Niccolò Agliardi presenta “Resto”. Un’antologia per brani non stagionali. Intervista

Niccolò Agliardi foto di Francesca Marino

Niccolò Agliardi foto di Francesca Marino

Venerdì 14 settembre uscirà l’antologia di Niccolò Agliardi, intitolata “Resto”. Al suo interno due album “Ora” e “Ancora”, che racchiudono tutti i brani più importanti del percorso artistico del cantautore, più tre inediti che portano valore aggiunto ad un progetto che, anche dal punto di vista grafico, ha molto da raccontare con un origami pensato per ogni brano incluso nella raccolta. Chiacchierare con Niccolò è sempre fonte di ispirazione, ecco cosa ci raccontato questa volta.

Bentrovato Niccolò, come mai ti è venuta l’idea di ripristinare il tuo percorso artistico e riproporlo in questa nuova veste e con quali obiettivi?

Nessun obiettivo principale se non quello di riascoltare le mie canzoni, anche quelle meno riuscite, che avevano qualcosa che io consideravo fosse giusto da rivedere, da riascoltare in questo momento. Avevo la sensazione che alcune canzoni fossero frizzate in un’epoca che non era quella che stavo vivendo. Quindi con i miei musicisti abbiamo scelto di divertirci per un tempo nemmeno così breve. Abbiamo riascoltato le canzoni che ci piace suonare dal vivo per capire che cosa non funzionava nei dischi e capire invece cosa funzionava dal vivo per poi vestire questi brani come li vestiremmo oggi. Un po’ come se quelle canzoni avessero dei dettagli, degli accessori molto identificanti di un’epoca musicale. Io credo che le mie canzoni abbiamo forse un unico merito: non sono stagionali. Abbiamo quindi cercato di dargli un vestito molto sobrio all’interno di un percorso bello, divertente, stimolante e molto sereno. Adesso ascolto le mie canzoni e le sento tutte molto vive, pulsanti, come se fossero state scritte un mese fa. Mi piacciono molto.

Come si fa a non perdere l’incanto? Dalle tue canzoni, così come da altri fronti, si percepisce tanta emotività. Qual è il tuo segreto?

Beh quello è un rischio. Io sono disincantato in realtà, purtroppo. Quando accendo la radio o la faccio o quando accendo la tv un po’ mi preoccupo e mi chiedo: “Dove sono finite quelle cose che io amavo tanto?” Non sono passatista, non mi piace dire che quello che ho ascoltato 10 anni fa sia più bello di quello che ascolto oggi, mi chiedo però come mai il sistema della diffusione, della divulgazione della canzone che genera il sistema mediatico dell’intrattanimento abbiano scelto di trasmettere contenuti davvero troppo leggeri. So benissimo che “Resto” è un progetto di un’ambizione oltreconfine, basta guardare la cura con cui abbiamo realizzato anche la parte grafica di questa antologia, con un origami pensato per ogni canzone. Siamo più di 100 persone ad aver lavorato a questo disco. Come si può far cadere una cosa fatta con così tanta passione in un mare magnum di cose miste?

Il singolo “Johnny” prende ispirazione dalla tua avvenuta di affido monogenitoriale ma sfocia in un testo molto significativo. “Ti mangi il mondo e fai pure scarpetta con quel che rimane perchè la vita è bastarda ed il cuoco migliore è la fame”…. è un frase molto impattante. Che messaggio intendi trasmettere a tuo figlio e chi ascolterà il brano?

In questo racconto c’è il mio Johnny ma in realtà è un Johnny qualunque, un ragazzo italiano o non, che si trova ad ascoltare molte promesse fatte in questo paese e si accorge che non tutte possono essere mantenute. A Johnny io do l’ultima piccola spinta prima che egli prenda la nave, il battello, la zattera per attraversare il mare e raggiungere una destinazione per una ripartenza.

Parto dal titolo dell’inedito “Di cosa siamo capaci” prodotto da Corrado Rustici, per chiederti: Di cosa vorresti essere capace tu adesso?

Io vorrei essere capace di non aggrovigliarmi, di non entrare nel solco che ognuno di noi ha nei momenti di difficoltà. Ognuno di noi ha il suo labirinto, io sto cercando ancora la strada per non cadere in questo solco anche se vivo un momento della mia vita molto sereno, gioioso con un tante cose bellissime. A volte mi domando addirittura se merito tutto quello che ho, non sono mai stato abituato ad avere tanti sensi di colpa ma a volte mi chiedo chissà cosa abbia innescato il fatto che io potessi avere tante cose belle. Anche la felicità impaurisce, allora i pensieri, il solco,tornano a farsi vedere. Vorrei avere una forza centrifuga e non centripeta.

