Briga presenta “Talento”, un album pensato per sorprendere l’ascoltatore. Intervista

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Mattia Briga torna in pista con “Talento” a due anni di distanza da “Neveragain”. Il nuovo album di inediti dell’artista esce oggi per Sony Music Italy, sia in versione standard che deluxe, comprensiva di 4 tracce in più ed un ricco booklet. “Talento” è un album pensato per sorprendere l’ascoltatore. In questo progetto Briga ha lavorato senza porsi limiti ed il risultato supera di gran lunga le aspettative. L’aspetto più importante è legato alla produzione artistica: la lavorazione dei suoni è strutturata e versatile, ci sono numerosi passaggi di genere ricchi di echi, riferimenti e commistioni. Presenti anche diversi brani di stampo propriamente cantautorale in grado di lasciar affiorare la trasversalità vocale di Briga. Metriche precise, melodie accattivanti, testi d’autore ma anche tante collaborazioni importanti, frutto di reciproca stima e condiviso amore per la musica.

Intervista.

Cosa rappresenta per te l’uscita di questo disco?

Non è facile scrollarsi di dosso l’etichetta dell’ex talent. Con questo album ci tengo molto a mettere in evidenza le mie capacità artistiche. In questi due anni si è parlato troppo della mia personalità e troppo poco della mia trasversalità musicale. Questo lavoro mi rende molto orgoglioso della mia carriera da musicista, vengo dalla scena rap italiana, ho lavorato con un’etichetta indipendente con cui continuo la mia avventura professionale; è bello vedere una comune crescita di intenti.

Quali sono i punti forti di questo lavoro?

Ho potuto fare un disco con dei mostri sacri della canzone italiana. Ho lavorato con Tagagi e Ketra per i primi due singoli estratti dall’album, ho collaborato con Massimo Colasanti, ci sono diversi brani con un quartetto d’archi ed il primo violino dell’orchestra di Morricone. Ho inciso dei brani con tanti artisti come Gianluca Grignani, Lorenzo Fragola, Clementino, Mostro, Gemitaiz, Alessio Bernabei.

Perché definisci questo disco come quello della maturazione?

Perché ci ho lavorato con un intento preciso: fare in modo che il pubblico non schippasse nemmeno una canzone. La tracklist si apre con una traccia punk-rock, si prosegue con un sound molto più estivo con “Baciami”, poi un brano più rap con Gemitaiz, mio amico di sempre. Si va avanti con una ninna nanna d’amore introspettiva come può essere “Diazepam”, echi brit-pop con “Ti viene facile”. In questo album ho voluto lasciare molto spazio alla composizione strumentale e questo è un fatto molto particolare.

Approfondiamo la questione…

Nel mondo rap, chi scrive sente la necessità di riempire la base con moltissime parole. Ho voluto ricercare la sintesi, ispirandomi all’universo cantautorale degli anni ’70. “Bambi” e “Mily” sono le mie prime due produzioni musicali, le ho composte io chitarra e voce concentrandomi sul fatto che bastano poche frasi per esprimere un concetto nel modo giusto. L’arte lascia il beneficio del dubbio e la libera interpretazione, penso che sia giusto che l’ascoltatore possa leggere le parole e la musica nel modo che ritiene migliore. Per farvi capire meglio di cosa sto parlando, vi porto l’esempio di Antonello Venditti che nel brano “Quando verrà Natale” canta sempre la stessa frase con un’enfasi diversa per trasmettere all’ascoltatore un messaggio sempre diverso; ecco io trovo che questa sia una cosa molto bella e ci sto lavorando anche io.

L’idea di un packaging così curato è tua?

Sono abituato ad avere un rapporto molto diretto con il mio staff, metto parola praticamente su tutto. Fermo restando che la sostanza resta la musica, trovo che una grafica impattante possa essere d’aiuto affinchè la gente ne sia attratta fin da subito.

Briga ph nima-benati

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Cosa rappresenta e cosa cancella questo disco?

Non nutro rancore verso il passato. Guardo avanti ma non mi è piaciuto che sia parlato così poco della mia musica. Ho cantato in 4 lingue, ho rielaborato un brano di Tiziano Ferro, il quale mi ha telefonato per chiedermi se poteva inciderlo, sarò nel disco solista di Boosta, ho collaborato con Gigi D’Alessio e Venditti. Trovo che sia giusto attaccare quando si sbaglia ma è altrettanto giusto rendere giustizia a chi la merita. Questo disco mi rende felice perché si basa tutto sulla stima artistica. I featuring me li sono conquistati, questa è tutta farina del mio sacco e del mio staff, sono felice di essermi potuto confrontare con musicisti importanti.

“Talento” è tutto fuorchè un disco rap…

Tante cose vengono mistificare per quello che non sono. Non ho mai studiato da musicista, questo è un viaggio tutto nuovo, un processo evolutivo dettato dal desiderio di migliorarsi, un’asticella sempre più altra che pongo a me stesso. Spero di migliorarmi sempre più sia come essere umano che come artista, non condivido le etichette che mi appiccano, non per essere polemico ma perché non servono.

Quanto ti è costata in termini emotivi la ricerca della sintesi?

