Festival di Sanremo 2023: i commenti alle esibizioni della prima serata

Il Festival di Sanremo 2023, ovvero il festival dell’inclusivit,à ha finalmente aperto le danze sulle note dell’inno di Mameli al cospetto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma anche con l’ennesimo stucchevole intervento di Benigni che omaggia il 75 anno della Costituzione Italiana.

La coppia Amadeus-Morandi è affiatata e a proprio agio, la gara ha quindi inizio con il grande ritorno di Anna Oxa, fuoriclasse dal piglio olistico e di vaga ispirazione ascetica. Vocalizzi e potenza inneggiano in modo perturbante, da chiarire se si tratta di un effetto da Sindrome da Stendhal o  più semplicemente perplessità.
L’esordio da big di Gianmaria con “Mostro” è sfuocato ma si percepisce del potenziale nella sua incarnazione da interfaccia iconografica di un disagio generazionale.
L’ingresso in scena di Chiara Ferragni in veste di co-conduttrice vorrebbe essere di impatto ma quella scritta sulla stola “Pensati libera” suona più da ossimoro che da monito. Anche il monologo, una lettera a se stessa, è quanto di più lontano ci possa essere da un messaggio che potesse lasciare il segno e dare un valore aggiunto.

Mr Rain porta in scena dei dolcissimi bambini per interpretare “Supereroi” ma anche in questo caso l’accostamento stride e non convince.
Tornano sul palco anche i vincitori dello scorso anno Mahmood e Blanco con la loro “Brividi” la cui brillantezza emotiva si è conservata intatta.
Il quarto artista in gara è Marco Mengoni che con “Due vite” e la sua palpabile emozione incanta il pubblico e ipoteca quantomeno il podio.

Marco Mengoni ph Andrea Bianchera

Marco Mengoni ph Andrea Bianchera

Delude e stona la giovanissima Ariete con “Mare di Guai”.
Potente e intensa “Alba” con un Ultimo assolutamente orientato all’obiettivo, nella vesta di cantautore risolto.
Fotogrammi di vita vissuta, classe e poesia per i Coma Cose che, senza dubbio, sono giunti ad un momento di maturità artistica forte e vibrante.
Trait d’union nazional popolare è il medley dei Pooh, 50 anni di storia musicale italiana per annunciare l’evento del 6 luglio allo Stadio San Siro di Milano.

Elodie calca la scena con fare sicuro e aria di sfida ma la sua “Due” non regge le aspettative.
Il party in piscina di Salmo, sulla nave Msc Crociera è una botta di vista che si conclude con 2500 microfono in acqua per il tuffo di scena.
La riprende con l’energia fresca e ingenua di Leo Gassman che riporta sul palco del Festival la penna di Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari.
Blanco è invitato a presentare il nuovo singolo “L’isola delle rose”ma non sente la sua voce in cuffia e devasta la coreografia floreale sul palco facendo una figura pessima e dando cattivo esempio a tutti i ragazzi della sua età.
Tempo di sistemare il palco e stemperare la tensione è la volta de I Cugini di Campagna, lustrini ed electro dance non bastano per salvare un ritornello triste e deprimente.
Anche il ritorno di Gianluca Grignani con “Quando ti manca il fiato” è fuori fuoco e poco attenzionabile.
L’esordiente Olly porta la sua polvere a tarda notte stemperando l’emozione divertendosi.

Giunge il momento della Generazione Zeta, il collettivo Collazio fa festa, è fresco è caciarone e non dispiace.

Mara Sattei è l’ultima cantante in gara a esibirsi interpretando la penna di Damiano dei Maneskin con verve e classe in “Duemila minuti”.

La serata si chiude tuttavia con la sensazione che il meglio debba ancora venire, staremo a “sentire”.

Raffaella Sbrescia

CLASSIFICA PROVVISORIA PRIMA SERATA

1) Marco Mengoni

2) Elodie

3) Coma Cose

4) Ultimo

5) Leo Gassman

6) Mara Sattei

7) Colla Zio

8) Cugini di Campagna

9) Mr Rain

10) Gianluca Grignani

11) Ariete

12) Gianmaria

13) Olly

14) Anna Oxa

La Cantata dei Pastori alla Sala Umberto di Roma: un momento di alta teatralità che rivendica il proprio riconoscimento come patrimonio dell’umanità.

