I Baustelle presentano “L’amore e la violenza”: intervista e recensione dell’album

L'amore e la violenza -Cover album

L’amore e la violenza -Cover album

Disinibiti, liberi e maturi i Baustelle ritornano in scena con il settimo album in studio intitolato “L’amore e la violenza”. Prodotto artisticamente da Francesco Bianconi e mixato da Pino “Pinaxa” Pischetola, il disco è composto da dodici brani – dieci canzoni e due brani strumentali che mettono in evidenza un glorioso azzardo melodico e armonico con una particolare attenzione al suono. I Baustelle usano una dolcezza amara dal timbro antico per cantare una vita in guerra lontano dalle vere trincee, un amarcord senza satira né melodramma. Dopo l’intro strumentale di “Love”, si entra nel vivo del discorso con “Il Vangelo di Giovanni”: io non ho più voglia di ascoltare questa musica leggera, resta poco tempo per capire il senso dell’amore, l’idiozia di questi anni, la mia vera identità”. Meglio sparire nel mistero del colore delle cose quando il sole se ne va. Segue il primo fortunatissimo singolo estratto dal disco “Amanda Lear”: niente dura per sempre neanche la musica. Lo zibaldone del disco è “Eurofestival”, un brano giocosamente esistenzialista che non lascia nulla al caso. Inneggia alle grandi hit Made in Italy e a Viola Valentino “La musica sinfonica”: vivere è rimanere giovani nel cielo con le rondini in terra in mezzo agli uomini. “Io non sono mai stato così schiavo del mondo e attaccato alla vita” cantano i Baustelle in “Lepidoptera” ma è nel brano “La vita” che emerge la fragilità, l’inutilità e la bellezza della vita. Pensare che la vita sia una sciocchezza aiuta a vivere. Molto intenso il brano che chiude il disco, intitolato “Ragazzina”, in cui i Baustelle affrontano il tema dell’adolescenza descrivendo la protagonista come una Biancaneve tra milioni di maiali e la incitano a combattere in questa grotta al freddo e al gelo tra Gesù Bambino e l’uomo nero: “Certe volte l’esistenza si rivela come violenza intorno a me”, scrive Bianconi, e così come si aperto all’insegna dell’amore, così il cerchio si chiude con il tema contrapposto per una struttura organica e completa.

Intervista a Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi

 Cosa è racchiuso nel titolo del disco?

Tutto nasce da questo titolo. In genere scriviamo prima la musica e poi passiamo ai dischi. Da un paio di album a questa parte mi trovo invece di fronte a 18 caselle da riempire. Visto che mi capita di bloccarmi, lo stratagemma è quello di darmi dei temi cercando di svolgerli. Il tema di questo disco è osservare il mondo e rendersi conto di essere in guerra, una guerra di tipo diverso da quella a cui siamo abituati, una guerra che entra nel privato, nel nostro intimo.

Quale potrebbe essere il valore aggiunto dato da questo modo di scrivere?

Non so se si tratti di un valore aggiunto, sicuramente è un modo non giornalistico di raccontare il mondo. Descriviamo la contemporaneità attraverso un’ottica per forza di cose distorta, in un certo senso privata. C’è un filtro molto soggettivo davvero inevitabile, stavolta ci siamo dati come obiettivo quello di raccontare una cosa completamente pubblica e politica quale è lo stato di cose che l’Occidente sta attraversando in modo soggettivo. Puoi essere descrittivo quanto vuoi ma di fatto siamo noi ed il nostro privato calati in un contesto di guerra. Ecco queste sono canzoni d’amore sotto i bombardamenti.

Quanto c’è di apocalittico in un brano così ricco come “Eurofestival”?

Questo brano si appoggia sul contrasto tra melodia e testo. Non lo troviamo apocalittico, anzi, è molto ironico, quasi sarcastico. Gioca molto sui contrasti, si tratta di una grande fiera delle atrocità, un circo in cui si mischia tutto tra il caos che disorienta e l’idiozia di questi anni.

Molti sono gli spunti offerti da “Il Vangelo di Giovanni”

Dallo stato di cose che viviamo nasce spesso un mio stato d’animo che corrisponde al volermi staccare dal mondo in cui mi trovo, mi ritrovo a non sopportare quello che vedo ma non si tratta di una rinuncia, c’è anche un aspetto positivo nel sentirsi non allineati all’andazzo generale del mondo, la mia vorrebbe essere una nobile sparizione.

