“Marassi”: il pop trasversale degli Ex-Otago a servizio della periferia. Intervista

Ex Otago - Marassi

Ex Otago – Marassi

“Marassi” è il nuovo album in studio della band genovese Ex-Otago composta da Maurizio Carucci, Simone Bertuccini, Olmo Martellacci e Francesco Bacci. Prodotto e arrangiato dalla band e da Matteo Cantaluppi, il disco è stato anticipato dai singoli  “Cinghiali Incazzati”, “I Giovani d’Oggi”, “Quando sono con te” e, prendendo spunto da una Genova post moderna, quella rimasta fuori dai classici cantautorali, racconta del nostro presente. “Marassi” diventa quindi una sorta di non luogo, un riferimento da cui partire per realizzare un ritratto generale ed estemporaneo di tutti quei luoghi che scandiscono la vita quotidiana di tanti di noi. Un luogo di partenza e di ritrovo, lo specchio dei nostri giorni e delle relative contraddizioni.

Intervista

Come nasce “Marassi” e come ci avete lavorato?

Volevamo scrivere un disco molto contemporaneo. Ci siamo ispirati a ciò che abbiamo visto e che caratterizza la nostra quotidianità. “Marassi” è quindi un disco legato a quello che accade. Per quanto riguarda i suoni, ci siamo divertiti a giocare con le tastiere, in questo lavoro siamo ancora noi con delle nuove sfumature che speriamo possano cambiare sempre. Abbiamo ascoltato tanta musica, sono tanti e diversi gli ascolti che ci hanno influenzato: abbiamo spaziato da Mark Ronson agli Stadio. Crediamo che sia arrivato il momento di infrangere certe barriere, tra indie e mainstream e il fatto di stare a parlarne qui in Universal, è un segno tangibile di questo percorso e vorremmo che fosse così anche per altre realtà musicali italiane.

In “Marassi” parlate della Genova lontana dai vicoli, quella di cui non parla nessuno…

Narriamo del sentimento di rivalsa dei “luoghi – non luoghi”. Niente meglio di un quartiere come ce ne sono mille può raccontare la vita che scorre nel quotidiano. Il nostro è un punto di osservazione privilegiato, ci sono tutti quegli elementi che si sono sedimentati nella nostra memoria e di cui non si parla mai.

Come è avvenuta la registrazione dell’album?

La realizzazione è avvenuta proprio a Marassi, lì dove c’è la nostra casa Otago, in cui abbiamo registrato tutti i provini del disco. Era naturale che il clima trasparisse, siamo stati affiancati da Matteo Cantaluppi, colui che è riuscito a guidarci nella maniera ottimale nel realizzare quello che avevamo in mente. Matteo ha trovato la quadra delle cose; quando siamo arrivati da lui il disco era molto più elettronico e meno fruibile.

Qual è il brano più rappresentativo del disco?

Sicuramente “Cinghiali incazzati” perché parla di tutte le maschere che ci portiamo addosso e con cui spesso fatichiamo a convivere. “Marassi” è uno specchio del presente.

Ex-Otago

Ex-Otago

Che rapporto avete con “Genova”?

Il nostro desiderio è che possa nascere una scena trasversale. Abbiamo constatato che, quanto più si scava, più si trova gente che ha voglia di fare per cui vorremmo che si creasse un movimento di cui fare parte. Genova mette insieme davvero tante cose e gli Ex Otago sono figli di questa identità che implica l’essere tutto ed il contrario di tutto.

Nei vostri testi la pragmaticità sfida il sogno…

In effetti c’è sempre una nota molto concreta nei nostri testi. Cerchiamo di mettere da parte quella vena intellettuale fine a se stessa. Credo sia vero che che le mani aguzzano la mente per cui se si riuscisse ad unire la concretezza e l’ambizione, si potrebbero fare grandi cose. Per fare questo serve coraggio, proprio l’esatto contrario di quello che ci viene consigliato.

Che rapporto avete con il calcio?

Non siamo malati di calcio ma a Genova l’argomento in questione ti arriva anche quando sei distratto.

Video: Quando sono con te

Come funziona la genesi delle vostre canzoni?

Il testo è la nostra componente principale e ci facciamo molto affidamento. Le nostre canzoni nascono da immagini, stati d’animo e sensazioni. Più in generale, raccontiamo le cose che ci circondano per poi finire a parlare di noi stessi.

“I giovani d’oggi non contano un cazzo”?

C’è sempre stata una dicotomia tra sistemi. La verità è questo è un loop che si ripete.

“La nostra pelle” è un brano molto personale…

Scrivo di quello che vivo trovandomi spesso faccia a faccia con me stesso. Mi sono reso conto che nel bene e nel male sono una persona che ama molto di sé, tutto sta nel trovare un equilibrio con le parti di te che non ti piacciono. La canzone ha il grande pregio di essere liberatoria, ti dà l’opportunità di viverti.

Stesso discorso per il brano “Stai tranquillo”?

Sono inquieto e cerco di gestirmi questa inquietudine.

“Mare” è il brano più onirico…

Questo è un episodio cantautorale, una cartolina che ci porta indietro nel tempo. Un grande contenitore non solo poetico ma anche esistenziale.

Secondo voi come mai tanti artisti si stanno dedicando allo scenario periferico urbano?

Ci vuole onestà e coraggio per accettare il posto da cui si viene. C’è bisogno di riaffermare l’autenticità a fronte della standardizzazione imperante. La periferia è lì dove la gente si arrangia, è quel posto dove nasce e cresce la maggior parte di noi.

Come saranno i nuovi live?

Abbiamo tanto da studiare, le nostre tastiere erano ormai compagne di vita, ora stiamo cambiando strumenti per cui anche i brani vecchi saranno riarrangiati. Ci sarà un vero e proprio restyling!

Raffaella Sbrescia

Ex-Otago - Marassi

Ex-Otago – Marassi

 

Ascolta l’album qui:

 

“Uppercut”: la rivincita dei Gemelli DiVersi. Intervista

Gemelli Diversi

Gemelli Diversi

I Gemelli DiVersi tornano sulle scene a tre anni e mezzo dall’ultima release ufficiale (”Tutto da capo – Bmg Ricordi 2012), con un nuovo album intitolato “Uppercut” (Believe Digital). Più di 18 anni di carriera, quasi 1 milione di copie vendute e svariati riconoscimenti hanno spinto Thema e Strano a tornare in studio per un nuovo lavoro incentrato su tematiche di ispirazione autobiografica. Un album intriso di messaggi di speranza, che invita a non arrendersi e che, grazie al contributo di Luca Mattioni alla produzione artistica, si presenta con una formula sonora a metà strada tra le sonorità storiche della band ed un pop di chiara ispirazione americana. Un sound trasversale quello dei Gemelli DiVersi, così come del resto il pubblico che ha partecipato ai live italiani ed europei degli ultimi 3 anni, concerti nei quali i Gemelli si sono avvicinati ulteriormente anche alle nuove generazioni. Ancora oggi infatti ai concerti dei Gemelli Diversi assiste un pubblico di fans storici che li accompagna sin dal 98, uniti a nuovi ascoltatori che hanno imparato a conoscere la band.

