempo ma è anche vero che di questi tempi un sold-out non implica un successo assicurato, anzi.
Qui invece la situazione è stata subito nitida e chiara dalle prime note, Maurizio Carucci e compagni avevano proprio voglia di rendersi protagonisti di una performance spumeggiante e al meglio della forma. In questo nuovo show c’è proprio tutta la loro essenza, senza esclusione di colpi. Ci sono i nuovi brani dell’album recentemente pubblicato “Corochinato”, ci sono le chicche degli esordi, le migliori gemme di “Marassi” e un originale omaggio a Fabrizio De Andrè con “Amore che vieni, amore che vai”.
Una notte con gli otaghi è un sali scendi emotivo, è una montagna russa in cui si diverte, ci si emoziona, si piange, si cazzeggia alla grande e si esce stravolti ma soddisfatti.
Video: Solo una canzone

Sul palco non è mancato nulla: dagli ottimi visuals di Carlo Zoratti, art director d’eccezione che ha curato la direzione artistica del concerto, agli abat jour portatili che hanno scandito i momenti acustici dello show: Carucci ha cantato “Costarica” al bar del Fabrique e una struggente versione di “Stai tranquillo” direttamente in mezzo al pubblico del parterre. Una scena davvero emozionante e carica di pathos. Una parentesi che ha creato una profonda empatia tra la band e il pubblico.
Super divertenti i mini dj set e le estemporanee otagate alla loop station, uno stage diving e qualche gavettone finale a completare il fotogramma di una serata pazza.
Quello che davvero piace degli Ex Otago è che sono completi, nelle loro canzoni non manca nè poesia né fancazzismo, né l’impegno, né l’autoironia. Si vede che si tratta di ragazzi con una tempra solida, che sanno cosa vuol dire fare arte ma anche vivere in maniera semplice. Il risultato pertanto è godibile e divertente. Avanti così, Otaghi, va tutto terribilmente bene.
Raffaella Sbrescia
Ex-Otago ph Lorenzo Santagata

Ex-Otago ph Lorenzo Santagata

Il tour prosegue a Senigallia (6/4), Bologna (9/4), Roma (10/4) e Bari (12/4). La band tornerà a Milano il 27 giugno prossimo per il Tuborg Open Fest (Ippodromo San Siro).
Video: Ex-Otago live @ Fabrique – Quando sono con te

Questa invece la scaletta
1. Questa notte
2. Le macchine che passano
3. Bambini
4. Giovani d’oggi
5. Torniamo a casa
6. Infinito
7. Gli occhi della Luna
8. Skit Capodanno  + Intro
9. La notte chiama
10. Intro + Tutto bene
11. Costa Rica
12. Stai tranquillo
13. Amore che vieni, amore che vai
14. Mare
15. La nostra pelle
16. Quando sono con te
BIS
17. Solo una canzone
18. Ci vuole molto coraggio
19. Cinghiali incazzati
20. Non molto lontano Rmx – Outro

Ultimo presenta “Colpa delle Favole”: un disco coerente, genuino, autentico. Intervista

ultimo - colpa delle favole

ultimo – colpa delle favole

Esce oggi “Colpa delle Favole” il terzo album di Ultimo. A soli 23 anni, Niccolò Moriconi pubblica l’ultimo capitolo di una trilogia che l’ha subito consacrato cantautore di successo. La sua genuinità, l’approccio autentico alla scrittura, la capacità di creare profonda connessione empatica con il pubblico sono gli elementi chiave che stanno alla base di una carriera subito fulminante. Solo nel 2017 usciva “Pianeti” con cui ultimo raccontava la sua rabbiosa ricerca di un posto nel mondo. Poi con “Peter Pan” l’artista racconta la conquista del successo e ora con “Colpa delle favole” Ultimo mette a nudo la sensazione di dover fare i conti con tutto quello che è accaduto in maniera tanto vorticosa.

Il file rouge che questo ragazzo ha scelto di perseguire è il concetto di coerenza: “Fin da piccolo ho sempre scritto e poi suonato in giro per Roma. Il successo, termine sempre molto insidioso, è arrivato tutto insieme ma non ho avuto il tempo di abituarmi a una crescita graduale. Questo di certo mi ha destabilizzato ma allo stesso tempo capisco e mi rendo conto di essere fortunato. Di certo però quando scendo dal palco Nicolò e Ultimo rimangono sempre la stessa persona”, ha raccontato Ultimo in occasione della presentazione del disco “Colpa delle Favole”.