Era il 1977, e in casa entrava il primo TV a colori: uno scatolo gigantesco con tubo catodico che, quel Natale, catalizzò l’attenzione più del presepe. E proprio quel Natale la Rai trasmise la rappresentazione del più bel presepe vivente che avessi mai visto, e tale è rimasto nel tempo.
La Cantata dei Pastori, i colori meravigliosi, le risate senza capire nemmeno bene cosa si dicessero Sarchiapone e Razzullo: bastava la gestualità a incantare una ragazzina di una decina di anni. E poi le voci, questo passare da momenti di raffinata comicità ad altri di alto lirismo, erano un qualcosa che, sospeso nel fiabesco, aveva un effetto ipnotico.
Da allora, ogni volta che ho potuto, ho ripetuto il magico rituale, regalandomi un classico che dal 1698 racchiude in sé tutta l’essenza del Natale, nel suo aspetto sacro e profano, proprio come rappresentato nell’arte presepiale più famosa del mondo.
La Cantata dei Pastori

La Cantata dei Pastori

La messa in scena del 1977 venne curata dal Maestro De Simone, e rappresentò in qualche modo uno stravolgimento rivoluzionario dell’opera, una riscrittura integrale. Interpreti i membri della Nuova Compagnia di Canto popolare, tra i quali spiccava un esilarante e irresistibile Peppe Barra. E fu proprio a Peppe Barra, immenso e granitico esponente della tradizione musicale partenopea che il Maestro De Simone cedette il testimone della regia dell’opera, che giunge ai nostri giorni con tutta la sua carica di effetto scenico, musicale e interpretativo.
La storia, liberamente ispirata all’Opera Pastorale Sacra di Andrea Perrucci racconta dell’attesa e la nascita di Ninno, Gesù, attraverso le rocambolesche peripezie dello scrivano Razzullo, ruolo di Peppe Barra per destinazione, e di Sarchiapone, un comico e un poco grottesco personaggio napoletano, convinto di avere grandi doti di avvenenza e fascino. Il ruolo in cui Concetta Barra fu indimenticabile, nella versione messa in scena in questi giorni alla Sala Umberto di Roma, è magistralmente ricoperto da Lalla Esposito, leggera, divertente, mai esagerata. Uno dei migliori Sarchiapone nella storia della Cantata.
La Cantata dei Pastori

La Cantata dei Pastori

Gli arrangiamenti sono affidati al Maestro Giorgio Mellone, storico membro del gruppo che da anni accompagna Peppe Barra nelle sue tournée, e vantano il pregio di essere stati molto sfoltiti e modernizzati, donando all’opera una freschezza e un’attualità necessarie, considerata la longevità della rappresentazione, che attraversa le epoche storiche adeguandovisi, ma senza per questo perdere nulla delle proprie caratteristiche satiriche e auliche. Un’impresa non facile, sicuramente, ma anche molto ben riuscita, come sono stati a significare i frequenti applausi a scena aperta, la partecipazione del pubblico, la sala affollatissima.
Seguire testualmente la Cantata non è facile, nemmeno per un Partenopeo. Tuttavia sicuramente il valore aggiunto dato dal lavoro di Peppe Barra, tanto alla regia quanto sul palco fa sì che resti un’opera accessibile a tutti, incantevole nelle scenografie e nei costumi, commovente e divertente: una vera epifania, una gioia per il cuore, un momento di alta teatralità che, giustamente, rivendica il proprio riconoscimento come patrimonio dell’umanità.
La Cantata dei Pastori

La Cantata dei Pastori

E nell’augurare che tale riconoscimento arrivi, possiamo dire che non è Natale senza la Cantata: un Natale che scende tra noi, in qualche modo ci rappresenta con molta fedeltà, e, lontano da logiche coercitive, ci restituisce tutto il suo spirito di festa a metà tra il religioso e il laico, come prendere parte a uno di quei presepi magnifici, in cui tutti, protagonisti di una eterna lotta tra il bene e il male, sperano in un mondo migliore.
Roberta Gioberti
La Cantata dei Pastori

La Cantata dei Pastori

Daniele Silvestri incanta Roma con il concerto di chiusura del suo tour. Il live report

Una sala Santa Cecilia gremita, quella che attende l’ultima data del tour di Daniele Silvestri, tour cominciato ad ottobre, che si conclude qui a Roma, con un concerto fortemente voluto. Chiusura in casa, e il pubblico non delude, accorrendo in massa a quello che, ancora non lo sappiamo, ma entrerà nella storia come uno dei più bei concerti dell’ultimo decennio.
Daniele Silvestri live - Roma ph Roberta Gioberti

Daniele Silvestri live – Roma ph Roberta Gioberti

Chi già aveva avuto modo di vederlo all’Auditorium della Conciliazione, non è rimasto perplesso di fronte alla scenografia di stampo teatrale che ha accolto i musicisti all’inizio della performance. Due poltrone, una scrivania, molte lampade da camera, una ambientazione salottiera suggestiva ma anomala per un concerto di Silvestri. E lui, seduto al tavolo, che immagina la scrittura di un brano, o meglio, lo scrive. Tra tentennamenti, piccole correzioni, valutazioni musicali. Fino a quando la musica entra in scena. L’intenzione dell’autore è quella di portarci in una sala di registrazione, e raccontarci la genesi delle canzoni: come nascono, quali sono gli spunti che danno il la alla vena creativa, quali le storie cui si ispirano. Si alternano brani dell’ultimo lavoro, una scrittura molto impegnata sotto il profilo sociale e politico, a brani che già conosciamo, ma di cui, probabilmente, ignoriamo l’iter creativo e come hanno accompagnato Silvestri nel corso degli anni, quali emozioni si sono loro affiancate.
Daniele Silvestri live - Roma ph Roberta Gioberti