Intervista a Strano

“Uppercut” è il titolo del vostro nuovo album. Una metafora della vita ma anche del vostro percorso?

Certo, questo titolo rispecchia quello che ci successo negli ultimi tre anni. La vita ha deciso di darci un bel pugno, un bel montante dal basso verso l’alto per cercare di buttarci per terra e metterci ko. Da uomini navigati e musicisti appassionati non ci siamo arresi, ci siamo rialzati, abbiamo barcollato un po’ ma poi siamo tornati a combattere. Nella vita bisogna continuare ad andare avanti, essere sempre motivati; la nostra più motivazione è continuare a fare la nostra musica e vedere la gente che canta da sotto il palco.

E in senso più ampio?

Chiaramente questa metafora vale per tutti quelli che ascolteranno il disco, la vita ti può veramente buttare per terra. Viviamo tempi difficili, in cui tutto è difficile ma bisogna sempre combattere e usare tutte le forze necessarie per riuscire a superare le disavventure che la vita ci pone davanti.

Video: La fiamma

Questo è anche il concetto alla base del singolo “La fiamma”?

Quella piccola fiammella che brucia sotto la cenere devi cercare di tenerla viva giorno per giorno.

Quali sono le tematiche che attraversano questo lavoro?

Il nostro disco racchiude un messaggio di speranza, si tratta di un disco positivo, magari nascosto sotto canzoni un po’ malinconiche, ma attraversato da un fondo di positività.

“La cosa che mi fa più ridere è che non ridiamo più” è la frase più impattante de “La fiamma”?

Sì, le cose sembrano finite ma non sono finite. Se ti sembra finita magari non lo è, così come è successo a noi: sembrava finita per i Gemelli Diversi ma in realtà la dipartita di qualcuno non segna la fine, bensì un nuovo inizio.

Dal punto di vista artistico, qual è la stata la molla che vi ha fatto tornare in studio?

Sono stati i concerti a farci capire che dovevamo tornare in studio per un nuovo disco. Subito dopo il momento di sbandamento abbiamo subito ricevuto un’offerta di lavoro per un Live Tour che io e Thema abbiamo accettato subito. Il gruppo in realtà non si è mai sciolto, abbiamo perso degli elementi che hanno voluto intraprendere un percorso diverso ma abbiamo continuato a fare musica. Noi continuavamo ad essere la band del ’98, ci hanno quindi proposto dei live, abbiamo accettato e abbiamo cominciato a girare. In questi tre anni abbiamo visto che c’era tanta gente che cantava le nostre canzoni e che aveva voglia di ascoltarci, per rispetto loro dovevamo continuare a fare la musica dei Gemelli Diversi che in 18 anni hanno segnato la vita di tante persone.

Gemelli Diversi

Gemelli Diversi

A proposito di carte da giocare, molto particolare la ballata “Via Melzi d’Eril”, un piccolo gioiellino

Una persona molto vicina a me l’ha definita “Una carezza alla città di Milano”. Per me che sono nato e cresciuto a Milano, è stato bello innamorarmi di questa via vicina al Castello, all’Arco, contornata dagli alberi che in autunno perdono le foglie. Girando in moto mi sono immaginato in questa via, il cui nome si adatta bene al titolo di una canzone, e ci ho visto l’incontro con la persona giusta.  Sono tornato a casa in questo stato un po’ malinconico ed introspettivo, mi sono messo al pianoforte e ho composto la musica, poi abbiamo scritto il testo e l’arrangiamento di quella che è la ballad per eccellenza del disco.

Doveroso un cenno ai suoni di questo disco di evidente ispirazione esterofila

Ci siamo affidati alla produzione musicale di Luca Mattioni, un bravissimo producer che ha lavorato tanti anni in Inghilterra. Questo sound british in alcuni brani si riconosce, ci sono anche dei chiari rimandi agli anni ’80 e, dato che siamo figli degli anni ’80, abbiamo impostato la produzione anche su quelle sonorità. In realtà da anni spaziamo, ci piace sperimentare e questo album ci è servito anche per farlo ancora di più, dato che si tratta di un album di ripartenza.

Raffaella Sbrescia

Le prime date dell’instore Tour

26/10 Discoteca Spaziale di Roma

27/10 Mondadori – Via Marghera, Milano

Ascolta qui l’album:

Benji & Fede presentano l’album “0+”: “Siamo qui per rimanere, abbiamo tanta voglia di fare”

Benji & Fede

Benji & Fede

Esce oggi, venerdì 21 ottobre, “0+” il nuovo e secondo album di Benji & Fede a poco più di un anno di distanza dal loro album di debutto. L’album contiene 11 tracce inedite comprensive di alcuni interessanti duetti con Max Pezzali, Annalisa e la giovanissima cantautrice inglese Jasmine Thompson. Realizzato tra l’Italia, la Norvegia, la Finlandia e nei vari viaggi che questo anno straordinario ha comportato, “0+” è un lavoro molto personale che racconta di vita, di amore, dei loro incontri e delle loro avventure. È un album che nasce dalla collaborazione di Benji & Fede con giovani autori e produttori stranieri, dalla loro interazione con realtà diverse che hanno reso possibile la creazione di un movimento generazionale capace di elaborare  sonorità nuove, ora più elettroniche,ora più acustiche.

Intervista

Come avete lavorato a questo nuovo album?

Abbiamo lavorato in Norvegia e Finlandia con dei produttori giovanissimi. Abbiamo appreso un nuovo metodo di lavoro che ci ha reso partecipi di ogni singola fase di lavorazione. Buttavamo già testi e melodie e alla sera sapevamo che la canzone sarebbe stata completa. Questo disco non rappresenta nulla di rivoluzionario ma rappresenta sicuramente un importante passo in avanti nel nostro percorso.

A cosa dobbiamo la scelta di un titolo tanto originale?

Abbiamo cercato questo titolo a lungo. Una sera all’improvviso ho chiesto a Fede che gruppo sanguigno avesse e, dopo le doverose indagini, abbiamo scoperto che era lo stesso del mio. Abbiamo pensato che fosse il modo giusto per suggellare il nostro rapporto di fratellanza.

E i suoni?

Le canzoni nascono sempre in acustico, la direzione è più elettronica ma l’intelaiatura è sempre quella.

Si evincono nuove sfumature nella voce di Fede...

Il cambio del modo di cantare è stato nuovo. Per il brano “Forme geometriche”, il testo profondo ha richiesto più esperienza vocale.

Che tipo di atmosfera c’era in Scandinavia?

Ci siamo trovati benissimo a livello umano. In Nord Europa parlano benissimo l’inglese e non abbiamo avuto problemi con la lingua; nemmeno Fede che non è madrelingua. Ogni mezz’ora i produttori ci chiedevano i testi, loro erano molto più concentrati sui suoni e sulle ritmiche, per noi che abbiamo un approccio più cantautorale e quindi classico, la cosa ha significato unire due mondi.

Che tipo di aspettative avete?

Non abbiamo la pretesa di piacere a tutti, siamo soltanto al secondo disco. Il cammino è ancora lungo man mano speriamo che ci siano sempre più persone che apprezzino la nostra musica . Il disco è coerente con quello che siamo. Certo, non è il disco della vita ma la nostra grande paura è quella di deludere le aspettative delle persone.  Vogliamo dimostrare che siamo qui per rimanere, abbiamo tanta voglia di fare.