In contrasto a questa affermazione viene da pensare ad una frase contenuta in “Lepidoptera”: “Io non sono mai stato così schiavo del mondo e attaccato alla vita”

Questo lo si dice quando si ha paura di morire. Questa è una cosa che mi ha mandato in crisi, forse coincide con il diventare padre. Quando hai un figlio diventi l’animale che difende il cucciolo, non sono un padre giovane ma ho un senso di estremo attaccamento alla vita. A me non è mai fregato un granchè della morte ma mai così come in questo momento ho paura di morire.

Cosa avete racchiuso nei suoni di questo disco? C’è chi li definisce vintage, chi inneggia agli anni ’70…cosa dite voi?

Quando si parla dei Baustelle spesso ricorrono termini come vintage e citazionismo. Noi semplicemente facciamo uso di strumenti di un certo tipo, ci sono tecnologie che sono ancora all’avanguardia. Le nostre canzoni si compongono di melodia, di parole e di suono. Grande importanza riveste il timbro con cui vengono eseguite, certe canzoni diventano un’altra cosa se suonate con altri strumenti. Per noi un moog o un sintetizzatore analogico non è equiparabile al digitale. Nei nostri dischi teniamo alla stratificazione dei suoni, anche nella musica pop i timbri e gli arrangiamenti hanno un’importanza fondamentale. Detto ciò, abbiamo usato tonnellate di sintetizzatori analogici ed il mellotron un primordiale campionatore divenuto popolare tra la fine degli anni sessanta e la prima metà degli anni settanta, organi elettrici, chitarre acustiche e tante tastiere

A giudicare dai testi delle vostre canzoni, avete una considerazione molto alta del vostro pubblico. Questo dato di fatto è motivo di speranza per il futuro?

Ovviamente sappiamo che il pubblico è intelligente. Il mito dell’accessibilità è in realtà il frutto di una nostra paura, di una nostra proiezione. Se abituato a farlo, il pubblico può ascoltare ed apprezzare anche cose pesantissime. A volte il vero caprone è proprio “l’artista” che va sul sicuro per la paura di non vendere abbastanza dischi.

Rachele, quanto ha influito l’esperienza da solista in questo album?

Onestamente non riesco a quantificare la cosa. Per me è stata un’esperienza nuova, mi ha dato più sicurezza, ho lavorato con persone nuove, ho superato qualche vecchia barriera per cui mi ha fatto sicuramente bene.

Il nuovo tour vi vedrà nuovamente protagonisti dei principali teatri italiani. Come mai questa scelta?

Con “Fantasma” ci siamo trovati molto bene nella dimensione teatrale. In questo caso sarà diverso perché il nuovo album sarà costretto ad un ascolto più intimo. Vediamo cosa succederà, sarà una bella sfida!

Uno dei brani più suggestivi e più veritieri del disco è “La vita”

Questo brano dice le cose come stanno, non usiamo grandi giri di parole. Nel testo c’è scritto quello che penso della vita, forse cercarne il senso è sbagliato, forse va presa alla giornata. Quello che dico è: la vita non è inutile ma è tutta estetica, pensala come una cosa bellissima ma che non serve a niente. Quando cominci a pensare che serva a qualcosa, sei fregato”.

Cos’è “L’era dell’Acquario”?

Il brano nasce da due cose: la prima è una corrispondenza con una mia amica che dice: “Stai tranquillo, vedrai adesso che siamo appena entrati nell’era dell’Acquario, tutto migliorerà” e poi da un articolo uscito il giorno successivo all’attentato che c’è stato al Bataclan in cui c’era scritta una cosa verissima e devastante: “Ci si abitua a tutto, anche al terrorismo”. Ecco, l’unico modo per disintegrare il terrorismo è quello di considerarlo come un’abitudine. Il terrorismo è una forma di terrore basata sulla paura e sull’agire di sorpresa senza motivo apparente, la cosa più difficile a cui abituarsi. Questa è quindi una canzone autoconsolatoria, per l’appunto un’altra storia d’amore sotto i bombardamenti.

Baustelle

Baustelle

Cosa ci dite del singolo “Amanda Lear”?

Questa è una canzone cervellotica, lei scrive una lettera a lui che la prende in parola. Un doppio flashback e la similitudine con la struttura di un Lp. Ho scelto di omaggiare Amanda Lear sia per questioni di metrica sia perché lei è il simbolo di un certo tipo di femminilità.

