Eleven Fingers – To Remind you

To remind you” è il titolo del’eclettico disco degli Eleven Fingers prodotto dalla In the bottle records.
Dieci tracce assolutamente varie ed eterogenee compresse in un cassettone dal fondo perduto. Andrea Grazian (chitarra), Anna Cavazza(voce e piano), David Merighi (voce e piano), Daniele Merighi (voce e batteria), Stefano Bortoli (chitarra e synth) e Stefano Zerbini (basso) compongono la loro musica con piacere e per il piacere di farlo, le loro canzoni seguono solo parzialmente la scia dell’evoluzione del pop-rock di matrice indie americana, tutto il resto appartiene ad una sfera sperimentale, pregna di richiami, riferimenti, spunti, sviluppi.
L’approccio emozionale di Again ed il caldo giro di basso che attraversa To remind you si sposano con un delicato intreccio alle ovattate atmosfere jazz di White boots e Behind our best mentre il sound rockeggiante di Dear Tom si fa aggressivo sulle note della malinconica Everything is far away. Gli Eleven Fingers vivono con ampia libertà la loro carica espressiva e se in Growin’up kids si lasciano ammorbidire dalla sobrietà del pop è in One day che si fa largo una raffinatezza amabilmente amarcord.
L’ossessività dell’assolo strumentale che chiude Like a dog without bone è come un lamento sottile, infinito e finalizzato ad insediarsi nell’animo perennemente insoddisfatto di noi poveri diavoli che viviamo i mali dell’era postcontemporanea.

“DiscoDays” a Napoli: una full immersion in un mondo fatto di note

Spazio alla musica a 360° a Napoli con proiezioni, mostre fotografiche, premi, decine di stand con dischi in vinile, presentazioni di album e musica dal vivo in occasione di “Discodays – Fiera del Disco e della Musica” la collaudata rassegna dedicata alla musica e al disco in vinile, organizzata dall’associazione Iuppiter  , che si è tenuta presso la Casadella Musica di Via Barbagallo a Fuorigrotta il 27 ed il 28 aprile.
La manifestazione, anticipata da un’anteprima live con il concerto dei Blastema, ha ospitato, tra l’altro, l’anteprima della mostra “The icons- I volti della musica” assumendo nuovi connotati di interdisciplinarietà incentrati sulla tematica musicale con un avvicinamento al mondo dell’ arte contemporanea
 Il progetto, nato da una idea di Nello Arionte e sostenuto da ProMuoviAmoArte, intende rendere omaggio ad alcune delle icone più emblematiche dei nostri tempi; le opere nate dall’ingegno e dalla passione di artisti, reduci dalla biennale di Venezia, immortalano espressioni, atteggiamenti e modi di apparire di volti celebri come quelli di Kurt Cobain, David Bowie, Amy Winehouse, Janis Joplin, Ray Charles, Jimi Hendrix che hanno condizionato aspetti di costume e norme di pensiero di intere generazioni.
Le 15 opere esposte seguono il promettente esordio dello scorso dicembre al Museo MAC3 di Caserta (nell’ambito della mostra “Play with Eyes”) e anticipano l’esposizione integrale, composta da 30 opere eseguite da altrettante firme, prevista dal 16 al 19 Maggio quale evento collaterale della fiera d’arte contemporanea di Catania ArtFactory 03 (www.artfactory03.it).
All’interno dei DiscoDays si è distinta anche l’iniziativa del Miletti Work Shop Experience con la premiazione degli studenti del conservatorio di Benevento, Salerno, Avellino e Napoli con la targa Miletti Great Album Tribute Award. 
Ampio spazio al talento e alla musica live con la presentazione del CD di Sergio Forlani dal titolo “Non solo etno”, l’esibizione dei Capatosta, vincitori del progetto editoriale Musica contro le Mafie nato da un’idea di Gennaro de Rosa, Giordano Sangiorgi e Marco Ambrosi e la premiazione del duo Tarall&Wine vincitore del Premio Rete dei Festival
Tra il viavai di collezionisti, rivenditori, appassionati e curiosi in cerca di chicche, prime stampe e vinili d’annata, in un’epoca dove lo streaming e il digital download regnano incontrastati,
 la giornata volge al termine non prima di aver assistito alla presentazione del CD “Ok il momento è giusto” a cura di Antonio Manco e i suoi Briganti e la premiazione per il Festival La Cicala consegnato da Nino Buonocore con l’alto patronato del Presidente della Repubblica aggiudicato da Stefano Zonca
L’appuntamento al pubblico, amante del mondo a sette note, è rinnovato al prossimo mese di Ottobre.

