Fabrizio De Andrè. Principe Libero. Il film è un regalo alle nuove generazioni.

Fabrizio De Andrè- Principe Libero

Fabrizio De Andrè- Principe Libero

Tutto pronto per la proiezione cinematografica speciale di “Fabrizio De Andrè. Principe Libero”. Il 23 e 24 gennaio, a Febbraio un doppio appuntamento su Rai 1, il film girato da Luca Facchini, interpretato da Luca Marinelli, distribuito da Nexo Digital e prodotto da Rai Fiction e Bibi Film tv, sarà finalmente fruibile da tutti coloro che vorranno conoscere un pezzo di storia culturale e musicale italiana. Il grande merito di questo lavoro è quello di dare perfettamente l’idea di quanto Fabrizio De Andrè sia ancora vivo nei cuori di ciascuno, il suo essere palpitante, vero, avulso da qualunque imposizione, diventa emblema di vita vissuta a cuore aperto. Senza accettare regole altrui e dandosene delle proprie, Fabrizio ha lasciato un segno indelebile in più generazioni non solo grazie alla musica ma anche e soprattutto per il suo spirito. Ecco perchè il lavoro di Facchini ma soprattutto quello del bravissimo Luca Marinelli nei panni di De Andrè, di Valentina Bellè in quelli di Dory Ghezzi (seconda moglie di De Andrè) e Elena Radonicich in quelli di Puny(la prima moglie) fanno la differenza. Gli elementi che saltano subito all’occhio in questa pellicola di circa 3 ore e mezza di durata, sono l’avidità di vita, parole ed emozioni con cui Fabrizio trasformava tutto ciò che incontrava. La cura per la parola, l’artigianalità della ricerca, della costruzione del significato sono messe molto bene in evidenza in una sceneggiatura corposa, dettagliata, fotografica e mai scontata. La consulenza di Dory Ghezzi ha svolto, in questo lavoro, un ruolo fondamentale per riuscire a dare una chiave di lettura autentica, appassionata, vivida, reale di tutta l’epopea esistenziale di De Andrè.

Fabrizio De Andrè- Principe Libero

Fabrizio De Andrè- Principe Libero

Non solo virtù ma anche e soprattutto vizi: il fumo, l’alcool, le donne. Fabrizio non ha mai rinunciato a nulla. Sarà forse anche per questo che le sue canzoni in realtà erano poesie musicate. Tra i plus del film il commovente ritratto del controverso rapporto di De Andrè con suo padre Giuseppe, magistralmente intepretato da Ennio Fantastichini. Plauso particolare va anche a Gianluca Gobbi che, nei panni dell’indimenticabile Paolo Villaggio (l’attore è stato un grande amico di Fabrizio, uno dei primi ad incoraggiarlo ad esibirsi dal vivo) ha dato un contributo speciale alla ricreazione di un’atmosfera molto vicina all’originale.

Per chi, come me, non ha avuto l’occasione di vivere da vicino quegli anni in cui ogni cosa assumeva un significato reale, gli artisti erano tali e si prendevano sul serio, assistere ad un film del genere, ha rappresentato un’occasione preziosa di arricchimento culturale. Un momento di conoscenza e approfondimento necessario per aggiungere tasselli fondamentali ad una formazione culturale che sia degna di questa definizione. Last but non least, quello spirito e quei luoghi squisitamente liguri, che profumano di incontrovertibile introversione al mondo ma denotano una profonda comunione con la natura.

Raffaella Sbrescia

“Pino Daniele. Il tempo resterà”, un film per un ritratto inedito e appassionante dell’artista

