Made in Italy – il film: Ligabue torna alla regia con una storia che ci tocca tutti da vicino

Made in Italy - il film

Made in Italy – il film

Siamo fatti di colpi di coda, in attesa di sviluppi. Ecco la fotografia che Ligabue fa della sua umanità, quella rappresentata in “Made in Italy”, il film prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci che trasforma in realtà la storia che ha fatto da traino al suo omonimo album, pubblicato nel 2016. Al centro della scena una piccola cittadina della provincia dell’Emilia Romagna, i protagonisti sono Riko, operaio sulla quarantina, intepretato da un convincente Stefano Accorsi e Sara, resa viva, intensa, appassionatamente reale da una sempre più brava Kasia Smutniak. Bando alla retorica, la vita di Riko è schietta, ruvida, semplice, autentica. La forza di questo film sta proprio nella verosimiglianza con la realtà dei nostri giorni.
Una delle chiavi per apprezzare questo lavoro è la sfacciataggine di un’imprecisione che se ne frega della perfezione, che non aspira a dire niente di diverso di quello che ciascuno di noi penserebbe, in preda alla confusione e allo sballottamento di una vita precaria, costellata di sogni infranti, piccole e grandi preoccupazioni.
Una cosa fondamentale però è altrettanto chiara: Ligabue parla per sè, non si erge a rappresentante di un movimento o di una generazione. Nelle parole di Riko, all’indomani del ferimento alla manifestazione per la tutela dell’Art.18, il protagonista rilascia un’intervista in cui mette a nudo i suoi pensieri, il suo credo esistenziale ma si tratta, per l’appunto, del suo modo di vedere.
Questo è il modo in cui Ligabue ha quindi voluto mettere nero su bianco quello che aveva idealmente concepito incidendo l’album “Made in Italy”. Ricordo ancora quando nel suo studio a Correggio, Luciano spiegava con ardore e passione le fasi creative che l’avevano portato e delinare le gesta di Riko che, in realtà, rispecchiano appieno il suo amore-odio per un paese che tiene in smacco 60 milioni di persone. Pregi e difetti, bellezze e problemi convivono in uno stesso affresco di grande impatto sentimentale.
Al centro di tutto, infine, una qualità sempre più svilita: l’onestà. Quella vera, di cuore, di pancia, che non paga, che corrode l’anima, che spegne la voce, che cambia lo sguardo sul mondo. Il realismo cinematografico raccontato da Ligabue sicuramente si tinge di pop ma il racconto della vita da mediano finisce per toccarci tutti da vicino.

Luciano Ligabue presenta “Made in Italy”. Recensione ed intervista

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Esce oggi “MADE IN ITALY” (Zoo Aperto/Warner Music), l’atteso ventesimo disco, e undicesimo di inediti, della carriera di Luciano Ligabue. Frutto di una trance e di un flusso creativo inarrestabile, questo nuovo lavoro è un concept album concepito seguendo un humus artistico basato sulla frizione data da un contrasto specifico: un forte amore per l’Italia ed un altrettanto forte sentimento di ira contro le problematiche che ci attanagliano. Una sorta di amore “frustrato” in cui Riko, il protagonista della storia raccontata in questo disco, viene mandato all’avanscoperta da Ligabue che ne impersonifica i panni. Nel pieno di una crisi esistenziale Riko punta il dito con veemenza ma alla fine è dentro di sé che si compie il vero percorso evolutivo. Lui, che non ha fatto in tempo a decidere per sé, che si è sposato troppo presto, che si affida al venerdì sera per non scoppiare, raggiunge piena consapevolezza alla fine del disco mostrandoci un barlume di speranza. Le disavventure di Riko danno a Ligabue la libertà di giocare con nuovi generi, di parlare in modo più diretto e “sporco”, di affrontare tematiche scottanti. Libero più del solito ma anche responsabile più del solito, Ligabue offre una propria visione delle cose ma descrive bene anche la nostra guerra per la sopravvivenza quotidiana. Prodotto da Luciano Luisi, con musiche, testi e arrangiamenti di Luciano Ligabue, “MADE IN ITALY” è stato suonato da Luciano Luisi (tastiere, cori), Max Cottafavi (chitarre), Federico Poggipollini (chitarre elettriche, cori), Davide Pezzin (basso), Michael Urbano (batteria, percussioni), Massimo Greco (tromba e flicorno), Emiliano Vernizzi (sax tenore) e Corrado Terzi (sax baritono). A questo proposito occorre sottolineare il fatto che gli arrangiamenti del disco restituiscono quella stessa urgenza espressiva con cui nasce questo disco che, in sintesi, è una lettera d’amore al rock’n’roll.