Mario Venuti in concerto a Napoli

Napoli, si sa, è città amante del calcio…succede così che la serata dedicata al live di Mario Venutiall’Arenile Reload di Bagnoli con “L’ultimo romantico Solo tour” diventi l’occasione per ritagliarsi uno spazio intimo e sorprendentemente raccolto in cui poter dare via libera alle emozioni e ai sentimenti più reconditi.
Mario Venuti propone le sue canzoni in una veste elegantemente spoglia: un pianoforte, due chitarre acustiche ed un lume accompagnano la poesia di un artista sensibile ed intimista.
L’emotività e la fantasia che fanno da sfondo ai testi di Venuti, forgiano una musicalità che spazia dal blues al pop giocando sull’opposizione tra solarità e malinconia.
La delicatezza e l’intelligenza con cui il cantautore siciliano racconta riflessioni, visioni, ricordi, passioni sono come un balsamo per i mali quotidiani del nostro vivere. “Ci hanno detto che ci vuole il fisico perfetto come un ingranaggio ad orologeria, stabiliamo chiaramente quello che ci serve,
quello di cui poter fare a meno” canta Venuti in Rasoi, tratta dal suo ultimo disco “L’ultimo romantico”, mentre auspica un ultimo soffio di purezza in Fortuna.
Senza alcuna scaletta, le emozioni si susseguono come brezze di venti opposti in  E’stato un attimo e nella toccante cover di Umberto Bindi Arrivederci.
La memoria piena di amori senza gloria di Adesso con chi stai?, le facce stanche di Sant’Andrea e i
legami con doppi nodi all’anima di Crudele, entusiasmano il pubblico che accompagna, complice, Venuti anche sulle note de Nella fattispecie.
C’è ancora spazio per la genuinità di un amore autentico nel repertorio dell’artista che si sente orgoglioso delle proprie canzoni nude come una donna nell’intimità e con Amore di plasticae Veramente lascia nel cuore la voglia di ascoltare storie che profumano di vita.
E allora arrivano i bis: Mai come ieri e A Ferro e fuocochiudono il concerto, proprio un attimo prima che Mario Venuti, il cantastorie, parta in sella ad una canzone che parla ancor d’amore.


Video: Crudele




I Portoflamingo presentano “L’AMORESISTE”

