“Ma che spettacolo”, il grande ritorno di Umberto Tozzi: “Avrei potuto essere il quinto Beatles”

Umberto Tozzi

Umberto Tozzi

«Questo è un disco veramente ispirato, erano anni che non scrivevo cose che mi dessero un’emozione così intensa». Con queste accorate parole Umberto Tozzi annuncia l’uscita di “Ma che spettacolo”, il nuovo album comprensivo di tredici brani inediti, una bonus track e un dvd live per la label Momy Records e distribuito da Sony Music. Giunto dopo tre anni di silenzio discografico, questo nuovo lavoro racchiude uno sguardo attento alle vicissitudini del mondo contemporaneo con particolare attenzione al sentimento dell’amore, sovrano indiscusso di tanti indimenticabili testi di Umberto Tozzi che, con quarant’anni di carriera alle spalle, è amatissimo in tantissimi paesi del mondo, su tutti la Francia. In occasione della conferenza stampa di presentazione dell’album a Milano, l’artista reduce da un concerto in Australia, si è trattenuto a lungo con i numerosi giornalisti accorsi, ecco cosa ci ha raccontato.

Cover Ma che Spettacolo

 «Ma che Spettacolo è una visione del mondo al negativo. È quello che vediamo in TV e leggiamo sui giornali. Il motivo? Sono scosso da tutto quello che succede intorno a noi. Soprattutto ai bambini. Pensate all’Afghanistan dove invece dei giocattoli ricevono in dono un fucile. Tutto questo è molto forte». Tra i temi più caldi del nuovo disco, quello delle donne. Donne al potere, donne madri, donne con cervello che spesso, troppo, non vengono considerate: «Ho sempre avuto una grande considerazione delle donne, forse è questo è il motivo per cui ho sempre scritto d’amore – spiega- Tozzi – Credo che di muscoli al potere ce ne siano stati già troppi. Mi piacerebbe vedere un mondo gestito dalle donne perché hanno un cervello più sano». Tra i brani preferiti del disco compare “Hammamet”, una preghiera particolare che induce a riflettere sul silenzio dei meno fortunati: «Il brano è nato dalla mia frequentazione con Bobo Craxi, figlio di un grande statista come Bettino. Con lui ho avuto l’opportunità di conoscere posti e culture bellissime. E’ un grande chitarrista, abbiamo passato serate stupende a suonare insieme senza mai parlare di politica – racconta» . Intensa e coinvolgente anche  “L’ultimo viaggio”: «Un pensiero vero che spero di poter portare nell’aldilà insieme alla persona che ho sempre amato e che mi ha amato come mai nessuno. A  parte Hammamet e l’Ultimo viaggio – continua – includo nella mia personale top five anche “Ma che spettacolo”, “Sei tu l’immenso amore mio”, “Quell’inutile addio” e “Donne al potere”.

Umberto Tozzi

Umberto Tozzi

Tracciando un bilancio più ampio sulla sua carriera, Umberto Tozzi ha raccontato diversi episodi importanti che hanno lasciato il segno lungo il suo percorso artistico: «A Milano ho conosciuto Giancarlo Bigazzi. Nel  corso di 17 anni abbiamo scritto importanti pagine di musica. Il mio repertorio è leggendario, raccoglie ben 3 generazioni, un fatto anomalo e a volte difficile da realizzare. Ci sono tanti altri artisti che avrebbero meritato un percorso simile ma ci vuole anche tanta fortuna. La musica italiana merita molto di più nel mondo. Prima c’erano produttori competenti, per noi artisti era come essere all’interno di una grande famiglia che ci aiutava moltissimo, c’era confronto. Nessuno si sentiva il Michael Jackson della situazione. La mia cultura musicale è anglosassone, nasce dai Beatles ed è rimasta tale.  Ho accusato il peso di fare l’artista. Da piccolo volevo fare il calciatore ma mio papà mi bocciò l’idea, così decisi di buttarmi sulla musica – spiega l’artista – Cominciai a scrivere canzoni senza pensare di cantarle, il mio sogno, quello di giocare a calcio, era appena stato distrutto e non avevo più niente da perdere. Ero un ragazzo timido e la mia voce non mi piaceva, poi, dopo averla ascoltata, mi convinsi che potevo cantare. Alfredo Cerruti, grande direttore artistico di allora, mi disse: ma perché non te le canti? E così mi convinsi.  Alfredo era un po’ come la nostra famiglia, ci aiutava tantissimo. Le cose erano molto diverse rispetto ad oggi in cui per i giovani è molto più difficile emergere. I talent show poi non aiutano i ragazzi che spesso si trovano ad affrontare questa avventura da soli con una discografia inesistente e in mano a produttori che li producono per fare business».  A chi gli chiede quale sia il paese a cui si sente più vicino risponde: «La Francia è il paese che mi ha accolto per primo con “Ti amo”. Sempre la Francia è il paese che ha il maggiore rispetto per gli artisti. Sul palco e in tv ci vai perché sai fare qualcosa non come in Italia che si dà spazio anche a chi non ha una storia artistica alle spalle. Sefossi nato a Liverpool avrei potuto essere il quinto Beatles per le canzoni che ho scritto. Sono felice di aver ottenuto all’estero tutta la considerazione che non ho avuto in Italia . Questo stato artistico è compensativo – continua, come un fiume in piena – Di recente ho tenuto alcuni concerti nell’ambito di un tour teatrale che ha avuto moltissimo successo , non credevo fosse possibile ma abbiamo dovuto fare addirittura delle repliche».