“Fateme cantà” è il suo mantra, l’antidoto per ridare senso alle cose importanti della vita. Ed è per questo che le polemiche seguite alla sessantanovesima edizione del Festival di Sanremo per il secondo posto conquistato con “I tuoi particolari” in questo momento lasciano il tempo che trovano. Alle porte c’è un tour completamente sold out e una clamorosa data allo Stadio Olimpico di Roma, denominata giustamente “La Favola”.

“Quante volte sono andato allo stadio di Roma. In genere suonare nella mia città è già di per se emozionante, non sono mai nemmeno riuscito a immaginarmi che un giorno ci sarei stato io su quel palco. Spero di reggere l’emozione e fare del mio meglio. Sicuramente ci saranno degli ospiti ma è tutto in work in progress”, anticipa Ultimo che, intanto nell’album si toglie la soddisfazione di inserire “Piccola stella”, la primissima canzone scritta a soli 14 anni quando era ancora in terza media, quando era ancora arrabbiato col mondo, quando ancora non era forse conscio del fatto che la sua sensibilità l’avrebbe portato a trovare una chiave di scrittura tanto intensa ed efficace.

Non costringo me stesso ad essere sempre lo stesso artista, mi piace spaziare, tenermi stretto i miei tempi, i miei spazi, i miei affetti, ci tengo a portare i dettagli nei contesti in cui si fanno grandi cose. Anche se è vero che se tornassi indietro cercherei di essere meno bastian contrario, di oppormi meno alle cose e di avercela meno con tutti. Ad oggi quello che conta di più per me è essere coerente. Ecco perché ho scelto, tra le altre cose, di non fare un instore tour: sarebbe stato conveniente sia per me che per la mia etichetta discografica ma ho scelto di rispettare le persone che mi seguono. Se uno vuole vedere un artista che apprezza è giusto che vada a sentirlo dal vivo, non ha senso fare ore di fila solo per una foto. D’altronde il disco s’intitola “Colpa delle favole” perché nasce dal fatto che mi piace illudermi, immergermi nei sogni, scontrare il quotidiano disincanto col sogno. Le favole sono un bel contesto in cui muoversi ma vanno accettate nella loro totalità. Magari sono solo troppo fragile per dare la colpa a me stesso. Cerco evasione non so verso dove o da cosa, dentro di me c’è un casino interiore che si basa su qualcosa che non esiste, un po’ come ho cercato di raccontare in “Rondini al guinzaglio” anche se non so nemmeno io a chi mi rivolgo in questa canzone.

Non riesco a parlare di cose di cui non vorrei parlare, mi viene automatico cercare di essere anche nelle canzoni. La coerenza è la prima cosa che la gente nota in un brano. La vita va in parallelo con quello che l’artista ha scritto. Sono sincero nel dire che a volte sento che la situazione mi sfugge di mano, sento che non è sempre facile, mi sembra di non avere le mani abbastanza grandi per controllare quello che ho intorno. Bisognerebbe essere più incoscienti, cercare meno consapevolezze perché tanto non ce ne sono. Dovremmo provare tutti ad essere un po’ più spensierati.

Video: Ultimo presenta “Colpa delle favole”

Per me il sogno non è conquista bensì è riuscire a mantenere la conquista, una prospettiva molto più ambiziosa. Io penso che sia meglio stare sotto un ponte senza un piano b e inseguire a oltranza il piano a. Inseguire il sogno è il sogno stesso. Lo stimolo alla vita è pensare che ci sia un domani, fermo restando che in tutta questa rincorsa la tristezza non debba essere nascosta. Tutti siamo malinconici, non ha senso nasconderlo. A questo proposito mi viene in mente Kurt Cobain. A 16 anni ascoltavo tutti i giorni, tutto il giorno Nevermind. C’era dentro una disperazione così profonda, mai urlata, che mi ha segnato per sempre. Negli anni ho ascoltato tantissimo Vasco Rossi, Antonello Venditti, De Gregori, Claudio Baglioni. A proposito di maestri cantautori, Venditti mi sta aiutando molto. Ogni volta che voglio lo chiamo ed è sempre disponibile. Cerca di darmi buoni consigli, ha visto molte più cose di me e gli sono davvero grato. In ogni caso ascolto molta musica anche adesso, mi piace molto Calcutta, mi sembra uno senza veli, sincero. Mi piace ascoltarlo, mi emoziona.