Giunti al quarto album con “L’Amoresiste”, i Portoflamingo si lasciano alle spalle la tradizione popolare per avventurarsi in sonorità più leggere raccontando i ritmi incessanti del vivere quotidiano soffermandosi su situazioni, immagini, momenti da condividere, schernire, sezionare.
Alessandro Mencancini(basso), Fabio Fiaschi (chitarre e cori), Andrea Paganelli (voce e cori), Fabio Bonaccorta (percussioni e cori), Boris Cammilli (batteria e suoni) e Leonardo Oscar Catani(tastiere, chitarra acustica, cori) hanno pensato, scritto e suonato questo disco per ricordarsi e ricordare che, sebbene spesso vinca il male, l’amore esiste e resiste lo stesso, acquistando forme sempre mutevoli.
La disillusione, il pregiudizio, le imposizioni del potere economico e delle istituzioni politiche, l’eterna lotta alla paura della morte e della malattia, il finire improvviso di affetti e sentimenti sono i temi affrontati nelle 12 tracce proposte dai Portoflamingo avvalendosi di un potente estro creativo e azzeccatissime rime pregne di significato e di contenuti.
Tra lo yin e yang fatalista, che fa da sottofondo a tutto il disco, l’amore è il passepartout che ci conforta e che ci infonde fiducia.
Ai Portoflamingo basta fermarsi un attimo a pensare ad un futuro fatto di diritti, doveri e voglie in Mi basta pensare mentre si aggiustano capelli e ricordi con le mutande segnate dalle storie passate in L’amore esiste.
“L’amore lotta, se lo rinchiudi sbotta, che sembra quasi rabbia e non smette di gridare; l’amore brucia e quanto poi ti bacia ti senti nelle gambe una forza micidiale; l’amore torna, se muore cambia forma” canta il gruppo originario di Prato mentre la voce, il cuore, il tempo, il volto e il corpo si riappropriano del proprio valore sulle note di Di più.
Le sonorità vintage di Elezioniaccompagnano le geniali verità proposte in una nitida fotografia dei tristi tempi che ci avvolgono.
Ancora tanta onestà intellettuale in Cellophane  dove “l’uomo per istinto è nel progresso che si esalta, poi quando si esalta pecca in relatività”.
La schitarrata rock sul finale di Assassino, ci addentra energicamente nelle viscere del corpo di un uomo che, attraverso la disillusa ironia di Ninna nanna e Giuro, schernisce sé stesso e la società che ha recluso la propria esistenza in una stanza.
Il disco si chiude con Mana rota e con dolci richiami dal sapore etnico, i Portoflamingo salutano l’ascoltatore con un monito secco ma efficace:” restando lì a guardare, finirai per farti male”.

“Intorno” ai Beltrami in concerto.

Una serata speciale è stata quella del 24 aprile per i Beltrami in occasione della presentazione ufficiale del loro disco d’esordio “Intorno” al Lanificio 25di Napoli.
Atmosfera subito intensa con un rmw in cui amici, colleghi e familiari del gruppo hanno provato a dare una personalissima definizione del termine che dà il titolo all’album.
Che sia semplicemente un avverbio, altro da sé, la distanza di sicurezza per non farsi male, il tassello di un grande puzzle o l’allineamento di cose che si rincorrono, “Intorno è e vuole essere il risultato di un progetto che non ha e non vuole avere definizioni di genere e dichiarazioni di intenti” dicono i Beltrami.
Nata da un progetto solista di Giampiero Troianiello (voce) la formazione del gruppo ha preso lentamente forma con le figure strumentali di Pasquale Omar Caldarelli e Carmine Franzese (chitarre),  Pasquale Rummo (batteria), Mario Urciuoli (basso).
Il disco, ricco di sperimentazioni musicali a cavallo tra jazz e spunti di swing, è un cassetto pieno di storie da raccontare, esperienze di vita in cui ciascuno di noi può riconoscersi e traccia dopo traccia diventa sempre più facile sentire l’essenza eterea del proprio io.
Solo per esser noi è la traccia d’apertura che, arricchita dagli archi di Giovanna Moro e Gaia Arpino, lascia subito intravvedere le intenzioni intimiste della testualità dei Beltrami.
Lo spazio di una sillaba, in questo caso il NO, è la perfetta sintesi del rifiuto di rapportarsi all’altro in modo costruttivo. Seguono Un’isola e Aquilonesospese a metà strada tra un sogno ad ogni aperti ed un flusso di coscienza intriso di surrealismo.
“Questi tempi che corrono, sono tempi che corrono” cantano i Beltrami in Eureka, primo singolo ufficiale del disco ma è Io ed Anniead incantare il pubblico, con la storia di due amanti che s’incontrano per caso ma si perdono per scelta.
L’essenza di me e Prima di continuano il percorso di introspezione psicologica ma gli ottimi spunti contenutistici andrebbero potenziati con un arrangiamento ancora più sperimentale.
Il prezioso intervento al sax di Pasquale Ambrosio, forgia con grazia la forma di una delle cover proposte dai Beltrami, Buonasera signorina di Fred Buscaglione mentre si ritorna agli inediti con Prima o poi, brano scritto in collaborazione con Roberto Angelini, e con le discrete linee pop-rock di Ganote Leggeri, venate di un affascinante brezza jazz.
La poliedricità dell’eclettico Giampiero Troianello trova il suo naturale sbocco in un coinvolgente assolo di kazoo sulle note di Distanza ma è su Tutti vogliono fare il jazz, colonna sonora del cartone Disney ” Gli Aristogatti”, che il frontman dei Beltrami diventa padrone della scena.
Prima di salutare un pubblico quanto mai entusiasta, i Beltrami presentano Tù il mare
ultima traccia in scaletta con una grande verità al suo interno: forse scegliere somiglia a costruire.
Ed è proprio con l’augurio che la possibilità di scegliere e di osare non manchi ai Beltrami, speriamo che essi possano costruire un valido percorso artistico in uno scenario musicale quanto mai fervido come lo è oggi.