Daniele Silvestri live – Roma ph Roberta Gioberti

E’ un metronomo a scandire il tempo di Tik Tak, il brano che dà il via alla musica, e anche ultimo singolo che preannuncia l’uscita del lavoro più recente del cantautore romano. Scritto con l’ottimo chitarrista e amico Daniele Fiaschi, il brano prende la forma di una specie di labirinto testuale e verbale, interrotto da inserti musicali. Momenti di ritmica, momenti corali, e il rap che è proprio di Silvestri, e che lo caratterizza da sempre. Un rap addolcito, armonicamente strutturato ma non per questo meno graffiante. Una tecnica che l’artista padroneggia con assoluta perfezione. Si susseguono poi storie. Storie che già conosciamo e storie che impariamo ora, sul palco, come vengono, frutto di una continua rielaborazione che durante il tour ha dato vita ad arrangiamenti ed esecuzioni mai una identica all’altra. Un lavoro in divenire, e l’esatto opposto di quanto di solito accade: non un tour per presentare un disco, ma un disco che parte embrione e durante il tour cresce, arricchendosi di volta in volta di sonorità e ritmi e pause e strofe diverse. E in questo sicuramente consiste l’originalità del lavoro proposto da Silvestri e dalla sua band, quella delle occasioni di lusso, cui si aggiungono la tromba e le percussioni di Jose Ramon Caraballo Armas che tanto rievocano le sonorità di Buena Vista Social Club. Insomma, un lavoro discografico non confezionato a tavolino, ma creato giorno per giorno, tappa per tappa, concerto per concerto. Un Work in Progress, che si arricchisce di sonorità, silenzi, emozioni, oggetti, uno scambio diretto con il pubblico, un feeling ininterrotto.
Daniele Silvestri live - Roma ph Roberta Gioberti

Daniele Silvestri live – Roma ph Roberta Gioberti

Quattro ore di concerto, tra brani inediti e brani conosciuti, ma diversamente arrangiati, un pubblico assetato e mai sazio,, il ricordo di Pietrangeli e la citazione di Contessa, un omaggio emozionante a Lucio Dalla e una dedica commovente a Gino Strada, commovente e autentica, impreziosita dalle animazioni di Simone Massi, che il pubblico asseconda e accoglie con una lunga standing ovation.
Quattro ore e potrebbe continuare ancora. Un commosso Silvestri si concede senza remore, abbraccia chi per il bis si è riversato sotto palco, stringe mani, è visibilmente commosso.
Raramente ha deluso, Daniele Silvestri, nel corso della sua carriera, forse mai.
Ma con questo tour sicuramente si pone sul gradino più alto del podio.
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L’esperienza mi insegna che se un concerto ti torna su è stato sicuramente un buon concerto. E le immagini, i suoni, le parole del 30 dicembre 2022 all’Auditorium Parco della musica di Roma, continuano a riecheggiarmi nella mente, come un racconto in divenire che non ha un capitolo finale.
Grazie Daniele, per le intense emozioni.
Roberta Gioberti
Daniele Silvestri live - Roma ph Roberta Gioberti

Daniele Silvestri live – Roma ph Roberta Gioberti

La Maschera live all’Alcazar di Roma: Sotto chi téne o core

Sotto chi téne o core è un’esortazione.
Già, perché quest’organo vitale, il più vitale, quello che segna i battiti, ma non solo, quello che fa la differenza, nella vita, sembra aver perso molte delle caratteristiche che gli sono proprie, oltre un aspetto del tutto fisiologico: il cuore casa dei sentimenti, domicilio dell’empatia, stimolo del coraggio.
Ma cosa vuole dire, nella realtà, averlo, un cuore, sentire di averlo e farsi sotto?
Con un lavoro incredibilmente accurato, tanto nella scrittura dei testi quanto in quella musicale, ce lo dicono Roberto Colella e la sua band la Maschera, di cui vogliamo citare i componenti, perché questo sì, è un vero collettivo: alle chitarre l’eccezionale e plurilaureato Alessandro Morlando, alla batteria il generoso Marco Salvatore, al basso il solido Antonio Gomez, l’eclettico Michele Maione alle percussioni, il delicato, nascosto e potente Vincenzo Capasso ai fiati.
La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