PinoDaniele_LOC

Suonare per vivere, suonare per essere libero, suonare per dare voce ad un sentimento. Questo era ed è Pino Daniele. Questo è quanto traspare in «Pino Daniele. Il tempo resterà», il docufilm di Giorgio Verdelli che sarà presentato in anteprima l 19/03 al Teatro San Carlo di Napoli e che sarà nei cinema italiani per soli tre giorni i prossimi 20, 21 e 22 marzo. Lui che non voleva essere niente se non se stesso, lui che è riuscito a trovare il codice per entrare nel portale del tempo, lui che è riuscito a riunire le mille facce e le mille anime di Napoli, è il protagonista di un lavoro certosino di ricerca tra materiali di archivio dagli esordi fino all’ultimo tour, stralci di interviste registrate tra il 1978 ed il 2014 e filmati inediti. Tanti anche i contributi di artisti che hanno lavorato con lui a partire dalla super band di “Vai mo’”, composta da James Senese, Tullio De Piscopo, Joe Amuroso, Rino Zurzolo e Tony Esposito fin da quella prima telefonata che proprio Pino Daniele fece a Senese: «Gli piaceva la mia band, Napoli Centrale, si presentò da me che sembrava un indiano e questo già mi pareva promettente – spiega Senese nel docufilm. Gli dissi: “A noi manca un bassista”. E lui: “Ma io suono la chitarra”. Io: “Accattate ‘o basso e vieni a suonare con noi”». Belli anche i video delle esibizioni con Eric Clapton a Pat Metheny. Emozionante la dedica rap di Clementino dai tetti di Napoli, affettuosi i commenti di Renzo Arbore, Massimo Ranieri, Stefano Bollani, Ezio Bosso, Jovanotti, Giuliano Sangiorgi e Vasco Rossi e tanti altri artisti. Al centro della pellicola, la musica di Pino, quella musica che ha cambiato la canzone napoletana sdoganando l’uso del dialetto, rendendo il linguaggio popolare colto e raffinato, unendo melodia e ritmo, mandolini e blues, tracciando, infine, una linea immaginaria di collegamento fraterno tra il mediterraneo e l’America. Tra le rarità da non perdere c’è la scena in cui Pino Daniele che, a casa di Massimo Troisi, gli fa ascoltare per la prima volta un breve accenno di «Quando», la canzone che fu poi scelta per la colonna sonora del film “Pensavo fosse amore… invece era un calesse”. Lui che ci metteva il cuore nelle cose che scriveva, così lo ha consumato – dice Alessandro Siani nel docufilm. A noi piace invece pensare che Pino non fu, è. Ricordiamolo dunque con le bellissime parole del suo storico concerto del 19 settembre 1981 in piazza del Plebiscito: «Io esisto grazie a voi, ciao guagliù».

Raffaella Sbrescia

Il trailer:

“Vinicio Capossela – Nel Paese dei Coppoloni”, un’affascinante storia folk a metà strada tra mito e realtà

PaeseCoppoloni_POSTER_web

“Vado cercando musiche e canti, i canti che transumano, cambiano lingua e pelle ma non il moto dell’anima che l’ha generati”. Questo è il fulcro di una storia d’appartenenza, una storia che risponde a quesiti di cruciale urgenza: “Chi siete? A chi appartenete? Cosa andate cercando?”, quelli che ci pone Vinicio Capossela che, in occasione dei 25 anni di carriera, approda al cinema con un viaggio onirico e imprevedibile alla ricerca di personaggi canti e siensi perduti. “Vinicio Capossela – Nel Paese dei Coppoloni” è il titolo dell’ originale e inedita prodotta da laeffe, PMG e LaCupa che, infatti, debutterà sul grande schermo con un evento speciale martedì 19 e mercoledì 20 gennaio, distribuita da Nexo Digital. Il film è un viaggio cinematografico,  geografico, musicale e fantastico – narrato, cantato e vissuto in prima persona da Vinicio Capossela, un ponte tra le pagine de “Il Paese dei Coppoloni” e le musiche di “Canzoni della Cupa” nonché il prossimo disco di inediti dell’artista (in uscita a marzo 2016), da cui è estratta la colonna sonora del film. Diretto da Stefano Obino, il film ci restituisce il ritratto di un’Italia forse perduta e dimenticata, un luogo immaginario che diventa reale, uno spazio fisico che si trasforma in pura immaginazione, l’olimpo dove visse “gente da battaglia”. Un’occasione unica per seguire il “musicista viandante” Capossela in questo viaggio a doppio filo sul fronte della musica e del racconto in un mondo che affronta ormai da 15 anni.