E quanto riguarda la scrittura dei brani?

A livello creativo siamo felici che ci siano molte più canzoni scritte da noi. Le aspettative del pubblico non ci hanno influenzato, siamo soddisfatti di questo lavoro. Per questo disco, a differenza del precedente per il quale ci hanno mandato diversi scarti, ci sono arrivati tantissimi brani; avevamo la casella mail praticamente colma. Otto canzoni le abbiamo scritte con il metodo “one song a day” mentre “Quando si rimane da soli e “Amore Wi Fi” le abbiamo scelte perché, sia i testi che le rispettive sonorità, ci rispecchiavano.

 Da qualche parte c’è anche un brano in inglese?

Sì non abbiamo voluto inserirlo in questo disco. Abbiamo escogitato un modo per proporlo comunque al pubblico inoltrandolo ad una piattaforma streaming.

E con lo spagnolo?

In inverno comincerà l’avventura in Spagna e America Latina. Vediamo che succederà…

Il duetto con Max Pezzali è tra i brani più amati del disco…

Il pensiero di poter cantare il pezzo insieme a Max ci è parso fin da subito un bellissimo sogno fa realizzare. Siamo cresciuti ascoltando le canzoni degli 883 e siamo stati felicissimi del suo entusiasmo. Max parla della sua generazione, noi della nostra. Lui cita i vinili, dice che cose che non avremmo mai potuto scrivere. Max è un punto di riferimento da sempre ed è una figura di grande supporto per i giovani; indubbiamente un esempio da seguire.

Di respiro internazionale il duetto con Jasmine Thompson in “Forme Geometriche”

Abbiamo conosciuto Jasmine in occasione di un nostro video-cover per il suo brano “Adore”. Per questo brano volevamo un ritornello di forte impatto e per far farlo abbiamo voluto una voce femminile e straniera. Jasmine è giovanissima ma ha una voce speciale per cui siamo stati contenti che abbia accettato di lavorare con noi.

Cosa ci dite di “Tutto per una ragione” con Annalisa?

Avevamo più di un dubbio su questa canzone, Annalisa è venuta in ufficio e si è offerta di aiutarci. Due giorni dopo ha mandato il pezzo con una demo cantata da lei. Siamo in andati in studio e registrandola abbiamo notato che, con la sua voce, il pezzo era più forte.

In questo brano c’è anche il contributo di Merk & Kremont

Questi due giovani produttori hanno voglia di lavorare proprio come noi. Il fatto che scegliamo di lavorare con i giovani è esemplificativo della nostra visione. Stesso discorso anche per la scelta della regia del singolo “Amore Wi Fi” con il giovane regista Alessandro Murdaca.

Benji & Fede

Benji & Fede

Quanto conta la positività per voi?

Beh, sicuramente parecchio. Nella nostra musica parliamo della nostra vita che, al momento, è incentrata intorno a quello che ci piace fare.

Come mai avete scelto di far pubblicare una fan fiction scritta da una vostra sostenitrice?

Watt Pad è una piattaforma in cui si possono caricare i propri scritti. Ci è capitato di leggere molti di questi lavori che ci riguardavano e tra questi ci hanno colpito quelli scritti da una giovane che è riuscita a descrivere certi comportamenti che avremmo davvero potuto avere. Abbiamo voluto darle una possibilità così come è stata data a noi quella di poter fare musica.

Che rapporto avete con la tv?

L’esperienza da conduttori su “Generation What” ci è piaciuta perché non c’era un copione, avevamo carta bianca e abbiamo potuto mostrarci esattamente per come eravamo. Ecco, la tv ci piace se può essere l’amplificatore di quello che siamo. Anche i programmi di Cattelan e Fiorello sono molto validi da questo punto di vista. Per il resto ci arrivano tante proposte, l’ultima per un telefilm. Il fatto è che bisogna saper dire anche di no per poter essere coerenti con quello che facciamo.

Come è evoluto il rapporto con i fan?

Fin dall’inizio abbiamo sempre avuto un rapporto molto stretto. Gestiamo i nostri social in prima persona altrimenti il calore ed il messaggio diretto non passeranno mai. Condividiamo la quotidianità di tutti i giorni in tempo reale, abbiamo instaurato un rapporto diretto e sincero anche se vorremo che i momenti di privacy familiare fossero maggiormente rispettati. Spesso sono proprio i genitori dei nostri fans a pretendere di più da noi.

Vi vedremo sul palco di Sanremo 2017?

Per ora siamo concentrati su questo disco. Sicuramente vorremo andarci ma forse quest’anno è ancora presto. Andarci tanto per andare non avrebbe molto senso, serve la canzone giusta e sentirsi pronti. Siamo solo al secondo anno, avremo tempo…per il resto ci vedrete suonare parecchio in giro. Metteremo su uno show diverso e faremo tanti concerti, proprio come piace a noi!

Raffaella Sbrescia

Ascolta l’album qui:

La track list di “0+”:

    1. Adrenalina
    2. A casa mia
    3. Traccia numero 3 (featuring Max Pezzali)
    4. Amore wi- fi
    5. Una foto
    6. Non è da te
    7. Tutto per una ragione (featuring Annalisa)
    8. Troppo forte
    9. Forme geometriche (featuring Jasmine Thompson)
    10. Quando si rimane da soli
    11. Boomeranghi

Video: Amore Wi-Fi

 

 BENJI&FEDE

INSTORE TOUR “0+”

21/10 Modena – cc I Portali di Modena, Viale dello Sport, 50 – h 15.00

22/10 Milano – Mondadori Megastore, Piazza Duomo  – h 15.00

23/10 Roma – cc Porta di Roma, Via Alberto Lionello, 201 – h 15.00

24/10 Napoli – Feltrinelli Stazione Centrale, Piazza Garibaldi – h 15.00

25/10 Marghera (VE) – Mondadori Bookstore, cc Nave de Vero, Via P. Arduino ang. Via Tron – h 15.00

26/10 Torino – 8 Gallery, Via Nizza 262 – h 16.00

27/10 Rimini – cc Romagna Shopping Valley, Piazza Colombo 3, Savignano sul Rubicone – h 16.00

28/10 Verona – cc Le Corti Venete, Viale del Commercio 1, San Martino B. A. (VR) – h 16.30

