Demonology HiFi: arriva “Inner Vox”. Recensione e intervista ai predicatori del groove

cover Inner Vox

cover Inner Vox

Dopo due anni di intensa predicazione sulle console dei maggiori club italiani, Max Casacci (Massimiliano Casacci) e Ninja (Enrico Matta) presentano “Inner Vox” (in uscita il 20 gennaio per Sony Music) il primo capitolo discografico del nuovo progetto, Demonology HiFi, che mescola in provetta generi e beat, legando il tutto con un’impronta “afro” e ipnotica, a suggerire la relazione rituale tra danza e purificazione. In un crescendo trascinante e caleidoscopico di pulsazioni a bassa frequenza e ritmi sincopati, i due musicisti produttori hanno posto le basi per un gioioso rituale lavorando sui brani e sulle strutture con cura e ammirevole perizia. Ad arricchire il progetto ci sono numerosi ospiti scelti scelti tra i più interessanti esponenti della nuova scena musicale: Cosmo, Birthh, Niagara e Populous, senza dimenticare un veterano come Bunna degli Africa Unite.

La traccia di apertura è proprio “On the sidewalks of my soul” (feat. Bunna): resistance and dignity sono i cardini lungo i quali si sviluppa il dualismo che attraversa la nervatura principale dell’album. Il flow ipnotico di “Random Gargoyle” precede il ballo incespicante di “False step”. “Fino al giorno in cui” è il brano sperimentale di Cosmo, tra i più apprezzati talenti della nuova scena musicale italiana. Nella traccia emergono sentimenti e visioni in un flusso di intuizioni libere e disincantate. “Neverending” propone, invece, un featuring con i torinesi Niagara tra suggestioni africane, ritmiche footwork e psichedelia elettronica. Il viaggio prosegue con l’avventura vudù di “Totem” e l’esperimento di destrutturazione di genere quale è Line, in collaborazione con la 19enne fiorentina Birthh. La parabola di questo Vangelo danzante è racchiusa in “Realismo magico”, un brano veramente unico, figlio di un incastro perfetto tra le idee sonore di Popolous e dei nostri predicatori. “Club puritate” è il brano con cui guarire i peccatori dalle tentazioni della EDM mentre l’esilarante sadismo de “I miei nemici” feat. Radio Maria mette in luce i tratti più violenti del Salmo numero 18 dell’Antico Testamento: “e ho distrutto quelli che mi odiavano”. Il rito si chiude sulle note ronzanti di “Funeral Party”; il trionfo dei nativi del groove.

Intervista

Da dove nasce “Inner Vox” e perché avete scelto questo titolo?

Il progetto ha avuto origine due anni fa e nasce dalla nostra esperienza in consolle nei club. Abbiamo unito la bass music a proposte provocatoriamente provenienti da altri ambiti. Abbiamo lasciato confluire in un unico contesto sonoro suggestioni diverse avvalendoci di una costante verifica del flusso narrativo attraverso la reazione del pubblico sul dance floor. Man mano che questo gioco si faceva più sistematico, abbiamo cominciato ad integrare dei beats e a creare delle strutture ritmiche più complesse. Questa nostra attività artistica è scissa da quella connessa ai Subsonica, abbiamo creato un ambito narrativo con giacche, crocifissi e led cinesi, ci siamo messi a giocare a redimere i peccatori, abbiamo provato ad unire la fisicità del dancefloor con degli input spirituali per cui ci sono anche temi che vanno oltre il gioco. C’è un elemento che collega Demonology Hifi ai Subsonica: la pulsazione, il ritmo, la musica che suscita un coinvolgimento fisico. Se prima la tessitura ritmica doveva essere racchiusa all’interno della forma canzone e costretta all’interno di linee melodiche preesistenti qui, invece, rappresenta l’elemento di partenza.

Cosa racchiude la scelta di questo titolo?

“Inner Vox” identifica il percorso tematico e narrativo del disco. La voce è quella della coscienza, ci sono anche ronzii di insetti processati nell’autotune all’interno di un simbolismo collettivo. Più nello specifico abbiamo dato potenza alla pulsazione e al ritmo rifacendoci alla musica “bass” che si distacca dalla cassa in quattro. La nostra idea era quella di non rifarci a suoni già prestabiliti, abbiamo cercato di creare un suono riconoscibile ma non riconducibile a qualcosa di già noto.

Demonology HiFi ph Emanuele Basile

Demonology HiFi ph Emanuele Basile

Cosa ci dite degli ospiti presenti nel disco?