In realtà niente in termini di sacrificio, si tratta di un percorso che va avanti da anni, prima non sarebbe stato giusto e non mi sarebbe andato bene. Ero più piccolo, ero meno tutto. Lavoro tutti i giorni per potermi confermare ma soprattutto per poter sorprendere il pubblico. Ascolto veramente molte cose: dalla samba a Manu Chao, molta elettronica, Pino Daniele, canzoni napoletane, Battisti, mi piace ascoltare musica senza filtri né preconcetti. Lavoro per essere completo, da ragazzino compravo i dischi per esserne sorpreso.

Cosa è per il talento?

Il mio talento nasce dalla confusione, dal caos, da lì si sviluppa questo grande casino che rappresenta il mio talento; qualcosa con cui mi sono cacciato nei guai e da cui mi sono tirato fuori. Avrei potuto intraprendere la carriera universitaria che poi ho stoppato per  realizzare i miei sogni, ho preferito camminare da solo piuttosto che essere guidato, ho sbagliato tanto e tante volte ma mi sono sempre ripreso; questo e stato il più grande allenamento della mia vita.

La collaborazione di cui conservi il migliore ricordo?

Sicuramente “Rimani qui” con Fragola. Quel giorno avevo solo due ore di tempo per registrare il brano in studio, ero ospite al Coca Cola Summer Festival  a Roma e le tempistiche televisive mi hanno portato via più di otto ore. Quando sono tornato in sala, ho ritrovato Lorenzo insieme al mio fonico, mi ha detto che non voleva fare una cosa sommaria, ha voluto cantare la seconda strofa e ha voluto partecipare alla produzione musicale del brano; il risultato mi è piaciuto moltissimo. Questa cosa testimonia il fatto che ci vedo lungo con le persone, prima viene l’uomo e poi l’artista. Conoscersi implica fatica, siamo abituati ad etichettare ma alla fine quello che conta è lavorare divertendosi.

Chi c’è dietro le etichette?

Sono consapevole del fatto che ognuno può dire quello che vuole. Accetto le critiche personali, quelle musicali. Dietro le etichette c’è tutto quello che non è stato capito e che richiede fatica. Siamo improntati verso la svolta economica ma dietro questa impostazione di default c’è la superficialità e la mancanza di volontà nel voler comprendere il pensiero di una persona.

Briga

Briga

Uno dei brani più interessanti del disco è “Fuoco Amico”, in cui duetti con Mostro e Clementino lasciando convergere tre diverse scuole rap. Come ci hai lavorato?

In genere mentre faccio delle cose ne penso già altre. Con Mostro non avevo ancora avuto l’opportunità di fare qualcosa. Ho chiamato Clementino per coinvolgerlo in questo brano e si è mostrato subito disponibile. In quel periodo lui era a Lecce, abbiamo fatto i salti mortali ma alla fine ci siamo riusciti alla grande. Ho inserito questo brano nella versione deluxe del disco per poter offrire davvero qualcosa in più. Stesso discorso anche per “Per adesso sono inverno”, un brano interessante che potevo tranquillamente scegliere come singolo e che ho preventivamente denominato “Demo” in vista di un nuovo arrangiamento live.

Quali sono state le regole produttive che hai seguito per realizzare questo disco?

Qualunque cosa in questo disco tranne “Eo – Eo” è roba nuova per me. In ogni canzone c’è un pensiero dietro. La mia passione nasce dal cuore e dall’istinto. Il talento non si può innestare o comprare. Ho scelto due singoli estivi per fare breccia nel cuore del pubblico ma anche le cose semplici bisogna saperle fare.

Quali sono gli artisti a cui ti ispiri?

Ce ne sono alcuni che ho sempre ascoltato come De Gregori, Battisti, Grignani. Poi mi piacciono Cremonini, Subsonica (lo stile compositivo di Samuel e Boosta) e poi ci sono i Verdena che hanno un’iconografia veramente unica; ogni volta che li ascolto mi comunicano sempre qualcosa di diverso.

Rifaresti “Amici”?

Certo, senza dubbio. Il programma mi ha dato la possibilità di essere notato da Sony, di fare sold out con il mio tour, di vendere un quasi doppio disco di platino, di essere notato e stimato da tanti illustri colleghi. All’epoca ho fatto una scelta azzardata, venivo dal rap romano con “Neveragain” praticamente in uscita. A pochi giorni dalla pubblicazione ho fermato tutto, mi sono preso tanta merda addosso, avevo canzoni che avrebbero comunque spaccato in ambito underground ma ho comunque voluto farmi carico di un rischio. Si dice che “chi non risica, non rosica”, no?

Cosa ti aspetti dal pubblico?

Questo album ha dei connotati importanti a livello musicale, probabilmente non sarà disco di platino ma va bene; posso anche vendere meno ma la gente deve capire il lavoro che è stato fatto e che ci sono stati dei passi in avanti. Il pubblico dei talent è ballerino, sta nella tua bravura fare in modo che queste persone possano continuare a seguirti. Certo, qualcuno l’ho perso ma non sarà mai tanto importante come le persone che sono riuscito a mantenere al mio fianco. La cosa difficile è condurre per mano le stesse persone che due anni fa guardavano il talent e che ora stanno crescendo con la mia musica. In ogni caso non ho paura di fare quello che voglio, faccio la musica che decido di fare io, la mia missione è trainare le persone verso le mie scelte artistiche; non posso vivere con la paura di fare qualcosa che non piaccia al pubblico. Vivo con l’entusiasmo verso l’ignoto e con la predisposizione all’avventura; la mia unità di misura è il brivido.