Maldestro presenta “EgoSistema”. Intervista ad ego aperto.

Abbiamo  incontrato il cantautore napoletano Maldestro per una chiacchierata sull’ultimo album “EgoSistema” ma anche tanto altro. Un universo-uomo fatto di immagini, pensieri, personaggi che fluttuano voluttuosi tra i tanti progetti di un artista poledrico.
maldestro

Antonio, più che un’intervista a cuore aperto, la nostra è una chiacchierata ad “Ego” aperto sulle canzoni di questo nuovo progetto. Partiamo proprio dal cuore, disegnato anche sulla copertina del disco. Secondo te come se la gioca con l’ego?

Penso che cuore ed ego siano sempre e completamente in lotta. Ogni tanto vince l’ego, ogni tanto il cuore ha la meglio su tutto. La soluzione sarebbe trovare un equilibrio perfetto tra le due cose. L’ego è fondamentale per l’essere umano, ma non deve prevalere, “sforare”; in questo modo, finirebbe solo per fare danni. La cosa più giusta sarebbe costruire un ponte tra cuore ed ego…

So che “EgoSistema” è un album che, almeno dal punto di vista della scrittura, non ha avuto una gestazione lunghissima…

Sì, è vero, l’ho scritto in pochi mesi, da Novembre 2019 a Gennaio 2020. Rispetto agli album precedenti, è stato diverso il metodo, nel senso che prima tendevo solitamente a prendere la chitarra o il pianoforte e cominciavo a scrivere canzoni. Per questo disco, invece, ho cercato prima un suono diverso, ho creato prima gli arrangiamenti e poi ho cominciato a scrivere, quindi è stato partorito in maniera diversa. Mi sono divertito molto. Ho concluso le registrazioni a Milano a Marzo del 2020, qualche giorno prima del primo lockdown. Sono tornato a Napoli giusto in tempo…

Nel primo periodo di pandemia sei anche tornato al tuo primo grande amore, il Teatro, scrivendo molto anche per questo…

Sì, in quei mesi ho lasciato stare un po’ la musica e mi sono dedicato al teatro, riprendendo delle cose già scritte e scrivendo dei racconti nuovi per ultimare il mio primo romanzo. Gli ultimi due anni li ho trascorsi così…

Qualche mese fa hai anche portato in scena al Teatro Piccolo Bellini di Napoli lo spettacolo “Io non sono pacifista”…

Sì, è uno spettacolo ispirato alla storia di Gino Strada. Ho letto i suoi libri e mi hanno letteralmente aperto il cuore a metà, così ho pensato di farne una pièce teatrale. E’ stato un bellissimo viaggio. Io amo molto il teatro civile. Questo è stato uno spettacolo necessario, e anche doloroso. Persone come Gino Strada devono essere raccontate, perchè si tratta di uomini in grado di “spostare” il pensiero e cambiare la visione del mondo. Per me è stato un onore poterlo far rivivere in questo spettacolo e poterlo rappresentare in qualche modo…

Iniziamo ad entrare nelle canzoni di questo disco. Parto dalla title track “EgoSistema”. La frase “Io fingo di ascoltare tutti” quanto ti somiglia?…

Parecchio. Mi somiglia parecchio perchè è così, talvolta siamo così presi da noi stessi che quello che dicono gli altri ci interessa poco. Nonostante io sia un “ascoltatore seriale” e mi piaccia molto ascoltare, ogni tanto fallisco vergognosamente…

Alla fine della canzone ci sono delle bellissime parole. Mi hanno colpito in particolare queste, perchè raccontano una grande verità: “Ci sono persone scritte al contrario, puoi leggerle solo da dentro, e allora ci devi entrare”…

Sì, a declamare queste parole è Cinaski, Vincenzo Costantino, un bravo poeta milanese, anche se dire bravo è molto riduttivo. E’ un grande poeta con il quale ho collaborato; ci siamo ritrovati una sera a Milano in un locale, assieme a Manuel Agnelli, e per caso è nata anche la nostra amicizia. Lui ha scritto molti libri e ha lavorato anche con Vinicio Capossela. Le persone scritte al contrario sono in assoluto le migliori che abbia mai incontrato in vita mia, hanno un pensiero diverso dai soliti schemi abituali. Faccio sempre il tifo per questo tipo di persone…

Sì questo è un po’ il discorso che facevamo prima, dell’equilibrio tra cuore ed ego. Trovare un equilibrio col mondo esterno ti aiuta poi a guardarlo meglio il mondo, e per trovarlo, secondo me, bisogna prima cercare dentro di sè, cercare chi si è, in modo che poi gli altri si possano accordare, un po’ come le navi sull’oceano. Il mondo è fatto di individualità che devono poi creare una comunità, e quindi è fondamentale trovare questo equilibrio…

Una delle mie canzoni preferite di questo disco è “Anna se ne frega”, un pezzo delicato e intimo che racconta anche di quanto a volte sia liberatorio “sbagliare e fregarsene”…

Assolutamente. Sbagliare ci aiuta a correggere il tiro, a comprendere chi siamo. Chi non fallisce, non fa. Sono un grande fan dei fallimenti perchè su quelli si costruisce e si guarda avanti. Sbagliare è fondamentale…

Un’altra canzone fortemente autobiografica è “Pezzi di me”. Hai in qualche modo ricomposto i pezzi di questo Puzzle?

No, non credo. O almeno, in quei tre minuti e mezzo di canzone, sì, perchè in quel breve tempo, canti, ti liberi, e in qualche modo ti rimetti a posto con l’universo. Poi subito dopo, i pezzi, e per fortuna direi, ritornano di nuovo sparsi, e quindi il lavoro che mi tocca fare ogni tanto è quello di raccoglierli e di metterli di nuovo insieme. Sono fatto di pezzi che si compongono e scompongono continuamente…

Probabilmente non basta una vita a raccogliere tutti i pezzi di sè

Ma forse nemmeno due…

“Il Panico dell’ansia”, L’ansia del Panico. Sono in qualche modo complementari o intercambiabili?

Sì, in base al livello di ubriacatura… (ride… n.d.r.)

Nel 2017 hai partecipato al Festival di Sanremo con “Canzone per Federica” (Secondo Posto tra le Nuove Proposte e  Premio Della Critica Mia Martini n.d.r.) che io considero una delle canzoni più belle mai scritte nella musica italiana. Rifaresti il Festival?

Sì lo rifarei. Sanremo è stata un’esperienza molto bella, divertente, appassionante. L’ho vissuta come se fosse veramente un gioco, cercando di non essere risucchiato dalle luci della ribalta. L’ho vissuta davvero come fosse una gita della scuola…

Quale canzone di questo disco avresti presentato a Sanremo?

Forse “Come Kim Ki-Duc”, uno dei pezzi che più mi rappresenta.

Hai citato il Regista “Kim Ki-Duc”, e in due pezzi dell’album citi Marilyn. Che rapporto hai con il Cinema?…

Con il cinema ho un rapporto straordinario. Sono un appassionato di film in bianco e nero, ma anche del cinema muto. Amo in particolare il cinema coreano che, secondo me, ha autori e registi fantastici, tra cui Kim Ki-Duc, Il cinema mi ha dato tanto, ed è una forma d’arte che, attraverso le immagini, la scrittura, il sonoro, esprime tantissimi sentimenti. E’ una forma d’arte completa…

C’è una frase che ripeto spesso nelle mie interviste con gli artisti, e che nel tuo caso, mi sembra particolarmente calzante: Ci sono “Dischi da leggere e Libri da ascoltare”. Tra i tanti, quali sono stati i libri che ti hanno cambiato e salvato la vita?