29/10 Palermo – Mondadori Megastore, Via Ruggero Settimo 18 – h 15.00

30/10 Catania – cc Katané, Via Quasimodo 1, Loc. San Paolo – h 15.00

31/10 Reggio Calabria – Mondadori Bookstore, Corso Garibaldi  198 – h 15.00

01/11 Bari – Feltrinelli, Via Melo 119 – h 15.00

02/11 Lecce – Feltrinelli, Via Templari 9 – h 15.00

3/11 Firenze – Galleria del Disco c/o Tenax – Via Pratese, 46 – h 15.00

4/11 Perugia – cc Quasar, Via Aldo Capitini – h 16.30

5/11 Stezzano (BG) – CC Le due torri – Via Guzzanica 62/64 – h 16.00

Paolo Rossi in “Rossintesta” al Teatro Menotti di Milano

Paolo Rossi in "Rossintesta" al Teatro Menotti di Milano

Paolo Rossi in “Rossintesta” al Teatro Menotti di Milano

Non è un omaggio, non è un ricordo, non è una celebrazione. “Rossintesta” è lo spettacolo che il cantautore astigiano Gianmaria Testa, scomparso lo scorso marzo, ha costruito e immaginato per l’amico Paolo Rossi, tra i più amati degli attori comici italiani. All’interno del delicato spettacolo ospite del Teatro Menotti di Milano fino al 22 ottobre, convergono, infatti, due anime legate non solo da una grande amicizia ma anche dal destino e dal lavoro. La storia di questo fortunato incontro prede vita attraverso un concerto teatrale diviso idealmente in 4 capitoli: il teatro, con brani incentrati sul tema del mestiere dell’attore il rapporto con le donne, il sociale e la politica nonché un sentito omaggio a Jannacci, artista amatissimo da entrambi, sia da Paolo che da Gianmaria.

Paolo Rossi in "Rossintesta" al Teatro Menotti di Milano

Paolo Rossi in “Rossintesta” al Teatro Menotti di Milano

Accompagnato sul palco da Emanuele Dell’Aquila e i Virtuosi del Carso (Stefano Bembi, Bika Blasko, Alex Orciari e Roberto Paglieri), Paolo Rossi mischia musica e monologhi, satira e poesia in un progetto pensato per far sorridere, grazie alla verve popolare dell’attore ma anche per far riflettere, attraverso le preziose canzoni di Testa. Dalla mimica, alla gestualità, all’espressività, ogni dettaglio è pensato per dare un senso a parole che non avranno mai una scadenza. Uno spettacolo di musica in cui sogni, speranze, parole e risate si amalgamano rimpolpando lo spirito di suggestioni e contenuti.

Raffaella Sbrescia

Diego Mancino, “Un invito a te” è un album da non perdere. Intervista

diego-mancino Ph Viola damiani

diego-mancino Ph Viola damiani

“Un invito a te” è il titolo del nuovo album di Diego Mancino, tra i più prolifici degli autori e cantautori italiani. Pubblicato lo scorso 23 settembre su etichetta Universal Music e prodotto da Mancino con la collaborazione di Dario Faini, Stefano Brandoni (in “Avere fiducia”) e William Nicastro (in “Molte cose insieme “), l’album contiene otto brani inediti e la cover del brano di Tenco “Ragazzo mio”. Realizzato attraverso Music Raiser, piattaforma leader nel crowdfunding musicale in Italia, che ha finanziato la registrazione dei brani inediti, “Un invito a te” è un portagioie ricolmo di sentimenti: da raccontare, da condividere, da scoprire. Il disco si apre con “Il suo aquilone”, un brano che lascia emergere il senso di resa a qualcuno come fatto necessario per resistere ad un mondo ostile. Archi tesi e vibranti cedono al singolo “Era solo ieri”: una storia semplice ambientata in non luogo dal fascino onirico. Appassionata e bucolica “Succede d’estate”: il sole estivo è quasi un nemico mentre il contesto è un’esperienza tutta da vivere con trasporto. Il brano trainante dell’album è “Avere fiducia”: una canzone amara, disillusa eppure assolutamente vera e umana. Sorprendente la scelta di una cover “Ragazzo mio” di Luigi Tenco: Diego chiude il cerchio in merito ad alcune questioni personali e lo fa attraverso l’anima di un cantautore immenso. La titletrack “Un invito a te” è la canzone che ha dato inizio a tutto, l’album è, in effetti, un invito alla partecipazione emozionale, alla comprensione e al coraggio.

Intervista

Cosa rappresenta per te questo album e cosa ti aspetti da questo progetto?

Le canzoni sono emotivamente molto intense e protese ad un tipo di ascolto empatico. Il mio obiettivo è quello di suscitare un scambio emotivo con l’ascoltatore. Il disco è nato in totale autonomia, non avevo un pubblico ed un suono di riferimento. La musica mi piace tutta, adoro sperimentare cimentandomi con diversi generi per cui il disco segue un po’ questo tipo di linea giocosa che non conosce barriere e forzature. Quello che potevo fare era presentarmi con un lavoro sincero. A 46 anni credo che non esistano più generi. Esistono le cose belle e meno belle, di questo disco posso dire che è pop nel senso più alto del termine.

Com’è andata con Music Raiser?

La campagna di raccolta su Music Raiser è stata un’assoluta novità. Ogni mese i fans venivano a casa mia per ascoltare i provini che stavo realizzando e per scegliere i pezzi da inserire nella tracklist. Soltanto a lavori ormai ultimati il team di Universal Music mi ha fatto la sorpresa di propormi di lavorare insieme.

Alcuni autori decidono di non dare le proprie canzoni perché temono che l’intenzione originaria possa essere tradita. Tu come decidi di tenere le canzoni per te?

Ho superato questa fase anche se è sempre strano lasciare andare una canzone. Certe canzoni, per quanto belle, non sono adatte ad un certo tipo di mondo. Per quanto mi riguarda, la cupezza è un mio marchio di fabbrica. La scrittura viene in modo onesto, in alcuni casi è plausibile per certi artisti, per altri no. Quando scrivo non c’è la ricerca del cantante, cerco solo di fare una bella canzone, che abbia un senso ed una buona struttura.

Ti senti più autore o cantautore?

Non c’è differenza. Io sono uno scrittore che canta bene. La musica è la mia vita, ho la mente elastica. Lavorare con ragazzi giovani comporta una differenza di atteggiamento e di attitudine. Questo mi ha salvato dal punto di vista lavorativo.

Video: Diego Mancino presenta “Avere Fiducia”

Nella titletrack canti “Voglio qualcosa di concreto”…

Un concetto che esprime qualcosa di cui sono alla ricerca. Questo è un disco pieno di gesti reali e di una tensione verso l’altrove.

E la scelta di Tenco?

In questo caso il brano racconta di me. Avevo un papà che suonava in un’orchestra da night. Ricordo che quella era la sua musica mentre io volevo sentire i Joy Division. In realtà questa canzone mi descrive, bisogna fare dei propri desideri una strada maestra, non è vero che si fallisce se non si arriva alla vetta. Il percorso sta nell’essere un uomo con delle idee e fare qualcosa di costruttivo. Ho scelto questo brano perché sono cose che io direi ai miei amici o ad un figlio se ce l’avessi.

Cosa ti hanno detto i colleghi musicisti?

Ho fatto ascoltare questi brani a tanti colleghi e amici. Daniele Silvestri voleva essere uno dei raisers ma la campagna era ormai chiusa. Lui ha seguito tutta la lavorazione, mi ha dato diversi consigli e gli ho dato retta. Avere un feedback da musicisti esperti è fondamentale, diffido di chi è chiuso ed autoriferito. Le persone di cui mi sto circondando sono Manuel Agnelli, Niccolò Fabi, Ermal Meta, mi fido molto di queste persone che hanno dimostrato di avere intuito e coraggio. Trovo rilevante vedere cosa viene percepito da chi sta intorno, chiedo consigli a persone serie.