Niccolò Agliardi_cover RESTO

Niccolò Agliardi_cover RESTO

“Io vorrei piacerti, intanto piaccio a me” Come si fa a trovare la forza di inserire un’ammissione così importante nel terzo inedito “Colpi forti”?

Un giorno ho guardato mio padre negli occhi e non ero più interessato a sapere se gli piacessi o meno. Ho pensato che era importante in quel momento piacere a me stesso in primis. D’altronde se non mi piacessi, non saprei nemmeno bene cosa offrire e per cosa essere giudicato. In questo senso ho preferito dire, con grande amore e affetto, io mi piaccio, prenditi quello che piace a te di me, questo è quello che posso offrire.

Com’è andata l’avventura radiofonica con il programma su Radio Rai 2 “Week up” con Paola Gallo?

Benissimo, mi sono divertito un sacco in questo primo esperimento super riuscito. Abbiamo finito proprio ieri con tantissimi ospiti che sono venuti a trovarci ieri. Fare la radio è la cosa che più mi piace insieme a scrivere , spero di rifarla presto e poi con Paola ci conosciamo da tanti anni è andato tutto a gonfie vele. Andiamo molto a braccio, accendiamo il microfono e partiamo.

Con la scrittura e la letteratura come sei messo?

Due anni fa ho pubblicato una storia importante “Ti devo un ritorno”. Adesso questo libro sta per diventare un’altra cosa quindi ci stiamo lavorando, questo adattamento visivo vedrà arrivare tanti nuovi personaggi, è stranissimo, sto riprendendo in mano le tracce di Vasco, di Pietro, il romanzo è stata una matrice, una cellula. Ora la storia si allarga. Non sono più da solo, stiamo scrivendo in tanti, siamo tornati dai protagonisti, vediamo cosa che ne verrà fuori.

Tra tutti questi progetti c’è spazio per i concerti?

Lo dico sempre, concerti ne farò molto volentieri quando sentirò che questo disco è arrivato e la gente avrà voglia di venirlo ad ascoltare dal vivo. Inutile organizzare adesso un tour quando il mio impegno principale è che queste canzoni diventino parte della vita di chi le ascolta. Solo più avanti andrò a bussare nelle varie città e sarò fiero di consegnare Ora e Ancora. In ogni caso, adesso, non avrei nemmeno il tempo di lavorarci come si deve.

Come ti interfacci con le persone che ti seguono e come cambia l’approccio rispetto al fatto che sono diversi i canali di contatto con il pubblico?

 Dico con fierezza che non ho tanti haters. Mi seguono delle persone molto simili a me, molto garbate, mi scrivono cose sempre carine, mi fanno qualche domanda. Quello che mi fa un po’ paura è quando la gente mi manda canoni e mi chiede un parere, io lì sono un po’ in difficoltà perchè non sono sicuro di essere all’altezza. Non perchè io non sappia giudicare, l’ho fatto tante volte per lavoro in un contesto legittimato. Il fatto è che se una persona ti manda una canzone è perchè vuole solo sentirsi dire che è bella e delle volte io ricevo cose brutte e questo è l’unico aspetto della possibilità di accesso che noi oggi tutti abbiamo che mi inquieta.

Raffaella Sbrescia

Ti devo un ritorno: un esordio letterario avvincente per Niccolò Agliardi. Intervista