Uno dei libri che mi ha cambiato la vita è stato “La Fine è il mio inizio” di Tiziano Terzani, uno di quegli autori che “sposta il pensiero” e ti fa guardare le cose e il mondo in maniera diversa., Questo è stato un libro che mi ha aperto davvero gli occhi su tante cose e situazioni, soprattutto interiori. Terzani, oltre ad essere un giornalista di grande valore, è stato anche un uomo che è sceso spesso dentro di sè. A me ha donato tanto, quindi è un autore che consiglio a tutti…

Un altro pezzo che amo di quest’ album è “Paranoie”, canzone che racconta delle nostre fragilità. Mi piace questa frase che recita un’altra grande verità: “Farsi amare senza amare” è un piccolo reato…

Sì lo è, anche se io sono del parere che si cambia nella vita, si cambia almeno ogni mezz’ora. A volte riascolto cose che ho scritto un paio di anni fa e mi dico ” Ma questo sono io… io non la penso così ora…”. Questa frase ha in sè una piccola verità anche se penso che poi tutto è amore, e anche quando non si ama ci sono sempre delle ragioni d’amore. Riascoltandola oggi probabilmente non la riscriverei…

Cose dette da altri con le quali Maldestro è d’accordo o meno…

“Date fiducia all’amore, il resto è niente” (Giorgio Gaber)
Beh sì, sono d’accordo. L’amore è la ragione per cui tutto è…

“La Globalizzazione è un sistema studiato per far respirare il denaro attraverso la pace” (Alessandro Baricco)

Trovo che la globalizzazione abbia i suoi pro e i suoi contro, io sono per l’Umanità. Per me è un fallimento che l’Italia si chiami Italia e la Polonia si chiami Polonia. Mettere una bandiera per varcare un confine è come mettere un muro, e questo spesso è causa di guerre, ma è anche vero che la globalizzazione ha portato ricchezza culturale; rispetto a cinquant’anni fa, oggi è molto più semplice potersi confrontare con qualcuno che vive in Finlandia, e questo confronto ci porta a crescere, conoscere e comprendere anche altre culture e umanità.

“Ogni cosa fatta in qualche modo la si paga in ansia, in insuccesso, e se tutto va bene, in nostalgia… (Fabrizio De Andrè)
Sì concordo… e con la morte concluderei io… Mi viene in mente una frase di un film d’animazione, quella della scena in cui Simba e il padre guardano l’orizzonte e Simba chiede al padre: A cosa serve l’orizzonte se noi ci avviciniamo e lui si allontana?… E il padre risponde: Per avanzare…
Anche se noi sappiamo che ad un certo punto c’è la fine, viviamo per avanzare, l’istinto umano ci porta ad andare sempre oltre. Sembra una follia ma la grandezza della vita è questa…

Ci saranno prossimamente appuntamenti live di concerti o teatrali?…

Sì, stiamo lavorando in questi giorni alla chiusura di alcuni concerti. Anche per il teatro è così. Ci saranno delle date estive ma non abbiamo ancora un calendario definito.

Nell’Egosistema di Maldestro come si vive?…

Una bomba… (ride n.d.r.)… Scherzi a parte, si vive tra terremoti e primavere…

“EgoSistema” Tracklist

1) Ma chi me lo fa fare
2) EgoSistema
3)Precario Equilibrio
4) Anna se ne frega
5) Pezzi di me
6) Il panico dell’ansia
7) Leggero
8) Segnali di fumo
9) Paranoie
10) Un’altra bella scena (porno)
11) Come Kim Ki-Duc

GIULIANA GALASSO

Intervista a Caffellatte: scrivere è libertà

Abbiamo incontrato Caffellatte, nome d’arte di Giorgia Groccia, cantautrice, scrittrice e speaker di origini pugliesi, classe ’94, per parlare del nuovo singolo “Sottovuoto” e di tutti i nuovi progetti.

Caffellatte

Caffellatte

Giorgia, quando inizia il progetto Caffellatte?

In realtà questo nome ce l’ho da sempre, e quando ho iniziato a scrivere le prime canzoni e a pubblicare ufficialmente i primi singoli, ho voluto tenerlo.
Ho iniziato nel 2015 a scrivere canzoni, poi il resto è stato un divenire, una ricerca, soprattutto a livello di suoni, per capire quale sound mi piacesse di più. Con gli ultimi brani usciti, “Endorfine”, “Valium”, “Alcol Test” e “Carta Stagnola”, sono riuscita a trovare il mio vestito sonoro ideale. E’ stata davvero una evoluzione naturale.

Essendo anche una scrittrice, nasci in qualche modo dalle parole. Nel 2018 hai pubblicato il romanzo Blue Frammenti, in cui racconti, anche in modo crudo, il rapporto tra generazioni. Quanto è autobiografica quest’opera?

Il libro non è autobiografico. Racconto una storia totalmente inventata, ma essendo scritta in prima persona, mi sono immedesimata nel personaggio principale; ci sono degli spazi in cui ho utilizzato il “mio personaggio” per esprimere pensieri miei, ma la storia del romanzo, in cui si parla anche di violenza, di dinamiche familiari complesse e non belle, non è la mia. Il libro nasce comunque dall’esigenza di voler inventare qualcosa e di volermi raccontare in maniera allegorica. Scriverlo è stato divertente, e anche molto toccante ed emotivo…

Il singolo attualmente in promozione è “Sottovuoto”, canzone che racconta della sensazione di soffocamento provocato dall’essere tra la folla e al contempo della tristezza nel doverla rifuggire. Farà parte di un album?

Certo, “Sottovuoto” fa parte di un album che uscirà prossimamente. Ho iniziato a scrivere anche nuove canzoni, ma questa è una esigenza personale. Quando un’idea mi illumina e si accende “la lampadina”, io scrivo. La scrittura è una cosa libera; per fortuna in questo ultimo anno sono stata molto presa dalla scrittura, anche in maniera spontanea e naturale. Vedremo cosa salverò e cosa scarterò delle cose scritte in questi mesi, ma già solo il fatto di scrivere è una cosa positiva.

Tu sei anche una speaker radiofonica. In che modo la radio entra, se entra, nel tuo mondo musicale e nel processo di scrittura delle canzoni?

La radio e la scrittura non sono vasi comunicanti. La radio fa parte del mio essere versatile. Io amo in generale comunicare; per me, parlare al microfono, è una cosa bella. Ci sono persone che non riuscirebbero mai a stare davanti ad un microfono; io invece mi sento molto a mio agio.
Sono a mio agio sia nel parlare ad un interlocutore immaginario, non presente fisicamente, come accade in radio, sia quando devo parlare davanti ad un pubblico vasto. E’ una cosa che mi piace, che fa parte del mio lavoro di comunicazione. E’ una dimensione mia, che non interferisce, né in maniera positiva, né in maniera negativa con la scrittura dei brani…

Quali sono gli artisti che ti hanno formato umanamente e musicalmente?

Il primo è Franco Battiato, l’unico artista per il quale ho pianto quando è scomparso. Fa parte davvero della mia vita e del mio passato. Mio padre me lo faceva ascoltare sempre quando viaggiavamo in macchina. Insieme a Fabio Concato è davvero un pezzo del mio cuore.
Per il resto, essendo una persona curiosa, ho sempre ascoltato di tutto, anche generi musicali molto diversi tra loro. Una costante è stata sicuramente l’ascolto del Rap, italiano ed internazionale, sin da quando ero ragazzina. Ho amato Fabri Fibra, il Fedez degli inizi, Mecna, Guè Pequeno, Ghemon, Dargen D’Amico. Ho una lunga lista di artisti che mi hanno influenzato musicalmente.