Una premessa a quanto scriverò, è d’obbligo. Per capire il senso dell’avere un cuore, un concerto de La Maschera va vissuto dal vivo. Se poi si ha la fortuna, come l’ha avuta la sottoscritta, di poter accedere al backstage, beh, allora la pienezza del senso diventa completa. Sei ragazzi in sinergia, non solo sul palco, ma anche underground. Un unicum.
Colella racconta che fu proprio Capasso, quando si incontrarono, a convincerlo a rendere pubblici i suoi brani. E così, al ragazzo del respiro, dobbiamo, probabilmente, una delle più ricche, genuine ed entusiasmanti realtà musicali del momento.
La Maschera nasce a Napoli e con Napoli cresce e si articola in dimensioni sonore sempre più sofisticate, testi commoventi, che non scadono mai nel melenso, impegno sociale, integrazione.
Già, perché Napoli, con tutte le contraddizioni che conosciamo, alla fine diventa sinonimo di integrazione da sempre. Accoglienza è un fatto diverso: si può accogliere mantenendo una diffidenza che crea di fatto un muro, o si può, accogliendo, integrare.
La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

Napoli molto conosce di emigrazione e di coraggio, come tutto il sud Italia. Se la canzone napoletana di repertorio ha avuto tanto successo nel corso dei decenni, non è solo perché oggettivamente bella, ma perché, ovunque arrivasse, trovava uno scampolo di casa ad accoglierla: persone col fisico domiciliato altrove, ma col cuore residente nella terra d’origine. E questo La Maschera lo racconta assai bene in Amarcord, titolo sicuramente evocativo, come lo è il testo, di emozioni e sentimenti.
Tanti i partenopei accorsi all’Alcazar, ma tanti anche i romani. E, lasciandoci coinvolgere dalle parole di Colella, non distingueremo tra romani e stranieri: l’importante è stato esserci col cuore, senza campanilismi o circoscrizioni di sorta. Dico solo questo, che spero sia significativo. All’inizio cercavo un posto sottopalco, e sono stata guardata con diffidenza: trascorsi 10 minuti, sono stati tutti disponibilissimi alle mie incursioni. E’ questa la barriera che dobbiamo imparare a superare, quella dei 10 minuti di diffidenza, per renderci conto che siamo esseri umani, ognuno col suo bagaglio di cose positive e negative da portare all’altro, e ognuno in cerca di una forma di accoglienza.
La Maschera tutto ciò sa esprimerlo in maniera genuina, in lessico dialettale, ma, si sa, universale, se abbiamo imparato da Pino Daniele cosa fosse la cazzimma.
Non alberga qui di casa,la cazzimma, ed è una bella cosa.
La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

Insomma, pure se siete altoatesini, non importa: lo sappiamo che il cuore parla un linguaggio universale. Quindi la sola cosa che resta da dire è andàteveli a sentire dal vivo se vi ricapita: troverete sei spettacolari e formati musicisti, e un cuore che batte e non vi deluderà. La prossima data sarà Pisa il 16 dicembre, e poi Napoli il 21. Se ne riparlerà in primavera, e sicuramente con nuovi entusiasmi, con nuove prospettive, con nuove sonorità e attimi di profonda commozione. Nel frattempo ascoltateli: sono un vulcano che erutta amore.
Roberta Gioberti
La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

 

La Maschera ph Roberta Gioberti

La Maschera ph Roberta Gioberti

 

Irene Grandi live al Teatro Olimpico di Roma. Il report del concerto

E’ un’Irene Grandi nel pieno della maturità artistica e vocale, quella che accoglie il numeroso pubblico confluito nella serata di lunedì 10 ottobre al Teatro Olimpico di Roma. Il progetto “Io in Blues” è una forte attrattiva anche per chi non è propriamente fan dell’artista toscana, ma resta incuriosito dal fascino che indiscutibilmente una sfida simile porta con se.
Reduce dalla collaborazione con Stewart Copeland che l’ha vista protagonista in “The Witches Seed” , con la grinta e l’energia che la caratterizzano nelle sue performances, la Grandi opta, nel suo nuovo tour, per un un tributo alle sue radici musicali, e alle radici musicali di tutta la musica popolare contemporanea: al Rythm&Blues.

Irene Grandi @Teatro Olimpico Roma - Ph Roberta Gioberti

Irene Grandi @Teatro Olimpico Roma – Ph Roberta Gioberti

La voglia di mettersi in gioco, di confrontarsi con l’interpretazione di tanti artisti che l’hanno preceduta, grandi nomi della musica internazionale e non, di recuperare un percorso intrapreso anni fa al fianco di Pino Daniele che la volle voce gemella nel brano “Se mi vuoi”, brano che oggi le appartiene a pieno titolo, è tanta; la platea lo sente e si lascia coinvolgere senza difese e scetticismi da questo ambizioso e riuscito progetto, sin dalle prime note di “Why can’t we live together.
Si capisce subito che dietro c’è studio, preparazione, attenzione a qualsiasi sfumatura, grazie a un supporto musicale eccezionale, dato dall’impegno di Max Frignani alla chitarra, Piero Spitilli al basso, Fabrizio Morganti alla batteria e Pippo Guarnera all’hammond. La band ci mette del suo, e restituisce, insieme alla voce rotonda e potente della Grandi, i brani blues di Etta James, Otis Redding, Willie Dixon, Tracy Chapman, Sade, Lucio Battisti, Mina, alcuni brani della stessa Irene, riarrangiati in chiave rock-blues, e ovviamente il già citato Pino Daniele. Ed è forse la sola smagliatura che è possibile trovare in un ordito così bel congegnato quella di inciampare in alcune difficoltà espressive, nell’interpretazione di Quanno Chiove: un piccolo appunto di carattere stilistico, come un’imperfezione su un incarnato perfetto, che mette in risalto il resto.