Niccolo-Agliardi ph Francesca Marino

Niccolo-Agliardi ph Francesca Marino

Sarà perché si è laureato in Lettere Moderne con una tesi sui luoghi reali e immaginari presenti nelle canzoni di De Gregori, sarà per la sua mano di autore affermato, Niccolò Agliardi ha firmato un romanzo (Ti devo un ritorno) sinceramente bello perché delicato e significativo. Un esordio letterario che, in realtà, rappresenta il culmine di un percorso in crescendo. Da paroliere di successo a cantautore fino allo stadio di autore, Agliardi conferma una sensibilità particolare nel riuscire a parlare dritto al cuore di chi vive momenti di transizione esistenziale. In “Ti devo un ritorno”, edito da Salani e pubblicato lo scorso 6 ottobre con il contributo della curatrice Maria Cristina Olati e la supervisione giornalistica di Andrea Amato, Niccolò Agliardi si ispira ad un fatto di cronaca realmente accaduto nel 2001 e che ha coinvolto in maniera drammatica la popolazione delle Isole Azzorre. Nel mettere insieme i tasselli di una storia appassionante però, Niccolò lascia emergere alcuni piccoli particolari legati alla propria essenza individuale rendendo tutto l’insieme avvincente. Il protagonista del libro è Pietro, un trentaduenne prigioniero di se stesso che, subito dopo la morte di suo padre, decide di partire alla volte delle Azzorre annaspando fra i sentimenti e le paure. Giunto sul posto, Pietro incontra Vasco, un ragazzo tanto genuino quanto controverso, con cui il protagonista costruisce un rapporto molto intenso, del tutto simile a quello tra padre e figlio. Costretti a fare i conti con le conseguenze di un naufragio che porterà un enorme carico di cocaina sull’isola, Pietro e gli altri protagonisti del libro si troveranno davanti a scelte importanti. Tutto quello che accadrà sarà fondamentale ai fini della svolta esistenziale del protagonista.  Toccante ma mai straziante, delicato e coinvolgente, il racconto gioca su più livelli attraverso tanti temi: quello della natura, della fuga, delle onde, ma anche della tossicodipendenza, della vita criminale, dell’ingiustizia. Da leggere.

Intervista

Un esordio letterario che nasce da una tua esperienza personale visto che sei andato sul posto dopo esserti incuriosito in merito a un fatto realmente accaduto…

Sì, ho unito la mia voglia di viaggiare, sempre molto presente, alla curiosità per un fatto di cronaca davvero surreale. Sono partito 5 anni fa insieme ad un gruppo di amici per andare a vedere che cosa fosse accaduto veramente, lì la verità era di gran lunga superiore all’immaginazione. Al mio ritorno ho cercato di capire cosa potessi fare di questa storia, ho provato a scriverla ma non ha funzionato, i miei editori all’epoca sono stati molto feroci, non hanno capito che direzione volessi prendere quindi l’ho lasciata da parte.

E poi cos’ è successo?

Poi ci sono stati i Braccialetti Rossi, la collaborazione con la Pausini,  ho cambiato casa e città, poi l’anno scorso ho incontrato una mia cara amica dell’università che non vedevo da un po’ e che è diventata una grande editrice (si chiama Maria Cristina Olati) le ho raccontato questa storia ed è stata proprio lei a suggerirmi di unire i tasselli della mia storia personale con questa qui.

Come hai affrontato la fase successiva?

Piano piano ho scritto i capitoli, Maria Cristina li guardava obbligandomi alla disciplina, a stare a casa e mandarle tutte le sere qualcosa. Questo modo di lavorare mi ha insegnato il rigore necessario per fare questo mestiere e mi ha consentito di stare tanto da solo insegnandomi a non essere molto indulgente con me stesso, a non affezionarmi alle prime cose che scrivo. La stessa cosa si riflette  in musica, oggi so quando una canzone c’è e quando non c’è. Andrea Amato, un mio amico giornalista, ha poi supervisionato con grande rigore tutta la parte relativa alla cronaca perchè lì non si può sbagliare, tutto il resto è la vita che si è messa in mezzo.

Ti devo un ritorno

Ti devo un ritorno

Un’espressione, quest’ultima, che riassume con un fotogramma preciso quello che è lo spirito di questo progetto.

Esatto!

Pietro, Vasco e le onde, i padri, le figlie, la droga, l’amicizia vera, l’alleanza, la paura, i ritorni. Partiamo dalla figura del padre…

La linea tra un uomo normale e un padre sbagliato è molto sottile perché spesso un padre è visto come sbagliato dai propri figli: lo si vuole severo invece è morbido, lo vuoi accondiscendente invece è sfuggente etc… Questo libro riabilita la figura paterna da entrambe le parti, la perdita del padre rappresenta il motore propulsivo per la svolta di Pietro; nel caso di Vasco, invece, il problema è che suo padre è un uomo che sbaglia molto.

Che tipo di ritorno è quello di cui parli?

Pietro ha bisogno di tornare diverso perché ha deciso di scappare. Pietro sa, così come lo so io, che la fuga è una vigliaccata però è anche vero che in certi momenti scappare ti salva la vita, rappresenta un modo per potersi perdonare e tornare con un qualcosa in più. Questo viaggio per Pietro è l’occasione di tornare uomo e lasciare per sempre la sua comfort zone. Per quanto mi riguarda, in qualità di grande viaggiatore, adoro i biglietti di andata ma anche i ritorni, soprattutto quelli dai viaggi importanti e quando c’è qualcuno che ti aspetta.

Com’è l’amicizia, quella vera?