“TUTTINPIEDI” con L’Armata Brancaleone

“TUTTINPIEDI” è l’opera prima de l’Armata Brancaleone, una band veracemente
marchigiana che, forte di una solida conoscenza ed analisi della più classica tradizione folk-rock,
pubblica 15 tracce fatte di sangue, intelligenza e sudore.
Fabio Valori (Voce), Giovanni Cofani (Fisarmonica), Laura Tamburrini (Violino), Giancarlo Pelletta (Chitarra acustica), Evandro Borgiani (Chitarra acustica), Marco Casadidio (Batteria)
Roberto Caponi (Basso), Silvio “Hush” Moglianesi (Fonico) danno voce ai pensieri del popolo, quello vero, quello che vive sulla propria pelle le evoluzioni del tempo.
L’energia delle sonorità proposte dall’ Armata Brancaleone coinvolge l’ascoltatore con il fascino della più genuina spontaneità.
Il caos metropolitano di Duna portafortuna, il disincanto del Malfidato che si guarda le spalle dai saccenti, dai ciarlatani e dai ruffiani, la leggera ma efficace ironia de Le feste comandate sono solo una primo assaggio di un disco fruibile a tutti ma pregno di contenuti.
Ezzio il pazzo non segue l’andazzo, canta l’Armata Brancaleone, allontanandosi dai dettami e dai giudizi su nuvole di fantasia, armata dei sogni e delle utopie di Nonostante tutto.
L’esilarante incubo de Ho fatto 6 al superenalotto, decanta vizi e lazzi di una società sempre pronta a fregare il prossimo ma è la struggente semplicità de La storia di Pasquà a lasciare una reale traccia dello sfiancante precariato che ci attanaglia.
L’apice emotivo dell’album arriva con Prima di tutto, riuscitissimo adattamento della poesia antinazista “Prima vennero…” di Martin Niemollër e con la toccante esperienza partigiana di 201 volante.
Ampio spazio anche e soprattutto alle parti strumentali come quelle presenti in La danza del tempo, con ampie rivisitazioni della musica tradizionale trentina o ancora quella pugliese della dissacrante Lu spusaliziu.
L’Armata Brancaleone non dimentica nemmeno la causa ambientalista e con E spegni!!! invita tutti a pensare che “ogni goccia nel mare può fare di più in un mondo sempre in stand-by che non si spegne mai”.
In “TUTTINPIEDI” lo scenario tragicomico in cui ci ostiniamo a vivere è affrescato in tutta la sua trasparenza e la storia dell’ emarginato Goran Alcolik condanna le ormai troppo frequenti sbronze di superbia e vanità con cui l’uomo inganna sé stesso.
L’Armata Brancaleone chiude il disco con un testo tratto da “La ninna nanna della guerra” di Trilussa auspicando un futuro da vivere “TUTTINPIEDI” a testa alta e a cuor leggero.

