Perry Frank, la recensione di “The Neptune Sessions”

Perry Frank - The Neptune Sessions - Cover Artwork (2)

Francesco Perra, in arte Perry Frank è un visionario musicista sardo che, dal 2006 ad oggi, ha dato vita a numerose creazioni sonore, ispirate alla musica d’ambiente, perfetta per descrivere immagini, paesaggi e stati d’animo. Sfruttando diverse influenze musicali, che spaziano dal rock psichedelico alle ballad acustiche strumentali, fino ad arrivare alla world music e alla chillout, le composizioni di Perry Frank s’immergono nelle più profonde viscere della nebulosa emotiva umana per lasciarne affiorare i tratti più intimi. Compiendo un parallelo tra “Music to disappear”, pubblicato nel 2012 per l’etichetta Ambient tedesca Idealmusik, e “The Neptune Sessions”, il minialbum realizzato lo scorso anno per la Clubland Records, è evidente che Perry Frank abbia compiuto un percorso evolutivo, interamente proteso verso una dimensione marcatamente onirica ed immaginifica. Le coinvolgenti striature psichedeliche di “The Neptune Sessions” traghettano, infatti, l’inconscio verso riflessioni di carattere pressoché malinconico.

Perry Frank

Perry Frank

Il mood lunare di “The drowning neptune”, brano usato come sottofondo all’Oceanografico di Valencia, cede il passo alle sonorità sinistre ad alienanti di “Inland Horizon”.  Decisamente differente è il registro di “Real Alcazar” una composizione fitta di trame mistiche coo incursioni sonore vicine all’Oriente. La solarità di “ParcGuell”, la ballata acustica ispirata al celeberrimo repertorio dei Pink Floyd, precede la gelida trama chillout di “Winter in June”. A chiudere il disco è “Last September Days”, una composizione dal gusto retrò che, mai come in questo caso, ci avvicina all’autunno con perturbante consapevolezza.

 Raffaella Sbrescia