 Pietro e Vasco sono amici davvero perché parlano pochissimo. Questo è un libro in cui l’amicizia è come quella nella prima canzone di Braccialetti Rossi in cui si parla dei sottotitoli del cuore. Pietro e Vasco hanno una sintonia di questo tipo, si prendono tanto in giro ma si vogliono bene per davvero.

A proposito di Braccialetti Rossi, cosa ci dici di “BRACCIALETTI ROSSI 3” (Carosello Records), il disco della colonna sonora della terza stagione dell’amata serie?

“Braccialetti Rossi 3” è il disco più completo di tutte le tre edizioni. Così come i ragazzi sono cresciuti e sono diventati belli da morire, le canzoni di oggi raccontano questa evoluzione. Sono canzoni che vanno fuori dall’ospedale, dal dolore, dalla dinamica malattia-guarigione; sono canzoni che guardano verso il mondo e sono molto fiero di questo disco. Credo che siano le canzoni più belle che ho scritto insieme a Edwin Robert e gli altri ragazzi.

“Alla fine del peggio” è una delle più suggestive…sei d’accordo?

Sì, la canzone è nata sempre insieme a Edwin. Collaboro con lui da molto tempo e insieme a lui ho scritto anche i pezzi per la Pausini. In questa occasione eravamo in Messico, c’era una giornata un po’ nuvolosa su una bellissima spiaggia, ci siamo guardati in faccia e, dopo aver realizzato di aver superato parecchie tempeste, ci siamo detti che potevamo permetterci il lusso di dire che stavamo bene e che il peggio era passato; una bellissima sensazione di consapevolezza.

Come vivi il grande affetto che i fan, i colleghi e tanti addetti ai lavori hanno nei tuoi riguardi?

Forse ho semplicemente scelto delle buone persone, tutte le persone che mi circondano parlano la stessa lingua, quella della riconoscenza e dell’umiltà.

 Raffaella Sbrescia

 

Niccolò Agliardi & The Hills @ Salumeria della Musica. Il live report

Niccolò Agliardi Ph Giuli Barbieri

Niccolò Agliardi Ph Giuli Barbieri

Pezzi di storie vere, frantumi di pensieri e  stralci di sogni popolano la scrittura dell’autore e cantautore milanese Niccolò Agliardi, docente e studioso dell’arte della parola in musica. Insieme ai suoi inseparabili musicisti, denominati The Hills, Andrea Torresani, Francesco Lazzari e i fratelli Giacomo e Tommaso Ruggeri, Agliardi è stato in concerto alla Salumeria della Musica di Milano lo scorso 21 novembre per presentare al pubblico i brani contenuti nel suo ultimo lavoro discografico intitolato “Io non ho finito”, prodotto da The Hills e da Pietro Cantarelli e pubblicato da Carosello Records. Dall’alto della sua prestigiosa esperienza professionale ed artistica, Niccolò si contraddistingue per la cura dedicata al singolo utilizzo di ogni parola ed il risultato è subito tangibile nei contenuti e nell’intensa interpretazione di storie spesso complesse da gestire.

Niccolò Agliardi & The Hills @ Salumeria della Musica - Milano

Niccolò Agliardi & The Hills @ Salumeria della Musica – Milano

Direttore artistico e compositore delle canzoni originali della colonna sonora per la serie tv, record di ascolti “Braccialetti Rossi”, Agliardi ha ricevuto due premi come migliore colonna sonora dell’anno per la sezione fiction e migliore canzone originale con il brano “Io non ho finito”, un vero e proprio inno alla vita: “…anche con i crampi, con la fine sulla faccia, col dolore che mi schiaccia, e non lo sai. Anche con la gioia di sapere che, dovunque ce ne andremo, non ci lasceremo mai.Io non ho finito”. La carica, l’energia, la grinta e la voglia di comunicare con il mondo vivono non solo attraverso le parole di Niccolò ma anche e soprattutto anche gli accordi, gli arrangiamenti, l’alchimia e la complicità instaurata sia con i musicisti che con il pubblico, sempre vigile, attento e partecipe. La scaletta proposta dal cantautore mette in risalto i successi più recenti come “L’amante” e “La sentinella”, attualmente in rotazione radiofonica, eppure c’è spazio anche per le storie e le canzoni contenute negli album antecedenti di Niccolò. Insidie, inganni, illusioni e zone d’ombra fanno capolino tra rime e ritmi che rappresentano il frutto di una vita dedicata all’espressione in musica; il risultato è raffinato, coinvolgente e di ottima qualità.

Raffaella Sbrescia