Foto Vinicicio Capossela 04D

In quest’opera che ruota attorno a Calitri, in Alta Irpinia, travolto dalla modernità, Vinicio illumina ogni storia e ogni luogo con la prospettiva del mito, tra canzoni (nuove e vecchie), apologhi sul tempo e sul sacro, fantasmi di trebbiatrici e di ferrovie, ritratti di impagabili abitanti del paese dove abitava la sua famiglia. Attraverso il racconto del viandante Vinicio ci si perde Nel paese dei Coppoloni, attraversato a piedi, in un vecchio furgone, su una trebbiatrice volante. «Sono nato in Germania, da piccolo me ne vantavo. Così, userò una parola tedesca: Heimat. Qualcuno traduce la parola con “Patria”, ma quello è Vatterland, termine maschile, forte, poi degenerato in declinazioni dispregiative. Invece Heimat è femminile, materno, esprime un sentimento, che è quello di una casa da cui ci si è separati. Mettere insieme queste storie ha richiesto molto tempo, più di dieci anni. Ma non sono ricordi, non è un’operazione sulla memoria, la formula del ricordo è riduttiva: per me, come che per chi guarda, quelle che si vedono sono cose che non ricordiamo, perché non le abbiamo vissute. Eppure le riconosciamo», ha spiegato Capossela durante la conferenza stampa tenutasi subito dopo la proiezione del film.

Vinicio Capossela © Valerio Spada

Vinicio Capossela © Valerio Spada

Tra lupi irpini e barbieri istrioni, mitologici sposalizi e spettrali case terremotate, frammenti di video d’epoca e testimonianze del recentissimo Sponz Festival, Vinicio ci mostra un pezzo d’Italia svuotata e smembrata che la contemporaneità cerca di riempire in modo violento con centrali eoliche e discariche  a discapito della ritualità condivisa. Ad ogni modo questo racconto affascinato e evocativo non è un’operazione nostalgica è, bensì, una favola folk ulteriormente arricchita dalle musiche che saranno contenute nel prossimo album di inediti di Capossela, intitolato “Canzoni della cupa”, la cui uscita è prevista per marzo 2016.

Vinicio  Capossela

Vinicio Capossela

 «Per tanti anni ho lavorato su questo patrimonio, ora le canzoni hanno fatto il loro primo guaito in questa colonna sonora, spero che tra poco vengano a mordervi», ha dichiarato il cantautore che, a margine del film, ha anche presentato un video di 12 minuti in cui illustra un nuovo brano intitolato Il pumminale”, ispirato a una delle doppie anime dell’uomo che la cultura popolare ci ha abituato a conoscere in un mondo in cui non c’è distinzione netta tra umano e animale, in cui tutta la natura è espressione della divinità e per questo inconoscibile, se non con l’esperienza diretta. «Il pumminale è una parola che significa lupo mannaro, una storia di seduzione e demoni per la quale ho contattato Lech Kowalski, regista polacco che ha documentato la scena punk dai Sex Pistols ai Ramones a Johnny Thunders. Non è stato semplice, ma è riuscito a venire in paese – appena arrivato, subito ha detto: ‘Qui recupero le mie origini polacche’», ha concluso l’artista.

 Raffaella Sbrescia

 

“Roger Waters. The Wall”, il film – evento sarà nei cinema italiani. Il commento

WatersTheWall_POSTER_web (1)