 Intervista

 Da cosa nasce l’idea di un concept album?

Mentre facevo il giro del mondo con i miei concerti, nonostante l’euforia sentivo nostalgia dell’Italia e dei suoi difetti. Mi capitava spesso di fare il confronto tra le grandi metropoli e le nostre città, mi domandavo se ai tanti italiani che venivano ai miei concerti mancasse l’Italia e quanto e come. Fin dai tempi di “Buonanotte all’Italia” ho cercato di raccontare un rapporto sentimentale con questo paese, io non racconto la cronaca bensì i miei sentimenti nei riguardi di questo paese.

Come hai assemblato le canzoni?

Non avevo messo in preventivo che questo dovesse essere il mio prossimo album, le canzoni sono arrivate una dopo l’altra con estrema facilità. Quando ho pensato al disco avevo il punto a) Riko presenta la propria crisi esistenziale e il punto b) la presa di coscienza e la consapevolezza di Riko. In seguito sono state le canzoni a portarmi a spasso, in certi casi sono andato a scavare nei cassetti, un esempio di questo tipo è il brano “Dottoressa” che aveva un altro testo. Alcuni dei brani nuovi sono rimasti fuori, altri li ho scritti dopo, specialmente quelli di passaggio come possono esserlo “Apperò”, “Quasi uscito”, “Menomale”.

Ti sei chiesto come mai stavolta hai voluto parlare in prima persona?

Una sera abbiamo suonato in un famosissimo locale di Los Angeles, il “Whisky a Go Go”, lì dove avevano suonato tutti i più grandi, mi sono lasciato influenzare da questa magica atmosfera americana. Il giorno seguente ho prenotato lo studio dei Foo Fighters, lo stesso in cui c’è ancora il mixer con cui i Nirvana hanno registrato “Nevermind”, lì è stata registrata “Non ho che te”, un brano che affronta una frizione emotiva e che mi ha spinto a domandarmi perché stessi raccontando qualcosa in prima persona. Al mio ritorno a casa si sono spente le luci. Ecco, in quel momento di buio così forte e intenso per me, ho cercato di capire se questo Riko facesse parte della vita che avrei vissuto nel caso non avessi fatto questo mestiere oppure se si trattasse di un alter ego o di una parte di me.

Le canzoni sono caratterizzate da un linguaggio diretto. Perché?

 Riko è molto più incazzato di me, ha molti meno privilegi e questo mi ha messo in una condizione di libertà maggiore rispetto al solito. In questo progetto ho la totale responsabilità di quanto fatto. Mi sono lasciato prendere la mano nel giocare con generi mai affrontati come reggae, ska, skwing, rithm’n’blues e ritmiche diverse.

Ligabue ph Toni Thorimbert e Jarno Iotti

Ligabue ph Toni Thorimbert e Jarno Iotti

Avete registrato i brani in presa diretta e senza partitura…come è andata?

