“Il colore dei pensieri” degli Abulico.

Nel cuore di una Napoli svilita, affannata, impaurita Lanificio 25 è una piccola, ma pulsante arteria musicale.
Sul palco, per raccontare il “Colore dei pensieri”, gli Abulico veicolano il pathos dei loro suoni luminosi con scale cromatiche piuttosto ampie e sfumate.
Per ogni brano una venatura sempre diversa, ora calda e coinvolgente, ora delicata ed eterea come un sogno ad ogni aperti.
“Un comodino pieno di parole” è quello da cui gli Abulico pescano a piene mani testi ricchi di spunti per riflettere  ma soprattutto agire. Il pop gioioso del gruppo partenopeo si tinge di intense pulsioni rock che “ fanno a pezzi i clichè” servendosi di chitarre sovrapposte e travolgenti giri di batterie insistenti, battenti, galoppanti .
 “Ci sono delle volte in cui non so fermarmi a leggere un mondo così fragile” cantano gli Abulico in “Fragile” canzone emblema della nostra precaria contemporaneità.
La versatilità della voce limpida di Alessandro Panzeri racconta il desiderio di libertà, condanna le ipocrisie, vive i margini ed esalta l’immediatezza delle scelte repentine fatte in una notte buia, inquieta ed insolita.
“Incerto” e prezioso è il nostro domani, questo è il messaggio de “Il volo”  e, mentre un cielo nero soffoca ogni pensiero di mediocrità, “La purezza del silenzio” ci ricorda che siamo soli.

La freschezza stilish dei Newglads

“Here There Anywhere Like You” è il titolo del nuovo album dei Newglads, 4 ragazzi di Bologna British pop addicted.
Una leggera e frizzante brezza attraversa il loro sound, riconoscibile, ma mai stantio.
Melodie fresche ed accattivanti cesellano la forma dei testi essenziali ma senza dubbio funzionali.

Sette tracce scritte quasi di getto, sulla scia di un impeto giovane e spensierato che non si preoccupa dei fronzoli. Matteo Fallica (voce e chitarra), Marco Fabbri (basso), Filippo Paderini (chitarra), Gael Califano (batteria) intingono sé stessi in una tavolozza di colori pop e spennellano tutto il disco conferendogli venature rock. I toni tenui di “All in a row” impattano con il pessimismo realista di “Morning lies”.  La strada tortuosa di “ Winding Road” incarna lo smarrimento ed il disagio umano di fronte alla realtà perennemente mutevole. Il monito di “Stand till you fall” si insinua negli strati della mente con sonorità graffianti e stradaiole. “Little dreams” è il naturale prosieguo di un viaggio, costellato di insidie mentre “Unpredictable” lascia scivolare via il tormento. La chicca deldisco è “ Whenever it rains”: “no one is to blame when you’re all alone, alone on the rope. When you ain’t’ got not reason to go on and on and on and on and on…..” L’immagine di un uomo sofferente e dannato, in cerca di risposte esistenziali, è assolutamente catchy.



“La vita inquieta” di Liprando

“La vita inquieta” è l’ album con cui Liprando, al secolo Francesco Lo Presti, cantautore campano e chitarrista dei Bradipos IV, viviseziona le incertezze del vivere.
Tredici tracce pervase di morbosa inquietudine dove una tormentata ricerca nei meandri più oscuri del proprio io, fa da sfondo ad un sound a tratti frenetico e pulsante, a tratti onirico e sinistro.
Il pop cantautoriale di Liprando si colora di elementi metallici, dati da originali sperimentazioni elettroniche.
L’enigmaticità mistica de “La notte nera che apre” diventa oppressione asfittica con l’immagine di un insetto cristallizzato descritta nel testo de “Nell’ambra” .
“L’aria promette nostalgie dimenticate e poi ci prende e ci abbandona in altre vite” canta Liprando in “Cosa rimane” sottolineando l’illusorietà della ricerca dell’amore.
Un linguaggio intenso e struggente dipinge il disincanto e la disillusione con cui le parole filtrano l’ascolto di un suono pop rock elettroacustico.
Il processo di vivisezione dei sentimenti continua con “Le persone innamorate” mentre i “giorni sospesi a metà” de “La vita inquieta”  ci proiettano verso le zone d’ombra di “Una semplice mattina” .
L’ipnotica intro dub di “Ogni volta che sei qua”  introduce il monito universale,” non c’è una vita, una verità che lascia la possibilità di stare in società con la brava gente che non cambierà”, che diventa leit motiv imperante del brano “Qualcosa da nascondere”. Il nichilismo assolutista di “Niente pulsazioni” conquista gli ingranaggi della mente mentre “La notte nera che chiude” cala il sipario un attimo prima che la paura ci divori.