Non ci sono nomi sensazionali o accostamenti iperbolici. Ci siamo riferiti ad una nuova generazione di musicisti italiani. Stiamo vivendo una fase molto interessante contraddistinta da un approccio alla musica oltreconfine senza legami con alcun tipo di territorialità specifica. Il primo esempio che facciamo è quello di Birthh, una diciannovenne fiorentina, il secondo è quello dei Niagara. Parliamo di artisti giovani che si sono integrati all’interno di uno scenario internazionale e che non si sentono intrepreti di serie B come magari poteva accadere in passato. Si tratta di italiani di nascita capaci di veicolare caratteristiche melodiche peculiari e di rapportarsi con la scena internazionale. Populous non è un cantante ma ha comunque dato un’impronta molto particolare al brano che lo riguarda. Bunna degli Africa Unite conferma la grande influenza africana riflessa in questo disco.

E Cosmo?

Lui è arrivato alla fine del percorso. Inizialmente il suo brano faceva da base ad un documentario della BBC ma, visto che ci sarebbero stati problemi sicuramente dei legati ai diritti, abbiamo deciso di coinvolgere un cantante. Alla luce del fatto che il 2016 è stato un anno molto interessante in tutti gli ambiti della musica italiana, Cosmo in particolare ha rappresentato il tipo di musicista in grado di arrivare alla radio dopo aver creato un rapporto radicato con il pubblico. Abbiamo scelto lui per amicizia e per conoscenza grazie alla vicinanza territoriale. Inizialmente l’album nasceva in inglese poi Cosmo ha proposto l’italiano e noi ovviamente l’abbiamo lasciato libero di fare esattamente quello che voleva. Quando i discografici l’hanno scelto come singolo, siamo rimasti sorpresi, il nostro intento non è scalare la classifica anche se la storia ci insegna che in casi come questi non sono mancate le sorprese.

Qual è la reale vocazione di questo album?

Il disco è ispirato dal dancefloor. In questi anni di sperimentazione abbiamo avuto la possibilità di fare dei test direttamente in consolle. Se sgarri un bpm o se un pezzo è più fiacco lo vedi subito. C’è un rapporto molto appassionante tra la musica che stai scegliendo o producendo e quello che essa che suscita in pista. In due anni abbiamo testato le frequenze basse attraverso minuziose verifiche ai missaggi ed una lunga fase di studio che ci ha portato a questo risultato finale.

Quali influenze fanno capolino nelle tracce che compongono la tracklist?

Si tratta principalmente di musica di derivazione black senza la classica interpretazione letterale di singoli generi. Nei live continueremo a mescolare le nostre tracce con quelle di altri, abbiamo scelto di non sottostare alla rigidità, usiamo qualche suggestione purchè sia funzionale ed inserita in un percorso da dj. Quello che vorremmo creare è un flusso sonoro consistente che permetta alla pista di fare un viaggio nella musica da ballare senza alcuna specifica di genere.

Una nota di specifica relativa ai tempi dispari…

Già coi Subsonica abbiamo cercato e trovato la via per renderli fruibili. Pensiamo a “Disco labirinto”, “Nuvole rapide”, “Una nave in una foresta”. Se la programmazione del timbro è fluida, la disparità del tempo non viene recepita come ostacolo. In questo disco abbiamo schiacciato ancora di più il piede sull’acceleratore e anche nei dj set la pista non si ferma anzi, funziona tutto bene.

Demonology HiFi - Max Casacci - Enrico Matta

Demonology HiFi – Max Casacci – Enrico Matta

Il brano più curioso è “Realismo magico”. Ci raccontate come è stato realizzato?

Populous l’abbiamo conosciuto a Bari e man mano che il brano veniva fuori accarezzavamo sempre più l’idea di coinvolgerlo. Quando inizialmente ci ha proposto una cumbia eravamo un po’ scettici, poi ho messo mano al balaphone africano e, grazie alle intuizioni di Ninja, il brano è diventato molto surreale, una cavalcata drum and bass. Di solito l’interscambio di file è una soluzione sterile ma in questo caso lavorare a distanza su suggestioni diverse ha dato vita a qualcosa che non ci sarebbe mai potuta essere in tempo reale. Il titolo l’ha proposto Populous e si ispira ad una corrente letterario-pittorica di inizio ‘900 radicata in centro America.

E “I miei nemici?

