The Shak & Speares presentano “Dramedy”. La recensione del disco

THE-SHAK & SPEARES - DRAMEDY (2) - [500]

The Shak & Speares arrivano da Pompei ed il 30 settembre pubblicheranno il loro secondo lavoro discografico intitolato “Dramedy”, su etichetta FreakHouse records con distribuzione fisica e digitale The Orchard/Audioglobe. Più di un anno fa la band “punk-agreste” pubblicava “Gagster”, un album d’esordio che ha portato questi giovani scatenati ad esibirsi in Italia e all’estero. Una lunga tournée, conclusasi a Londra in compagnia di Vic Godard & Paul Cook (Sex Pistols), che li ha ispirati e li ha condotti alla creazione di nuovi contenuti musicali racchiusi in un disco che, già a partire dal titolo, intende rappresentare un prodotto originale. Pur rimanendo concentrati sui temi più strettamente legati all’immediata contemporaneità, the Shak & Speares hanno inteso ammorbidire il tutto con sonorità vive, energiche e travolgenti. “Dramedy” unisce le parole drama e comedy, rendendo per iscritto la fusione di elementi uguali e contrari, vicini nella loro diversità. Composto da nove tracce, l’album si avvale anche della presenza di special guest d’eccezione, stiamo parlando di Vic Godard, il leggendario punk-pioneer inglese. Ad aprire l’energico “Dramedy” è “Subway in Love”: un irresistibile rullante scandisce la vivace marcetta che accompagna un testo orecchiabile. Sornione e scherzoso è il mood di “Sailor’s Promises”, l’inconfondibile la la la sound, easy e contagioso, fa capolino tra scariche di cantato urlato. Sulla stessa linea d’onda è “Dreamland”, anch’esso attraversato da sonorità punk-agresti spiaccicate sulla faccia e nelle orecchie degli ascoltatori. Inevitabile il pogo selvaggio sulle note di “Stuck in a bottle” mentre  il ritmo solare e positivo di “Courtney is dead” si contrappone ad un testo incentrato su una figura piuttosto controversa. Più teso è il clima sonoro proposto in “Criminal Prayer”, subito stemperato dalla anima folk di “Castro street”. Chiude l’album “No Prey, No pay”, un brano caratterizzato da un arrangiamento tiratissimo che lascia l’ascoltatore letteralmente senza fiato. Cinico e spavaldo il testo che finisce col dare spazio ad un bel finale strumentale. “Dramedy” è, pertanto, un album tutto da ballare scatenandosi fino all’ultima goccia di sudore.

Raffaella Sbrescia