Da speaker radiofonica e fruitrice di musica invece, cosa trovi di interessante attualmente nella musica italiana?

Mahmood e Blanco. Sono molto attratta dal sound e dalla metrica di Mahmood. Blanco invece sarà secondo me uno dei prossimi Big della musica italiana destinati a durare nel tempo. Ti dico senza ombra di dubbio loro due…

Quando Giorgia si sente “sottovuoto”, quale mezzo di “decompressione” utilizza oltre la scrittura?

Ultimamente una cosa che mi rilassa è il rumore bianco della Tv o dei Film. Anche se non sto seguendo un film su Netflix o in televisione, averlo in sottofondo mi calma tantissimo. Ti confesso che non riesco a dormire senza il rumore della Tv accesa. Anche correre mi piace, ed è un’abitudine che ho acquisito da pochi mesi. Spero che rimanga perche fa bene sia al corpo che alla mente.

Un sogno/progetto che speri di realizzare al più presto…

Beh, se devo sognare in grande, ti dico un concerto a Roma, all’Atlantico o al Palalottomatica. Non so se si realizzerà mai, ma sarebbe bellissimo. Una cosa più probabile invece sarà, dopo l’uscita dell’album, un Tour in diverse città d’Italia. Intanto incrocio le dita…

Un posto, oltre la città in cui vivi, che ti fa sentire a casa…

Sono romana d’adozione e considero Roma la mia città, ma un altro posto in cui mi sento a casa è Acri, in provincia di Cosenza, il paese di origine di mio padre. Lì ci sono tanti ricordi della mia vita, belli e brutti…

Giuliana Galasso

Vasco Brondi presenta Paesaggio dopo la battaglia: “Siamo qui per rivelarci, non per nasconderci”

Vasco Brondi cover album

Vasco Brondi cover album

Dal 7 maggio sarà disponibile PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA, il primo album di Vasco Brondi dopo la conclusione del progetto artistico Le Luci Della Centrale Elettrica. Il disco è autoprodotto da Cara Catastrofe e distribuito da Sony Music. 10 tracce, scritte e prodotte tra Ferrara, Milano e New York, raccontano la nuova visione del cantautore tra battaglie intime e universali, battaglie di crescita e di ricerca, battaglie di perdite e di conquiste. Paesaggio dopo la battaglia è composto da racconti per voce e cori, per orchestra e sintetizzatori. In ogni canzone c’è qualcuno che ricerca fiduciosamente anche in tempi difficili, tra le leggi della città e quelle dell’universo. Dopo la battaglia c’è una pace incerta, piena di ferite o piena di sollievo. C’è qualcuno che chiama un nome tra le macerie, qualcuno che risponde. Nel suo nuovo lavoro Vasco Brondi rivela il suo modo di vedere le cose, la sua sensibilità e la profondità con cui analizza il mondo che lo circonda attraverso un cortocircuito tra atmosfere diverse, e un insieme di battaglie, intime e universali, tenute insieme da una voce narrante accompagnata da strumenti fantasma: un’orchestra di fiati, un pianoforte, un coro gospel e vari sintetizzatori. La cover del disco è una foto inedita di Luigi Ghirri, omaggio alla figura e all’opera del grande artista italiano, filosofo del silenzio.

Il disco, la cui produzione artistica è curata da Taketo Gohara, Vasco Brondi e Federico Dragogna, si arricchisce della partecipazione e la collaborazione di numerosi musicisti di importanza internazionale: da Mauro Refosco (Red Hot Chili Peppers, David Byrne) a Paul Frazier (David Byrne), fino ad arrivare ad Enrico Gabrielli e Alessandro “Asso” Stefana (PJ Harvey, Vinicio Capossela, Mike Patton).

Nella prima tiratura limitata, disponibile al link https://bit.ly/pdlbvb, il CD è accompagnato dal libro Note a margine e macerie, un diario on the road in una nazione deserta, racconto dei tragitti tra uno studio di registrazione e l’altro, di notti silenziosissime tra Milano, Ferrara e i ricordi di un viaggio in India, di un inverno a Lampedusa e dei paesi disabitati dell’Italia interna. È in queste pagine che Vasco ha voluto annotare tutto ciò che esonda dalle canzoni, che per natura, invece, richiedono una certa sintesi. Le sensazioni e i pensieri che l’hanno accompagnato nelle fasi di scrittura sono parte integrante di questo grande progetto. Gli eventi incontrollabili, l’evolversi del mondo, la storia e le circostanze del momento hanno fatto il resto.

L’ascolto si apre con 26000 giorni, un brano dalle liriche alte e dalle atmosfere sognanti, un canto libero che vuole ricordarci che siamo qui per rivelarci, non per nasconderci. 26000 giorni è l’età media mondiale degli esseri umani, settantun anni, che in termini di giorni suona diversa, rivela fragilità e diventa quasi un’emergenza: avere i giorni contati dà più valore a ogni cosa. A seguire troviamo Ci abbracciamo, brano dal titolo più evocativo del momento, che prende vita l’idea delle canzoni come richiami per gli esseri umani, forti grida alla libertà e all’amore in tutte le sue forme. Amate e fate quello che volete, uno dei versi chiave di questa poesia in musica, richiama il proposito di Sant’Agostino. Città aperta è una dichiarazione, ci sarò sempre per te attraverso le ere cosmiche da una vita all’altra infrangendo leggi fisiche. La title track si presenta, invece, come una fotografia attualissima ed estremamente chiara della nostra attuale situazione. Al suo interno si mischia l’Italia di varie epoche quella dei partigiani descritti da Fenoglio che corrono tra gli spari giù dalla montagna senza divisa e quella dei rider che corrono in bicicletta tra le macchine in missione per una multinazionale. All’interno di questo Paesaggio dopo la battaglia, Mezza nuda è il capitolo emotivo e ha il compito di ridare la giusta proporzione agli esseri umani. Questo brano è un romanzo di formazione che rivive una storia d’amore dai sedili di un treno interregionale per Milano e va a sfidare le dinamiche e lo stile di vita di una grande e caotica città, che sa offrire opportunità come nessun’altra ma anche mettere a dura prova legami e rapporti. Due animali in una stanza è un grande e ininterrotto sospiro. Due animali in una stanza è una canzone d’amore anomala perché è pieno di canzoni che parlano dell’inizio di un amore o della sua fine ma questa ci racconta della sua durata, tutta la parte in mezzo che di solito non viene cantata. Adriatico è un’ode all’omonimo mare visto come spazio poetico, un inno alla bassa marea e alle acque torbide, dove si può camminare centinaia di metri con l’acqua alle caviglie senza scorgere il fondo, un canto popolare per i lidi anni Sessanta, con i bar sulle spiagge e le distese di ombrelloni. Le sonorità sono quelle tipiche della banda di paese, fiati e percussioni in chiave tradizionale danno un’impronta eroica e leggendaria al brano. I cori e il clarinetto degli Extraliscio, tra cui Moreno il Biondo arrangiatore e capo banda da sempre dell’Orchestra di Casadei, si aprono maestosamente nel finale del pezzo rendendolo un inno profondo e liberatorio. Il protagonista di Luna crescente è partito per cercare qualcosa che non sa se troverà, qualcosa che risale a un passato che non smette di ardere, ha semplicemente fiducia nell’universo e gli va incontro. Chitarra nera è il primo estratto dal disco ed è un brano importante, un flusso di pensiero sereno e allo stesso tempo lancinante, che non rispetta nessuna regola musicale o di metrica, scritto senza pensare alla forma che dovrebbero avere le canzoni. L’ascolto si chiude con Il sentiero degli dei, l’ultima traccia del disco e l’unica in cui Vasco decide di suonare la chitarra acustica, pura e grezza, non addolcita. Il brano prende per mano l’ascoltatore e con l’ultimo verso ricorda la provvisorietà dell’uomo rispetto all’universo: siamo solo due forme di vita nel terzo pianeta del sistema solare.

