Giglio, nome d’arte di Raffaele Giglio, già frontman dei Gentlemen’s Agreement, sceglie di reincarnarsi in un napoletano doc e lo fa con “Mamma Quartieri”, un album solista, in uscita il 15 aprile per l’etichetta Full Heads, che attorciglia i nervi e risucchia le pareti dello stomaco. Registrato in presa diretta nella cripta della Basilica di San Severo a Capodimonte, al Sanità Music Studio, questo lavoro racchiude nove tracce che disegnano le linee guida di quello che potrebbe sembrare un musical e che, invece, è un affresco di vita vissuta. Teatro, commedia dell’arte, cinema convergono in brani che trasudano tenerezza e umorismo, romanticismo e disincanto.
Giglio debutta raccontando personaggi perduti: figli strampalati, femminielli, pazzi inafferrabili, zingari, carcerati, vergini, mariuoli, mamme addolorate. Gli arrangiamenti, caldi, ricchi e appassionati, sono firmati dal musicista e autore napoletano, così come lo sono i testi, eccezion fatta per “Figli ‘e Ddio” . Le melodie si barcamenano tra atmosfere circensi, nella sapienza dell’habanera, nelle ballad a fil di voce, nel western-dub, sospesi tra hammond e vibrafono, campanacci, tamburelli berberi, timpani e fisarmonica, surdo, clarinetti, synth, trombe e chitarre.
“Mamma Quartieri” è figlio dell’istinto ma anche di intense sessioni di studio: «Abitavo nei Quartieri Spagnoli, lì vivevo e io sono ciò che vivo/vedo. Ed essendo un suonatore, descrivo lo spazio che mi circonda. La scelta dei personaggi protagonisti delle storie cantate è motivata dal fatto che io realmente ho vissuto quei personaggi: dallo scippatore al femminiello alla Madonna senza occhi. Fino ad arrivare ad amici di quartiere che improvvisamente sparivano per andare a vivere in carcere», spiega Raffaele Giglio.
«L’utilizzo della lingua napoletana è stato spontaneo e, come mia prassi, ho approfondito il tema studiando, comprando pile di libri. Così facendo ho scoperto gli autori più vicini al mio modo di vivere ed essere. Raffaele Viviani mi ha emozionato; il suo descrivere è il mio, la sua gente la ritrovo ancora oggi ma filtrata da questo presente. Canto nella mia lingua senza uno scopo ben preciso. È un modo per essere più sinceri, è il mio dialetto e le mie orecchie sono preparatissime proprio perché lo vivo e lo sento dal primo giorno della mia vita. Tutt’al’più è ridicolo non averlo fatto prima. Ho studiato molto, approfondendo la grammatica con il maestro Salvatore Palomba e ho capito ancora di più la fortuna di essermi “reincarnato”, questa volta, in un napoletano», conclude. A noi non rimane che esortarvi a non perdervi questo piccolo e prezioso scrigno di emozioni.
Raffaella Sbrescia
Photogallery a cura di: Luigi Maffettone