Intervista a Gabriele Vegna: “Pittura, energia per comunicare, pura e impalpabile”

Keith Richards. Ritratto di Gabriele Vegna

Keith Richards. Ritratto di Gabriele Vegna

Gabriele Vegna è un artista che vive e lavora a Milano.  Scelto tra gli iscritti di Piazza delle Arti, la piattaforma che mette in contatto artisti e aspiranti e mecenati, Vegna si è avvicinato alla pittura molti anni fa e, nel corso del tempo, ha concentrato la propria ispirazione e la propria energia verso la musica rock, intesa non solo come colonna sonora di una generazione ma anche, e soprattutto, come un modo per  riuscire a scarnificare e poi rigenerare, in maniera indelebile, il pensiero, il costume e il modo di vivere di tutto il mondo. Reduce dall’esposizione dei propri quadri presso il locale milanese Ronchi 78 di Giacomo Bertacchi, appassionato di musica e titolare dell’etichetta musicale Palbert Music, Gabriele Vegna ha omaggiato Ritratti di note  con questa intervista in cui l’artista ha ripercorso le proprie fasi artistiche e ci ha aperto le porte del suo pensiero.

Cos’è per lei la pittura?

Per me la pittura è ancora una grande passione. Ho iniziato a dipingere, casualmente, non molti anni fa; avevo bisogno di uno specchio e ne decorai la cornice. Da allora iniziai a dipingere con continuità, prima soggetti geometrici, poi la figura umana, e a ogni quadro riuscivo sempre di più ad affinare la tecnica.

Da cosa nasce l’energia per dipingere?

Nasce dalla voglia di mettermi in gioco quotidianamente. È una sfida con me stesso per provare a dipingere dei soggetti sempre più complicati. Ogni volta che inizio un nuovo quadro, mi domando sempre se sarò in grado di farlo.

Ritratto di Gabriele Vegna

Ritratto di Gabriele Vegna

Quali sono i passaggi che hanno preceduto il suo avvicinamento alla pittura?

Dopo gli studi ho iniziato a lavorare in uno studio di architettura come junior designer. Successivamente ho partecipato, come assistente scenografo, al festival lirico Opera Barga  (Lucca), dove ho contribuito a realizzare l’allestimento delle opere Demetrio e Polibio di Gioacchino Rossini e La Traviata di Giuseppe Verdi. All’inizio degli anni ’80 anni ho collaborato per alcuni studi fotografici e di pubblicità, sino ad affermarmi come producer in uno dei principali network di comunicazione internazionali, dove ho realizzato molte campagne pubblicitarie per note aziende.

Ci racconta i suoi lavori maggiormente rappresentativi?

Con i miei lavori cerco di omaggiare i musicisti che con la loro musica mi hanno sempre accompagnato. I miei preferiti sono da sempre i Rolling Stones, in particolare Keith Richards. Gli Stones sono stati spesso additati come nemici pubblici, per la loro immagine definita oltraggiosa. Immagine basata sugli scandali, sulla droga e sugli eccessi di cui la loro carriera è sempre stata costellata. Rappresentare Beggars Banquet è stato impegnativo, sia per la complessità del soggetto che per le dimensioni (m.2×1), ma sono stato gratificato, il dipinto è stato acquistato da una fondazione. Con la finalizzazione di questo lavoro ho capito che mi potevo spingere oltre nel creare lavori ancora più complicati.

Qual è la sua cifra stilistica, qualora ce ne fosse una in particolare?

Ritraggo i personaggi nella maniera più realistica possibile, per le mie capacità, cercando di conferire loro più “anima” con l’uso di colori dai toni caldi, in modo da accentuarne il contrasto e i chiaroscuri. La mia pittura è un interpretativo omaggio alla British Pop Art, in modo particolare alla pittura di Peter Blake che di quella corrente artistica è considerato il padre.

Perché molti dei suoi dipinti omaggiano la musica rock?

La musica rock è stata la colonna sonora della mia generazione, da molti definita “folle”, ma capace di creare l’irriverente genialità della Controcultura, e i musicisti che danno vita alle mie opere ne sono stati fra le bandiere. Icone di una generazione dalle forti tensioni e contraddizioni che, con la forza delle proprie idee, è riuscita a scarnificare e poi rigenerare, in maniera indelebile, il pensiero, il costume e il modo di vivere delle persone in ogni parte del mondo. Controcultura che è diventata, con pieno diritto, patrimonio della cultura collettiva. Quei musicisti ne faranno parte per sempre.