“Roger Waters. The Wall”, il film-concerto basato sulla riproposizione dal vivo della celebre opera rock dei Pink Floyd non ripropone soltanto il grandioso concerto che Waters, bassista del gruppo e creatore di The Wall ha portato in giro per il mondo dal 2010 al 2013, il lavoro in questione rappresenta, in effetti, un viaggio reale e metafisico nella vita e nella psiche dell’artista seguendo il tentativo di mettere la parola fine al tormento generato dalla perdita di suo nonno (durante la prima guerra mondiale) e di suo padre (nel corso della seconda guerra mondiale). Scavando nel profondo della propria storia personale e della propria sensibilità, Waters e Sean Evans  toccano temi universali come la guerra, il senso di perdita, l’amore e la vita trasformando la testimonianza di un orfano di guerra in un’opera rock connotata da un forte spirito politico e umanitario. Costruito seguendo le regole dello schema classico del film-concerto, in cui le esecuzioni delle canzoni sono inframmezzate da riprese esterne, la pellicola rappresenta un eccellente esempio di teatro rock. Lungo oltre due ore, il film non trascura nessuna canzone del concept, comprese le parti non incluse nel disco del ’79 come “What Shall We Do Now?”, “The Last Few Bricks” e “The Ballad of Jean Charles de Menezes”. Di grande impatto  la scelta di aprire e chiudere il film con la stessa scena in cui Waters scende dal palco chiedendo «Dove si va?», bellissimi anche gli effetti digitali proiettati sul grande muro eretto fra band e pubblico, compresi  i dettagli tutti da spiare immediatamente al di là del muro stesso. A scandire le fasi del concerto è un viaggio onirico, a metà fra documentario e fiction, girato in Inghilterra, Francia, Italia, interamente basato sull’idea di ciclicità sottintesa all’album del ’79, che si apriva e concludeva con lo stesso motivo. Il film, accompagnato in via del tutto eccezionale  dall’imperdibile conversazione – confronto tra Roger Waters e Nick Mason,  sarà distribuito in contemporanea mondiale il 29 settembre alle 20, ma i fan italiani, unici al mondo al momento, lo troveranno al cinema per tre giorni: il 29 e 30 settembre e l’1 ottobre.

 Raffaella Sbrescia

Il trailer italiano

“Teatro alla Scala. Il Tempio delle Meraviglie”, l’anteprima del film di Luca Lucini e Silvia Corbetta

Il Teatro alla Scala è il luogo dove avvengono le rivoluzioni e dove le rivoluzioni diventano regole. Una premessa che è già foriera di numerose ed insindacabili verità. Proprio quelle rivelate da “Teatro alla Scala. Il Tempio delle Meraviglie”, il film proiettato in anteprima mondiale al Teatro alla Scala lo scorso 20 settembre, in due proiezioni (una alle ore 15.00 e una alle ore 20.00). In uscita in tutti i cinema italiani il 24 e 25 novembre, il documentario  diretto da Luca Lucini e Silvia Corbetta, prodotto da Rai Com, Skira Classica, ARTE France,Camera Lucida productions, in collaborazione con Teatro alla Scala di Milano e con Nexo Digital, mostra agli spettatori 237 anni di storia di un vero e proprio tempio laico, una fabbrica di emozioni in cui si concentrano gioie, dolori, tecnica e passioni. Luci, musiche, immagini, silenzi, voci ed emozioni avvolgono le tende di velluto purpureo, il profumato legno del palcoscenico, le morbide poltrone in platea, l’elegante foyer fino al leggendario loggione. Il delizioso viaggio alla scoperta di retroscena, rivelazioni e consacrazioni è arricchito da piccoli e numerosi flashback. Passato, presente e futuro s’incrociano, infatti, nelle parole e nei volti di grandi e piccole personalità che hanno svolto un ruolo chiave per la continuità del successo planetario del teatro.

Nella grande mole di materiali raccolti spiccano le interviste a Daniel Barenboim, Roberto Bolle, Mario Botta, Riccardo Chailly, Francesco Maria Colombo, Marco Contini, Fiorenza Cossotto, Maria Di Freda, Plácido Domingo, Alessandra Ferri, Carlo Fontana, Carla Fracci, Mirella Freni, Giovanni Gavazzeni, Raina Kabaivanska, Stéphane Lissner, Leo Nucci, Alexander Pereira, Franco Pulcini, Luciana Savignano e Marcello Sirotti, mentre le parti recitate sono affidate a Gigio Alberti, Andrea Bosca, Giuseppe Cederna, Pia Engleberth, Francesca Inaudi, Filippo Nigro e Bebo Storti; la voce fuori campo è, infine, quella di Sandro Lombardi.