“Kilometri” di note per gli Amari

Quindici anni hanno scandito la storia degli Amari, giunti al nono album intitolandolo “Kilometri”.
Cero, Dariella e Pasta riscoprono il pop  percuotendo il proprio sound con un forte scossone stilistico. Questo nuovo lavoro condensa in 9 tracce le intuizioni e le storie raccolte osservando una generazione incerta e malinconica.
Il tempo che trasforma le cose e le persone è il concept di un album in cui la musica esalta le strofe e ritornelli che racchiudono parole e ragionamenti.
Chitarre e batterie dialogano, senza troppa invadenza, dando un suono orecchiabile, cortese e sinuoso alle parole, ora dolci e ovattate, ora crude e dirette.
Ogni traccia, offre molteplici chiavi di lettura come un quadro di pittura astratta pienissimo di pennellate tutte da decifrare.
“Aspettare, aspetterò” con le sue sonorità vintage andanti, apre uno scenario di aspettative mentre “Ti ci voleva la guerra” suggerisce che “la soluzione è negli angoli” e che “ per rompere la bolla non basta una canzone”. In “Africa” si prova a spiegare la provincia ma, comunque la si gira” è inutile anche dirlo si stava meglio prima”.
“Il tempo più importante” è il gioiello di questo disco che racconta “il logorio dei giorni che non abbiamo passato insieme” e che si chiede “com’è che siamo qui a parlare del tempo, non è che ne abbiamo così tanto”.
Malinconia e romanticismo s’impossessano della scena con “Il cuore oltre la siepe”mentre  un sound elettronico e pimpante da vità al cinismo spensierato de “ La ballata del bicchiere mezzo vuoto”.
La montagna di pensieri da scalare della title-track “Kilometri” si erge, infine, prepotente oltre sentieri di tempo sprecato, perso, “Rubato”.

Il sound funky ed avvolgente degli April Fools.

April Fools è l’ omonimo album d’esordio con cui 3 tre giovani campani di talento hanno coronato un sogno iniziato nel 2004.
Gabriele Aprile, interprete ed autore della band, fonde carisma, estensione vocale e creatività con le striature del suo animo black mentreAlessandro Stellano al basso e Vincenzo Girolamo, alla chitarra, danno vita ad un groove eterogeneo ed accattivante.
L’approccio pop-funk delle 9 tracce di cui si compone il lavoro degli April Fools, trova uno sfogo naturale nelle contaminazioni cantautoriali che invadono i testi mentre l’espressività della lingua italiana cerca e trova, con successo, un canale di collegamento con l’emotività che caratterizza la black music.
Si passa dagli arrangiamenti pop di “Semplicemente (taggato)”, una semplice canzone che racconta l’amore ai tempi di facebook, alla carica adrenalinica di “Movimento” dove la versatilità della voce di Aprile è quanto mai evidente. La precarietà sviscerata dalle parole di “Stand by” è scandita da un rock che scova e che scava negli angoli più concavi del cuore mentre il blues ovattato di “Dicembre” ci trascina tra le liriche de “Nella mia città” dove “Luna pensa al suo domani, camminando a pugni chiusi e dalle ombre delle strade si difenderà”.
“Sul ghiaccio” è una parentesi leggera e movimentata che introduce l’ascoltatore nel racconto di “Cronaca di un volo”: una drammatica ballad di denuncia sociale che tocca il cuore e che lascia interdetti. Le parole di “ Respiro” si sprecano, rinfacciano, tradiscono, lasciano tracce, illudono, convincono, confortano mentre i rimpianti si nutrono dei “Se” del brano con cui si chiude un cd, che, nonostante tutto, lascia spazio a pensieri e prospettive.

