Antonio Maggio: “Amore pop” vi svela il mio lato più intimo e riflessivo. Intervista

Antonio Maggio

Antonio Maggio

Lo scorso 4 novembre ha pubblicato il suo nuovo singolo intitolato “Amore Pop”. Lui è Antonio Maggio e questo brano intende anticipare il terzo album di inediti del cantautore salentino in uscita nel 2017 per Mescal. “Questa nuova canzone, scritta da Antonio Maggio con la produzione artistica di Diego Calvetti, si muove tra sonorità elettroniche e musica d’autore ma soprattutto segna una ripartenza importante per una nuova tappa di un nuovo viaggio musicale dalle promettenti prospettive.

Intervista

Ciao Antonio, il tuo percorso riparte da “Amore Pop”. Raccontaci cosa ti ha ispirato questa canzone e come hai lavorato alla costruzione di un arrangiamento che accosta in maniera delicata sonorità elettroniche e musica d’autore.

Hai usato le due parole chiave per imbastire il discorso: percorso e ripartenza.  Credo che ogni nuova uscita, ogni album e ogni nuova canzone rappresenti per un cantautore una nuova partenza, il desiderio di approcciarsi con il pubblico in maniera diversa, l’esigenza di aggiungere qualcosa in più rispetto a quanto fatto prima. ”Amore pop” nasce proprio dalla volontà di evidenziare e far conoscere alla gente un lato della mia scrittura che fino ad oggi era rimasto un po’ offuscato, sicuramente in secondo piano, che é quello mio più intimo, più intenso e più riflessivo. Insieme a Diego Calvetti, il mio produttore artistico, abbiamo lavorato in questi ultimi mesi in questa direzione, mescolando il mio universo cantautorale ad un’elettronica elegante, trovando il giusto equilibrio tra le due cose.

Quali parole useresti per dare la tua personale definizione di “Amore Pop”?

L’ “Amore pop” é quel sentimento impersonale, grezzo, che ha bisogno del vissuto e delle cure del tempo per poter diventare unico e incorruttibile. E quando canto che “l’amore pop non ci fa stare bene”, invoco una sana ribellione allo standard, alla regolarità, una forte volontà di uscire fuori dagli schemi. L’obiettività in amore non esiste, esistono solo le eccezioni, che però nella ricerca del sentimento dovrebbero essere la normalità.

Molto suggestivo il video diretto da Mauro Russo, in particolar modo la tua dissolvenza finale… come avete lavorato allo script del video e in che modo si lega al testo della canzone?

Sinceramente l’idea dello script nasce da Manuela Longhi, ufficio stampa della mia etichetta discografica, a testimonianza di quanto sia importante il lavoro di squadra. Poi io l’ho un po’ estremizzata e Mauro é stato come sempre bravissimo nel riprodurre visivamente il tutto. Nel videoclip sono state messe in scena esattamente tutte le sfumature e le emozioni che io ho messo in musica, fatto che non é assolutamente scontato che accada. La ricerca continua di qualcuno o qualcosa che prima insegui, poi raggiungi e infine si sgretola inaspettatamente tra le mani.

Video: Amore Pop

Questo singolo anticipa il tuo nuovo album di inediti…che direzione avrà questo nuovo lavoro e quali saranno le tematiche a cui farai riferimento?

Questo singolo é un po’ l’antipasto di ciò che sarà il mio nuovo album, il terzo, previsto per i primi mesi del nuovo anno. Un album importante per me, perché come ho detto prima sarà l’album dei cambiamenti, sotto vari punti di vista. Fino ad oggi la gente ha conosciuto prevalentemente il mio lato più ironico, che poi rispecchia in parte il mio modo di essere. Però adesso é arrivato il momento di farmi conoscere più a 360 gradi, scendendo un po’ più nel mio intimo. Racconterò come sempre di storie reali e non, di personaggi e di fatti che mi ruotano attorno, di amore e di musica, di sogni e anche della mia tesi di laurea.

Cosa ti ha lasciato il percorso fatto dal tuo precedente album “L’Equazione”?

Mi ha lasciato una cosa fondamentale: la consapevolezza di cosa avrei dovuto fare, dire e raccontare con questo mio nuovo album. Probabilmente dico una cosa scontata, ma l’ultimo lavoro segna inevitabilmente le sorti del successivo, perché dopo averne analizzato pregi e difetti, gioie e dolori, riesci ad individuare più lucidamente il bersaglio successivo da centrare; ma lo puoi fare solo a mente fredda, a debita distanza temporale.

Come ti contestualizzi all’interno dello scenario musicale italiano alla luce del tuo percorso fatto fino ad oggi?

Un cantautore alla vecchia che guarda al futuro.