In che modo il contributo di Pischetola ha influito nella resa del disco?

Abbiamo scelto lui per creare un contrasto tra la scelta degli strumenti ed il missaggio. Lui è il suono della musica leggera italiana ed è stato bravo ad affrontare questa sfida in modo stimolante. A lui va il grande merito di aver capito la nostra visione.

E poi c’è “La musica sinfonica”. Un brano che sposa il passato al presente con un omaggio a Viola Valentino

Sì, questo è un rondò veneziano. Siamo lieti di confessare che questo disco maneggia e manipola i nostri amori proibiti. A me, per esempio, i Ricchi e Poveri sono sempre piaciuti molto, erano i miei Abba italiani. In questo album tiriamo fuori le nostre passioni dell’infanzia, cose opposte che si mettono insieme. Gli anni ’80 erano anni in cui la musica leggera era bella e varia in ogni campo, c’erano arrangiamenti interessantissimi e siamo stati felici di poterli omaggiare

E oggi cosa ascoltiamo?

C’è un sistema che porta alla creazione di cose prive di personalità e finalizzate ad un successo più immediato. Se mi mettessi nei panni di un emergente, probabilmente ne capirei le motivazioni ma è triste che questa sia la deriva di questo tempo. In ogni caso c’è ancora molta musica interessante in giro, all’estero in particolar modo, questo è un fatto che ci fa ancora ben sperare.

Raffaella Sbrescia

 Video: Amanda Lear

Di seguito la track list dell’album:

1-Love

2-Il vangelo di Giovanni

3- Amanda Lear

4- Betty

5- Eurofestival

6- Basso e batteria

7- La musica sinfonica

8- Lepidoptera

9- La vita

10- Continental stomp

11- L’era dell’acquario

12- Ragazzina

Da oggi i Baustelle incontreranno i fan negli store delle principali città italiane: Venerdì 13 gennaio  a Milano – Feltrinelli Piazza Piemonte 2 (h.18.30), Sabato 14 gennaio   a       Firenze – Feltrinelli RED Piazza della Repubblica 26 (h.18.00) ; Domenica 15 gennaio a Torino – Feltrinelli Stazione Porta Nuova(h.18.00); Lunedì 16 gennaio a Napoli – Feltrinelli Piazza Martiri (h.18.00) e Martedì 17 gennaio a Roma – Feltrinelli Via Appia Nuova 427 (h.18.00).

Ascolta qui l’allbum:

All’uscita del nuovo album, seguirà un tour che porterà la band ad esibirsi in alcuni dei teatri più prestigiosi d’Italia.

Si parte con la data zero il 26 febbraio a FOLIGNO (Auditorium S. Domenico) per proseguire poi il 4 marzo a VARESE (Teatro Apollonio), il 5 marzo a TRENTO (Auditorium S. Chiara), il 6 marzo a FIRENZE (Teatro dell’Opera), il 13 marzo a ROMA (Auditorium Parco della Musica / Sala S. Cecilia), il 14 marzo a BOLOGNA (EuropAuditorium), il 15 marzo a PESARO (Teatro Rossini), il 20 marzo a MILANO (Teatro degli Arcimboldi), il 28 marzo a VENEZIA (Teatro Goldoni), il 29 marzo a TOLMEZZO (Udine, Teatro Candoni), il 7 aprile a TORINO (Teatro Colosseo), il 12 aprile a GENOVA (Teatro Piazza Delle Feste / Anteprima Supernova), il 13 aprile a MASSA (Teatro Guglielmi), il 18 aprile a BARI (Teatro Petruzzelli), il 19 aprile a PESCARA (Teatro Massimo), il 21 aprile NAPOLI (Teatro Augusteo). Il tour è a cura di Ponderosa Music & Art.