Ho voluto trasmettere le canzoni ai miei musicisti con la stessa urgenza con cui erano nate. Ho incontrato Luisi mentre stava facendo i missaggi di Campovolo e siamo partiti subito per una nuova storia. Le parti di arrangiamento sono rimaste quelle, Luisi si è innamorato dei riff che avevo fatto per realizzare le demo. Il fatto è che io non sono un chitarrista, uso la chitarra per accompagnarmi, motivo per il quale i chitarristi hanno dovuto fare una sorta di lavoro in bella copia per rispettare quell’urgenza creativa iniziale.

Il nocciolo dell’album è privato anche per forza di cose si rivolge ad un pubblico. Qual è la Giungla di Riko e qual è la tua?

“G come giungla” racchiude davvero un’espressione di rabbia. Riko preferisce avere avuto una disillusione tanto forte ma averci potuto credere; insomma il prezzo della disillusione è un buon prezzo. Allo stesso tempo, però, Riko è anche il diminutivo di Riccardo, il mio secondo nome. Si sa come la penso, molte promesse fatte da quella politica sono state disattese, non ho né i strumenti né la voglia di capire le colpe, so solo che quella forbice tra primi e ultimi è sempre più larga, il sistema è sempre più radicato e questo per me è motivo di fallimento di una civiltà. In questo brano esprimo ovviamente anche un mio pensiero, da 35 anni frequento un gruppo di 20-25 amici, abbiamo affittato una casa in cui abbiamo ricreato la nostra idea di bar, spesso affrontiamo lunghe discussioni sui temi attuali, tra questi l’ingiustizia fiscale è un argomento molto sentito, le informazioni le ho raccolte di prima mano, guardando la loro vena sul collo ed il furore con cui si toccano certe tematiche calde.

Raccontaci di questa copertina.

Collaboro da diverso tempo con Paolo De Francesco, in genere gli chiedo tre cose: mai mettere la mia faccia in copertina (un vezzo che ho da sempre), poi scelgo un’immagine sola o tante immagini. In questo caso venivamo da “Mondovisione” in cui c’era un mondo accartocciato perciò abbiamo voluto mettere tante cose. A questo aggiungo un’altra elemento: vivo con l’illusione che ci sia ancora qualcuno che comprandosi un disco faccia qualcosa che facevo io quando compravo un vinile, ovvero andare aldilà delle canzoni e capire una storia interagendo anche con la parte grafica del lavoro.

Qual è il cambiamento necessario per sopravvivere a questo mondo?

Dobbiamo capire il nostro posto nel mondo, il motivo per cui non riusciamo ad incidere su un sistema tanto radicato. Il contributo di ciascuno di noi pare dalla consapevolezza verso se stessi.

Quanto spazio avrà il disco nel nuovo tour?

Sicuramente lo suoneremo tutto. Devo ancora capire se infliggere al pubblico queste canzoni in un blocco unico o se spezzettarle. La cosa più giusta sarebbe raccontare questa storia per intero però io voglio anche fare felice chi viene a sentirmi quindi mi riservo di capire cosa fare.

In questo disco fai una critica ai media…

Più che altro c’è una rilevazione: si è costretti ad un’informazione sempre più veloce ed urlata che fa il paio con quella dei politici. La colpa non va alla categoria, è la società che va così, i social impongono una velocità diversa, le notizie su internet devono avere un’efficacia diversa ma questo non fa bene né agli utenti né a chi fa questo lavoro; non riusciamo a metabolizzare le notizie perché si passa subito ad altro e non permettiamo alla nostra risposta emotiva di fare il lavoro che dovrebbe.

Quale Italia esce da questo ritratto?

In Italia piena di difetti ma amatissima da Riko che non ne vuole sapere di abbandonare le sue radici, non pensa mai neanche una volta di andarsene.

Video: Made in Italy

E Carnevale chi è?

Per il momento ha le sembianze di un espediente narrativo ma magari non è finita qui…

I riferimenti musicali di questi album?

“Quadrophenia” degli Who è l’album che ho ascoltato di più. Sono andato a sentirli a Milano recentemente e ne “La vita facile” c’è anche un omaggio a loro.

Qual è la morale che emerge da questo disco?