Irene Grandi @Teatro Olimpico Roma - Ph Roberta Gioberti

Irene Grandi @Teatro Olimpico Roma – Ph Roberta Gioberti

Il momento clou della serata, che vale applausi a scena aperta e una standing ovation è rappresentato dal confronto con Jim Morrison e la scelta di un brano difficile come Roadhouse Blues: resa perfetta tra grandi entusiasmi.
Concerto non lunghissimo ma sicuramente intenso che soddisfa le aspettative e va decisamente oltre: assolutamente da non perdere.

Roberta Gioberti

La scaletta:
Why can’t we live together (Timmy Thomas)
Something’s got a hold on me (Leroy Kirkland per Etta James)
For what it’s worth (Buffalo Springfield)
Little red rooster (Willie Dixon)
E poi (Lo Vecchio/Shapiro per Mina)
Il tempo di morire (Lucio Battisti)
Se mi vuoi (Pino Daniele)
Can I hold you (Tracy Chapman)
Quanno chiove (Pino Daniele)
I just wanto to make love to you (Willie Dixon)
La tua ragazza sempre
Prima di partire per un lungo viaggio – Roadhouse Blues (Doors)
Bruci la città
Finalmente io
Bum Bum
Lasciala andare

Jova Beach Party 2022: il report dell’ultima tappa all’aeroporto di Bresso

Si tirano le somme per Lorenzo Cherubini Jovanotti e il suo Jova Beach Party. Dopo aver girato in lungo e in largo solcando i mari della penisola italiana, il veliero del poliedrico artista conquista anche l’aeroporto di Milano Bresso con una grande festa finale degna di questo nome.

Sul palco dalle 14.30 del pomeriggio, Jovanotti non si è fermato praticamente mai. Amici, famiglia, ospiti e super ospiti si sono alternati nel backstage e onstage diventando parte integrante dello show. Tommaso Paradiso, Elisa, Gianni Morandi, Raf nel main show, Rkomi e Tananai in orario aperitivo. Tre-quattro generazioni tra i 55 mila spettatori accorsi per trascorrere un’ultima serata estiva all’insegna della spensieratezza.

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Molto è stato scritto durante questi mesi in merito al Jova Beach Party, con un sentiment positivo del 95%, e con un engagement complessivo di 11mld di impression, l’avventura targata Trident è riuscita a vincere anche contro le critiche ambientaliste, grazie al coinvolgimento attivo del WWF: “Siamo qua perché crediamo che la transizione ecologica si faccia con le persone, spiega Gaetano Benedetto, presidente del Centro studi WWF Italia, e questa è una straordinaria occasione per fare arrivare, grazie a Lorenzo, il messaggio della sostenibilità a quante più persone possibili. La presenza del WWF è faticosa perché abbiamo preteso tanto dalla produzione in termini di lavoro preparatorio e di screening ambientale nel raggio di 3 km dai luoghi dei concerti, e un monitoraggio preventivo delle aree coinvolte”.

Con queste importanti premesse, ci si può distendere e concentrarsi sullo show. Alle 20.00 in punto, nelle sue piratesche e variopinte vesti, Jovanotti trasforma la pista di atterraggio in una discoteca a cielo aperto: è una tribù che balla. “Lo senti?” urla Jova dal palco, mescolando insieme gioia, emozione, stupore, incredulità. Fa strano stare in mezzo a migliaia di persone senza mascherina, sentirne gli umori e guardarne le più disparate espressioni facciali. Sembra quasi come riappropriarsi della propria umanità in tutte le sue sfaccettature e se da un lato è evento liberatorio, dall’altro ci si scopre ancora insicuri e diffidenti verso il prossimo. Ci si perde in un continuo protrarsi e contraersi, esattamente come in un viaggio in mare aperto in una tempesta emotiva ricca e conturbante.
Si susseguono in batteria: “I love you baby”, “Sensibile all’estate”, “W la libertà”, Tutto l’amore che ho”: il Jova interagisce a piè sospinto con il pubblico e non esita a toccare argomenti decisamente sentiti dal comune pensiero: “La libertà non sai mai cos’è fino a quando non viene messa in discussione. Quando ce ne si accorge? Quando manca”.
Sul palco si alternano storie di amicizia e stima reciproca. Con Tommaso Paradiso si canta “Non avere paura” e “Felicità puttana”: due figli del pop che non hanno paura di ritornelli leggeri per celebrare appieno la vita, l’estate, l’amore. Insieme a Elisa ci si diverte con “Palla al centro” e ci si incanta sul classico “Luce”.
On stage ovviamente la presenza fissa e ormai amico inseparabile di Jovanotti, parliamo di Gianni Morandi che, con una giacca super sbrilluccicante ha cantato “Apri tutte le porte”, “Fatti portare dalla mamma”, “C’era un ragazzo” e “Gli angeli fanno la ola” insieme a decine di coppie di ballerini a fare da coreografia.