Già da qualche tempo usavamo anche un po’ per gioco le voci dei predicatori con l’intento di invitare chi ci ascoltava a spurgare l’anima attraverso la musica. Una mattina eravamo sintonizzati su Radio Maria e ci siamo imbattuti nella voce di un predicatore dall’accento apolide mentre recitava il salmo 18, uno dei più violenti dell’Antico Testamento. In quel momento stavamo lavorando ad un brano di suggestione metal e ci sembrava perfetto questo gioco di abbinamenti. Il tutto è stato abbastanza semplice, la voce si poggiava perfettamente sulla base, abbiamo solo scelto le frasi più significative e creato il pezzo.

Perché avete scelto di pubblicare un disco fisico?

Siamo ragazzi del ‘900 (ridono ndr) e crediamo che il progetto in forma liquida avrebbe perso credibilità dal punto di vista narrativo. Il disco è un supporto necessario, tutti i pezzi sono uniti dall’idea di dialogo interiore, si esprimono in modo tattile e poi il supporto fisico ci serviva anche per non cedere alla tentazione di aggiungere nuove suggestioni e a darci una tempistica necessaria senza dimenticare il valore del confronto tra la prima e l’ultima traccia. Qui più che di collezione si parla di percorso. Abbiamo ritenuto giusto fotografare quello che c’era da dire in un determinato momento, in caso contrario sarebbe mancata l’idea di concetto unitario; forse questa è un’eredità culturale che per noi è essenziale.

Tanta cura per i dettagli in questo album…

Sì, abbiamo impiegato molto tempo anche a mixarlo. I missaggi venivano testati di volta in volta dal vivo e questo per noi ha rappresentato un grande vantaggio. Per il mastering del disco abbiamo scelto Beau Thomas; alla fine di una lunga e minuziosa selezione abbiamo capito che era colui che faceva al caso del nostro suono

Che tipo di riscontro avrà “Inner Vox” dal vivo?

I ragazzi riescono a trovare una fonte di divertimento in questo gioco di innesti. Sicuramente continueremo con i dj set con la progressiva aggiunta di strumenti ritmici e corde. Il primo pubblico che s’interfaccerà con il disco sarà un pubblico rock onnivoro, siamo in una fase in cui non ci sono più confini, fino agli anni ’90 la musica era un fenomeno religioso poi con gli anni zero e l’avvento della shuffle generation l’apertura mentale ha scardinato muri e limiti. Da direttore di Festival penso anche che potremmo essere invitati a chiudere le serate di qualche festival rock.

 Raffaella Sbrescia

Video: Totem

TRACKLIST

01 ON THE SIDEWALKS OF MY SOUL (feat. BUNNA)

02 RANDOM GARGOYLE

03 FALSE STEP

04 FINO AL GIORNO IN CUI (feat. COSMO)

05 NEVERENDING (feat. NIAGARA

06 TOTEM

07 LINE (feat. BIRTHH)

08 REALISMO MÁGICO (feat. POPULOUS)

09 CLUB PURITATE

10 I MIEI NEMICI (feat. RADIO MARIA)

11 FUNERAL PARTY

http://demonologyhifi.it - https://www.facebook.com/DemonologyHiFi/ - DemonologyHiFiVEVO

Glasstress: l’esperienza della materia si converte in suono. Il viaggio visionario di Max Casacci e Daniele Mana aka Vaghe Stelle

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“Glasstress”, pubblicato il 18 marzo2016 per l’etichetta Bad Panda Records, è un album realizzato grazie alla registrazione e al campionamento di tutti gli elementi auditivi presenti nell’ambiente di una “fornace” di Murano: dal potente soffio del forno che raggiunge temperature oltre i 3000 gradi al rumore degli utensili, dalla frantumazione dei vetri di scarti al cannello della fiamma ossidrica. Gli autori di questo particolarissimo lavoro sono Max Casacci, produttore, compositore e fondatore dei Subsonica, e Daniele Mana, musicista e produttore elettronico di culto conosciuto con lo pseudonimo Vaghe Stelle. “Glasstress” nasce dall’omonima mostra d’arte contemporanea in vetro ideata da Adriano Berengo, una realtà che ormai dal 2009 è un evento collaterale della Biennale di Venezia, a cui hanno partecipato alcuni tra i più prestigiosi artisti dell’arte contemporanea internazionale: Jan Fabre, Thomas Schutte, Barbara Bloom, Patricia Urquiola, Zaha Hadid. Alcuni brani di “Glasstress” hanno già viaggiato per il mondo: dalle passerelle della fashion week di Shanghai (“Glasscape Grinder”), fino alle sfilate di moda a Vancouver (“Vetrosequenza”) e durante l’ultima Biennale di Venezia nella colonna sonora dello spot cinematografico del regista Mimmo Calopresti. Otto tracce che aprono le porte di una casa di vetro, come quella auspicata dal surrealista Andrè Breton nel romanzo “Nadja”, e lo fanno mediante un percorso sensoriale potente ed evocativo. Non si tratta di semplice musica d’atmosfera, ma di un viaggio trasparente attraverso nuove sonorità elettroniche e post industriali. Ecco cosa ci hanno raccontato Max Casacci e Vaghe Stelle in occasione del live set di presentazione tenutosi in occasione dell’inaugurazione dell’Affordable Art Fair di Milano.