La prima rivoluzione da fare è con se stessi. L’odissea che compie Riko va esattamente in questa direzione. Il fatto che lui sia incazzato con il mondo esterno è giusto ma il percorso che compie è di tipo interiore. Riko non sa come fare per far sentire la sua voce e per fare in modo che uno come lui possa incidere al di fuori. Paradossalmente la sua partecipazione alla manifestazione e la conseguente manganellata innescano uno switch on che gli consente una nuova chance per la svolta personale.

Pensi che questo album possa mettere alla prova i tuoi fans?

Avendo sempre bisogno di confrontarmi con un strumento di consenso popolare non ho mai la garanzia che quello che scrivo possa piacere o che sia quello che i miei fan vogliono sentire. Se c’è una cosa che ho capito è di non capirci quasi niente con le canzoni. Non è una dichiarazione di falsa modestia, ogni volta non so come sarà la risposta del pubblico e, dato che stavolta il cambiamento sarà più grosso, sono un po’ più agitato perché questo progetto resterà. In ogni caso il verdetto lo darà il pubblico, come sempre.

Anche tu hai il tuo venerdì?

Sì, certo. Il mio è molto meno spericolato, quello è il posto in cui ancora rido grazie al rapporto molto forte che ho con i miei amici.

Il flusso creativo con cui è nato questo album testimonia freschezza ed energia…

Se penso al mio primo album, così grezzo e così pieno di identità, non posso pensare di avere quella stessa energia, qui c’è inevitabilmente l’esperienza di anni, non può esserci l’incoscienza, c’è per un impulso: ho lasciato che le cose fluissero.

Ligabue ph jarno-Iotti

Ligabue ph jarno-Iotti

Quello che emerge alla fine è “Un’altra realtà”?

Non rinuncio alla speranza. Certo che si vedrà un’altra realtà, sono i bambini a cantarlo. In questo momento la speranza è considerata un sentimento per sfigati ma io sono fatto così, preferisco passare per ingenuo ma questo è il messaggio che voglio trasmettere.

Ti sei già espresso in merito alla questione del Secondary Ticketing Market. Alla luce delle nuove indagini in corso, cosa vorresti aggiungere?

Quando stabiliamo il prezzo dei biglietti dei concerti teniamo in considerazione diverse cose. Il mio diktat è sempre lo stesso: mantenere un prezzo contenuto per il pubblico. Abbiamo sempre cercato di fare in modo di arginare questo fenomeno, chi lascia decuplicare i prezzi dei biglietti ci rema contro. Dal 2009 facciamo informazione sui tutti i nostri canali, abbiamo cercato di fare una black list. Adesso sarà importante capire cosa farà il governo per aiutarci ad estinguere questo cancro.

Raffaella Sbrescia

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La tracklist dell’album: “La Vita Facile”; “Mi Chiamano Tutti Riko”; “È Venerdì, Non Mi Rompete I Coglioni”; “Vittime E Complici”; “Meno Male”; “G Come Giungla”; “Ho Fatto In Tempo Ad Avere Un Futuro”; “L’Occhio Del Ciclone”; “Quasi Uscito”; “Dottoressa”; “I Miei Quindici Minuti”; “Apperò”; “Made In Italy”; “Un’Altra Realtà”.

Dopo “Liga Rock Park” (oltre 130.000 presenze), e la pubblicazione del disco “MADE IN ITALY”, Ligabue nel 2017 sarà protagonista nei palasport di tutta Italia per presentare i brani contenuti nel nuovo album, oltre ai suoi grandi successi.