I Maieutica e l’arte del rock pensante.

Logos è l’album con cui i Maieutica puntano a far emergere il pensiero attraverso suggestioni ed impulsi di idee.
Prodotto da Defox Records/Heart of Steel Records con la prestigiosa collaborazione di Alex De Rosso,  il lavoro discografico di questi 5 giovani di Padova apre un varco diretto all’intimità dell’ascoltatore senza moralismi.
Thomas Sturaro (vocals), Matteo Brigo (lead guitar, rhythm guitar), Roberto Guarino (rhythm guitar), Luca Serasin (bass) e Mirco Zilio (drums) amano definire il proprio sound “ rock pensante” perché nasce dal pensiero e vuole generarne.
Logos è quindi il suono del pensiero: a tratti morbido e avvolgente, a tratti claustrofobico e assillante, poi elettrico e potente.
Un tuffo negli abissi più reconditi della propria coscienza per smuovere gli ingranaggi della mente anestetizzata dal manicomio della realtà circostante, questo è il senso di questo disco che, cantato rigorosamente in italiano,  compie inaspettate piroette tra assoli più classicamente rock ed effluvi metallici tra brevi passi prog e il pathos della dark wave.
Le visioni psichedeliche di un apparato musicale, quanto mai complesso, trovano nei testi molteplici spunti di riflessione e di introspezione: l’apertura strumentale de “Il suono del pensiero” è come una prima scarica elettrica di purificazione. “Non ci sono angeli e demoni, solo situazioni” cantano i Maieutica in “Sinestetica apparenza” tra strofe melodiche ed incalzanti mentre le chitarre ansiogene e distorte de “In preda alla fuga” rendono vivida l’immagine di un uomo in fuga da sé stesso e dal mondo che lo circonda. A.D.I.D.M. (Armi di indifferenza di massa)  riassume tutto il suo senso nel titolo anche se i versi “ Non c’è coscienza, coscienza critica, tutto può succeder qui, finchè non tocca a te” rappresentano l’essenza perfetta del disagio socio-culturale che viviamo.
Riff nervosi ed inquieti pervadono i suoni de “L’oracolo” e mentre i Maieutica ci accompagnano verso la ricerca della verità, l’atmosfera onirica de “La scelta” ci catapulta tra le arie mistiche di “Tre”.
“Scomodo pensiero” lascia affiorare alla mente i pensieri che ci divorano, che ci sgretolano e poi ci liberano mentre “Natale di s’Odio” e “Primaneve” chiudono, infine, le porte del subconscio lasciando che la vittima tenda la mano al carnefice condannando il pregiudizio che offusca gli occhi ed esaltando la ricchezza della diversità.

I JFK & La Sua Bella Bionda presentano “Le conseguenze dell’umore”

L’equinozio di primavera porta una ventata di novità nel mare di note in terra partenopea. 
Dopo tre anni in giro tra Festival, concerti ed una serie di premi vinti su e giù per l’Italia, i JFK & La sua Bella Bionda presentano la loro opera prima intitolandola “Le conseguenze dell’umore”. 
I fratelli Lelio e Federica Morra, insieme a Gianmarco Libeccio alla chitarra e Fabio Caliento alla batteria, convergono le loro velleità da “cantastorie di strada” in un progetto delicatamente fresco e finemente intarsiato di chicche acustiche, prodotto da Ninni Pascale per Polo Sud e diretto da Ernesto Nobili.
Ritmi folk, sottilmente rockeggianti, donano una frizzante melodia ai contenuti creando un’atmosfera suadente che esalta le belle voci dei fratelli Morra.
Il cd comprende dieci tracce che, senza alcun filo conduttore,  tratteggiano lo sviluppo di uno stato d’animo sempre diverso. “Il pezzo dell’estate” alterna l’atmosfera latina dell’intro ad una evoluzione hard-rock del ritornello, “Ci penso io” racconta di luoghi da cui si parte e da letti da cui si esce partendo da una sofferenza che vive di una speranza mentre “Gente comune” è la fotografia di una insonne notte vissuta tra le mura di un ostello francese. “ Non è poi così male vivere senza pensare a cose che fanno male”, cantano i JFK a cuor leggero, mentre chitarre acustiche, ukulele e xilofono creano un delicato sottofondo per “La musica”.
Brano di punta del disco è “Stasera”, gioiellino dal sound tipicamente anglosassone, nato da una suggestione notturna di Lelio.
I racconti racchiusi in questo cd dipingono, col sorriso sulla bocca, la quotidianità di una generazione che parla di sé e delle piccole cose che scandiscono un presente quanto mai precario.