Victorzeta e i fiori blu presentano “Dans Le rêve”

Dans Le rêve” è il titolo del disco d’esordio dei Victorzeta e i fiori blu, un lavoro a metà strada tra una festa folk ed un libretto cantautorale. Il nome del gruppo campano richiama le ultime lettere dell’alfabeto e sbeffeggia i drammi contemporanei con sonorità eterogenee ed accattivanti.
Ugo Russo, chansonnier della formazione, Raffaele Vitiello, Roberto Frattini, Salvio Loffredo, Daniele Filoso, Giulio Fazio danno vita ad un vorticoso saliscendi musicale che, attraverso un percorso di 13 tracce, offre infinite chiavi di lettura.
La canzone francese, un accennato ma intenso tocco di ska, richiami balcanici e la classe della canzone d’autore sono gli ingredienti segreti di una ricetta musicale citazionista ma molto interessante.
Nell’impetuoso susseguirsi di omaggi alla musica e alla letteratura, naturale sbocco di un flusso simbolista e surrealista, il ritmo incalzante di Dans Le rêve, prodotto da Bulbarte Full Head e distribuito da Audio Globe, s’insinua subito nella mente dell’ascoltatore con le fresche note di Fiori blu.
Dissacrante è l’analisi del male di vivere odierno in  Anemia Sentimentale mentre la dimensione intimista di Nuove strade ci introduce al fare compiacente de Il serpente.
Orecchiabilissimo è il sound di Sciami ma è la genuina carica mediterranea della title track Dans Le rêve a trascinare occhi e orecchi in un viaggio oltreconfine.
Lascia che mi lasci andare è una presa di posizione nel perseguire l’ignoto, il flusso delle cose è lì che attende ma c’è ancora qualcosa da ascoltare: una geniale rivisitazione, in chiave blues, della celeberrima Shampoo di Gaber è la chicca finale prima che il sipario cali sulla fiesta.

In viaggio con l’Orchestra Joubés

“Orchestra Joubés”  è l’omonimo titolo del primo disco dell’ensemble napoletana composta da Antonio Fraioli, Davide Mastropalo ed Ernesto Nobili.
Un crogiolo cosmopolita, forgiato da mani esperte ed intriso di pregiate commistioni stilistiche incanala uno strabordante flusso creativo che pare dare vita ad un viaggio oltreconfine.
Le dieci originali composizioni, di cui si compone il disco, sono chiavi di scrigni aperti su un mondo tutto da inventare; la geografia emotiva di ciascuno può dare libero sfogo al proprio immaginario verso mondi e paesi immaginari e non.
In bilico tra le affascinanti atmosfere dei caffè letterari di inizio Novecento e la più sofisticata musica da camera moderna, gli Orchestra Joubés, prodotti da Agualoca Records, filano, costruiscono, inventano sonorità uniche. Lontane da ogni tipo di  terminologia le contaminazioni folk, le commistioni, i richiami world music, gli etnicismi e le sperimentazioni del trio partenopeo semplicemente fanno capo ai guizzi della mente di ciascuno di essi; ritmi e melodie si lasciano ispirare dalle avanguardie del passato per ispirare l’emotività del presente.
La versatilità delle coordinate sonore di questo disco è subito evidente in Alma nueva dove un violino maliardo s’insinua come uno scugnizzo tra le impervie viuzze di un paese latino.
Aire de Chacareraè il brano più vorticoso del disco mentre Les Humeurs de Caterine veleggia tra le lacrime ed i sospiri di un animo sofferente e combattuto.
La pungente delicatezza de La neve sottile precede il sound viscerale ed ossessivo di Lenino Pr.40 mentre l’eterea bellezza senza tempo di San Jonas (Parte 1) ha un retrogusto di origine balcanica.
La visione allucinata di Mbilaregala ampi spazi alle tortuose riflessioni notturne.
Noumea Night Market è, invece, la composizione più “elettronica” del disco con sonorità insolite ma convincenti. In Yes, Pussyfooting, ripetuti guizzi di violino s’insinuano nell’animo come colpi di antichi fendenti aprendo infiniti e profondi varchi nell’aere.
L’ampio margine di inventiva degli Orchestra Joubés trova la sua foce a delta in Grandmothers; l’insaziabile appetito dell’inconscio surrealista è servito.