Diego Mancino

Diego Mancino

Come vivi il rapporto con la fama?

Diffido di chi cerca la fama, la musica è sacrificio, sono della vecchia scuola, mi piace collaborare e discutere con i miei soci. Voglio semplicemente fare bella musica. Essere molto famosi in questo paese è una cosa molto pericolosa, devi avere una tempra molto forte. Per quanto mi riguarda sono emotivamente debole, mi rattristo e mi arrabbio molto velocemente e chi è molto famoso queste cose non può permettersele. Non ho più l’età per invocare le masse, il mio scopo non è diventare famoso, faccio dischi da quando avevo 15 anni; sono arrivato a quota 46 e mi auguro che questo album possa essere conosciuto e seguito dal vivo.

Raffaella Sbrescia

Video: Era solo ieri

Ascolta l’album:

“Detachment”, l’opera prima degli Urban Strangers. Intervista

Urban Strangers

Urban Strangers

Gli Urban Strangers, ovvero Gennaro Raia e Alessio Iodice, approdano al mercato discografico con “Detachment” (Sony Music Italy), un album caratterizzato da sonorità innovative, un sound internazionale e un concept decisamente in linea con i tempi che viviamo. Finalisti a X Factor 2015, con un singolo d’esordio platino e il primo album certificato disco d’oro, gli Urban Strangers modellano e definiscono la loro cifra stilistica con un progetto pensato per riunire tutte le influenze acquisite nel tempo. A coadiuvarli in maniera precisa e brillante è il produttore artistico Raffaele Rufus Ferrante che ha saputo rendere tangibili tutte le idee  e le suggestioni che i due giovani musicisti hanno maturato attraverso le loro recenti esperienze artistiche.

Intervista

Ciao ragazzi, per prima cosa parliamo dei suoni di questo progetto. A cosa o a chi vi siete ispirati e come siete giunti a questo risultato?

Abbiamo raggiunto questo risultato grazie al nostro produttore artistico Raffaele – Rufus – Ferrante che ha permesso si creasse un differente sound e grazie anche alla libertà creativa che ci è stata lasciata da Sony Music e da Casa Lavica, abbiamo potuto mostrare a pieno le nostre idee musicali e la nostra tendenza a sperimentare. Rufus è riuscito a trasformare in realtà tutto quello che pensavamo e quello che provavamo. Questa alchimia artistica è anche il frutto di un forte legame personale tra noi, sarà forse anche per questo che siamo riusciti a buttare fuori tutto quello che avevamo in testa.

Qual è il filo conduttore del disco?

Il tema fondamentale dell’album è il ‘distacco’, un distacco fisico e psicologico, sensazione costante in quest’ultimo anno. Dopo essere usciti da X Factor eravamo circondati dal caos, eravamo di fronte a esperienze difficili da affrontare e a responsabilità da gestire. La paura nel conoscere, affrontare e capire questo tipo di realtà ci ha portato a chiuderci un po’, a pensare a chi eravamo e a cosa stavamo facendo. Abbiamo distribuito i nostri punti di vista in ogni pezzo raccontando le stesse paure con punti di vista diversi.

Cosa ci raccontate di “Medical”, il brano più forte del progetto?

Questo è il pezzo più vicino alla musica techno. Di recente abbiamo iniziato a frequentare i club e abbiamo visto le dinamiche che ci sono all’interno di questi contesti in cui ci si riesce a distaccare dalla gente pur essendone circondati.

Urban Strangers

Urban Strangers

 “Leaf” invece trae spunto dalla vicenda vissuta da una persona a voi vicina…

Questo pezzo è una metafora. La storia prende ispirazione dal vissuto di una persona che non riesce a pensare all’indomani e che preferisce cercare sostegno nei psicofarmaci anziché negli altri. Sentirsi soli può portare ad un tipo di distacco estremo. Per fortuna noi ci aiutiamo tra noi

Suggestivi gli echi morriconiani di “Bare Black Tree”

Grazie a Rufus ci siamo avvicinati molto anche a Morricone. Nonostante le sonorità elettroniche il disco è tutto suonato, l’approccio è assolutamente classico e nel pieno rispetto della tradizione musicale italiana.

E la curiosa miscela di “No Eletronic”?

Questo è il pezzo più spontaneo dell’album, era partito in un modo poi è diventato altro;  si tratta di un vero e proprio featuring con Rufus in cui si evince in modo nitido la nostra identità artistica.

Che rapporto avete con la dimensione musicale underground campana?

Casa Lavica è uno studio in cui passano spesso personaggi dell’underground, è bello vedere che tante realtà riescono ad apprezzarci senza filtro e pregiudizi. Chi lavora a Casa Lavica ci conosce da molto tempo prima di X Factor; siamo i più pop della situazione ma abbiamo sempre avuto massima libertà e rispetto da parte di tutti.

Come ha reagito il pubblico a questo nuovo progetto?

Non aspettavamo altro che un parere da parte del nostro seguito, constatare un riscontro positivo ci ha reso molto felici.

Che idee avete maturato per il tour?

Ci stiamo lavorando molto, ci teniamo a suonare il più possibile, vogliamo farlo nel modo migliore e cercheremo di sorprendervi esattamente come stiamo cercando di fare con questo album! Abbiamo 21 anni, stiamo crescendo, non ci spaventano le sfide ed il misurarci con grandi artisti. Tra i nostri progetti c’è ovviamente anche quello di suonare all’estero.

 Raffaella Sbrescia

Video “Bones”

Tracklist:

1. No electric

2. Stronger

3. Bones

4. My Fault

5. 5

6. Warrior

7. Leaf

8. Bare Black Tree

9. So

10. Rising

11. Medical

12. Intro

Ascolta qui:

 

Francesco Renga è in forma smagliante. Scriverò il tuo nome live è la giusta gratificazione per un percorso fatto di successi

Francesco Renga ph Francesco Prandoni

Francesco Renga ph Francesco Prandoni

Francesco Renga approda nei palazzetti italiani con “Scriverò il tuo nome Live nei Palasport”. Il primo capitolo di questa nuova avventura arriva dopo la recente uscita dell’omonimo album “Scriverò il tuo nome” (Sony Music Italy) e gode subito di un grande supporto del pubblico grazie ad un bel sold out al Mediolanum Forum di Assago. Serata subito calda grazie alla suggestiva apertura del valido cantautore Ermal Meta con cui Francesco ha scritto il singolo “Il Bene”. Con una scaletta comprensiva di 40 brani ed uno show della durata di più di due ore, Francesco mette la sua straordinaria voce al servizio del proprio stesso repertorio senza sconti. Carico, generoso, felice e desideroso del contatto ravvicinato con le persone, Renga si mette in gioco seguendo un unico grande filo conduttore: l’amore.