teatro-alla-scala-milano

Particolarmente riuscita ed accattivante l’idea di stimolare gli spettatori seguendo i  preparativi della tradizionale “Prima”,  rigorosamente in scena il 7 dicembre di ogni anno, senza trascurare nemmeno il più piccolo dettaglio. Ampio spazio all’instancabile lavoro delle maestranze, allo studio e la preparazione dei musicisti e a tutte le singole figure che, con il loro contributo, determinano la realizzazione di sogni ad occhi aperti. Particolarmente appassionanti le parentesi dedicate ai grandi maestri con cui spesso il teatro ha avuto un rapporto controverso: su tutti Verdi ma anche Rossini, Toscanini, Puccini fino ai contemporanei Abbado, Muti, Barenboim.  Opulenza, eleganza, autorevolezza vanno a braccetto con ricerca, qualità, eccellenza, sperimentazione e tutto questo, in barba all’implacabile scorrere del tempo, è saldamente racchiuso all’interno de il Teatro alla Scala, un tempio in cui la città  di Milano e l’Italia tutta si riconoscono e che riflette la sensibilità e la natura di un mondo in continua evoluzione.

Raffaella Sbrescia

ROGER WATERS. THE WALL: l’esclusiva cinematografica sarà nelle sale il 29 e 30 settembre e l’1 ottobre

WatersTheWall_POSTER_web

Considerato all’unanimità una pietra miliare della storia del rock e della carriera dei Pink Floyd con oltre 30 milioni di copie vendute nel mondo, l’album THE WALL fa coincidere uno dei vertici creativi della band inglese con il più importante contributo in termini compositivi del suo autore principale, ROGER WATERS. Il tutto in un’opera che, a 36 anni dalla sua pubblicazione su disco, ancora non smette di sorprendere per attualità, coinvolgimento emotivo e significato. Ne sono riprova, oltre alle sue successive ristampe e alla riduzione cinematografica che ne fece nel 1982 il regista Premio Oscar Alan Parker, anche e soprattutto i 219 concerti che lo stesso WATERS ha tenuto tra il 2010 e il 2013, riproponendo la monumentale opera rock nella sua interezza e infiammando le platee di tutto il mondo.

Ora proprio le immagini e i suoni di quel tour arrivano su grande schermo in ultra definizione anche in Dolby Atmos in contemporanea mondiale dopo il successo raccolto al Toronto International Film FestivalROGER WATERS. THE WALL è infatti un film-evento che si sviluppa su più livelli: è l’esperienza di un concerto travolgente dell’album classico dei Pink Floyd, un road movie di Waters che fa i conti col passato e un emozionante film contro la guerra. Il film sarà accompagnato in via eccezionale dall’intima conversazione tra Roger Waters e Nick Masone sarà distribuito in contemporanea mondiale il 29 settembre alle 20, ma i fan italiani, unici al mondo al momento, lo troveranno al cinema per tre giorni: il 29 e 30 settembre e l’1 ottobre (l’elenco delle sale disponibile su www.nexodigital.it e trailer qui https://www.youtube.com/watch?v=odEBC0DkObI). Le prevendite sono già aperte.

Il film è stato girato in 4K e mixato in Dolby Atmos durante il tour tutto esaurito di Waters “The Wall Live” che ha raccolto oltre 1,5 milioni di fan in America del Nord, 1 milione di fan in America Latina e America Centrale e 1 milione di fan in Europa: oltre 4 milioni di spettatori in tutto il mondo per il più grande tour mondiale mai intrapreso da un artista solista.

L’identificazione dei fans con THE WALL è infatti seconda soltanto a quella dello stesso WATERS, che ha scavato nel profondo della propria storia personale e della propria sensibilità per costruire una parabola immortale sulla guerra, il senso di perdita, l’amore e la vita. Fino ad arrivare alla decisione di produrre e co-dirigere (insieme al direttore creativo del tour Sean Evans) un film che, oltre ad offrire finalmente una testimonianza di quegli straordinari concerti, gli ha permesso di confrontarsi con il significato odierno di THE WALL. Fortemente segnato dal lutto per la morte in guerra del nonno (nel corso della I Guerra Mondiale) e del padre (morto durante la II Guerra Mondiale), THE WALL libera oggi ancora di più il suo urlo contro l’orrore di ogni tipo di guerra, proprio un secolo dopo il primo conflitto mondiale.