Arriva “Roma Live!”. Il primo disco live dei Baustelle è un concerto immaginario. L’intervista a Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi

digipack_baustelle_roma live.indd

I Baustelle presentano Roma Live! (Warner Music Italy) in uscita domani 13 novembre. Il primo album dal vivo della loro carriera arriva dopo quindi anni dal debutto con “Sussidiario illustrato della giovinezza”  e a ridosso di un importante rinnovo contrattuale con la Warner. Il disco è stato registrato nel corso di tre concerti tenutisi tra il 2013 e il 2014 a Roma – alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, all’ex-Mattatoio di Testaccio e all’Auditorium della Conciliazione. L’ulteriore peculiarità del lavoro sta nel fatto che il gruppo è accompagnato ogni volta da diverse formazioni: orchestra sinfonica, sezione fiati e quartetto d’archi. Nelle 14 tracce che compongono la tracklist spiccano i grandi classici del gruppo ma anche due cover inedite quali “Signora ricca di una certa età”, versione in italiano di Lady Of A Certain Age dei Divine Comedy, e “Col tempo” di Léo Ferré. «Questo lavoro  è collegato alla tournée di “Fantasma”, un disco principalmente basato su orchestrazioni. Il tour per noi è stato importante e, proprio per questo abbiamo pensato di registrare tutto senza avere l’idea di farne un disco live. Riascoltando le registrazioni, ci siamo emozionato al punto da pensare che meritassero la pubblicazione. Per noi i live hanno più senso di un best of;  in questo caso, invece, raccontiamo, un concerto immaginario nato unendo tre spettacoli, uno show inedito in cui l’unità è data dall’elemento geografico. Il risultato ci piace e pensiamo possa rappresentare una buona chiave di accesso al mondo dei Baustelle: chi non ci conosce potrebbe iniziare ascoltando questo album che contiene tante canzoni significative. Naturalmente si tratta anche di una sorta di regalo per il nostro pubblico dato che non avevamo mai realizzato un disco live», raccontano Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi negli uffici della Warner Music di Milano presentando un disco che rappresenta in qualche modo anche una sorta di bilancio: «Certo, il bilancio è inevitabile ma il nostro è stato senza nostalgie. Ci  piace il fatto che  certe canzoni legate a un tipo di denuncia -anche sociale- di qualche anno fa, continuino a funzionare anche scollegate dal loro contesto storico. Alcuni brani mantengono universalità e atemporalità» – continua Bianconi. «Quando abbiamo selezionato i brani da inserire nell’album, abbiamo pensato che non avesse senso inserire troppe canzoni di “Fantasma”. La ragione è che molte canzoni erano uguali alle versioni dell’album in studio, per cui abbiamo privilegiato il resto della nostra discografia. Abbiamo tenuto conto anche dell’esecuzione e infine abbiamo dato spazio a ciò che ci ha emozionato di più riascoltandolo», aggiungono Francesco e Rachele.

«Nel disco ci sono due anime: una più luminosa e una più scura. Nella versione in vinile il primo disco è il giorno, fatto di canzoni più rock, il secondo è composto da ballad e brani sinfonici, più notturni» – continuano – «Abbiamo prestato particolare attenzione anche alla copertina, la cui grafica è stata curata dal collettivo Malleus. A me le copertine dei dischi live non piacciono, perché sono sempre “artista sul palco, pubblico in delirio”, il classico cliché. I Malleus sono stati bravi rendendo l’idea del concerto dal vivo disegnando due ragazze sedute su un prato, hanno evocato un ipotetico festival rock. Poi per noi le cover sono sempre molto importanti, fanno parte di un discorso a 360°. Fare un disco significa fare le canzoni ma curare anche i dettagli non strettamente musicali, come l’artwork», specifica Bianconi.

Baustelle

Baustelle

Reduce dall’esperienza solista con l’album “Marie”, Rachele Bastreghi ha inoltre dichiarato: «Ancora dobbiamo metterci a scrivere il nuovo disco ma, senza dubbio, c’è ancora più voglia di condividere con Francesco e Claudio cose nuove e di scoprire questa esperienza da solista cosa mi ha portato. Penso di essere stata fortunata a 19 anni ad incontrali, mi hanno sempre arricchito e mai impoverito. È un equilibrio che, per quanto strano, perché poi non ci vediamo tanto, è davvero forte». E a proposito del nuovo album in programma raccontano: «Dopo un disco come “Fantasma” non abbiamo voglia di farne un altro uguale. Per me “Fantasma” è il disco più bello che abbiamo fatto, ingombrante da tenere in casa. Si tratta di un album che mi è entrato dentro con delle cose che se considerate da un punto di vista di scrittore e compositore, non verranno mai cancellate», ha aggiunto Francesco. Particolarmente significativi i commenti relativi alle due cover inserite nel disco: «“Signora ricca di una certa età” da “Lady of a certain age” dei Divine Comedy è una canzone molto ben scritta così come lo è “Col tempo”. Questo tipo di canzoni pop si sente sempre meno,  si va verso l’omologazione e canzoni così diventano sempre più rare». Particolare e tormentato invece il rapporto con “Charlie fa surf”: «La veste che questo ha brano ha nel disco non sarà definitiva. I ‘grandi classici’ il pubblico li chiede e hai la responsabilità di suonarli. A volte vorresti mettere altre canzoni in scaletta, quindi dare un vestito nuovo a brani noti è il giusto compromesso per continuare a suonarli anche quando non vorresti».