Francesco Renga

Francesco Renga

L’artista declina il concetto in tutte le sfaccettature e percorsi possibili rendendo questa parola l’unica grande accentratrice di attenzione. «Questa sera mi sono divertito tantissimo, ho lavorato tanto con il mio team e con i miei musicisti per arrivare a questo momento che per me rappresenta una gratificazione senza eguali», ha spiegato Francesco Renga alla stampa subito dopo la performance sul palco: «Il concerto mi dà la possibilità di avere la percezione reale di quello che mi immagino quando incido un album. Quella di stasera era la cosiddetta prova del nove per un live pensato per questi numeri. Avevo già fatto i palazzetti diversi anni fa ma stavolta ci sono arrivato con una consapevolezza completamente nuova. Le cose si devono guadagnare e penso che questo per me sia il momento giusto».

Francesco Renga

Francesco Renga

Tra i momenti più emozionanti e riusciti del live, c’è sicuramente la scelta di lasciare il palcoscenico principale per raggiungere, immerso tra le gente, un piccolo palco posto alla fine del parterre per un set acustico da brividi comprensivo di preziose perle quali “Cambio direzione”, “Dove il mondo non c’è più”, “Raccontami”, “Per farti tornare”: «Credo che quando si raggiungono certi risultati, il motore di tutto è sempre il pubblico. In un momento difficile come questo, chi viene a sentirmi lo fa in mezzo a tantissime altre proposte e fa sacrifici anche economici. Restituire loro la sensazione di protagonismo era uno degli obiettivi che mi ero prefissato. Sono riuscito a cucire tra loro due momenti diversi: quello del contatto intimo con la gente all’interno di un palazzetto. Questa è stata una grande scommessa per tutti, ci ho creduto fin da subito e sapevo che il pubblico avrebbe capito ed apprezzato questa scelta. Una delle mie fortune è avere un pubblico educato, che è cresciuto con me e che ha capito qual era il limite da non sorpassare», racconta Renga.

Sorprendente la scelta di inserire in scaletta il brano “Senza Vento”, risalente al periodo in cui Francesco era parte dei Timoria: «“Senza vento” non la vedevo al di fuori del mondo Timoria. Per me questa canzone era un’icona di quel periodo, di quella band e mi è sempre sembrato fuori luogo riproporla. Ho pensato che questo tipo di contesto potesse essere adeguato, per me è stata una liberazione, mi ha restituito tutto quello che era rimasto lì e che sapevo non essere andato perduto». Ad accompagnare il cantante sul palco la band composta da Fulvio Arnoldi alla chitarra acustica/tastiere, Vincenzo Messina al piano/tastiere, Stefano Brandoni ed Heggy Vezzano alle chitarre, Phil Mer alla batteria e Gabriele Cannarozzo al basso. Alle spalle dell’artista si alternano immagini di vita, contributi live e numerosi effetti speciali: «Il passaggio in un palazzetto è stato difficile. Per quello che il pubblico si è ormai abituato a vedere, era impensabile non dargli delle suggestioni visive di un certo tipo. La mia idea era quella di creare uno spettacolo equilibrato, volevo che fosse un evento in grado di rispondere agli input dei giovani, ho cercato una simmetria quasi maniacale, ho limato tutte le possibili ridondanze. Questo concerto è come una cerimonia laica in cui ognuno riceve e dona qualcosa. L’amore per come lo intendo io è la cosa più importante, non sono solo canzonette, cerco di esplorare, raccontare, declinare questo argomento in tutti i momenti e percorsi possibili», confessa, a questo proposito, in modo assolutamente schietto, Francesco che, tra le varie cose, dimostra di essere decisamente umile ed inquadrato: «Ho scelto di fare 5 date e non 500 perché sono il frutto della certezza dei numeri che si possono tenere. Ho rispetto per il lavoro di tutti, trovo che sia inutile far impazzire un promoter o un impresario. Da bravo bresciano e da artigiano, tengo i piedi per terra, lascio consolidare le cose e sono ben felice di questi numeri che, in ogni caso, rappresentano una grande sorpresa per me. Voglio fare le cose piano piano, so che quando le cose accadono poi restano e diventano i mattoni su cui costruire qualcosa di ben solido. Tutto il mio percorso è stato caratterizzato da questo modus operandi. Sono fortunato ad aver un team che, come me, ha questa stessa visione», sottolinea l’artista.

Francesco Renga, Ferdinando Salzano e Andrea Rosi durante l’incontro con la stampa

Tra gli aspetti più interessanti del concerto c’è soprattutto l’uso che Renga fa della sua voce: si vai dai classici melodici a brani ricchi di effetti, il tutto senza soluzione di continuità. Ecco come commenta la cosa il diretto interessato: «Il file rouge che lega tutti i miei dischi dal punto di vista concettuale è l’amore. Per questa ragione dal punto di vista testuale questo racconto dell’amore non rappresenta niente di nuovo per me. La difficoltà maggiore è stato l’uso della voce. I miei dischi sono diversi tra loro: i brani più facili sono quelli più vicini alla mia identità di artista melodico, gli altri, specie quelli presenti nel disco nuovo, sono molto più difficili. Cantare un disco registrato tagliando i respiri, e farlo alla stessa velocità di una voce doppiata sotto che ti impone una certa tonalità, è veramente complicato».

In merito alla corposa scaletta che, ha lasciato veramente poca roba da parte, dice: «Mentre componevo la scaletta mi sono reso conto che ogni artista ha due o tre nodi intorno ai quali incentra la propria esistenza, forse sono proprio quelle cose che lo “costringono” ad essere un artista. In questo live ho voluto dare molto spazio a questo disco, ho coinvolto il pubblico con un sondaggio e sono venute fuori tante cose che non facevo dal vivo ormai da qualche anno. Durante l’allestimento ho anche provato delle cover ma, partendo dal presupposto che sono già 20 le canzoni “obbligate”, non avrei potuto fare più di così». Ci sono anche notizie rassicuranti per chi non potrà partecipare ad una delle prossime quattro date (rispettivamente previste il 19 ottobre alla Fiera di Brescia, il 20 alla Kioene Arena di Padova, il 22 al Palalottomatica di Roma, il 23 al Palaflorio di Bari): «Credo che ci sia ancora molto da fare per questo disco. Nel 2017 ci sarà un altro tipo di concerto che possa consentirmi di portare questo live in posti diversi che ora non potevamo permetterci di raggiungere». A conclusione di questo racconto, rimane un’unica grande verità: è l’amore a renderci migliori. Lo sa più che bene Francesco Renga che afferma: «Perché siamo qui? Cosa muove i nostri passi? Ho recentemente letto un libro di Raymond Carver, un autore capace di rivoltare l’anima in modo schietto e ficcante attraverso l’uso di poche parole, il quale si chiedeva: “Hai ottenuto quello che volevi da questa vita? Sì, potermi dire amato su questa terra”. Dunque è l’amore quello che vogliamo; sentirci amati ancora prima di amare. L’unica cosa che vi posso assicurare è qualsiasi cosa faccia l’amore, lo fa sempre per il nostro bene»; conclude. Noi, dal nostro canto, non potremmo essere più d’accordo.

