Gli Elefanti, l’universo immaginifico di Calvino

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La delicata poetica di Calvino trova una naturale forma di espressione nei testi e negli arrangiamenti de “Gli Elefanti”, un album da ascoltare con attenzione e doverosa lentezza per apprezzare, condividere, immedesimarsi, immaginare muovendosi a cavallo tra passato e presente. Tra i protagonisti delle otto tracce che compongono l’album di Niccolò Lavelli la città di Milano ricopre un posto di grande rilievo. Un luogo-non luogo che assume una connotazione sempre diversa in base allo sguardo, ai ricordi, al punto di vista di chi la osserva. In questo specifico caso la purezza dei ricordi vividi di un bambino, mai veramente divenuto adulto, viene costantemente minacciata da un cinismo latente, mitigato soltanto dalle costanti incursioni del subconscio del cantautore. L’identità vocale e autorale di Calvino si sviluppa attraverso una timbrica intensa e retrò, una tracklist controversa ed un immaginario particolarmente prolifico di pensieri. “L’amaro in bocca” apre l’album con sonorità delicate, parole sincere e morbidi giri di basso mentre gli spensierati ricordi d’infanzia de “Gli astronauti” si alternano tra ritornelli strumentali, tanti problemi e poche soluzioni. L’orizzonte di rotaie di Milano Centrale irradia di malinconia la pensierosa ed immaginifica “Milano Est”. Al centro di questo susseguirsi di spensierati ricordi d’infanzia rivisti in chiave post-moderna, la title track “Gli elefanti” rappresenta senza dubbio il brano cardine. L’enigmatica fuga raccontata ne “La perdita del controllo” racconta a grandi linee le evoluzioni di un disagio esistenziale costellato di suoni dilatati e sonorità oniriche. Lo stesso mood strumentale avvolge le istantanee favolistiche di “Ginevra” mentre il crescendo strumentale di “Blacky” rappresenta un fresco elemento di sorpresa completato da “Nuovo mondo”, il brano più sperimentale dell’intero progetto, in cui Calvino inserisce una rinascita sonora e interiore, un “nuovo mondo fatto di luci e ombre facili da distinguere”, un arrangiamento ben strutturato costruito ad hoc per concludere un percorso solitario eppure pensato per individuare di volta in volta un interlocutore diverso.

Raffaella Sbrescia

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