 Intervista

Come è avvenuta la scelta di questa location così particolare e in che modo l’esperienza della materia si è convertita in suono?

Max Casacci: Nel momento in cui un imprenditore del vetro Adriano Berengo, appassionato nonché curatore e proprietario di un museo del vetro a Murano, stava decidendo di allestire un’enorme mostra d’Arte contemporanea in vetro proponendola alla Biennale di Venezia, mi sono proposto ad un tavolo di incontro proponendo un’opera sonora in vetro che partisse dalla materia e dalla sua lavorazione. Inizialmente la cosa è stata accolta con un po’ di titubanza poi mi è stata data la possibilità di approfondire il discorso e a quel punto mi sono rivolto ad una delle intelligenze elettroniche della mia città quale è Daniele Mana (Vaghe Stelle). Ci sono stati dati dei budget per realizzare quella che doveva essere un’opera d’arte musicale che potesse coesistere in mezzo ad opere di arte visiva. Siamo rimasti così convinti da questo esperimento da decidere, successivamente, di farne un album. I suoni sono stati pian piano messi a fuoco poi essere condensati.

Vaghe Stelle: Abbiamo preso spunto della funzione della fornace per creare la nostra texture di suoni. Il processo nel suo complesso è stato molto naturale, io e Max ci siam parlati, ci siamo raccontati i rispettivi ascolti. Il disco è un incrocio di suoni elettronici rivisitati partendo dalla matrice sonora vitrea.

Le ritmiche, ora meccaniche, ora metalliche, ora aperte e fluide rappresentano il modo perfetto per creare un viaggio visionario…

Max Casacci: Abbiamo capito subito che non volevamo collezionare rumori. Visto che ascoltiamo musica molto ritmica, il nostro approccio è stato quello di scomporre tutta la gamma sonora di quella fornace in zone di frequenza per rievocare la fisionomia della batteria.

Max Casacci e Daniele Mana (Vaghe Stelle)

Max Casacci e Daniele Mana (Vaghe Stelle)

C’è una traccia che più di altre risponde al vostro intento creativo?

Vaghe Stelle: Secondo me esiste una visione d’insieme dell’album che ti permette di capire come abbiamo raccontato quest’avventura. In “Murano Notte”, ad esempio, abbiamo immaginato quale potesse essere il suono della fornace di notte, considerando che i forni non vengono mai spenti; il risultato è un brano gelatinoso, la conclusione perfetta di un viaggio magico.

Come siete stati accolti dal Mastro Vetraio?

Max Casacci: Siamo arrivati alla fornace convinti che il mastro vetraio fosse stato informato di quello che stavamo andando a fare. Lui, invece, pensava che fossimo dei tecnici venuti a registrare la dannosità dei rumori sull’ambiente di lavoro. Dopo una prima mezz’ora di studio reciproco, siamo riusciti a capirci (ride ndr).

Max Casacci e Daniele Mana (Vaghe Stelle)

Max Casacci e Daniele Mana (Vaghe Stelle)

Quali saranno gli spazi scelti per la resa live del progetto?

Max Casacci: Inizialmente volevamo integrare anche degli strumenti nel live. Ora stiamo valutando se è il caso di farlo o di proporlo nella sua natura originaria con una sorta di live set modificando le tracce in tempo reale. L’album è ovviamente più adatto un ascolto casalingo, una dimensione domestica in grado di esaltare un bel viaggio. In ogni caso ci piacerebbe dargli vita nei circuiti della musica elettronica o in location dedicate all’ arte.

Collaborerete ancora in un progetto legato ai rumori di strada…

Max Casacci: Sì, stiamo registrando tutti i suoni di Torino, tram, bus, sistemi di raccolta dei rifiuti e qualsiasi altra cosa. Terremo un concerto il prossimo 25 aprile durante il quale presenteremo questa produzione originale in cui coinvolgeremo importanti musicisti come Flavio Boltro, Furio Di Castri, Gianluca Petrella, Enzo Zirilli, Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, Ensi e Enrico Rava e che confluirà nella pubblicazione di un album.

 Raffaella Sbrescia

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