Parlando dell’evento al cinema Roger Waters ha dichiarato, “Eravamo una grande famiglia on the road, in tutto 189, uno più, uno meno.  In linea di massima eravamo felici, come io sono davvero felice di dare il benvenuto a bordo a tutti; lo so, lo so, sto mescolando le metafore. Dov’ero rimasto? Ah sì, con il vostro aiuto l’evento di settembre sarà il modo perfetto per ricordare non solo i nostri cari, ma anche le persone care agli altri ragazzi, quelle che non ci sono più, quelle che ci sono ancora e quelle che devono ancora nascere”.

ROGER WATERS. THE WALL è un film di Roger Waters e Sean Evans presentato da Rue 21 Productions. Musiche di Roger Waters, Produzione musicale di Nigel Godrich, Montaggio di Katharine McQuerrey, Fotografia di Brett Turnbull. Produttore esecutivo: Mark Fenwick. Prodotto da Roger Waters, Clare Spencer. Diretto da Sean Evans e Roger Waters.

Fonte: Ufficio stampa

“Her”: le note scelte da Spike Jonze e Arcade Fire per descrivere un amore irreale

herNel film “Her” Spike Jonze indaga la natura dei rapporti umani nel mondo contemporaneo attraverso una sceneggiatura originale e l’uso della tecnologia che, come una minuscola lente,  scava all’interno dell’animo umano rivelandone le più intime fragilità. Il rapporto tra uomo e macchina, rispettivamente simboli del reale e del virtuale, pur essendo irreale, acquisisce  una stupefacente naturalezza grazie alla sensibilità di Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo che vive di parole, che dà voce alle incapacità comunicative altrui, attraverso il suo lavoro di ghost writer e che, a sua volta,  trae linfa vitale da quelle che provengono dal sistema operativo Samantha ( voce di Scarlett Johansson).  Nel suo elogio all’imperfezione umana, Jonze si muove tra fantascienza e melodramma, conferendo alla musica un importante ruolo. Le note raccontano le immagini, conferendo significati e sfumature alle emozioni del passato ma soprattutto a quelle del presente. Suoni e strumenti scrivono le fasi di un amore che vive grazie alle impressioni, alle riflessioni e alle suggestioni del protagonista che, attraverso la sua coscienza femminile, riesce a risolvere i conflitti irrisolti della propria personalità. Diversi sono i momenti musicali degni di interesse: si parte da “Off you” dei The Breeders, uno dei momenti in cui la drammatica condizione di solitudine di Theodore appare in tutta la sua drammatica evidenza. I tanti flashback che irrompono nel quotidiano del protagonista sono, invece, animati da “When You Know You’re Gonna Die” degli Arcade Fire che firmano anche “Supersymmetry “, il brano strumentale che compare nei titoli di coda del film che, insieme a “Dimensions”  fa parte di “Reflektor”, il nuovo album della band. C’è spazio anche per momenti musicali più eterogenei  come  le atmosfere orientali di “Cleopatra in New York” (Zim Zam Mix), il folk di  “I’m so Glad” (Entrance) e il suadente blues di “Need Your Love So Bad” di Little Willie John. Il picco emotivo è rappresentato dalla complicità che Theodore e Samantha riescono a raggiungere sulle note del brano “The Moon Song”, scritto da Karen O delleYeah Yeah Yeahs ,con il supporto del regista Spike Jonze: “But with you my dear, I’m safe and we’re a million miles away”, canta Samantha che, fotografando il suo amore per Theodore nella sublime composizione al pianoforte, intitolata “Photograph” e realizzata dagli Arcade Fire, concretizza l’essenza di un sentimento autentico, eppure destinato ad eclissarsi.