Umberto Tozzi in conferenza stampa

Umberto Tozzi in conferenza stampa

Umberto è in grande forma, è entusiasta, ja voglia di emozionare ed emozionarsi e le sue parole colpiscono perché dimostrano ancora un’infinita passione per la musica e le parole concepite come suoni, prima ancora che come concetti.  Attento e appassionato proprio come suo figlio Gianluca, prontamente elogiato: «Colgo l’occasione per ringraziare mio figlio che ogni giorno dimostra impegno, passione, attenzione e rigore lavorando all’interno della Momi Records. All’inizio non ero entusiasta della sua scelta ma lui ha dimostrato di avere caparbietà e determinazione».  Interrogato, infine, su come gestisce la propria persona e la propria voce dopo tanti anni di concerti in giro per il mondo, l’artista risponde: «Cerco di riposare spesso, di parlare poco e a volume basso. Di solito mangio qualcosa un’ora e mezza prima dello spettacolo per scaldare le corde vocali , specialmente cose salate. La voce è un dono del Signore e, anche se in questi anni ho fatto di tutto per rovinarla, stranamente è addirittura migliorata».

Raffaella Sbrescia

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 Video: Sei tu l’immenso amore mio

Instore tour

30 ottobre ore 18:00 Centro commerciale – Curno,

31 ottobre ore 18:00 Centro Commerciale Gallery – Torino,

3 novembre ore 18:00 Mondadori Piazza Duomo – Milano

 4 novembre ore 18:00 Mondadori – Bologna,

5 novembre ore 18:00 Discoteca Laziale – Roma.

La track list di “Ma che spettacolo”:

 Ma che spettacolo, Sei tu l’immenso amore mio, Nel dire si nel dire no, Eternel, Quell’inutile addio, Intorno a me, Che amore sia, Hammamet, Meravigliosa, Sarà per sempre, Donne al potere, L’ultimo viaggio e Andrea song.

La tracklist del DVD live contenuto nella versione deluxe:

Sorridi amore, Notte rosa, Roma Nord, Se non avessi te, Ti amo, Donna, Ciao Lulù, Qualcosa qualcuno, Brava, Gli altri siamo noi, Donna amante mia, Io camminerò, Un corpo e un’anima, Se Tu Non Fossi Qui, Immensamente,  Si può dare di più, Gente di mare, Io muoio di te, Stella stai, Tu, Gloria.

 

Nesli presenta il dvd live ed il suo primo libro intitolato “Andrà tutto bene”. L’ intervista e la recensione