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

“Coraggio, questo posto è selvaggio”, incita Jovanotti, diventando un tutt’uno con la sua consolle in veste di super Dj. A seguire “Il Boom”, “Una nuova era”, “La notte dei desideri”: “Vi auguro di essere voi il desiderio di qualcuno”, dice convinto l’artista.
Simpatico il mash up di “Serenata rap” con “Sei la più bella del mondo” insieme a Raf. “Battito di ciglia”, “Baciami ancora” dedicata ad Accorsi nel parterre vip, la cover di “Sapore di sale”, “Le tasche piene di sassi” cantata senza fronzoli e con occhi emozionati  in primo piano, “Tensione evolutiva” e “Penso positivo” per riprenderci la parola “positivo” e ballarla e cantarla tutti insieme senza paura.

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Jovanotti PH. MICHELE LUGARESI MAIKID

Scenografia ricca, fuochi, tamburi, tutti in fila sul palco i Timbares di Milano accompagnano e arricchiscono una scatenatissima “L’ombelico del mondo”. “Raggio di sole” rapisce tutti, “Gli immortali”, “Il più grande spettacolo dopo il big bang”, Ti porto via con me”, “Ragazzo fortunato” per poi concludere con “A te”: Jovanotti spara le pietre miliari della sua storia artistica una dopo l’altra ma finisce sempre con il focalizzarsi su quanto è a lui di più caro: la famiglia, gli amici, la band, la grande squadra che lo ha accompagnato in questa lunga e imponente avventura. Il suo trascinante entusiasmo finisce per incontrare e coinvolgere un po’ tutti lungo il cammino, d’altronde è così il Jova Beach Party è energia, aggregazione, contaminazione, allegria. Non ci sono schemi, semplicemente ci si immerge nell’essenza della musica e se ne si fa scorta a piene mani. Alla prossima!

Raffaella Sbrescia

Atmosferico tour: il report del concerto dei Subsonica al Castello Visconteo di Pavia

Metti una sera al Castello Visconteo di Pavia con i Subsonica tra antiche mura e scuderie, nuvole e terra fresca sotto i piedi. La terz’ultima tappa dell’Atmosferico tour è stato un appuntamento molto sentito per il territorio e il pubblico che ha ampiamente mostrato tutto l’entusiasmo di chi attendeva da diverso tempo questo live. La band, sui palchi d’Italia ormai da diversi mesi, affronta il palco con la consueta energia e senza alcun colpo ferire. Al centro della scaletta la celebrazione di Amorematico, l’album che, venti anni fa definiva l’identità artistica dei Subsonica. L’amore per la musica elettronica, il dancefloor, la drum’n bass e la capacità di esprimere tutto un mondo emotivo in testi ispirati e perfettamente aderenti anche alla dinamiche più oscure. Ad aprire le danze una lunga intro strumentale: Max Casacci alla chitarra, Boosta alle tastiere con il leggendario mollone, Ninja alla batteria e Vicio al basso mettono subito le cose in chiaro: il groove la farà da padrone.

sub ok

Samuel entra in scena sulle note di “Nuvole rapide”. A seguire la dolorosa “Albascura”. Il trittico “Gente tranquilla” , “Perfezione”, “L’errore” ci regala una serie di flashback spazio temporali che ci lasciano il retrogusto dolceamaro di un modo di essere e di concepire i rapporti e le situazioni decisamente diverso dall’epoca contemporanea. Forse è meglio non pensare troppo e lasciarsi andare e così accade sulle trascinanti vibes di “Colpo di pistola”. Con “Eva Eva”, la track che dà il titolo al tour con Atmosferico, i Subsonica celebrano il concetto di diversità in modo sensuale e irresistibile ed è questo il mood che caratterizzerà tutta la seconda parte della scaletta. “Mammifero” cede il posto alla riuscita cover di “Satisfaction” di Benny Benassi, un breve accenno a “Bla bla” di Gigi D’Agostino, e l’omaggio a Claudio Coccoluto con “Il mio D.J”. Si riprendono le fila del discorso con “Nuova ossessione”, ci si ferma a prendere fiato con “Dentro i miei vuoti” per poi riprendere a molleggiare con “L’ultima risposta”, il riuscitissimo remake di “Up patriots to arms” di Battiato, l’evergreen da pogo selvaggio “Liberi tutti”.