Jimi Hendrix. Ritratto di Gabriele Vegna

Jimi Hendrix. Ritratto di Gabriele Vegna

Quali icone, in particolare, hanno scaturito un interesse artistico nella sua anima?
Sono molti, per citarne alcuni: Jeff Beck, Steve Winwood, Frank Zappa, Jimi Hendrix, che ho avuto la fortuna di vedere in concerto, a Milano nel 1968, quando avevo 15 anni e Keith Richards. Credo che Richards rappresenti l’icona che meglio rappresenta il rock, con le rughe scolpite da una vita vissuta senza risparmiarsi, le mani deformate dalle migliaia di accordi suonati, il look stravagante e volutamente trascurato, ma è sopratutto un chitarrista, oltre che un compositore, ineguagliabile e i suoi riff sono e saranno sempre materia di studio per le future generazioni di musicisti. Frank Zappa. Il GENIO. Spirito libero dalla mente acuta. Musicista, compositore e scrittore di testi irriverenti. Nemico di ogni tipo di droga, del falso moralismo, dell’ipocrisia sessuofoba, del capitale. Frank Zappa, forse, è stato il musicista che meglio ha saputo sperimentare stili e linguaggi artistici differenti. Creatore di uno stile musicale inconfondibile, le sue composizioni non sono etichettabili. La sua musica è una perfetta miscellanea di rock’n’roll, blues, musica contemporanea e jazz, elaborata con intelligenza e personalità musicale.

Cosa pensa della piattaforma Piazza delle Arti?

Molto utile per far conoscere artisti che non hanno possibilità di esporre i loro lavori. L’idea dei mecenati trovo che sia un punto di forza di Piazza della Arti. Purtroppo sta diventando una cattiva abitudine corrente chiedere soldi a chi intende esporre. La maggior parte di queste “mostre” a pagamento servono solo per spillare soldi e non portano nulla di concreto. Piazza delle Arti si pone come una valida alternativa al tradizionale circuito delle gallerie d’arte, sempre più difficile da raggiungere, le gallerie ormai difficilmente investono negli artisti non affermati.

Che riscontro ha avuto l’esposizione al Ronchi 78?

A dire il vero non molto, a parte un paio di persone interessate ai miei lavori… interesse che però non si è concretizzato. Il vero riscontro è questa intervista, oltre ad alcune recensioni sull’esposizione che sono state pubblicate su vari siti. Anche se preferisco non esporre nei locali, con Ronchi 78 è stata comunque una buona esperienza. I proprietari del locale sono persone cordiali e gentili, fra l’altro Max si occupa di musica, credo che abbia una sua etichetta e permette a molti  musicisti di esibirsi nel suo locale.

Ritratto di Gabriele Vegna

Ritratto di Gabriele Vegna

A cosa sta lavorando attualmente?

Inerente alla pittura sto realizzando dei nuovi soggetti, a ottobre intendo organizzare una nuova personale. Altri progetti, sto ultimando la stesura di un romanzo, altra mia passione è scrivere e, non ultimo, sto cercando di realizzare il mio sogno nel cassetto, quello di aprire uno spazio espositivo che, oltre ad accogliere i miei lavori, permetta anche ad altri artisti di esporre, naturalmente senza chiedere loro alcun contributo.

Quali prospettive ci saranno per la pittura in futuro?

Di artisti giovani e talentuosi ce ne sono molti e davvero bravi, prima o poi verranno scoperti. Anche se attualmente le gallerie d’arte stanno attraversando un periodo di forte crisi, credo che il talento, prima o poi, venga sempre premiato.

Si ringraziano Gabriele Vegna e Sara Bricchi per Parole e Dintorni

Raffaella Sbrescia

Nicola Piovani dal pianoforte al libro in “La musica è pericolosa”: la recensione

Nicola Piovani“La musica è pericolosa” è il titolo del libro scritto da Nicola Piovani, edito da Rizzoli nella collana Saggi Italiani. Il titolo del volume si ispira ae una frase di Federico Fellini, l’indimenticabile regista con cui Piovani, musicista, compositore, direttore d’orchestra, creatore di musica “d’avanguardia e di retroguardia” ha collaborato per diverso tempo. Ad unire queste due speciali personalità una rara amicizia e una profonda sintonia spirituale, raggiunta attraverso l’irresistibile e reciproca attrazione nei confronti della musica.