Tornando ad oggi, credo che sia fondamentale non mettere barriere tra il foglio e se stessi. Le persone capiscono se sei sincero. I miei amici del parcheggio non conoscono bene le mie canzoni e mi sta bene così. Siamo molto schietti e pensiamo alle cose concrete della vita. Dopo lo stadio mi fermerò per un po’. Cercherò di fare sempre meno e di usare la musica come uno strumento minimale, di dire molto di più usando meno parole e più concetti. Ovviamente se mi usciranno ancora canzoni come queste, andrà bene lo stesso, farò sempre quello che mi riesce di fare senza forzarmi. Un piano b non ce l’ho e non l’ho mai avuto. Mi piacerebbe studiare filosofia, mi affascina la psicoanalisi e mi piace l’approccio istintivo all’arte. L’apice del benessere è mangiare in compagnia di amici anche se per come sono fatto io mi sembra sempre che il tempo appena trascorso abbia un peso e una durata decisamente maggiore. Se guardo a un anno fa mi sembra che ne siano passati trenta ma è semplicemente una questione di carattere. Il passato è bagaglio, portarselo in spalla è la soddisfazione più grande.

Raffaella Sbrescia

“LA FAVOLA”

 

Dai live nei piccoli locali del 2018, ai club, per arrivare ai palasport, Ultimo, con oltre 300.000 biglietti venduti complessivamente fino ad oggi, chiuderà la tournée con“La Favola”, una speciale data evento il 4 luglio 2019che lo vedrà protagonista all’Olimpico di Roma, e sarà il più giovane artista italiano a esibirsi in uno stadio. Questo appuntamento dal vivo sarà preceduto da una data zerosabato 29 giugno 2019 allo Stadio Teghil di Lignano Sabbiadoro (UD).

 

Prima del live allo Stadio Olimpico, Ultimo si esibirà sul palco di Locarno, sabato 15 giugno 2019, nell’ambito delConnection Festival presso Piazza Grande.

CALENDARIO DATE

 

COLPA DELLE FAVOLE TOUR”

Giovedì 25 aprile 2019 || Vigevano (PV) @ Palasport – DATA ZERO SOLD OUT

Sabato 27 aprile 2019 || Eboli (SA) @ PalaSele – SOLD OUT

Martedì 30 aprile 2019 || Bari @ PalaFlorio – SOLD OUT

Domenica 5 maggio 2019 || Firenze @ Mandela Forum – SOLD OUT

Lunedì 6 maggio 2019 || Firenze @ Mandela Forum – SOLD OUT

Mercoledì 8 maggio 2019 || Assago (MI) @ Mediolanum Forum – SOLD OUT

Venerdì 10 maggio 2019 || Casalecchio di Reno (BO) @ Unipol Arena – SOLD OUT

Domenica 12 maggio 2019 || Ancona @ PalaPrometeo – SOLD OUT

Giovedì 16 maggio 2019 || Assago (MI) @ Mediolanum Forum - SOLD OUT

Venerdì 17 maggio 2019 || Jesolo (VE) @ Palazzo del Turismo – SOLD OUT

Martedì 21 maggio 2019 || Roma @ Palazzo dello Sport – SOLD OUT

Mercoledì 22 maggio 2019 || Roma @ Palazzo dello Sport – SOLD OUT

Venerdì 24 maggio 2019 || Roma @ Palazzo dello Sport – SOLD OUT

Sabato 25 maggio 2019 || Roma @ Palazzo dello Sport – SOLD OUT

Martedì 28 maggio 2019 || Napoli @ Teatro PalaPartenope – SOLD OUT

Mercoledì 29 maggio 2019 || Napoli @ Teatro PalaPartenope – SOLD OUT

Venerdì 31 maggio 2019 || Torino @ Pala Alpitour – SOLD OUT

Domenica 2 giugno 2019 || Acireale (CT) @ Pal’Art Hotel – SOLD OUT

Lunedì 3 giugno 2019 || Acireale (CT) @ Pal’Art Hotel – SOLD OUT

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LIVE @CONNECTION FESTIVAL

Sabato 15 giugno 2019 || LOCARNO @ Connection Festival c/o Piazza Grande

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LA FAVOLA”

Sabato 29 giugno 2019 || Lignano Sabbiadoro (UD) @ Stadio Teghil – DATA ZERO

Giovedì 4 luglio 2019 || Roma @ Stadio Olimpico – SOLD OUT

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