In che modo la tua sensibilità si riversa nei testi dei tuoi brani?

Completamente. La scrittura delle mie canzoni è un modo per esternarla. Anche nella mia sfaccettatura più scanzonata, dove solitamente è più complicato. A volte è meglio cantare qualcosa piuttosto che dirla.

Quali sono le tue prospettive artistiche e come scandisci le tue giornate di scrittura?

Ovviamente la scrittura non é un’opera quotidiana. Posso trascorrere anche settimane senza scrivere nulla. Le mie prospettive artistiche nel futuro prossimo sono strettamente legate al nuovo album, non vedo l’ora di farlo ascoltare. E poi, in parallelo, sempre col nuovo anno, porterò in giro uno spettacolo a cui tengo tanto, che é “MAGGIOcantaDALLA in Jazz”.

Il disco uscirà nel 2017, c’è in ballo una ipotetica partecipazione al Festival di Sanremo?

Amo profondamente il Festival di Sanremo, ad esso mi legano delle emozioni incredibili e indelebili con la vittoria di 3 anni fa. Di sicuro in futuro mi piacerebbe ritornarci, e quando parlo di futuro non parlo necessariamente di quest’anno. L’unica mia preoccupazione adesso é di chiudere presto la produzione del disco e di mandarlo in stampa.

Antonio Maggio

Antonio Maggio

Hai vinto il premio Musica nell’ambito della seconda edizione del premio Giorgio Faletti. Che significato assume questo riconoscimento per te?

É un premio che mi inorgoglisce molto. Vedere il mio nome accostato a quello di Giorgio Faletti, artista a tutto tondo e in vari campi, mi gratifica del percorso che ho intrapreso oramai un po’ di anni fa. Sono stato felicissimo di riceverlo dalle mani di Gaetano Curreri, artista e persona che stimo tantissimo.

Cosa hai provato nel cantare un pezzo di Dalla insieme a Gaetano Curreri?

É stato sognante, quasi surreale. Per me, cresciuto ascoltando Lucio Dalla, e quindi per ovvi motivi anche gli Stadio, é stata un’emozione che non dimenticherò mai.

 Raffaella Sbrescia

Intervista ai Perturbazione: Non c’è racconto senza mistero siamo “le storie che ci raccontiamo”

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“So that’s as wide as we look at stories. A story is the relationship that you develop between who you are or who potentially are and the infinite world and that’s our mythology”. Con le parole del regista angloindiano Shekhar Kapur si chiude il booklet de “Le storie che ci raccontiamo”, il nuovo e settimo album di inediti dei Perturbazione, pubblicato per Mescal il 22 gennaio 2016 a quasi tre anni di distanza da “Musica X”. La scelta di questa citazione non è casuale, l’album, prodotto da Tommaso Colliva (Muse, Calibro 35, Afterhours, Dente, Le Luci Della Centrale Elettrica, Ministri) e registrato in Inghilterra tra il Tilehouse Studio di Mike Oldfield e il Toomi Labs dello stesso Colliva,  si muove su quella linea sottile che separa ciò che siamo realmente da quello che raccontiamo di noi e lo fa attraverso una manciata di preziosi brani che scavano tra gli interstizi e scovano storie, vite e immagini in cui ciascuno di noi potrà ritrovarsi. Con questo lavoro i Perturbazione ritrovano una propria dimensione dopo che nel 2014, il chitarrista Gigi Giancursi e la violoncellista Elena Diana hanno lasciato il gruppo. Oggi, con un ritrovato entusiasmo e con un importante bagaglio musicale, letterario e artistico, la band di Rivoli torna ed emozionarci con una leggerezza di spessore. Ad impreziosire il lavoro ci sono alcune brillanti collaborazioni: quella con la cantautrice Andrea Mirò in “Cara Rubrica del cuore”, il coinvolgimento del rapper Ghemon in “Everest” e Emma Tricca, cantautrice italiana amatissima nel Regno Unito, ha invece duettato con loro nella titletrack. Al pianoforte troviamo, infine, Massimo Martellotta (dei Calibro 35). Il disco di apre con “Dipende da te”: donare o prendere, fermarsi o correre, fuggire o fingere sono gli interrogativi che ogni giorno scandiscono il nostro vivere. Bellissima la trama di “Trentenni”: ti stai guardando attorno, cerchi una dimensione che vada oltre ad un part-time da 20 ore in una galleria senza contratto con i fanali spenti in cerca di un contatto”. Dal particolare si passa ad una trasposizione universale senza soluzione di continuità ed ecco emergere l’immagine nitida di una generazione incerta e tramortita. Non c’è racconto senza mistero siamo le storie che ci raccontiamo, ecco l’essenza di un lavoro che non ci stancheremo di ascoltare.