La nuova stella di Broadway

E’ in uscita il nuovo video di Cesare Cremonini…. il brano è “La nuova stella di Broadway”

Una scommessa d’amore raccontata con delicatezza tra le stelle del lontano e magico Oriente.

Nelle parole del cantautore bolognese la spiegazione del video, la scelta del contesto e il significato della canzone:

“Giusto per darvi qualche info in più, il video è stata una scommessa d’amore anche per noi. Io e Walter abbiamo scelto Bangkok, città nuova, difficile, complessa. Sfida credo vinta in pieno visto il risultato delle immagini. Fare un terzo video al giorno d’oggi è roba per pochi, si hanno pochissimi mezzi a disposizione. Economici in primis. Non si può fare ciò che immagini. Costa troppo l’immaginazione. Quindi abbiamo voluto puntare sull’atmosfera. Unire una atmosfera non scontata con un pezzo molto difficile da rendere su video.

Per noi un video è una occasione di trovare una chiave di lettura diversa dalla prima che ti viene in mente. Per questo capita sempre che molti di voi si meraviglino delle scelte. Per me è un bene. Vuol dire che non andiamo nella direzione più logica. E per cambiare le regole dei videoclip (in pratica per non essere uguali a tutti gli altri), questo bisogna fare: prendersi dei rischi.

Non è una storia questo video. E’ un mondo interiore di due persone che non sanno di essere i protagonisti di una canzone. Quindi chiunque potrebbe essere in questo preciso momento il protagonista de La Nuova Stella Di Broadway. Chiunque e ovunque.

La lentezza è un’altra scelta voluta e a dire il vero Walter lo avrebbe voluto ancora più lento.

Perché io così poco in video. Perché non facciamo pubblicità a me ma un video, e alla sua canzone.

La ballerina che balla sul mio piano è stata scelta volutamente in contrasto con la dolcezza della canzone e dei protagonisti. Il locale è squallido ma lo avremmo voluto anche più squallido. Ogni cosa che vedete è stata decisa e cercata. A volte trovata. A volte con un compromesso. Ma l’impatto è la cosa che più conta in un video.

Perché Bangkok. Perché New York è il sogno. E’ il miraggio. Girarlo a New York sarebbe stato scontato e ovvio, e fuori tema. La canzone non l’ha scritta un newyorkese ma un bolognese. Noi immaginiamo, creiamo, desideriamo. New York non è una realtà della canzone. E’ una scommessa. E non so se si realizzerà mai.

Il protaginista maschile mi ha colpito molto. E’ molto giusto per la sua parte secondo me. Lo avreste dovuto vedere mentre si cambiava. Un figo pazzesco tra l’altro.

Amo questo video perché non ha una storia. Come la canzone del resto”.
Baci

http://vevo.ly/147YRKk

#Pronto a correre: cronache di un uomo alla riscossa.