Raffaella Sbrescia

Video: “The Moon Song”

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=HTOhtD3BedU&w=560&h=315]

12 anni schiavo: l’analisi di musiche, suoni e voci

12 anni schiavoCandidato a 9 premi Oscar,  “12 anni schiavo” è l’acclamato film di Steve McQueen ed è considerato, a ragione, l’evento cinematografico dell’anno. Chiwetel Ejiofor (nei panni del protagonista), Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, Lupita Nyong’o, Paul Dano, Paul Giamatti e Brad Pitt incarnano i personaggi della pellicola che completa e continua un discorso cominciato dal cinema americano con “Lincoln” di Spielberg e “Django Unchained”  di Tarantino. I dialoghi, i silenzi, le cruente scene di violenza e i paesaggi mozzafiato di questa drammatica e sconvolgente storia trovano il filo conduttore principale nella musica. Solomon Northup è, infatti, uno stimato musicista che un giorno si risveglia in catene per essere venduto come schiavo nei campi di cotone. Il violino è lo strumento che costituisce, al contempo, sia il mezzo che stabilisce il legame di Solomon con il suo passato da uomo libero del nord America, sia la condanna ad essere riconosciuto come diverso dagli altri  neri, “allevati come bestie” per servire i padroni. La musica è, dunque, un elemento essenziale per nutrirsi della vita senza soccombere ad un destino atroce. “Io non voglio sopravvivere, io voglio vivere”, ripete Solomon, a più riprese, senza mai perdere la fiducia nella possibilità di un rapporto di reciproca stima con l’uomo bianco. Tutt’intorno, intanto, si spengono vite e speranze. Nei cocenti campi di cotone il blues e il gospel richiamano la provvidenza divina: gruppi di schiavi esausti trovano la forza per sopravvivere nel canto che, in qualità di naturale valvola di sfogo, diventa, in questo modo, un richiamo spirituale dalla forza travolgente. A questo proposito, è importante sottolineare la bellezza della tracklist del film. Delle 16 tracce disponibili, la dirompente forza evocativa del brano “Roll Jordan Roll” di John Legend, interpretato nel film da Topsy Chapman e dal protagonista Chiwetel Ejiofor, rappresenta il momento più intenso e doloroso. Le voci a cappella degli schiavi rendono omaggio ad uno di loro, che ha perso la vita pochi attimi prima, gli occhi sono rivolti al cielo, le mani dimenticano le ferite e la fatica levandosi al cielo. Schiocchi di dita vibrano nitidi scuotendo i sensi ma la collettività di un sogno eterno si spegne col sopraggiungere della notte.”(In the evening) When the sun goes down” di Gary Clark scandisce, invece, l’altro momento clou del film: gli occhi di Solomon seguono il calar del sole: attimo dopo attimo il colore ed il movimento delle pupille  descrivono le sofferenze di un animo disperato mentre la natura continua, indifferente, il proprio corso. “Misery Chains” di Chris Cornell, “Queen of the Field (Patsey’s song)” di Alicia Keys e “Little Girl Blue” di Laura Mvula si trasformano in richiami ancestrali, inni alla vita e alla libertà. Impossibile, infine, resistere al fascino di “Washington Hans Zimmer”: sullo schermo scorrono i titoli di coda ma il cuore batte ancora all’impazzata e negli occhi, colmi di lacrime, sono impresse le immagini di una colpa eterna.

Raffaella Sbrescia

TRACKLIST:

1. “Devil’s Dream” – Tim Fain
2. “Roll Jordan Roll” – John Legend
3. “Freight Train” – Gary Clark Jr.
4. “Yarney’s Waltz” – Caitlin Sullivan
5. “Driva Man” – Alabama Shakes
6. “My Lord Sunshine (Sunrise)” – David Hughey
7. “Move” – John Legend
8. “Washington Hans Zimmer”
9. “(In the Evening) When the Sun Goes Down” – Gary Clark
10. “Queen of the Field (Patsey’s Song)” – Alicia Keys
11. “Solomon” – Hans Zimmer
12. “Little Girl Blue” – Laura Mvula
13. “Misery Chain” – Chris Cornell
14. “Roll Jordan Rol”l – Topsy Chapman
15. “Money Musk” – Tim Fain
16. “What Does Freedom Mean (To a Free Man)” – Cody Chesnutt

John Legend – “Roll Jordan Roll”

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=qt9B3pzQ9Fk&w=420&h=315]