La casa sulla luna di Bruno Bavota

“La casa sulla luna” è il nuovo album del partenopeo Bruno Bavota, pianista e compositore modern classical.
Giovane e talentuoso, Bavota si fa portavoce di speranza e pace dei sensi con dieci tracce veloci ma intessute con abile maestria.
Reduce dall’importante esibizione presso la Royal Halbert Hall di Londra, in occasione del Galà di presentazione dell’Accidental Festival, Bavota propone una casa lontana dalla terra, ma vicina quanto basta, per poterne raccontare vizì e virtù con l’aiuto di Marco Pescosolido (violoncello) e Paolo Sasso (violino).
La creatività minimalista di Bavota viene infatti arricchita da infinite striature colorate attraverso un delicato arrangiamento degli archi.
Amour, apre il disco senza fronzoli: la turbolenza della passione è messa a nudo, l’anima non ha scampo.
L’uomo che rubò la luna è invece dolce e avvitata come un abbraccio impercettibilmente più stretto dopo un triste avvicendamento di pensieri che attanagliano la mente.
Il dito si muove sul vetro appannato è tutto un susseguirsi di giochi di luci ed ombre tratteggiate da una malinconica introspezione ma con Seguimi amore una corsa perdifiato lungo i prati di un bosco incantato, disseminato di fiori bagnati dalla rugiada del primo mattino, risveglia i sensi dal limbo sospeso di Buongiorno-buonanotte.
Il violoncello grave e greve di Pescosolido in Cielo blu notte ispira intime riflessioni che si trasformano in sogni di giorni felici e spensierati.
Il ritmo quasi dance de Il sole di domenica è un crescendo di note dinamiche e veloci come un sole caldo e luminoso che, dopo un’intensa giornata, si avvia, stanco, verso il tramonto.
Il saluto elegante e vorticoso di Arrivederci signora luna è un avvicendarsi di sinuose piroette un attimo prima che la Ghost track, ci dia un assaggio dell’album che verrà tra un sussulto ed un ultimo appassionato sospiro.

Video: Amour

Com’è bella la gioventù degli Onirica

“Com’è bella la mia gioventù” è il titolo dell’album con cui gli Onirica, di origine campana, esordiscono in modo molto singolare all’interno della scena musicale italiana. Nicola D’Auria (voce, chitarra), Simone Morabito (basso, cori), Antonio Sorrentino (chitarra, cori), Luigi Marrone (batteria) hanno voluto raccontare la giovinezza con un tuffo nel passato.
L’atmosfera vintage non è il solo marchio di questo debut album, l’aspetto veramente particolare è, piuttosto, che ognuna delle 10 tracce proposte racconta un episodio chiave della giovinezza di un uomo, secondo il punto di vista di un narratore sempre diverso.
Nei testi compare quindi un linguaggio crudo, immediato, spesso privo di tatto, pronto a colpire i punti deboli dell’ascoltatore.
Amori sognati, bigotto perbenismo, ipocrisie, la violenza sulle donne, la clandestinità, il progresso, la politica, gli affetti negati sono i temi che affiorano, come zampilli di acqua sorgiva, tra un brano e l’altro mentre delicati arrangiamenti pop rock accompagnano rispettosamente le immagini dei testi come se fosse un film.
In Macchine gli uomini si arrendono all’avanzata del progresso mentre il brusio diventa ronzio e infine cigolìo. La malata poetica di un carnefice violento è la protagonista di Pupille mentre in Giulia GT si consuma l’omicidio di Pasolini. Nonostante tutto c’è ancora tempo per sognare l’amore con Guerra ma  La guerra è appena finita è lì a ricordare che i postumi saranno sempre dietro l’angolo ad infondere paura.
 Toccante è la rabbia di un figlio che ha visto il padre morire ammazzato per questioni politiche in Canzone per papà.
Ampio spazio al dramma della clandestinità con Pied Noir! Ma è ne La preghiera del Presidente e ne La coppia che diventa evidente la forte attualità di un disco che rivive il passato per spiegare il presente.

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