Intervista

Qual è lo spunto narrativo di un brano attuale come “Trentenni?”

Tommaso: Trentenni come tante canzoni del disco non è una canzone autobiografica. Nella fattispecie si tratta di una storia privatache noi abbiamo cercato di rendere più intima e allo stesso tempo universale. Alla base ci sono gli elementi di crisi di una storia sbilanciata in cui la protagonista si rende conto di aver portato troppo avanti una storia ormai finita. Mi piace l’atmosfera, il contrasto che c’è tra il groove della canzone e quel filo di malinconia che viene fuori da un testo combattivo. Più in generale, mi piace il fatto che i nostri ritornelli siano specchi deformanti, lasciamo sempre al pubblico l’interpretazione,  è bello che l’ascoltatore abbia la possibilità di entrare nella canzone e scegliere tra diverse visioni di sè.

A proposito di groove, come avete lavorato ai suoni e agli arrangiamenti con Tommaso Colliva?

Cristiano: La prima grande differenza sta nell’essere passati da sei a quattro, due persone sono andate sono andate via, erano strumentisti e contribuivano molto alla scrittura musicale. Con Tommaso abbiamo fatto un lavoro che in un certo senso riprende quello dell’ultimo disco “Musica X”. A 40 anni ci siamo svegliati con la voglia di muovere un po’ il culo, d’altra parte mentre prima avevamo bisogno di una terapia d’urto per cambiare completamente il nostro universo sonoro, su questo disco volevamo reimpossessarcene un po’ e con Tommaso è stato facilissimo perché si presta molto al servizio del gruppo. Lavorare Con Tommaso Colliva è stato molto stimolante, lui ci ha invitato per ragioni lavorative in Inghilterra per produrre questo disco e noi siamo partiti vivendolo come un nuovo inizio. Per quanto riguarda noi, io e Alex abbiamo lavorato in un clima di grande armonia togliendoci molte frizioni ma anche lo sfizio di includere tutti i nostri ascolti di matrice britannica. Ci siamo fatti ispirare dal pop inglese con il quale siamo cresciuti, a partire dai “The smiths” per la parte elettronica, passando per i “Pet Shop Boys”; ci piaceva il suono elegante che coniuga l’elettronica con i suoni elettro acustici.

Tommaso: quello che cerchiamo di fare soprattutto con gli ultimi dischi è un pop coraggioso, che cerca di comunicare un’atmosfera. Lavoriamo su metriche e linee melodiche che non debbano essere per forza simili tra loro. Il tema di questo album è venuto fuori alla fine.Difficilmente partiamo da un concept, di solito si riassume alla fine quello che si è raccontato. La title track sembra un bellissimo epilogo che racchiude tutto quanto: non c’è racconto senza mistero. C’è sempre una misura tra chi sei e chi racconti di essere e questa verità diventa ancora più autentica in un’epoca in cui ci si racconta molto attraverso i social. Andando a spulciare Instragram è buffo vedere come poche immagini seriali riflettano piccole crepe di ciascuno di noi.

Quali sono gli spunti su cui avete lavorato tu e Rossano per i testi?

Tommaso: Tanti spunti vengono a me e Rossano vengono in mente, seguiamo i social che curiamo noi stessi, ci sono corsi e ricorsi rispetto a come si rappresentano le persone, i social sono steroidi del malumore, tendono a tirare fuori lati di persone che di solito si nascono molto. “Cinico” ruota attorno a queste idee ma anche al nostro cinismo, al nostro aver compiuto 40 anni, all’aver conquistato una scorza che ti serve nella vita. Ci sono molti punti di vista maschili e femminili, cercare di essere se stessi è la cosa più difficile di tutte.

Perturbazione

Perturbazione

Raccontateci del nuovo sodalizio con Andrea Mirò...
Tommaso: Ci siamo conosciuti prima del Festival grazie a Le città viste dal basso, uno spettacolo in cui abbiamo raccontato le città attraverso la musica di grandi cantautori italiani, quindi eravamo già a conoscenza dell’entusiasmo, della simpatia e del grandissimo talento di Andrea Mirò. Quando siamo stati presi al Festival di Sanremo, ci è venuto in mente che Andrea avrebbe potuto fare il direttore d’orchestra, così glielo abbiamo proposto e lei ha accettato subito. Lo scorso anno abbiamo fatto quattro concerti insieme per testare la nostra alchimia e gli arrangiamenti, c’è stato subito un bel feeling quindi le abbiamo proposto di accompagnarci in tour e lei ha ovviamente accettato con entusiasmo.

Come sono arrivati i contributi di Ghemon, Emma Tricca e Massimo Martellotta?

