Ketty Passa presenta “Era Ora”: il linguaggio urban arriva in Italia. Intervista

Ketty Passa_cover ERA ORA

Ketty Passa_cover ERA ORA

KETTY PASSA è cantante, musicista, performer, speaker e presentatrice televisiva, collabora come cantante con il progetto Rezophonic e come dj/selecter per la serate di Milano Pink Is The New Black, progetto itinerante e tutto al femminile, e Smashing Wednesday. Ha lavorato, tra gli altri, con Rock TV, Deejay TV e Radio Popolare. È deejay e consulente musicale del programma di Rai2 Nemo-Nessuno escluso. “Era ora” è il suo primo album di inediti ed è stato finanziato da una campagna su Musicraiser. Il disco è stato presentato in anteprima con due showcase a Milano e a Roma che hanno battezzato la nuova band composta da Fabrizio Dottori (tastiere,  synth), Marco Sergi (chitarra), Marco Pistone (basso) e Manuel Moscaritolo (batteria).

Intervista

Il tuo primo album da solista è in lingua italiana ma con suoni che strizzano l’occhio alla scena Urban americana. Come è venuta fuori questa idea?

 Questo è stato un disco molto voluto ma anche molto sofferto. Se non dal punto di vista tecnico, lo è stato dal punto di vista psicologico perché ho sempre avuto paura a mettermi in gioco mettendoci la faccia. Sapevo che quello che volevo fare non era una cosa immediata, che richiedeva lavoro, nonché la capacità di coinvolgere persone che credessero in questa cosa. In ogni caso “Era ora” che mi convincessi a fare un mio disco ed “Era ora”che uscisse dopo due anni di duro lavoro.

Parliamo dei punti di forza di questo disco: in primis i suoni.

La scelta delle sonorità racchiude il pregio/difetto del disco: così come è figo l’essere un “unique” dal punto di vista di genere, lo è molto meno cercare di sapersi vendere e ritagliarsi un piccolo spazio. Cantare su dei beats nati per chi fa rap è un’attitudine tipica del linguaggio americano. In Italia questa cosa è fatta ancora molto poco, gli unici che ci si avvicinano sono Romina Falconi, Luana Corino e Cosmo.

Scendiamo nei dettagli della lavorazione del disco in studio…

Il disco è nato dall’ascolto di beats e dalla creazione di loop vocali su cui scrivevo in fake English quasi tutti i pezzi per poi tradurli in italiano. La difficoltà è stata proprio quella di traslare tutto in italiano attraverso un tipo di scrittura ben strutturato; ho dovuto posizionare bene le parole, trovare degli escamotage vocali dai suoni onomatopeici a delle parole inglesi ormai entrate a far parte del nostro linguaggio quotidiano.

La canzone che fa da apripista all’album è “C’mon”: in un mondo in cui tutti sono abituati al “cotto e mangiato” come ti collochi tu?

Faccio parte di una generazione di mezzo. Noi nati negli anni 80 abbiamo avuto un’infanzia legata ai valori del passato e un’adolescenza corrotta dall’arrivo vorticoso dei media. Un conto è essere nativi digitali, un altro è crescere con l’analogico; a me questa cosa ha spiazzato. Per realizzare un disco autentico potevo solo fare le cose a mio modo: apparentemente sono allegra e gioiosa eppure ho una vena malinconica molto spiccata e l’ho voluta mettere in questo lavoro anche se la profondità non fa business.

Ketty Passa

Ketty Passa

“Sogna” si collega a questo discorso?

I sogni sono un’arma a doppio taglio: se vivi di sogni, soffri mentre se non lo fai, vivi peggio perché non hai provato a darti delle risposte. Personalmente ho fatto pace con questa cosa perché ho un carattere che mi consente di farlo. In questo brano racconto alle persone cosa faccio, cosa ho fatto, di cosa ho bisogno. Più in generale nel disco mi sono tolta di dosso delle cose che mi stavano strette, la copertina è una metafora della purezza dell’essere nudi. Qualora l’album non dovesse avere un successo commerciale, non ne uscirò distrutta, sono già pronta a scrivere altro, intanto sono contenta.

Hai detto che è stato un disco sofferto anche se nel frattempo hai svolto tante altre attività…

I miei lavori non sicuri hanno accentuato una sensazione di disagio e di mancanza di terreno sotto ai piedi che ha mantenuo viva la mia vera essenza. Paradossalmente se lavorassi in ufficio avrei meno stimoli artistici o meno “trouble” per poter scavare dentro di me, forse la non serenità mi ha aiutato a dirla tutta.

Come porterai tutto questo dal vivo?

La mia band tradurrà il linguaggio del disco con un suono molto più vicino al rock un po’ come fanno Pink,  Gwen Stefani o Salmo in Italia.

Raffaella Sbrescia

Video: Caterina

Tracklist

  1. 1.     C’MON
  1. 2.     LE 3 COSE CHE NON SOPPORTO
  1. 3.     CATERINA
  1. 4.     VOGLIO DI PIù
  1. 5.     SOGNA
  1. 6.     SOLA AL TAVOLO
  1. 7.     CREDEVO FOSSIMO AMICI
  1. 8.     IL SOLE TRAMONTA
  1. 9.     FINO IN FONDO
  1. 10.         HO DATO TUTTO