 Raffaella Sbrescia

Scaletta

Scaletta

 

INTRO

1 SCRIVERÒ IL TUO NOME

2 I NOSTRI GIORNI

3 A UN ISOLATO DA TE

4 A MENO DI TE

5 IL BENE

6 CI SARAI

7 REGINA TRISTE

8 VIVENDO ADESSO

9 IMMUNE

10 SPICCARE IL VOLO

11 L’AMORE ALTROVE

12 13 MAGGIO

13 IL MIO GIORNO PIÙ BELLO NEL MONDO

 

SET ACUSTICO

 

14 ANGELO

15 COSÌ DIVERSA

16 CANCELLARTI PER SEMPRE

17 DI SOGNI E ILLUSIONI

18 LA TUA BELLEZZA

19 AFFOGO BABY

20 RIMANI COSÌ

21 DOVREBBE ESSERE COSÌ

22 STO GIÀ BENE

23 MERAVIGLIOSA

24 MIGLIORE

 

BIS

25 SULLA PELLE

26 ERA UNA VITA CHE TI STAVO ASPETTANDO

27 GUARDAMI AMORE

28 L’AMORE SA

 

 

 

Set acustico

 

1 CAMBIO DIREZIONE

2 SENZA VENTO

3 LA SORPRESA

4 STAVO SEDUTO

5 VENERDÌ

6 DOVE IL MONDO NON C’È PIÙ

7 RACCONTAMI

8 L’ULTIMA POESIA

9 PER FARTI TORNARE

 

“Nuova Gianturco”: la periferia urbana raccontata da Francesco Di Bella. Recensione

Francesco Di Bella

Francesco Di Bella

 “Nuova Gianturco” è il nuovo album di Francesco Di Bella, ex cuore pulsante dei 24 Grana. Dolore, ironia, sentimentalismo e disincanto si fondono in un full lenght intriso di sonorità ricercate. Storie di speranze e sconfitte sono il mare magnum in cui Di Bella pesca a piene mani incrociando culture ed esperienze, sogni e favole in una serie di frame dal sapore vintage ma di stampo socio-culturale contemporaneo. La culla di gestazione è Gianturco, un particolare quartiere di Napoli sito in piena periferia urbana. Quella periferia che spezza il cuore grazie ad un peculiare mix di speranza, dolore, umanità, rabbia. La musica di questo album nasce laddove “l’amore non basta”. Ad imprimere un mood avulso da mode e tendenze del momento è la produzione artistica di Daniele Sinigallia. I 10 brani di questa interessante raccolta spaziano tra rimiche blues e synth onirici. Delicati e stimolanti al contempo, i dieci brani della raccolta sono impostati su un taglio musicale moderno in cui si alternano episodi carichi di ritmo e atmosfere sospese e riflessive.

Francesco Di Bella

Francesco Di Bella

“Nuova Gianturco” racconta la sconfitta ma rifugge la rassegnazione in nome dell’autenticità delle cose vere, quelle che non si perderanno mai. Tra i brani più significativi, segnaliamo “Blues Napoletano” in cui l’odore e il ritmo di Napoli si fondono all’interno di una inconfondibile cifra stilistica dalla forte carica sensuale. Particolarmente riuscite le collaborazioni con Neffa nel brano “Progetto” e 99 Posse in “Aziz”, canzone in cui i migranti acquisiscono finalmente una voce; impossibile da ignorare. Il disco si chiude con “Brigante se more” di Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò; una testimonianza di ammirazione per i grandi cantautori che negli anni hanno saputo tramandare, rinnovandola, la migliore tradizione partenopea.  Ospiti speciali Dario Sansone dei Foja e Claudio “Gnut” Domestico. L’ideale trait d’union tra i fasti del passato ed una generazione cantautorale in grado di portarci per mano tra le correnti di un futuro liquido.

Raffaella Sbrescia

Ascolta qui:

TRACKLIST

  1. Nuova Granturco
  2. Aziz
  3. Tre Nummarielle
  4. ‘Na bella vita
  5. Non ho più tempo
  6. Progetto
  7. Blues napoletano
  8. Gina se ne va
  9. Briganti se more
  10. Guardate fore

Video: Tre Nummarielle

Paolo Buonvino firma la colonna sonora per “I Medici. Masters of Florence”. In “Renaissance” collabora con Skin

E’ firmata da Paolo Buonvino la colonna sonora originale della coproduzione internazionale “ I Medici”, serie televisiva prodotta da Lux Vide, Big Light Productions (UK) e Wild Bunch TV (FRA) in collaborazione con Rai Fiction,  in onda dal 18 ottobre in prima serata su RAI 1.
Con la colonna sonora  de “Medici” il compositore ha cercato di narrare, attraverso la musica, una storia  che appartiene all’Uomo del Rinascimento quanto a quello di oggi.  Una storia che getta uno sguardo al passato, ma sempre è orientata al futuro.
Per questo motivo il linguaggio musicale è una commistione di elementi di suggestione antica in un tessuto contemporaneo.
Paolo Buonvino ha fin dall’inizio pensato ad impreziosire il progetto volendo al suo fianco SKIN, una delle artiste più’ carismatiche della scena musicale internazionale. Da questa empatica collaborazione artistica, è nata RENAISSANCE, una sorta d’aria d’opera moderna, un brano che sarà titoli di testa e coda di tutta la fiction.
La composizione di Buonvino si è fusa al testo di Skin per celebrare un Rinascimento moderno che fonde le sonorità classiche con  ritmi e arrangiamenti rock, misti ad elettronica … “I can’t say that i can change the world (but if you let me)/I can change our word for us” 
“Sono grato a Skin per aver raccolto con istintivo ed immediato entusiasmo il mio desiderio di collaborare con lei. Skin è un’artista straordinaria, il nostro è stato realmente un incontro di anime che ha portato alla realizzazione di questo progetto che per me ha un significato profondo. Ho trovato grande ispirazione nella storia di Cosimo de Medici, un’ uomo che aveva la mente rivolta al futuro con uno sguardo al passato. Desidero ringraziare le produzioni per aver scelto di raccontare le vicende della famiglia Medici: sarà un invito a “rinascere”  abbandonando abitudini  personali e sociali che  affossano le nostre libertà più intime.
Skin:
“E’ stata una gioia lavorare a questo progetto. Paolo Buonvino è eccezionale, la sua passione per ogni singola nota è incredibile, la profondità dell’amore che prova per il suo lavoro è stimolante, insieme abbiamo sviluppato la stessa voglia di realizzare qualcosa di grandioso!”
Dal 18 ottobre “Renaissance” sarà disponibile in tutte le piattaforme digitali.
Video: Renaissance

“Amazing Game”, Paolo Conte apre il suo forziere e ci regala un album strumentale. Intervista

 