Lo sguardo e l’approccio cambiano rispetto al linguaggio, al contesto e al tipo di scrittura. Lo sa bene Bianconi, tra gli autori più richiesti della scena musicale italiana: «Certo, l’approccio cambia inevitabilmente perché si tratta di due linguaggi diversi. Le canzoni sono più ‘facili’ da scrivere perché hanno più regole, uniscono musica e appigli a cui aggrapparsi, nel nostro caso sono fatte per essere interpretate da un gruppo, ci sono più maschere a disposizione. Quando scrivi prosa, invece, sei solo e più nudo. Poi entrambe, se le vuoi fare bene, sono cose difficili da fare». Infine sull’eventuale esistenza di limiti e paletti aggiungono: «Abbiamo detto due volte no a Sanremo ma abbiamo fatto il Festivalbar, che poi ha chiuso definitivamente. I talent  show sono l’unica cosa buona che c’è adesso in Italia (ride, ndr) e se qualche ragazzo proveniente da questi format ci chiedesse di collaborare, potrebbe sempre essere possibile che ne valga davvero la pena. Vedremo!».

Raffaella Sbrescia

I Baustelle incontreranno i loro fan in tre occasioni: Lunedì 16 novembre saranno a Firenze presso la Feltrinelli Red in Piazza Repubblica h.18.30; Martedì 17 novembre a Milano presso la Feltrinelli  in Piazza Duomo h.18.30 e Mercoledì 18 novembre a Roma presso  la Feltrinelli in Via Appia h.18.00.

Mauro Ermanno Giovanardi live al Blue Note di Milano: quando lo stile è pura poesia

Mauro Ermanno Giovanardi live @ Blue Note Milano

Mauro Ermanno Giovanardi live @ Blue Note Milano

Mauro Ermanno Giovanardi festeggia la vittoria della Targa Tenco per il miglior disco dell’anno con uno straordinario concerto sul palco del Blue Note di Milano. A quattro anni dall’ultimo album di inediti “Io Confesso” e a due da “Sinfonico Honolulu”, l’artista torna in scena per presentare “Il mio stile”, l’album che mutua il suo titolo dall’unica cover presente nel disco, “Il tuo stile” di Leo Ferrè. Nelle vesti di “crooner che canta canzoni d’autore del terzo millennio”, Mauro Ermanno Giovanardi lavora artigianalmente sulla parola e sull’ idea di scrivere canzoni d’autore seguendo un immaginario musicale ispirato allo stile cantautorale classico italiano. L’ex La Crus si esprime in maniera efficace e diretta e lo fa aprendosi al pubblico attraverso  una vocalità viscerale ed una potente intensità. E’ il suo stile. Giovanardi mette in scena un pop elegante, senza l’uso dell’elettronica, distaccandosi dal modus operandi imperante senza tuttavia rinunciare all’apporto di straordinari musicisti come Paolo Milanesi alla tromba, Alessandro Gabini al basso, Marco Carusino alle chitarre e lo storico Leziero Rescigno alla batteria. Notevole anche la potente e cristallina voce di Barbara Cavaleri.