Bando agli arzigogoli, ai decori, ai barocchismi Marco Mengoni si spoglia ma lo fa a strati…
“Se il gioco si fa duro è da giocare” canta ne “L’Essenziale” ed è davvero duro il gioco di chi in un mondo che cade a pezzi prova a comporre nuovi spazi. Talmente duro è stato il lavoro di Marco che, per evitare “errori di valutazione”, è necessario ascoltare più volte il disco per poterne comprendere sfumature e colori.
Tutto, a partire dagli arrangiamenti, è diverso da quello a cui Mengoni ci aveva abituati. Il cosiddetto “sound” che accarezza le storie raccontante in #Pronto a correre è assolutamente internazionale. Checché se ne dica, l’impronta italica millantata da molti è lontana anni luce e i suoni che vestono questo disco il Bel paese si limita a contemplarli ammirato.
Ma scopriamo più nel dettaglio in cosa consiste il famigerato “progetto” che Marco ha voluto presentare lontano dai fasti di Sanremo…
Il filo conduttore di questi 15 inediti è il desiderio di riscatto, la voglia di buttarsi alle spalle il passato e ricominciare, anche da zero, se necessario.
 In un contesto socio-culturale come quello in cui viviamo, risulta quanto mai attuale la bramosia di allontanarsi da chi marcisce sotterrato dal doppiogiochismo, da chi riempie di bugie e di scuse il vuoto della propria esistenza e si rintana nella comodità dei rapporti di convenienza solo per paura di vivere la vita respirando a pieni polmoni col rischio di sbattere contro porte chiuse in faccia.
“#Non me ne accorgo” è un brano che raccoglie la tensione emotiva per poi lasciar scivolare via l’inquietudine che pattina sul cuore verso altre strade ed incroci. Il coraggio di guardare giù che canta Marco in questa canzone, è quello che serve per capire che anche se “ non c’è niente che resiste al cuore quando insiste” è il caso di trovare una strada sempre nuova, per provare a reinventarsi.
L’ironia folk di “#Un’altra botta” pare quasi sbeffeggiare il potere che alcune persone sono in grado di esercitare su di noi, in alcune fasi della nostra vita.
Ci pensa però” #Pronto a correre”, scritto da Mark Owen dei Take That, e che da il titolo al disco, a ripristinare gli equilibri e porre un accento forte e chiaro sulla voglia di riscatto.
Ogni parola è azione, movimento, una lunga corsa a perdifiato sempre più lontano, verso orizzonti infiniti, verso l’ignoto di un futuro sempre in divenire. Il testo, disponibile anche nella più assolutista versione in lingua inglese, si fonde e si costruisce con la musica in un crescendo emozionale e melodico.
Con “#La vita non ascolta” emerge tutto il disincanto e la disillusione con cui un occhio stanco guarda il mondo contemporaneo. Nel ritornello però arriva la svolta, l’uomo diventa protagonista della propria vita, scegliendone la direzione e urlandola a chi “tace e non dice cosa pensa di me”.
Il viaggio continua con “#Bellissimo”: l’altro brano sanremese, scritto da Gianna Nanni e da Pacifico che, nonostante le grandi attese, rimane un piccolo cristallo in una pentola di monete d’oro.
Parlando d’oro, viene naturale parlare de “La valle rei Re” il testo scritto e musicato da Cesare Cremonini: un contesto onirico e monumentale si presta come scenario perfetto per una poesia da raccontare. Suadente e suggestivo, Mengoni dà vita ad una destabilizzante rappresentazione teatrale e con “Chiedo scusa, sono ancora un re” chiude il sipario mentre il pubblico è ancora in standing ovation.
Le tracce di swing e i molleggiati riff di chitarra di “#I got the fear” ci conducono verso le atmosfere ovattate di #Avessi un altro modo”. La voce di Marco sussurra le parole e incendia l’animo per “volare piano e andare lontano per dimenticare tutto”.
Lo scioglilingua squisitamente pop di “#Evitiamoci” stempera i toni prima di rituffarci in un oceano di emozioni con “#20 sigarette”, scritto a 4 mani con Ermal Meta, Fame di Camilla, in cui “gli alberi si svestono piegandosi un po’ e la mente si sparpaglia sul pianoforte”.
Il ritratto diventa surrealista con “#Spari nel deserto”, frutto della creatività della penna di Ivano Fossati, rimaneggiata da quella di Marco. Enigmatica e melanconica, questa canzone è una lettera con un finale aperto dove ognuno è libero di scrivere il proprio finale.
Voci sovrapposte ed una frizzante melodia dance, intrisa di elettronica, danno vita a “#Una parola”: accattivante ed arrogante, questo brano è come un filo scoperto…non sai mai come toccarlo.
Infine l’essenza più intima di Mengoni viene fuori in “#Natale senza regali”, niente può essere più distruttivo di una vita di gelo senza brividi.
Che la tanto agognata libertà sia in realtà una prigione immensa? “Lo scopriremo solo vivendo”, cantava Battisti.