I campi in Aprile: Ligabue si racconta in veste inedita alla celebrazione della Liberazione d’Italia dal Nazifascismo.

E’ un Luciano Ligabue in una veste insolita, quello che ha voluto omaggiare con la sua testimonianza la kermesse tenutasi a Roma, nel quartiere di San Lorenzo, per celebrare gli ottant’anni della Liberazione d’Italia dal Nazifascismo.
Protagonista dell’evento di chiusura di una tre giorni che ha visto alternarsi su due palchi di tutto rispetto musicisti, scrittori, giornalisti, attori e testimoni di quelle giornate che hanno fatto da fondamento alla nostra Costituzione (che da sempre viene definita la più bella del mondo in segno di apprezzamento dei principi di alta democrazia e diritto cui si ispira), il cantautore di Correggio ha lasciato la chitarra e si è concesso un’ora abbondante di chiacchierata con Andrea Scanzi. Un’intervista che è stata il prosieguo di quella già rilasciata allo stesso Scanzi dalla rock star e pubblicata su Il Fatto Quotidiano del 14 aprile scorso.
I Campi in Aprile, è il titolo che si è voluto dare all’evento, ispirato a un brano molto bello e poco noto inserito da Ligabue nel 2015, nell’album “Giro del Mondo” e dedicato a Luciano Tondelli, giovane partigiano arruolato nella 77.ma Brigata SAP e morto nella battaglia di Fosdondo, considerata il momento cruciale nella storia della liberazione della Provincia di Reggio Emilia.
Il brano nasce dall’inciampo del Liga, al cimitero di Correggio, nella lapide che portava il suo nome di battesimo affiancato a quello di uno scrittore molto amato, e importante nella sua formazione giovanile, Pier Vittorio Tondelli, incontrato letterariamente durante il servizio di leva e divenuto compagno di giornate difficili e segnanti.

ligabue

Comincia così un racconto che nell’arco di un’oretta e mezzo ripercorre la vita di Ligabue, a partire dal ricordo del nonno, figura di rilievo nella Resistenza Emiliana, a quello del periodo dell’adolescenza, dei primi approcci al mondo della musica, dei numerosi lavori svolti, dei primi successi musicali.
Persone, amicizie, legami profondi col territorio, attestati di stima verso colleghi, e un sentito e partecipato ricordo della figura di Papa Francesco, incontrato due volte in occasione di due esibizioni tenute in Vaticano. Un ricordo onesto, senza toni enfatici, ma proprio per questo particolarmente toccante nella sua genuinità. Il rapporto con la fede, rinfrancato dall’esperienza diretta con un parroco di Correggio che si prendeva cura dei tossicodipendenti che non volevano uscire dal tunnel, ma non per questo immeritevoli di accudimento. Un racconto intenso, a tratti molto spassoso, esposto con la schiettezza lessicale che è propria del Liga, e che si ritrova, per sua stessa ammissione e consapevole scelta, anche nei testi delle sue canzoni.

Sorridente, accattivante, introspettivo e disponibile anche a vincere una timidezza caratteriale e una riservatezza che solo sul palco, nel momento del live, vengono in qualche modo neutralizzate dal rapporto col pubblico che gli è oramai fedele da una trentina di anni, e che ieri ha affollato Piazza dei Sanniti in una serata che definire climaticamente da autunno padano è perfetto.
Alla domanda un poco provocatoria di Scanzi se ritenesse vi fosse un limite di età oltre il quale un artista legato a un genere musicale in cui la fisicità è fondamentale, dovesse porsi il problema di affrontare l’impegno di un tour, Ligabue sorride: “lo pensavo a trent’anni, che a cinquanta mi sarei sentito a disagio a cantare “balliamo sul Mondo”: invece ne ho sessantacinque e non vedo l’ora che arrivi Giugno, per cominciare il tour”. Tour durante il quale Liga riproporrà in versione naked i brani di Buon Compleanno Elvis, contenuti in una recente riedizione discografica di quello che, a oggi, resta uno dei suoi dischi più famosi.

Del resto non più tardi di Dicembre abbiamo potuto godere del live di un quasi ottantenne Edoardo Bennato che non ha fatto certo rimpiangere quello graffiante e pieno di energia dei nostri vent’anni.
E’ proprio il caso di dire che “non è tempo, per noi” di privarci del piacere di ascoltare dal vivo questi artisti che tanto hanno rappresentato nel nostro percorso di formazione musicale.
Luciano Ligabue, non solo musica, quindi, ma racconti: racconti esposti con lo stesso stile narrativo, essenziale e immediato, che tanti ani fa ci affascinò e commosse nella trama di Radio Freccia, il cui toccante monologo finale, magnificamente interpretato da un giovane Stefano Accorsi ancora riecheggia nei nostri cuori.
Ci fa piacere spendere alcune parole anche per un altro evento che ha catturato e coinvolto la piazza durante questa molto ben strutturata manifestazione, patrocinata dal Comune di Roma Capitale: l’esibizione del magnifico ensamble messo insieme da Riccardo Tesi, con il coinvolgimento di una sempre generosa Tosca Donati, e di tre delle più belle voci femminili che la musica popolare Italiana vanta al suo attivo: Gabriella Aiello, Elena Ledda, e Lucilla Galeazzi. Quattro monumenti del nostro panorama musicale, sostenuti dalla fisarmonica di Riccardo Tesi, la genialità polistrumentale e la potenza vocale di Nando Citarella, l’armonia delle chitarre di Massimo De Lorenzi e Maurizio Geri e la freschezza della batteria di Andrea Ruggeri.
Uno spettacolo coinvolgente, che ci ha restituito la oramai universale Bella Ciao nella sua dimensione originaria di canto delle mondine, per esplodere nell’ urlo gioioso di una piazza multietnica e resistente.
Una Festa della Liberazione che resterà sicuramente nella memoria di un quartiere dove la storia e la Storia, come scrisse Elsa Morante nel suo capolavoro, si fondono in una dimensione corale che nel 25 aprile trovò il riscatto al dolore e all’orrore.

Roberta Gioberti