COVER_NESLI

Incontriamo Nesli nel megastore della Mondadori in Piazza Duomo a Milano per la presentazione di “Andrà tutto bene – live edition” ( pubblicato per Universal Music) e del suo primo libro “Andrà tutto bene” (sottotitolo: quel che ho imparato dai momenti più difficili), in uscita il prossimo 8 settembre. Emozionato, felice, leggermente teso, entusiasta ma soprattutto umile. Francesco Tarducci dice di non non essere un vero scrittore, lui che della scrittura ne ha fatto uno strumento terapeutico,  è, in verità,  un “cacciatore di parole belle per spiegare quello che non si può dire”. In questo suo primo libro, l’artista ha portato avanti un lungo processo di autoanalisi, coadiuvato da Valentina Camerini. Si scrive anche a comando, scrive Nesli, ma più di tutto si scrive ciò che si prova; ed è esattamente così. Francesco si racconta  a cuore aperto, senza filtri e butta fuori tutto il suo dolore, quasi esorcizzandolo proprio mentre lo consuma, una catarsi personale a cui assistiamo rapiti ed emozionati.  Francesco scrive tanto e bene, cura i dettagli, inserisce dei distinguo tra maiuscolo e minuscolo dei versi tratti dalle sue canzoni, che tante volte sono più simili a delle poesie. La parola che ricorre più spesso in “Andrà tutto bene”  è “onesto”: Onesto: sentirti dire che non funzioni è dura. Onesto, a quel punto comincio a cedere. Onesto. Dovrebbe essere il periodo più brutto della mia vita. E invece. Mi sento libero in maniera selvaggia, circondato da vita. E felice, nonostante tutto.  Ecco, l’onestà è lo strumento chiave attraverso il quale Nesli rilegge se stesso, stimolando anche noi lettori a fare lo stesso. Senza dire di no a nulla, senza negarsi nulla, Nesli racconta di come ama perdersi nelle esperienze, avanzando seguendo semplicemente il proprio istinto, perennemente in conflitto tra parti diverse. Andando avanti per tentativi e sensazioni, l’artista è riuscito a scrollarsi di dosso i drammi del passato ma soprattutto ha sconfitto il pregiudizio, la dannata bestia nera con cui il cantante ha imparato a misurarsi per tutta la vita e che oggi rappresenta la base per una nuova e ferma consapevolezza.

Intervista

Come è nata l’idea di pubblicare il dvd live?

Sono reduce da una tournée pazzesca che mi ha permesso di cantare in location prestigiose con diversi sold out.  Abbiamo deciso di pubblicare questo album per la band che c’era, per il suono, per la location e proprio per come è stato strutturato. Si tratta di una finestra sul mio mondo musicale.

 E la scelta di pubblicare il libro?

Scrivere un libro è difficile, è un processo lungo, di elaborazione e bisogna avere un minimo di nozioni di narrativa e di ordine. Per me si è trattato di un bel processo di analisi che mi ha richiesto un anno di scrittura, poi l’ho lasciato in un cassetto per una serie di problematiche, e solo in seguito l’ho ripreso aggiungendovi l’ultimo capitolo. Non c’è un ordine cronologico, racconto la mia vita attraverso i passaggi chiave. Ci sono anche stralci di pezzi inediti, che probabilmente vedranno presto la luce. Il racconto è affrontato in maniera cinematografica, l’ho scritto in maniera diretta, la lettura è come quella di un dialogo.

Qual è la stata la parte più difficile da scrivere?

Il capitolo più intenso è quello sulle famiglia, ritengo che al suo interno sia racchiusa la parte formativa del libro: il rapporto con i figli, la vita in provincia e le relative prospettive; è la mia storia e mi emoziona.

Che rapporto hai con il pregiudizio?

Io sono figlio del pregiudizio. So già che molti mi aspetteranno al varco e lo trovo avvincente. Anni fa vivevo malissimo il mio rapporto coi preconcetti, oggi invece rappresentano uno stimolo, qualcosa da sconfiggere. Quello che mi aspetto è che questo libro venga capito e che le mie parole non vengano travisate.

Quanto coraggio ci è voluto per raccontare te stesso ?

Ho imparato ad essere follemente ancorato alle mie idee contro tutto e tutti.

Credi che la scrittura del libro possa influenzare quella delle tue canzoni?

La scrittura e la musica vanno di pari passo, ho sempre fatto un tipo di musica che parla tantissimo di me, ho scritto un libro che parla di una persona che fa proprio quella musica. Il mio modo di scrivere canzoni ha influenzato la scrittura e viceversa.

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Ti è mai capitato di essere preda della sindrome del foglio bianco?

Mi è capitato quando facevo rap. Oggi non scrivo se non ho almeno un quarto di strofa figa in testa. L’aver ammesso di non fare più rap è stato utile in questo senso, sento di avere maggiore libertà creativa, il mio tipo di musica mi rendeva meno efficace nel mondo rap e capirlo mi ha aperto nuove prospettive.

Cosa rappresenta per te la farfalla? L’hai scelta per la copertina del libro ed era presente anche nella scenografia del tour…

Preferisco lasciare libera interpretazione… Posso solo dire che per me ha una doppia valenza: da un lato rappresenta una rinascita, dall’altro mantiene insita in sé il mio lato più dark.

Raffaella Sbrescia

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