Non c’è tempo per fermarsi, è tutto un susseguirsi di salti e di emozioni: “Diluvio”, lievi cenni di “Gold Dust” di DJ Fresh ma soprattutto la dinamica “Benzina Ogoshi”. Memoria, intelligenza e poesia si fondono in “Sole silenzioso” per non dimenticare i drammatici fatti di violenza del G8 di Genova del 2001. Il finale è potente e poderoso: l’inscalfibile “Tutti i miei sbagli” e la calda bellezza di “Strade” sanciscono la fine di uno show nostalgico ma naderente al need di noi tutti in questo specifico momento storico. Si configurano i presupposti per un lungo periodo di stacco e ripresa creativa per i Subsonica ma nessuno potrà mai dire che si siano risparmiati in questa summer live session all’insegna dell’energia.

Raffaella Sbrescia

Steve Hackett in concerto all’Auditorium di Roma. Il live report

E’ stato un gruppo che ha letteralmente segnato una generazione. Oddio, difficile dirlo, in quegli anni tanti musicisti e tante formazioni hanno segnato la generazione fortunata che ha avuto la possibilità di viverli in contemporanea. Però per i Genesis il discorso fu lievemente diverso. Sì, perché per molti, me compresa, i Genesis nascono nel 1968 e muoiono nel 1975: quando il cofondatore Peter Gabriel uscì dal gruppo, lasciando il ruolo di frontman, e cantante a Phil Collins. Insomma, i Genesis rimasero, continuarono a produrre ottima musica, Phil Collins è stato un personaggio di rilievo nel panorama musicale mondiale, abbandonato pochi mesi fa per motivi di salute con un ultimo commovente concerto.
Eppure per molti non furono più i Genesis.

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Ora, averli vissuti in contemporanea, durante la prima fase artistica, significa essere nati nel 1950/55 più o meno. E invece non fu propriamente così. Una generazione successiva a quella dei coetanei strettamente intesi, ha avuto come punto di riferimento proprio i Genesis prima maniera, lontani dal sound molto più accessibile che ne caratterizzò la produzione dopo il 1975.
E molta parte di questa generazione la contemporaneità anagrafica con quel gruppo, nel momento in cui si inseriva tra i massimi esponenti del progressive rock britannico non l’ha avuta. Per essere più chiari, un live non ha mai avuto modo di vederlo.
Ora sarebbe lungo ripercorrere le dinamiche che portarono alla spaccatura, per altro mai artisticamente risanata, del gruppo. Gabriel intraprese con un successo e una popolarità indiscussi, la carriera da solista, creando veri capolavori, addentrandosi in un lavoro di ricerca, di collaborazioni, di impegno anche politico.

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

I Genesis da A Trick Of The Tail in poi approcciarono al pubblico in maniera più orecchiabile, anche se sempre con un sound di altissima qualità. Da Duke in poi, proprio dopo l’uscita di Hackett che rappresentò la soluzione totale di una qualsiasi forma di continuità con il progressive, virarono decisamente al Pop. E il pubblico fu diverso, generazionale, attaccato a quella contemporaneità. Ma chi ha amato Foxtrot o Nursery Crime, è rimasto ancorato a quei Genesis. Non ci fu un dopo. Si trattò di un’omonimia.
La scelta di Steve Hackett, ultimo filo di seta che lega ad un ricordo e a delle suggestioni, di riproporre, con arrangiamenti addolciti, il repertorio delle origini, è stata, a mio avviso una scelta sicuramente vincente dal punto di vista emotivo.

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Steve Hackett live @ Roma ph Roberta Gioberti

Per i molti che li hanno amati e ancora li amano, e per i quali, come dicevo, non è stato mai possibile assistere ad un’esibizione dal vivo, per una questione di tempi, il concerto del 30 luglio a Roma si è trasformato in una specie di sogno realizzato. Certo, manca la voce di Gabriel, e la sua teatralità interpretativa, potente e mai eccessiva, con cui, per quanto oramai contestualizzato, Nad Sylvan non è in grado di competere; ma non lo sarebbe chiunque. Manca Phil Collins, con il suo ritmo calibrato e brillante, mancano molte cose che un tempo si sarebbero trovate. Ma l’impatto è forte, e la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, vibrante di emozione. Un Hackett assolutamente padrone di sé, sereno, empatico, paziente quando, su Robbery per un guasto tecnico la chitarra si è dovuta fermare per buoni cinque minuti, e lui con lei. Ma la musica è andata avanti, senza interruzione.
Applausi a scena aperta, dieci minuti di standing ovation, un pubblico decisamente datato tornato adolescente.
Penso davvero che a un concerto non si possa chiedere di più .

Roberta Gioberti

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La trasversalità poliedrica di Stromae incanta Milano. Il report del concerto

Stromae si è esibito sul palco dell’Ippodromo SNAI San Siro, nell’ambito del Milano Summer Festival, per l’unica data in Italia del 2022. On stage alle 21.30, con mezz’ora di ritardo, due opening acts di Rhove e Margherita Vicario, una area vip ricca di colleghi musicisti e cantanti, l’artista belga catalizza l’attenzione del pubblico con la sua consueta eleganza. Lo show è curato nei minimi dettagli sia da un punto vista tecnico che coreografico. Una serie di bracci robotici cambia gli schermi ai led creando scenari sempre diversi, un avatar formato cartoon dello stesso Stromae ricostruisce la storia di Stromae fornendo la possibilità all’artista di rivivere ciò che ha scritto e al pubblico di conoscerne la più intima essenza.