Il concerto inizia con un manifesto intimista quale è “Sono come mi vedi”,  si continua con “Se c’è un Dio”, brano in cui Giovanardi si perde completamente dinnanzi alla bellezza di un Dio-donna. “Tre volte” è un testo che sprigiona amore da ogni parola. Giovanardi si muove tra presente e passato, canta i brani tratti dall’ultimo album ma scava a piene mani anche nel repertorio dei La Crus con “L’uomo che non hai”, ad esempio. «Non mi era mai successo di ricevere un brano scritto e pensato per me», racconta Mauro Ermanno, introducendo “Anche senza parlare”, il bellissimo brano che porta la firma di Gianmaria Testa, con lui sul palco per un duetto magico.  L’emozione è palpabile e il concerto non conosce pause: “Su una lama”, “Quando suono”, Nera signora” e poi  “Aspetta un attimo”, un travolgente paso doble con una bella scarica di batteria. Il richiamo amarcord si fa più vivo con “Se perdo anche te” di Gianni Morandi, si continua con “Più notte di così” di Luca Guidi, vincitore di un premio al Rock Contest 2013, “Come ogni volta,” dal repertorio dei La Crus, fino alla sublime “Nel centro di Milano”, la canzone più profonda dell’intero disco, cantata in duetto con la straordinaria Rachele Bastreghi (Baustelle). “Io confesso”, “Il tuo stile”, storica cover di Leo Ferrè in cui Giovanardi si esalta, “Storia d’amore” di Adriano Celentano scaldano a fuoco lento il pubblico, estasiato. Per i bis, Mauro Ermanno sceglie “A cuore nudo”, “Un garofano nero” e, per chiudere all’insegna dell’autentica poesia, “Un giorno dopo l’altro” di Luigi Tenco, cantata ancora con Gianmaria Testa, per ribadire che la speranza è la nostra più bella abitudine.

Raffaella Sbrescia

Rachele Bastreghi è una chanteuse rock in “Marie”. La recensione dell’ep

Cover Rachele Bastreghi MARIE

Rachele Bastreghi è una delle voci più ammalianti dello scenario pop-rock italiano e “Marie” è il titolo del suo primo Ep da solista. Lei, che all’interno dei Baustelle è riuscita a ritagliarsi un ruolo sempre più importante nel corso di 15 lunghi anni di carriera, ha scelto di compiere un nuovo importante passo nel suo articolato percorso artistico. L’occasione per lavorare a questo progetto, pubblicato lo scorso 27 gennaio, le è stato offerto dall’inclusione della canzone “Mon petit ami du passé” all’interno della fortunata fiction RAI “Questo nostro amore 70”, in cui la stessa Rachele vestiva i panni di uno dei personaggi della fiction, la chanteuse rock Marie. Motivata dall’idea di proseguire la collaborazione con il produttore artistico Giovanni Ferrario per costruire un piccolo progetto intorno a quella canzone, Rachele ha dato vita ad un lavoro ispirato ai frenetici, creativi, intensi, affascinanti anni ’70.

“Marie” è composto da sette brani,  quattro inediti (tra cui i due singoli “Mon petit ami du passé” e “Il Ritorno” e “Senza essere”, scritta insieme a Claudio Brasini dei Baustelle), due cover (“Cominciava così” dell’Equipe 84 e “All’inferno insieme a te”, brano tratto dal repertorio di Patty Pravo e a sua volta cover di una vecchia canzone francese, “Detachez-moi les bras”, qui impreziosita anche dal bellissimo cameo di Mauro Pagani al flauto)  e la versione strumentale di “Folle tempesta”. La forte espressività e la carismatica personalità di Rachele ben si sposano la fresca immediatezza di “Marie”, un racconto di un rapporto a due costellato di tormenti, pensieri e desideri soffocati. Sonorità cupe e antiche cesellano le parole che, ad una ad una, rivelano i risvolti di un’anima in perenne subbuglio.

Rachele Bastreghi

Rachele Bastreghi

Si parte da “Senza essere”, un brano in cui la voce aulica, potente, penetrante, drammatica di Rachele s’insinua tra gli archi e i gesti di un futuro amoroso inimmaginabile. Imperiosa, rabbiosa e impertinente “Folle tempesta” attraversa tutte le evoluzioni del cuore: la calma apparente, il flusso inarrestabile ed incandescente della passione, il ritmo altalenante del rischio, l’agonia dell’incertezza, l’apnea della consapevolezza della fine imminente. Ed ecco “All’inferno insieme a te”, un brano dall’eloquente titolo che, forte di una storia già immaginifica, si riveste di nuova bellezza grazie alla voce di Rachele e allo straordinario contributo strumentale di Pagani. Assolutamente ipnotica “Mon Petit Ami Du Passė”, semplice e coinvolgente la maturità sentimentale narrata ne “Il ritorno”. Spettacolari e travolgenti i vocalizzi di Rachele in “Cominciava così”. L’ep si chiude con la versione strumentale di “Folle tempesta”, un messaggio chiaro e trasparente finalizzato all’evidenziazione di una meticolosa cura per ogni singola nota ed il risultato lo conferma.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Marie” su iTunes

Video: “Il ritorno”