Ecco cosa ci ha raccontato Vasco Brondi in occasione della presentazione del disco: Parlare di questo mio nuovo lavoro mi ha permesso di capire meglio e a posteriori tante decisioni che ho preso rispetto alle canzoni che ho scritto. Paesaggio dopo la battaglia è un buon contenitore per tutti gli altri brani e racchiude battaglie intime, collettive e universali. La foto di copertina rappresenta la capacità umana di risorgere nel momento in cui ci si mette d’impegno ed è anche la metafora dell’Italia, capace di uscire dall’apocalisse scollandosi la giacca e tirando dritta. Mi sono reso conto che la copertina fosse importante perché mi riportava al punto di partenza: il primo brano Chitarra Nera è uscito fuori dopo due anni che non scrivevo più niente. Sono tornato per raccontare il cerchio e continuarlo, non è una chiusura.

Video: Chitarra Nera

Mi sono accorto che la mia battaglia è stata proprio quella di scrivere il disco: un percorso fatto di allontanamento e inversione sfociato in una illuminazione: siamo qui per rivelarci e non per nasconderci. Questo è il mantra del disco. Chitarra nera segue un filo di verità che mi è servito per esprimermi e liberarmi. Questo è un disco in cui esco con il mio nome per la prima volta e ho reagito circondandomi di persone. Tra tutti mi sono confrontato con Mauro Refosco ed è stata un’esperienza forte, importante, travolgente. Mi sono accorto che fosse indispensabile seguire la mia direzione, senza sentirmi in obbligo di subire. Ho seguito la possibile di essere autentico, ho iniziato a scrivere un po’ prima del lockdown, poi la scrittura ha preso una eco importante durante la pandemia. Il tema del disco è rimettere gli esseri umani nella giusta proporzione rispetto al resto; da dominatori dell’universo, la pandemia ci ha ridimensionato e non poco.

Il processo di scrittura non è mai stato forzato, ho atteso che uscisse fuori la necessità di farlo, ho rispettato il tempo del silenzio e della riflessione, sì ci ho messo 4 anni, un tempo fuori luogo e controproducente ma questo era l’unico modo possibile per esprimermi. Ci vuole una certa fede per mettersi in cerca, guardarsi dentro e attorno e cercare di evolversi.

Chitarra nera mi ha fatto iniziare a scrivere il disco. Negli ultimi tre anni mi sono ripreso la musica e la scrittura come mio intimo strumento, questo mi metteva in soggezione rispetto al pensiero che questa musica sarebbe stata condivisa proprio perché si tratta di uno strumento di conoscenza di me stesso ma anche di conoscenza dell’esterno. L’ambizione espansionistica non mi corrisponde, la musica è il mio anticorpo, rafforza il sistema immunitario dell’anima. In base a questo presupposto ho iniziato a concepire la musica in modo verticale, ne ho studiata tanta, principalmente quella che non è fatta per essere venduta, bensì pensata per altri momenti della vita umana. Questo mi ha fatto capire di non sottovalutare il mistero che c’è dentro le canzoni e mi ha fatto riacquisire fiducia attraverso un meccanismo che non riesco a tradurre razionalmente. Per me è importante che nelle canzoni ci sia il soffio della vita, le canzoni sono fatte di dettagli che si contraddicono, questo è quello che siamo tutti noi: dei grandi cortocircuiti. Siamo governati dalle stesse leggi che governano la natura, non siamo macchine.

Vasco Brondi

Vasco Brondi

Nell’uscire dalla città, ho ritrovato la necessità di scrivere, ho un file da centinaia di pagine in cui mi sono ripromesso che qualunque cosa uscirà, resterà per me. Mi autoproduco da sempre, faccio questo lavoro a contatto diretto, ci sono cose che non sono accettate come la timidezza, il distacco e la riservatezza, questi sono temi di riflessione costante per me. Non ho il controllo totale delle canzoni, temevo di scrivere per l’attualità ma non potevo ignorare qualcosa che ci toccava da vicino. Le canzoni non devono essere documenti storici ma lirici, credo che in ogni canzone ci sia la scintilla dell’eternità, la possibilità di trascendere e di andare nel profondo, di togliere la polvere ai giorni. Uso questo mezzo per custodire il fuoco, per aprirmo e non difendermi dagli altri, questa battaglia mi dà coraggio e tranquillità e fa passare la paura di esporsi. Quest’estate sarà rocambolesca, ci ritroveremo in luoghi intimi e cercerò di sfruttarli per guardare le persone negli occhi, sarà tutto in itinere ma spero di arrivare un po’ ovunque con un concerto minimale che ci permetterà di ritrovarci tutto nello stesso momento e nello stesso luogo.

 Raffaella Sbrescia

Video: Ci Abbracciamo

È per il suo interesse per il mondo e per gli esseri umani e la sua profonda sensibilità, che Vasco, cantautore, musicista e scrittore, sarà protagonista di una serie di prestigiosi incontri organizzati presso alcuni importanti Atenei italiani con antropologi, filosofi, filologi, psicologi e scrittori. Questi dialoghi saranno anche occasione per presentare il suo nuovo progetto PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA e svelarne retroscena e processi compositivi, aprendosi al confronto con docenti e nuove generazioni.

I primi cinque incontri di questa serie di appuntamenti, che continuerà fino alla fine dell’anno, sono:

10.05 – Università Statale di Milano Dipartimento di Filosofia dialogo con il Prof. Andrea Borghini 11.05 – Università degli Studi di Napoli Federico II Dipartimento di Studi Umanistici dialogo con la Prof.ssa Fortuna Procentese

14.05 – Università di Siena Dipartimento di Filologia e Critica delle letterature antiche e moderne dialogo con il Prof. Claudio Lagomarsini

18.05 – Università degli Studi di Trento Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dialogo con il Prof. Nicola De Pisapia

25.05 – Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e Comunicazione e Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita dialogo con i Prof. Stefano Marino e Lucio Spaziante

Il NUOVO TOUR, organizzato da IMARTS International Music & Arts in collaborazione con Gibilterra Management, vedrà Vasco esibirsi in alcuni degli scenari più suggestivi e incantevoli d’Italia.

Queste le prime date annunciate, info e biglietti a breve vascobrondi.it:

28 GIUGNO – ESTATE SFORZESCA 2021 CASTELLO SFORZESCO, MILANO (MI)

30 GIUGNO – ESTATE FIESOLANA TEATRO ROMANO, FIESOLE (FI)

13 LUGLIO – SEQUOIE MUSIC PARK PARCO CASERME ROSSE, BOLOGNA (BO)

16 LUGLIO – FLOWERS FESTIVAL COLLEGNO (TO)

18 LUGLIO – FESTIVAL ESTATE AL CASTELLO VILLAFRANCA NON SI ARRENDE 2021 CASTELLO SCALIGERO, VILLAFRANCA DI VERONA (VE)

21 LUGLIO – VILLA OLMO FESTIVAL COMO (CO)

30 LUGLIO – TENER-A-MENTE FESTIVAL sezione “INDIECATIVAMENTE” VITTORIALE DEGLI ITALIANI, GARDONE RIVIERA (BS)

Cazzi Miei: Gianna Nannini e il coraggio di raccontarsi senza filtri

gianna-nannini-cazzimiei

Cos’è inevitabile? Cos’è facoltativo? Gianna Nannini in “Cazzi Miei”, autobiografia pubblicata per Mondadori, ripete spesso che “Il dolore è inevitabile, la sofferenza è facoltativa”. In effetti proprio questo mantra così veritiero e significativo mi ha spinto a leggere avidamente le vicende pubbliche e private di un’artista tanto amata quanto controversa. Partendo dal 1983, Gianna Nannini sceglie di mettersi a nudo senza tralasciare i momenti e gli episodi più drammatici e, perché no, scomodi della sua vita.  L’anno di “Fotoromanza” rappresenta per Gianna l’inizio di quello che lei stessa ha definito un “viaggio all’inferno”, l’inizio di un percorso alla ricerca disperata di sé. Una strada disegnata con le sue corde vocali e vissuta tra complessi, paure, accuse, colpe fino alla conquista di una indipendenza artistica difesa ad ogni costo. Dall’infanzia ai primi contratti discografici, dalla negazione di sé al desiderio di essere figlia e infine madre, Gianna Nannini ha lottato contro lo sfruttamento psicologico della “Musica Business” tra continue morti e rinascite che corrispondono a quattro “nuove vite”. Particolarmente interessanti i passaggi in cui la cantante descrive con dovizia di particolari i cosiddetti “doveri del mestiere”, ancora più suggestivi ed emozionanti le righe in cui affiora con tutta la sua violenza la necessità di esprimersi. “Parola alla musica, e prima la voce. La voce rivela sempre quello che senti. La voce non ti inganna mai e questa volta si alza, è forte e calda, è vera, è la mia”, scrive Gianna lasciando affiorare in modo forte, diretto, immediato un flusso emotivo intenso e vorticoso. “Le emozioni, provarle, sentirle, trasmetterle, sono un pericolo pubblico. Molto più facile circondarsi e venir attratti dai paradisi artificiali, inemotivi, indolori, del virtuale, in cui potersi nascondere. Ma io ho questo addosso, sono spudoratamente emotiva, e penso che tutto ciò sa attraente come una rivoluzione. Non si può stare bene a ogni costo in questo mio inguaribile amore per la libertà”, scrive la rocker, mettendo nero su bianco l’essenza più intima della propria anima. Che coraggio.

Raffaella Sbrescia

“Vietato smettere di Sognare”. La carriera di Benji & Fede spicca il volo

Benji & Fede

Benji & Fede

Benji & Fede con il loro primo libro ufficiale “Vietato Smettere di Sognare” (Rizzoli) sono per la seconda settimana consecutiva al n. 1 della classifica libri generale. Il duo rivelazione del momento continua la sua ascesa dopo la certificazione platino dell’ album di debutto“20:05” in solo 4 mesi , un n.1 in classifica e un 32° posto nella classifica annuale degli album più venduti in Italia nel 2015 , oltre ad essere attualmente nella top 20 della classifica di vendita. Benji &  Fede il prossimo 26 aprile saranno protagonisti a Miami dei  BillBoard Latin Music Awards  presso il Ritz Carlton di South Beach con  uno speciale show case promosso da Fimi (Federazione Industria Musicale Italiana) e ITA (Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internalizzazione delle imprese italiane). A questi dati si aggiungono milioni di visualizzazioni su youtube (oltre 3 milioni per i  video di “New York”; “Lunedì” e oltre 4 milioni per “Tutta d’un fiato” e “Lettera”) e 4 concerti sold out lo scorso dicembre a Milano, Roma, Modena e Napoli.

Il libro, ricchissimo di foto personali e basato su un racconto fresco e appassionato, non solo ripercorre passo dopo passo il cammino di Benji & Fede, i loro alti e bassi personali e professionali, ma svela anche il coraggio e la determinazione con cui hanno affrontato le difficoltà, ricordando sempre il motto : “vietato smettere di sognare”.

 Intervista

Chi sono oggi Benji & Fede?

Siamo due musicisti con i piedi per terra. Torniamo spesso a Modena, la nostra città. Ci piace l’idea di poter stare con i nostri amici di sempre e di conservare intatte le nostre abitudini. Certo, non abbiamo più la disponibilità di tempo che avevamo prima ma cerchiamo sempre di fare cose semplici.

Qual è il messaggio di questo libro?

Di certo non è un solo un libro fotografico. Si tratta di un viaggio per immagini; un modo per chiudere il cerchio relativo alla prima fase della nostra carriera appena iniziata. Vietato smettere di sognare è anche il nostro motto.

Chi vi è stato più vicino in questi ultimi anni?

Naturalmente i nostri familiari in primis. Poi il nostro amico Davide Marchi è sempre stato con noi, è stato il primo ad aiutarci solo in nome della passione e perché credeva in noi. Ora suona nella nostra band, che è formata solo da amici veri, ci aiuta con lo sviluppo delle idee ed è parte integrante del progetto. Ci sembrava giusto ricambiarlo in tutti i modi possibili.

Come mai vi siete tenuti lontani dai talent show?

La prima ragione è che siamo un duo che suona mentre i talent danno più spazio e peso alle realtà solo vocali. Inoltre vedevamo che molti cercano di mettere becco sul percorso musicale dei ragazzi mentre noi abbiamo sempre voluto essere liberi.

Quali sono state le più grandi delusioni professionali che avete affrontato?

Il primo contratto discografico non è andato a buon fine. I nostri genitori ci hanno dovuto aiutare ad uscire da una situazione di forte svantaggio. L’altro momento critico è arrivato quando ci hanno scartato al Festival di Sanremo dello scorso anno. Per un mese ci siamo separati e non sapevamo come reagire. Poi ci siamo messi in testa di riprovare a emergere. Ed è arrivato il successo. Quest’anno siamo andati tra i big per cantare con Alessio Bernabei, è stato molto bello e abbiamo anche capito che l’anno scorso non eravamo pronti. C’è stata una vera e propria presa di coscienza nel capire di dover lavorare di più e meglio. Le porte in faccia fanno bene.

Benji & Fede ph Francesco Prandoni

Benji & Fede ph Francesco Prandoni

Come vi rapportate con il vostro pubblico così presente?

I nostri fan sono fantastici! Alcuni sono anche un po’ matti, dormono addirittura fuori gli store dove facciamo i firmacopie. Ricordiamo sempre con affetto quell’episodio in cui delle ragazze si son messe a cantare al microfono le nostre canzoni prima che arrivassimo a un’apparizione. Incontrarli è sempre straordinario ma è anche molto stancante, non vogliamo deludere nessuno ma spesso ci capita di stancarci veramente tantissimo.

E il tempo che rimane?

Lo sfruttiamo per cercare di dormire oppure ascoltiamo musica dei generi più diversi. Non ci stanchiamo mai di ascoltare, perché così si impara, si ricevono influenze e si sviluppa un nuovo sound.

State pensando al prossimo disco?

Certo, scriviamo a prescindere in previsione di un secondo album, almeno ci proviamo.

Cosa ricordate del primo concerto ufficiale al Fabrique di Milano?

Non avevamo mai cantato per un’ora e mezza da soli. Fede è, in genere, il più teso prima del live, le prime volte doveva essere portato di peso sul palco. Quel concerto è stato speciale, tutto è andato al meglio. Bello anche il medley con tutte le cover che avevamo realizzato insieme fino a quel momento.

Cosa vi consigliano i colleghi?

Max Pezzali e Nek ci hanno dato tanti consigli utili. Il più inaspettato è stato l’incontro con Roby Facchinetti, ci ha parlato per quasi un’ora, è stato illuminante.

Lascereste Modena per venire a vivere a Milano?