 

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In un’ora e mezza di concerto, Stromae parla spesso con il pubblico, prova a cimentarsi con qualche parola di italiano, chiede spesso al pubblico come sta, si lascia andare a cantare su una poltrona mostrandosi a completo agio. L’artista alterna le super hit FormidableTout Les Memes e Papaoutai a brani che toccano corde molto delicate; su tutte L’enfer, testimonianza di una “sindrome da burnout”. Si va dagli ultimissimi brani di Multitude, a quelli del celeberrimo Racine Carrée. Sulle note di Santè, l’artista si concentra sugli addetti ai lavori ringraziandoli, a memoria, uno ad uno, così come accadrà anche nei titoli di coda. Il gran finale arriva con Alors on Dance ma prima di congedarsi, Stromae regala al pubblico una versione di Mon Amour cantata a cappella con i suoi musicisti testimoniando una volta di più un animo gentile e una trasversalità poliedrica che abbraccia l’arte a tutto tondo.

 Raffaella Sbrescia

 

 

Setlist

Invaincu

Fils de joie

Tous les mêmes

Mon amour

La solassitude

Quand c’est ?

Mauvaise journée

Bonne journée

Papaoutai

Ta fête

Pas vraiment

Formidable

Riez

L’enfer

C’est que du bonheur
Play Video

Santé
Bis:

Alors on danse
18. Mon Amour

“I concerti nel Parco – Summer Time”: le suggestioni di Suzanne Vega

Gli anni ‘80 hanno rappresentato un momento particolare nel panorama musicale mondiale. Sono stati sicuramente anni in cui proporsi alla maniera cantautoriale, raccontando storie malinconiche con l’aiuto di una chitarra e poco altro richiedeva coraggio. Un coraggio che Suzanne Vega ebbe, e vide giustamente premiato.
Nata in California, ma cresciuta nei sobborghi portoricani di New York, sarebbe stato forse più facile per lei restare suggestionata e influenzata da un sound di rottura. Punk, Rock, Rap. Invece questo non accadde, e quella esile e diafana ragazzina riuscì ad imporre all’attenzione del mercato il suo modo di fare musica, essenziale, da folksinger un po’ in ritardo sui tempi.

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Sicuramente molto influì nelle sonorità la prima Joni Mitchell, mentre per quello che riguarda la poetica, prevalse una visione abbastanza descrittiva degli aspetti della vita di tutti i giorni. Il racconto di quello che ci circonda, dei momenti più ordinari e apparentemente insignificanti del quotidiano, trasformato in poesia, attraverso versi essenziali e minimalisti. Gli sguardi di Tom’s Diner, la storia nascosta e dolorosa di Luka, gli oggetti che riflettono le anime delle persone in Night Vision. La solitudine, una specie di spettro, un’ombra sulla porta, pronta a voltarsi se qualcuno arriva, in Solitude Standing.
Qualcosa di fuori moda, piatto, privo di fronzoli, essenziale, molto lontano dai luccichii, dal glam, dal divismo, dal pompaggio spesso voluto dalle case discografiche in quegli anni, eppure qualcosa che seppe farsi apprezzare al punto da arrivare a ottenere una visibilità internazionale di considerevole impatto: un’oasi di pace in mezzo a tanto rumore.

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

E’ un poco questa la Suzanne Vega che ritroviamo sul palco della Casa del Jazz, ospite della rassegna “I concerti nel Parco – Summer Time”: 63 anni meravigliosamente portati, in versione acustica, voce e chitarra, accompagnata da un ottimo Gerry Leonard (già collaboratore di David Bowie), intrattiene incantevolmente una platea accaldata ma attenta, con il timbro di voce magnetico che da sempre la caratterizza.
Poca coreografia, molta empatia, una lieve brezza emotiva che va a toccare i cuori, e in qualche maniera porta serenità.
A Ottobre del 2020, per dare il suo contributo al mondo della musica, messo così duramente alla prova dalla pandemia, la cantautrice Statunitense si è esibita in streaming dal Blue Note Jazz Club di New York. Un evento importante, simbolico, durante il quale è riuscita a riunire circa un centinaio tra musicisti, operatori, e organizzatori mondiali, ed ha presentato il suo album più recente, An Evening of New York Songs and Stories che ripropone i suoi grandi successi. E’ da questo album che è tratta la scaletta proposta al pubblico romano, con una piccola sorpresa sul bis: una Walk on the Wild Side, che commuove tutti.
Mentre Ultimo al Circo Massimo richiama circa 70.000 persone, in un piccolo spazio sonoro, si fa musica in delicatezza. E mai suggestione fu più evocativa di un incipit di carriera su cui avrebbero scommesso in pochi.

Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

Suzane Vega @ Casa del Jazz ph Roberta Gioberti

 

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