Proprio la musica, scrive Piovani, agisce ad un livello profondo e inconscio e, attraverso, la fedele narrazione di idee, pensieri e impressioni personali, l’artista ci porta per mano nella sua vita, ci lascia affacciare alla finestra della sua anima per scoprire aneddoti, incontri, esperienze, momenti di vita vissuta e  conoscere le persone, i fatti, i momenti che lo hanno ispirato. Privo di orpelli, appellativi ed onorificenze Piovani racconta se stesso presentandosi innanzitutto come un appassionato e attentissimo amatore della musica, nei cui riguardi invoca amore e rispetto: “La musica merita rispetto, che si chiami leggera o pesante, colta o commerciale. Usarla come uno zerbino sonoro mi ricorda quei milionari texani cafoni che hanno la Gioconda stampata sugli asciugamani, il macinapepe a forma di Tour Eiffel e Albinoni in sottofondo”.

E poi, ancora, “ tanti e diversi sono i modi di frequentare la musica, tante e diverse le ragioni che ci inducono a frequentarla”, scrive Piovani, “una grandissima parte delle musiche che ascolto con attenzione silenziosa, è stata concepita all’origine per espletare una funzione. Il livello espressivo di una musica non è strettamente legato alla nobiltà dell’occasione che l’ha vista nascere”.  Lo sa bene lui che ha composto tante musiche, ormai celeberrime, ispirate anche dalla sua infanzia, come “La banda del pinzimonio” composta per Benigni, la combinazione mi-fa-sol de “Il bombarolo”, scritta per De André, o la canzone “Quanto t’ho amato”, scritta con l’amico Vincenzo Cerami, al fianco del quale ha lavorato per tanti anni. Lui che, nel suo libro, ricorda com’è cambiata la sua vita con l’arrivo in casa della rivoluzionaria Lesaphon Perla, la fonovaligia acquistata per le feste di suo fratello e su cui lui ascoltava insaziabilmente Bach e Beethoven per studiarne ogni singolo dettaglio.  “La musica che mi seduce è quella che sa sorprendermi e arriva spesso da zone diverse da quelle che mi aspetto, quando meno me l’aspetto”,  spiega Nicola, che aggiunge,“ chi non sa stare al tempo, prego andare”, cantava Enzo Jannacci, chi va fuori tempo a volte si crede un artista trasgressivo ma spesso è solo un somaro”.

Attento ai dettagli e alla cura artigianale della costruzione del suono, Piovani dedica anche un’ampia critica al teatro lirico contemporaneo: dal volgare stravolgimento dei grandi classici, all’introduzione dei microfoni a teatro, definiti “viagra della virilità vocale”. Piovani si scaglia contro l’utilizzo delle nuove tecnologie a teatro che rischiano di uccidere l’essenza e l’anima del linguaggio teatrale criticando l’opulenza invasiva della tecnologia. Lui che si è sempre inoltrato come uno sprovveduto esploratore in zone distanti per scoprirne il lessico e le retoriche, detesta la musica passiva, la cosiddetta “musica da parati”, quella musica banale, “di sottofondo”, priva di idee o spunti di riflessione, che spesso accompagna le azioni di ogni giorno, nei luoghi pubblici, in albergo o persino al supermercato e che ci viene proposta per scampare all’abominevole condanna dell’anonimato.

“Le canzoni vivono nell’aria, vengono respirate anche da chi non ci fa attenzione. Le canzoni attraversano la vita dei nostri giorni, delle nostre città, delle nostre intimità, se ne infischiano della critica. Il segno che una canzone lascia nel suo tempo è qualcosa che sfugge all’analisi critica, è qualcosa di imprevedibile, “una delle testimonianze più irrazionali e convincenti dell’essenza del soprannaturale”, per dirla alla Piovani.