Sarebbe più comodo e più stimolante però non vogliamo affrettare le cose, quando arriverà il momento ce ne accorgeremo. Stare a Modena e frequentare le persone di sempre ci aiuta a mantenere i piedi per terra.

Che valore hanno i tatuaggi per voi?

Sono la mappa precisa del nostro percorso esistenziale.

E l’estero?

Dobbiamo ancora crescere molto qui in Italia. Certo, Benji è madrelingua inglese e a me piace cantare in inglese per cui ci teniamo aperte diverse possibilità…

Raffaella Sbrescia

Francesco Guccini presenta “Se io avessi previsto tutto questo”. Un’opera monumentale che racchiude 40 anni di carriera

Guccini_Se Io Avessi_4CD_cover_b

Il 27 novembre esce “Se io avessi previsto tutto questo. Gli amici, la strada, le canzoni” (Universal), la prima opera “monumentale” che racconta, attraverso inediti riscoperti, rarità, duetti, collaborazioni, grandi successi e live mai pubblicati prima d’ora, oltre quarant’anni di carriera di Francesco Guccini. Un racconto in musica, un viaggio nella scrittura di uno dei nostri cantautori più rappresentativi, dal suo debutto ufficiale nel 1967 fino all’ultimo album studio del 2012. Un lavoro di ricerca e valorizzazione di un patrimonio musicale vasto e sfaccettato racchiuso in un cofanetto in due versioni, Deluxe e Super Deluxe:

Il cofanetto Super Deluxe si compone di un libro di 100 pagine con foto e note introduttive ai brani scritte dallo stesso Francesco e 10 CD: 5 CD con il “meglio in studio” arricchito da “Allora il mondo finirà”, brano inedito tratto dalle registrazioni del suo primo album Folk Beat n.1 del 1967 e una versione alternativa di “Eskimo”, registrata nel 1978.

4 CD con il “meglio live”, registrazioni mai pubblicate prima d’ora tratte da alcuni dei suoi migliori concerti dal 1974 al 2010, tra cui emozionanti interpretazioni acustiche e il brano inedito “L’Osteria dei Poeti”, registrato al Folk Studio di Roma nel 1974.

1 CD con rarità, duetti, collaborazioni e 2 brani strumentali per la prima volta su supporto digitale.

Francesco Guccini

Francesco Guccini

Il BOX DELUXE racchiude una selezione della versione SUPER DELUXE e si compone di un libretto di 48 pagine ricco di fotografie e note introduttive ai brani scritte dallo stesso Guccini e 4 CD:  2 CD con una selezione del meglio “in studio” compreso l’inedito “Allora il mondo finirà” e una versione alternativa di “Eskimo”, registrata nel 1978.

1 CD con quindici tracce dal vivo mai pubblicate prima compreso l’inedito “L’Osteria dei Poetiregistrato al Folk Studio di Roma nel 1974.

1 CD con  rarità, duetti e collaborazioni e 2 brani strumentali per la prima volta su supporto digitale.

Preordinando l’edizione digitale di “Se Io Avessi Previsto Tutto Questo. Gli amici, la strada, le canzoni” su iTunes si potrà ottenere, il giorno dell’uscita, un’esclusiva versione alternativa di “Eskimo”. La traccia bonus non sarà più disponibile per gli acquisti effettuati dopo il 27 novembre.

Francesco Guccini

Francesco Guccini

FRANCESCO GUCCINI indossa ancora una volta i panni dello scrittore, il 3 novembre è uscito, infatti,  il libro di racconti “UN MATRIMONIO, UN FUNERALE, PER NON PARLAR DEL GATTO” (Mondadori), con il quale Guccini si conferma, ancora una volta, come uno dei più interessanti cantori della nostra provincia e del nostro passato più autentico raccontando, in modo esilarante e a tratti malinconico, alcune delle figure e delle situazioni più strambe che ha incontrato nella sua vita:  il funerale del mitico Gigi Dell’Orbo, il sarto sempre ubriaco, il tenore lirico appassionato di ciclismo, la contadina poetessa, l’uomo che era convinto di dover reggere il cielo; vere e proprie “istantanee” colme di ironia di un universo sempre sospeso tra Storia e leggenda.

FRANCESCO GUCCINI incontrerà i fan per un firma copie del cofanetto e del libro: il 30 novembre a Milano (ore 18.00 alla Feltrinelli di Piazza Piemonte), il 1° dicembre a Bologna (ore 18.00 alle Librerie Coop Ambasciatori) e il 9 dicembre a Roma (ore 19.00 al Teatro Eliseo).

Senza Appartenere a niente mai, la biografia di Manuel Agnelli a cura di Federico Guglielmi

COP_MANUEL_AGNELLI_ok copy

“Sarà bellissimo fare parte della gente/senza appartenere a niente mai”. Da queste parole tratte dal brano “Costruire per distruggere” (Vololibero Edizioni) degli Afterhours prende il titolola biografia dedicata alla vita di Manuel Agnelli, frontman della band milanese, scritta da Federico Guglielmi, giornalista, scrittore e critico musicale. Non si tratta della classica biografia in cui il giornalista si accorda con il musicista di riferimento. Si tratta, altresì,  di un testo da cui emerge un profilo preciso e la dettagliata analisi di un percorso artistico importante per la musica italiana. “Avevo la fortuna di possedere materiale raccolto in 17 anni, per cui ho pensato che sarebbe stato più interessante offrire un’immagine lunga tutti questi anni”, racconta Federico Guglielmi, cercando di spiegare il metodo con cui ha tracciato il profilo di un artista contro corrente, provocatore, il cui scopo principale è sempre stato quello di far nascere dei dubbi nella testa di qualcuno. Un artista unico che nel corso degli anni è cambiato moltissimo ma che ha saputo preservare un’invidiabile voglia di fare e un sano menefreghismo nel farsi condizionare. La storia di Manuel Agnelli si intreccia inevitabilmente con quella degli Afterhours, ma non solo. Dal primo demo dell’87 a oggi, il musicista/autore milanese è comunque sempre stato il leader indiscusso della band rock più blasonata d’Italia ma in questo libro si parla anche di tutte le esperienze parallele (artistiche, organizzative, produttive e discografiche) che fanno parte del percorso del protagonista. Il materiale d’epoca non è stato manipolato, ci sono chicche, conversazioni radiofoniche che erano andate perdute nell’etere e che ora si possono leggere per la prima volta su carta. Una sorta di documentario in cui la voce fuoricampo racconta i fatti mentre sullo schermo scorrono immagini, luoghi, concerti. E  intanto per gli Afterhours ancora una volta diversi, che cosa si prospetta?

«Andranno avanti perché dopo le defezioni ho trovato nuovi interlocutori molto validi. Sì, sono il mio progetto e non c’è un disco dove io non sia protagonista, che non sia in qualche misura “manuelcentrico”, che non corrisponda a una mia visione, ma non c’è nemmeno un disco degli Afterhours un cui tutti gli altri non siano stati importanti. In alcuni più e in altri meno: in Padania molto di più e in Hai paura del buio?”, aldilà delle leggende, meno. Il tour teatrale con la band allestita alla fine del 201 si è svolto in un clima stupendo e io volgio fortemente lavorare ancora con quella formazione ma l’uscita di qualsiasi cosa dipenderà solo dal valore della musica che riusciremo a produrre. Invece io, in prima persona, voglio fare tutto quello che mi passerà per la testa. Vedremo come le due cose si concilieranno» (risposta tratta da pag.118 di “Manuel Agnelli – Senza appartenere a niente mai”).