Abbiamo ascoltato “Orchidee” di Ghemon in furgone tutti insieme e ci è piaciuto molto, avevamo il punto di collegamento di Tommaso Colliva e quando lui ce l’ha proposto, ci è sembrato logico coinvolgerlo. Emma vive da molto in Inghilterra, è una cantautrice folk che produce sia per il mercato musicale britannico che per quello americano; anche in questo caso il punto  di contatto è stato Colliva: ci serviva una persona che avesse un background tale da renderla in grado di raccontare cosa fossero le storie. Infine c’erano diverse parti di piano composte da noi, erano appunti che qualcuno che avrebbe dovuto risolvere; in questo caso Massimo, quinto uomo dei Calibro, ha lavorato da solo e lo ha fatto in maniera straordinaria. C’è un brano che non è finito nel disco, in cui il suo contributo ha fatto davvero la differenza, e speriamo davvero  possa finire nel prossimo.

Come state pensando al tour?

Cristiano: Abbiamo fatto un giro in quattro per prendere le misure e capire cosa porteremo in giro. Il tour nuovo sarà tutto suonato, a differenza di prima in cui ci servivamo di più delle basi; da questo punto di vista avere Andrea Mirò sul palco ci aiuterà molto a trasmettere questa idea. Avremo un approccio più istintivo: un conto è avere il piede sull’acceleratore un conto è avere la velocità impostata del volante.

Raffaella Sbrescia

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 Video: Dipende da te

Dal 20 febbraio parte il tour.
Qui di seguito i concerti.

sab 20 feb – ALESSANDRIA / Laboratorio Sociale
ven 26 feb – MILANO / La Salumeria della Musica
sab 27 feb – RAVENNA / Bronson
gio 3 mar – ROMA / Monk
ven 4 mar – PRATO / Officine Giovani
ven 11 mar – TORINO / Cap 10100
ven 18 mar – BRESCIA / Latteria Molloy
ven 22 apr – CASERTA / Smav
sab 23 apr – PESARO / Stazione Gauss
dom 24 apr – MOLFETTA (Bari) / Eremo Club

Locura: la lucida follia di Pico Rama in tredici tracce cosparse di verità

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Osservazioni, riflessioni, vibrazioni a metà strada tra esoterismo e misticismo. L’opera prima di Pico Rama, figlio d’arte, ma anche figlio dell’era postcontemporanea, unisce musica, filosofia e teatralità in “Locura”, terza prova solista pubblicata per la Mescal. Passando attraverso innumerevoli esperienze di trasformazione Pico Rama sceglie parole e testi seguendo una missione di tipo terapeutico per sé e per gli altri. Nelle tredici tracce accordate a 432 hertz , allineate con tutte le altre frequenze in natura,  l’artista usa una poetica complessa accompagnandosi con uno stile che parte dal raggae fino a lambire le rive dell’l’hip hop sfociando dolcemente nel dub.  Anticipato dal singolo “Regali del Divino(Merda), “Locura” attraversa il proprio immaginario, non teme di osare mostrando le sue subpersonalità e la sua mole di pensieri sfavillanti. In questo nuovo lavoro Pico si sposta dalla mente al cuore, sceglie di interpretare brani amati  come ‘Estrellita Divina’ – un canto sciamanico –   ‘Nuevo Horizonte’ dei Kirtan Reggae e la ballata ‘Dall’altra parte del cancello’, un bellissimo pezzo di Giorgio Gaber del 1973 (contenuta nel cd ‘Far finta di essere sani’; ndr). Esotismo e rap, essenzialità e profondità, sciamanesimo e canti di coscienza si fondono in “Un pezzo di terra”, “L’universo ci guarirà”, “L’idea della mortalità”, brani che intendono trasmettere messaggi significativi in maniera semplice ed efficace.

Pico Rama

Pico Rama

Originale ed interessante il featuring con Yari Power (conosciuto durante l’ultima edizione di Pechino Express) sulle note di “Your Jungle”, una sintesi psichedelica delle esperienze vissute in Ecuador e Perù. Il pezzo manifesto dell’intero album è “Loco”, il riadattamento di un brano di Darwin Grajales, cantautore e musicoterapeuta colombiano con cui Pico ha condiviso un percorso di sanazione nella selva amazzonica. Il flusso di lucida follia continua con “Non fango no loto” e si conclude con “Eplosione dal di dentro”, una folle meditazione guidata che sigilla un disco veramente pregno di contenuti , un lavoro in cui il raggamuffin rap di Pico si affida all’animismo proiettandoci al centro della realtà che ci circonda.

Raffaella Sbrescia

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Video: L’idea della mortalità