Raffaella Sbrescia

“L’internazionale juke-box del caffè”, il libro multimediale di Ciro Cacciola

cerchietto dueAvevamo lasciato Ciro Cacciola, giornalista, organizzatore di eventi e Dj  mentre salutava le tantissime persone accorse al bistrot letterario  del Teatro Mercadante, lo scorso 13 marzo,  per l’affollato happening con cui si sono concluse le celebrazioni per il 50 mo anniversario della preziosa miscela di caffè Kimbo e durante il quale c’è la stata la presentazione de “L’internazionale juke-box del caffè”,

internazionale-jukebox-403x200Tra una tazzullella e l’altra ci siamo messi comodi e ci siamo gustati, traccia dopo traccia, l’accurata selezione musicale che proprio Cacciola ha realizzato in “L’internazione Juke-box del Caffè”, un libricino cross mediale, edito da Colonnese editore, in collaborazione con la Kimbo, che raccoglie 50 canzoni legate da un unico filo conduttore: il caffè. A curare la prefazione del volume è Mario Rubino, amministratore di Kimbo Spa e grande amico di Cacciola che, in poche sentite righe, ha evidenziato il valore innovativo del libro, la sua natura multimediale e la cura certosina con cui l’autore ha costruito un vero e proprio itinerario sensoriale. “L’internazionale Juke –Box del caffè” è, infatti, un volume da leggere e da ascoltare, in cui la carta diventa piattaforma multimediale attraverso il QR code. Inquadrando il quadrato a scacchi che si trova alla fine di ciascuna pagina con lo smatphone, infatti, si potrà accedere al link del brano che potrà essere ascoltato integralmente da You Tube.

Dal blues alla musica dance, dallo swing al rock’n roll, dal soul al pop, il caffè ha saputo conquistare davvero un po’ tutti. Lo sapeva Bach che, tra il 1732 ed il 1734, scrisse il “KaffeeKantate”, lo ribadì Verdi sostenendo che “Il caffè è il balsamo del cuore e dello spirito”.  Ciro Cacciola scava in lungo e in largo, tra suoni, visioni e suggestioni ci lascia degustare le “40 cups of Coffee” della jazz singer Ella Mae Morse, ci diverte con la sprucida Brigida della poplare “A tazza ‘E Cafè” del poeta Giuseppe Capaldo, ci incanta con l’eleganza di “Cafè” di Astor Piazzolla. Spazio anche ai successi più vicini nel tempo come “Caffè nero bollente” di Fiorella Mannoia, “Coffèè + Tv” dei Blur, “Coffèè Shop” dei Red Hot Chili Peppers o “Cold Coffe” di Ed Sheeran fino ai “7000 Caffè” di Alex Britti. Immancabili i grandi classici come: “Don Raffaè” di Fabrizio De Andrè (frutto della collaborazione del cantautore con Massimo Bubola e Mauro Pagani e della citazione del brano “‘O Ccafè” di Domenico Modugno), famosa anche la versione del brano che Dè Andrè incise con Roberto Murolo. Una menzione speciale merita anche lo Zecchino d’Oro che, con “Il caffè della Peppina” e la “Ninna Nanna del chicco di Caffè”, ha fornito un contributo rilevante alla diffusione del culto del caffè all’interno della cultura generale italiana.

Raffaella Sbrescia

“Libri & Canzonette”: Sanremo e la cultura

freddy coltSi terrà dal 20 al 22 febbraio “Libri & Canzonette”, la rassegna culturale a cura di Freddy Colt, operatore culturale e direttore artistico del Mellophonium e del Centro Studi Musicali “Stan Kenton”. La kermesse, organizzata in collaborazione con il “Museo Virtuale del Disco e dello Spettacolo”, un’associazione di appassionati di canzone italiana d’epoca, racchiuderà una serie di incontri e presentazioni di novità librarie dedicate al mondo della canzone, proprio a ridosso della settimana in cui si svolgerà la nuova edizione del Festival di Sanremo. I numerosi eventi in programma si terranno tutti tra le 17.30 e le 19.30, saranno coordinati dalla giornalista Tiziana Pavone e avranno luogo nella nuova sala incontri di fronte all’ingresso del Teatro del Casinò, sede del neonato Circolo Creativo Sanremese. Tra le iniziative in programma ci sarà la presentazione del nuovo dizionario della canzone del critico musicale Dario Salvatori, dal titolo “Il Salvatori 2014”. “Immagini di canzone jazzata” è, invece, il titolo dell’album fotografico di Zazzarazzaz, la cui prefazione è stata realizzata da Stefano Bollani. A chiudere la manifestazione sarà l’uscita del 25° numero del “Mellophonium” e una chiusura di musica dal vivo con Le Voci di Corridoio di Torino.