Raffaella Sbrescia

Esce “Fabrizio De Andrè. In studio”: una raccolta con tutti e tredici gli album incisi dall’artista tra il 1967 e il 1996

DEANDRE slipcase 2015 def_Layout 1

Da domani, venerdì 13 novembre, sarà disponibile in tutti i negozi tradizionali “Fabrizio De Andrè. In studio” (Sony Music), una raccolta di tutti e tredici gli album, incisi tra il 1967 e il 1996, che compongono la discografia di studio di Fabrizio De André, oltre al disco “I Singoli”, dedicato ai brani mai inseriti nei dischi originali.

Dopo “Fabrizio De André. I concerti 1975/98” (Nuvole Production/Sony Music, 2012), questa nuova collection di 14 CD completa la discografia dell’artista. Volutamente ideata e progettata con la medesima veste grafica del cofanetto dedicato alle otto tournée di Fabrizio De André, anche la nuova pubblicazione si avvale di un libro a colori, concepito in chiave diversa dal precedente. Mentre “Fabrizio De André. I concerti 1975/98” riporta alle atmosfere live, evocate dalle fotografie scattate nei tour, con “Fabrizio De André. In studio” si entra invece in sala di registrazione per conoscere più da vicino gli atteggiamenti e il metodo di lavoro di De André durante la realizzazione dei dischi.
Il nuovo volume di 196 pagine a colori, curato da Fondazione Fabrizio De André Onlus, ripercorre e raccoglie dichiarazioni di Fabrizio, testimonianze di collaboratori, rassegna stampa, testi di canzoni e suggestive fotografie e presenta in copertina una foto di Luca Greguoli Venini.

Fabrizio De Andrè ph  Reinhold Kohl-Fondazione Fabrizio De André Onlus

Fabrizio De Andrè ph Reinhold Kohl-Fondazione Fabrizio De André Onlus

Da Volume 1 ad Anime salve, il libro ricostruisce la genesi e la lavorazione degli album, dando a vita a un dialogo a più voci incentrato sull’attività di studio di Fabrizio De André. Un racconto per parole e immagini che accompagna l’ascolto dei dischi riproponendo riflessioni e scritti di Fabrizio De André oltre a testimonianze già edite, tratte da libri o interviste video, dei suoi collaboratori: Gian Piero Reverberi, Franz Di Cioccio, Nicola Piovani, Francesco De Gregori, Massimo Bubola, Mauro Pagani, Ivano Fossati e Piero Milesi.
A queste si aggiungono ricordi e aneddoti, raccolti per l’occasione, di altri amici e collaboratori di Fabrizio De André, come Lucio Salvini (suo discografico), Cesare G. Romana (che curò le note di copertina dei primi tre album), Giuseppe Bentivoglio (coautore di Non al denaro non all’amore né al cielo e Storia di un impiegato), Franco Mussida (che collaborò alla lavorazione di diversi dischi di De André), Luca Greguoli Venini (che realizzò il servizio fotografico di Volume 8), Oscar Prudente (che con Mark Harris curò gli arrangiamenti di Fabrizio De André (L’indiano), scritto con Massimo Bubola), Vincenzo Mollica (autore di diverse tra le poche interviste televisive rilasciate da Fabrizio De André), Maurizio Camagna e Paolo Iafelice, che curarono rispettivamente i missaggi de Le nuvole eAnime salve.

Il libro è suddiviso in tredici capitoli, ciascuno dedicato a ognuno dei tredici album: “Volume 1” (1967), “Tutti morimmo a stento” (1968), “Volume 3” (1968), “La buona novella” (1970), “Non al denaro non all’amore né al cielo” (1971), “Storia di un impiegato” (1973), “Canzoni” (1974), “Volume 8” (1975), “Rimini” (1978), “Fabrizio De André (L’Indiano)” (1981), “Crêuza de mä” (1984), “Le nuvole” (1990) e “Anime salve” (1996).
A completare la raccolta, il disco “I Singoli” contenente i brani mai inseriti nei dischi originali. Questa la tracklist: “Nuvole Barocche”, “Il fannullone”, “Per i tuoi larghi occhi”, “Geordie”, “Il pescatore”, “Titti” e “Una storia sbagliata”.

Nesli presenta il dvd live ed il suo primo libro intitolato “Andrà tutto bene”. L’ intervista e la recensione

COVER_NESLI

Incontriamo Nesli nel megastore della Mondadori in Piazza Duomo a Milano per la presentazione di “Andrà tutto bene – live edition” ( pubblicato per Universal Music) e del suo primo libro “Andrà tutto bene” (sottotitolo: quel che ho imparato dai momenti più difficili), in uscita il prossimo 8 settembre. Emozionato, felice, leggermente teso, entusiasta ma soprattutto umile. Francesco Tarducci dice di non non essere un vero scrittore, lui che della scrittura ne ha fatto uno strumento terapeutico,  è, in verità,  un “cacciatore di parole belle per spiegare quello che non si può dire”. In questo suo primo libro, l’artista ha portato avanti un lungo processo di autoanalisi, coadiuvato da Valentina Camerini. Si scrive anche a comando, scrive Nesli, ma più di tutto si scrive ciò che si prova; ed è esattamente così. Francesco si racconta  a cuore aperto, senza filtri e butta fuori tutto il suo dolore, quasi esorcizzandolo proprio mentre lo consuma, una catarsi personale a cui assistiamo rapiti ed emozionati.  Francesco scrive tanto e bene, cura i dettagli, inserisce dei distinguo tra maiuscolo e minuscolo dei versi tratti dalle sue canzoni, che tante volte sono più simili a delle poesie. La parola che ricorre più spesso in “Andrà tutto bene”  è “onesto”: Onesto: sentirti dire che non funzioni è dura. Onesto, a quel punto comincio a cedere. Onesto. Dovrebbe essere il periodo più brutto della mia vita. E invece. Mi sento libero in maniera selvaggia, circondato da vita. E felice, nonostante tutto.  Ecco, l’onestà è lo strumento chiave attraverso il quale Nesli rilegge se stesso, stimolando anche noi lettori a fare lo stesso. Senza dire di no a nulla, senza negarsi nulla, Nesli racconta di come ama perdersi nelle esperienze, avanzando seguendo semplicemente il proprio istinto, perennemente in conflitto tra parti diverse. Andando avanti per tentativi e sensazioni, l’artista è riuscito a scrollarsi di dosso i drammi del passato ma soprattutto ha sconfitto il pregiudizio, la dannata bestia nera con cui il cantante ha imparato a misurarsi per tutta la vita e che oggi rappresenta la base per una nuova e ferma consapevolezza.

Intervista

Come è nata l’idea di pubblicare il dvd live?

Sono reduce da una tournée pazzesca che mi ha permesso di cantare in location prestigiose con diversi sold out.  Abbiamo deciso di pubblicare questo album per la band che c’era, per il suono, per la location e proprio per come è stato strutturato. Si tratta di una finestra sul mio mondo musicale.

 E la scelta di pubblicare il libro?

Scrivere un libro è difficile, è un processo lungo, di elaborazione e bisogna avere un minimo di nozioni di narrativa e di ordine. Per me si è trattato di un bel processo di analisi che mi ha richiesto un anno di scrittura, poi l’ho lasciato in un cassetto per una serie di problematiche, e solo in seguito l’ho ripreso aggiungendovi l’ultimo capitolo. Non c’è un ordine cronologico, racconto la mia vita attraverso i passaggi chiave. Ci sono anche stralci di pezzi inediti, che probabilmente vedranno presto la luce. Il racconto è affrontato in maniera cinematografica, l’ho scritto in maniera diretta, la lettura è come quella di un dialogo.

Qual è la stata la parte più difficile da scrivere?