 

Con oltre 200.000 biglietti venduti, queste le date attualmente confermate del “MADE IN ITALY - PALASPORT 2017”: 3, 4, 6 e 7 febbraio al PalaLottomatica di Roma14, 15 e 17 febbraio al Pal’Art Hotel di Acireale (CT); 20 e 21 febbraio al Palasport di Reggio Calabria23, 24 e 25 febbraio al PalaFlorio di Bari; 27 e 28 febbraio al PalaSele di Eboli3 e 4 marzo al PalaMaggiò di Caserta; 6 e 7 marzo al PalaEvangelisti di Perugia; 10 marzo al Modigliani Forum di Livorno13 e 14 marzo al Mediolanum Forum (Assago) di Milano17 marzo al PalaTrieste di Trieste; 20 marzo all’Adriatic Arena di Pesaro22 e 23 marzo al Nelson Mandela Forum di Firenze28 e 29 marzo al Pala Alpitour di Torino1 e 2 aprile alla Fiera di Brescia4 e 5 aprile al Mediolanum Forum (Assago) di Milano; al 7 e 8 aprile all’Unipol Arena di Bologna10 aprile al 105 Stadium di Rimini19 aprile al Palaonda di Bolzano21 e 22 aprile all’Arena Spettacoli Fiera di Padova24 aprile al Palaprometeo di Ancona.

Vista la grande richiesta da tutte le regioni di Italia gli organizzatori informano che prossimamente saranno inserite in calendario anche date anche in Liguria e Sardegna.

I biglietti del “MADE IN ITALY - PALASPORT 2017” sono disponibili in prevendita su www.ticketone.it e nei punti vendita abituali.

Luciano Ligabue tiene a battesimo le serate FoxLive che arricchiscono l’offerta dei canali Fox con i big della musica italiana. Il 23 novembre alle 21:00, in contemporanea su FOX FoxLife (canale 112 e 114 di Sky), due eventi in prima visione assoluta con Luciano Ligabue protagonista. Il docufilm Made in Italy e il best of del Liga Rock Park di Monza, concerto evento del 2016. Il docufilm è il racconto per immagini della creazione del nuovo concept album dell’artista emiliano. La struttura del disco si riflette in quella del docufilm in un gioco coerente di rimandi, seguendo il percorso creativo di Ligabue, dall’ideazione alla registrazione con la band. Il documentario ha la stessa anima rock dell’album, accelera col ritmo di un assolo di chitarra per fermarsi poi a riflettere come in una ballata elettrica. Il docufilm è scritto da Emanuele Milasi e Alessia Rotondo, per la regia di Valentina Be.

A partire dalle ore 22.00 di mercoledì 23 novembre, in contemporanea con FoxLive, RTL 102.5 trasmetterà in radio il best of di “Liga Rock Park”, il doppio evento live il 24 e 25 settembre al Parco di Monza.

G come Giungla: il nuovo singolo di Ligabue annuncia l’arrivo di Made In Italy e denuncia i costumi contemporanei

Ligabue torna sulle scene musicali con “G come Giungla”. Il nuovo singolo annuncia l’arrivo del nuovo album di inediti dell’artista intitolato “Made in Italy” e arriva a pochi giorni di distanza dal doppio concerto del Liga Rock Park 2016,  in programma nelle giornate di sabato 24 e domenica 25 settembre alla Villa Reale di Monza. Il progetto discografico sbarcherà nei negozi di dischi e sulle piattaforme digitali entro la fine del 2016 e già nutre le aspettative dei fans e. A giudicare dall’entità del nuovo brano, appare evidente la continua evoluzione che Ligabue ha voluto operare non solo sui contenuti ma anche sulle sonorità proposte. La canzone è avvolta da uno spirito critico incentrato sull’osservazione analitica della società, un modo per Ligabue per invitarci a fermarci e a riflettere, un’operazione di studio antropologico già iniziata con “Mondovisione” e che sicuramente troverà terreno fertile nel nuovo album. In attesa di scoprire quali saranno gli ulteriori due singoli estratti dal nuovo album che verranno inseriti in scaletta in occasione del Liga Rock Park, ecco il testo ed il video ufficiale del brano, registrato allo Spazio Fase di Alzano Lombardo.

testo giungla

 Video: G come Giungla