Paolo Conte - Amazing Game

Paolo Conte – Amazing Game

A ridosso dell’ottantesimo compleanno, Paolo Conte sceglie di regalarci “Amazing Game”, un album strumentale costituito da registrazioni effettuate in epoche diverse (dagli anni ‘90 a oggi), per colonne sonore di pièce teatrali e a scopo di studio e sperimentazione. Ventitrè brani liberi, ricchi, strutturati, escono dai cassetti dello chansonnier in accordo con la Decca Records/Universal. Scrittura, improvvisazione e stralci di vita si fondono e si intrecciano in un lavoro che trabocca di energia e piglio creativo. Entrando nello specifico di “Amazing Game” troviamo dodici composizioni (da “Pomeriggio Zenzero” a “The Bridge”) commissionate dalla Regione Liguria per commemorare il centenario della nascita di Eugenio Montale; cinque (da “Rumbomania” a “Gli Amici Manichini”) furono composti per una pièce teatrale mai andata in scena dal titolo “Gli Amici Manichini”, “Changes All In Your Arms” composto inizialmente per il disco “Razmataz” e la meravigliosa, nonché conclusiva “Sirat Al Bunduqiyyah”, registrata per la pièce teatrale “Corto Maltese” in collaborazione con l’Orchestra Sinfonica delle Marche sotto la direzione di Daniele Di Gregorio. Insieme al cantautore e compositore di Asti hanno suonato nel disco: Lucio Caliendo (bassoon), Claudio Chiara (alto sax), Daniele Dall’Omo (guitar), Daniele Di Gregorio (drums – percussions – vibes), Massimo Pitzianti (accordeon – bandoneon – clarinet – baritone sax), Piergiorgio Rosso (violin), Jino Touche (double bass – guitar), Luca Velotti (soprano sax), Luciano Girardengo (cello), Maurizio Bellati (french horn), Alberto Mandarini (trumpet), Jimmy Villotti (electric guitar) Claudio Dadone (guitar – accordeon), Piero Conti (drums) e Ginger e Rama Brew (cori). Un gruppo di musicisti particolarmente affiatato che ha mostrato sì, grande complicità, ma anche una notevole perizia, testimoniando uno stato di grazia difficile da eguagliare.

Paolo Conte ph Daniela Zedda

Paolo Conte ph Daniela Zedda

Intervista

Paolo, qual è lo spirito che attraversa “Amazing Game”?

In questo progetto c’è sempre il mio gusto, il mio stile, lo stesso presente nelle mie canzoni. Queste composizioni sono molto scritte, solo due pezzi sono improvvisati: il primo è “F.F.F.F,  l’altro è “Fuga in Amazzonia in Re Minore”; in ogni caso si tratta di un’improvvisazione soltanto free e non free jazz.

Un album che non ha paura del silenzio e delle pause…

Il silenzio è sempre stato una bellissima strategia in grado di mantenere viva tutta la tensione di quello che è stato suonato appena due battute prima.

Che legame c’è tra i titoli e i brani?

Ogni composizione è sempre preceduta da titoli provvisori. In genere non c’è mai un legame causa-effetto; è stato tutto molto estemporaneo. Non c’è un filo narrativo, la tracklist è stata costruita a posteriori.

La scelta di un progetto strumentale rivela una vocazione precisa?

Nella mia vita c’è sempre stata passione per la musica, sin dai primi anni in cui collezionavo dischi. Non faccio differenza tra musica strumentale e quella che scrivo per le mie canzoni, il mio stile ed il mio gusto sono rimasti i medesimi, qui non ci sono le distrazioni che possono darti le parole, la musica racconta le cose in modo molto più astratto ed impalpabile.

Paolo Conte Ph Alessandro Menegatti

Paolo Conte Ph Alessandro Menegatti

Cosa rappresenta questa operazione oggi?

Non ho abdicato alla canzone, sono cose che ho scritto per mio diletto e che sono sono state ben suonate dai miei musicisti e anche da me; questo non implica un cambio di rotta della mia musica. Nei concerti che terrò a breve, infatti, farò solo le canzoni del mio repertorio classico. La formula sarà quella ormai consueta tra successi vecchi e nuovi. I musicisti saranno i miei fedeli compagni in questa avventura.

Perché questo album non è jazz?

Da grande appassionato di jazz, ho cristallizzato le mie idee, per questa ragione dico che questo non è un album jazz.

A tal proposito cosa ascolti del mondo jazz?

In qualità di ascoltatore ho studiato tutta la storia jazz, poi pian piano mi sono rifugiato negli arcaici, negli antichi. Gli anni ’30 sono quelli in cui sento le rivoluzioni più forti. Amo la potenza che c’è nel linguaggio che si formò in quegli anni, la costruzione dell’espressività dei musicisti neri e bianchi nel modellare gli stilemi di un certo linguaggio.

Che rapporto hai con la musica classica?

C’è sempre stato un bel rapporto. Da un po’ di anni la sera mi sintonizzo sul canale 138 di Sky dove trovo grandi concerti di grandi solisti. Ho le mie preferenze: adoro il pianismo di Chopin, mi ha impressionato Erik Satie. Ho avuto una bella conferma con Schumann, mi piace sempre molto Ravel nonché l’imponenza pianistica di Beethoven.

 Cosa pensi del premio Nobel a Bob Dylan?

Sono d’accordissimo. Questo tipo di apertura avvenne proprio con Dario Fo, in quel caso avvenne con il teatro, in questo caso con la musica. Non mi scandalizzo, mi congratulo con Dylan. Tra gli anni ‘70 e ’90 in Italia i cantautori italiani hanno speso grandi energiae letterarie, spesso molto di più rispetto ad altre nazioni. Il più grande è stato Enzo Jannacci, lo dico anche a distanza di diversi anni.

Hai un erede artistico?

No, sento di avere avuto migliaia di maestri ma nessun erede, forse è un mio difetto non riuscire a trasmettere quello che faccio.

Hai messo da parte molte composizioni, è successo anche con le canzoni?

Sì certo, nei cassetti giace ancora qualcosa.

Di questo terzo millennio, cosa pensi, come ti ci trovi?

Da un punto di vista artistico non sento grandi differenze. Mi dà fastidio la presenza troppo forte del contenuto rispetto alla forma. C’è ancora troppa voglia di comunicare e di spiegare le cose.

Cosa ti aspetti da questo disco?

Come al solito non mi aspetto nulla in particolare. La Decca è una casa discografica importante, storica, poi in questo periodo i dischi strumentali hanno una buona chance all’estero…chissà!

Come ti prepari agli 80 anni?

Tengo duro, cerco di reggere e di sognare ancora qualcosa. Mi piacerebbe lavorare e comporre per il cinema.

Raffaella Sbrescia

Ecco la tracklist completa di “Amazing Game”: “Pomeriggio Zenzero”, “F.F.F.F. (For Four Free Friends)”, “En Bleu Marine”, “Song In D Flat”, “P.U.B.S.A.G. (Passa Una Bionda Sugli Anni Grigi)”, “Amazing Game”, “Zama”, “A’ La Provençale”, “Serenata Rustica”, “La Danse”, “Zinia”, “The Bridge, Largo Sonata Per O.R.”, “Fuga nell’Amazzonia In Re Minore”, “Sharon”, “Tips”, “Rumbomania”, “Mannequins Tango”, “Novelty Step”, “La Valse Fauve”, “Gli amici manichini”, “Changes All In Your Arms”, “Sirat Al Bunduqiyyah”.

Il tour è organizzato da Concerto Music (www.concerto.net):

22-23 ottobre – Auditorium della Conciliazione – Roma;

29 ottobre – Pala Banco – Brescia;

11-12 novembre – Teatro degli Arcimboldi – Milano;

12 dicembre – Teatro Regio – Torino;

11-12 febbraio – Philharmonie De Paris – Parigi;

25 febbraio – Elbphilharmonie – Amburgo.

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