Il capitolo più intenso è quello sulle famiglia, ritengo che al suo interno sia racchiusa la parte formativa del libro: il rapporto con i figli, la vita in provincia e le relative prospettive; è la mia storia e mi emoziona.

Che rapporto hai con il pregiudizio?

Io sono figlio del pregiudizio. So già che molti mi aspetteranno al varco e lo trovo avvincente. Anni fa vivevo malissimo il mio rapporto coi preconcetti, oggi invece rappresentano uno stimolo, qualcosa da sconfiggere. Quello che mi aspetto è che questo libro venga capito e che le mie parole non vengano travisate.

Quanto coraggio ci è voluto per raccontare te stesso ?

Ho imparato ad essere follemente ancorato alle mie idee contro tutto e tutti.

Credi che la scrittura del libro possa influenzare quella delle tue canzoni?

La scrittura e la musica vanno di pari passo, ho sempre fatto un tipo di musica che parla tantissimo di me, ho scritto un libro che parla di una persona che fa proprio quella musica. Il mio modo di scrivere canzoni ha influenzato la scrittura e viceversa.

4750491_MINTPACK_4_1COL.indd

Ti è mai capitato di essere preda della sindrome del foglio bianco?

Mi è capitato quando facevo rap. Oggi non scrivo se non ho almeno un quarto di strofa figa in testa. L’aver ammesso di non fare più rap è stato utile in questo senso, sento di avere maggiore libertà creativa, il mio tipo di musica mi rendeva meno efficace nel mondo rap e capirlo mi ha aperto nuove prospettive.

Cosa rappresenta per te la farfalla? L’hai scelta per la copertina del libro ed era presente anche nella scenografia del tour…

Preferisco lasciare libera interpretazione… Posso solo dire che per me ha una doppia valenza: da un lato rappresenta una rinascita, dall’altro mantiene insita in sé il mio lato più dark.

Raffaella Sbrescia

Acquista su iTunes

Intervista a Conchita Wurst: il debut album “Conchita” e l’autobiografia di una nuova diva

Conchita Wurst cover album Conchita

La tenacia, la sicurezza e l’intraprendenza di Conchita Wurst ( all’anagrafe Tom Neuwirth) rappresentano un importante barlume di speranza per tutti coloro che nel cuore hanno un sogno da realizzare ma anche un fitto percorso ad ostacoli da affrontare. Accolta con clamore dalla stampa italiana, Conchita ha presentato il libro Io Conchita. La mia storia, uscito il 15 maggio per Mondadori Electa e il suo disco di debutto “Conchita”, pubblicato da Sony Music lo scorso 19 maggio, nella Sala Reale della Stazione Centrale di Milano. Un album molto variegato, forse troppo, che spazia dalla dance alle ballate drammatiche senza farsi mancare spruzzate di swing. Un lavoro sicuramente impegnato, ricco di importanti messaggi ma che parla anche di cuori spezzati e storie d’amore dal triste epilogo. Con il suo allure da gran diva, Conchita dimostra di essere in realtà una persona semplice e affabile, nonché un’intensa interprete dalla voce potente e carismatica.

“Conchita” è il tuo album d’esordio. Come hai lavorato a questo progetto così importante per te?

Ho realizzato questo album in modo egoistico, perché volevo che prima di tutto piacesse a me. Ho ricevuto più di 300 canzoni da vagliare e ascoltarle tutte ha richiesto non poco tempo. Non mi importa chi scrive le canzoni, sono molto precisa e quando si tratta di scegliere una canzone da cantare, deve esserci subito almeno una parte di me nel brano, di solito mi colpisce la melodia, poi passo al testo. “The Other Side of Me”, ad esempio, è stata scritta da un autore svedese, Erik Anjou, a cui l’ispirazione è venuta guardandomi sul palco dell’Eurovision. Questa canzone per me è speciale perché Eric è rimasto così ispirato da mandarmi la canzone, senza pensare ad altro.  Più in generale sono felice che il disco sia così colorato e sfaccettato, ‘Conchita’ abbraccia tutti i miei generi musicali preferiti e per questo spazia dalle ballate drammatiche ai brani dance.

Quando hai capito di voler fare musica nella vita?
A 7 anni giocavo a fare la cantante e sognavo di essere famosa, perché – credetemi – essere famosi è divertente. Sono sempre stata molto determinata nel perseguire i miei scopi e, dato che il mio sogno è vincere un Grammy, non ci sono scuse, quando si ha un obiettivo bisogna lottare per raggiungerlo!

E che cosa cantavi a 7 anni?
Shirley Bassey era il mio punto di riferimento. Non conoscevo la lingua l’inglese ma in una compilation di mia madre c’era “Goldfinger “, un brano che cantavo in continuazione cercando di imitare la voce di Shirley che mi ha inconsapevolmente dato lezioni di canto.

A cosa attribuisci il tuo successo? Non hai paura che il clamore creatosi intorno al tuo personaggio possa presto esaurirsi?

 La cosa più importante per me è essere autentici. Ho creato questo personaggio e porto sul palco una mia verità. Sono a mio agio, mi diverto, sono la persona che avrei sempre voluto essere. All’Eurovision ci sono stati diversi fattori che mi hanno aiutato: la canzone, la performance, certamente anche il look, ma soprattutto persone che hanno creduto in me. La scelta che ho fatto è di essere felice nella vita, quindi so che se anche tutto questo dovesse finire troverei ugualmente il modo di esserlo.

Conchita Wurst Ph Mischa Nawrata

Conchita Wurst Ph Mischa Nawrata

Oltre al disco è uscita anche una biografia. Com’è nata l’idea di raccontare la tua storia in un libro?
Dopo la mia vittoria all’Eurovision un editore mi ha fatto questa proposta ma all’inizio ero del tutto contraria! Ho 26 anni, mi sembra un po’ prematuro scrivere le mie memorie. In seguito mi hanno chiesto di ripensarci e mi sono detta: “Se proprio devo farlo allora deve essere il genere di libro che comprerei”. A me piacciono quelli con molte foto e, proprio per questa ragione, in questa biografia ce ne sono tante. In quattro giorni ho raccontato la mia vita ad un ghostwriter  ed ho avuto la possibilità di  scoprire e riscoprire tante cose di me.

Che rapporto c’è tra Tom e Conchita? Che cosa hanno imparato l’uno dall’altra?
Conchita ha imparato da Tom a essere più rilassata e orgogliosa di quel che fa, mentre Tom ha imparato da Conchita a lavorare sodo per riuscire nella vita ed avere successo.

Cosa faresti se avessi modo di incontrare Putin?
Vorrei incontrare Putin per capire cosa vuol dire essere Putin. Potrei imparare tanto da lui anche se ha preso decisioni che non mi hanno reso felice. Discutendo con lui vorrei capire i suoi ragionamenti per poi provare a fargli cambiare idea.

 Com’ è Conchita nella vita di tutti i giorni?
Ho una vita privata normale e non mi prendo troppo sul serio. Senza ciglia finte e parrucche non mi riconoscereste. Vado al supermercato, prendo i mezzi pubblici e nessuno sa chi sono.

Quando potremo ascoltarti dal vivo?
Al momento sto promuovendo l’album e il libro in tutto il mondo. In fondo non sono Madonna, perciò non posso aspettarmi un pubblico di migliaia di spettatori ad un mio show, però ho la possibilità di cantare nel corso della promozione. Andrò in Australia, Giappone, Stati Uniti e poi farò qualche concerto: non sarà un vero e proprio Conchita Tour, però un giorno ci sarà!

 Raffaella Sbrescia

Acquista su iTunes

Video: You are Unstoppable