L’Infinito: Roberto Vecchioni ci insegna il valore della parola in un’opera d’arte. La recensione del nuovo album

Ph. Oliviero Toscani - Vecchioni

Roberto Vecchioni torna in scena con un un nuovo album intitolato “L’infinito”. Non troverete questo lavoro sulle piattaforme streaming e il perché è davvero facile da immaginare. Vecchioni è un Maestro, un cantautore, un poeta, un professore. Le sue canzoni sono preziose e rare. Non è neanche pensabile metterlo al confronto con gli album usa e getta che solitamente troviamo in giro. A cinque anni di distanza da “Io non appartengo più” del 2013), Roberto Vecchioni torna dunque a dire la sua con un lavoro prodotto da Danilo Mancuso per DME e distribuito da Artist First.
Il lavoro racchiude 12 brani inediti e inizia subito in modo speciale. “Una notte, un viaggiatore” ci porta in un luogo, non luogo. Una dimensione spazio-temporale indefinita, una stazione fantasma che ci lascia perdere e confondere in una fuga onirica. Il concetto di malinconia ricorre spesso anche se Vecchioni declina questo sentimento sempre in un’accezione positiva e costruttiva.
I gloriosi anni ‘70, quelli in cui la cultura era davvero considerata, rieccheggiano in “Formidabili quegli anni”: “Noi ci siamo fatti il culo, a voi tocca mostrare i denti”, canta Vecchioni, ai pochi cavalieri sulle nuvole incoscienti rimasti a difendere la causa della cultura, sempre più spauracchio per la massa inebedita dalla superficialità e dall’effimero.
L’album prosegue con una gradita sorpresa: l’eccezionale ritorno sulla scena musicale di Francesco Guccini che, per la prima volta, duetta con Roberto Vecchioni nel singolo “Ti Insegnerò a volare”, ispirato alla storia personale del campione Alex Zanardi, che diventa emblema di un leit motiv importante: “la passione per la vita è più forte del destino”. I ritmi folk del brano mettono in luce un team di musicisti di tutto rispetto: Lucio Fabbri (produzione artistica): pianoforte, piano elettrico, organo Hammond, violino, viola,fisarmonica,basso elettrico e chitarra elettrica; Massimo Germini: chitarra classica e acustica,chitarra 12 corde, mandolino, bouzouki, ukulele, liuto cantabile; Marco Mangelli: basso fretless; Roberto Gualdi: batteria  epercussioni.
L’ascolto prosegue con il commovente brano “Giulio”, ispirato alla storia di Giulio Regeni, sulla cui morte vige ancora il mistero. A cantare è una madre che non ne accetta la dipartita.
La title track “L’Infinito” è il brano più bello. Il protagonista è il Giacomo Leopardi degli ultimi anni, quello che ha imparato a lasciarsi conquistare dal canto di vicoli e quartieri e dall’orda di piccirilli di Napoli. Il suo cadere in sogno, l’ammissione del fatto che tutto passa e non resta. Il mantra è: “Vattene via dolore, l’infinito è al di qua della siepe”. In “Vai, ragazzo” echi di passione per il greco vibrano in una danza sonora irresistibile. In “Ogni canzone d’amore”, invece, Vecchioni si diverte a immaginare che tutti i poeti scrivano per sua moglie. In “Com’è lunga la notte” il Maestro incontra Morgan in un brano ironico, fuori dagli schemi e autobiografico. La poesia vibra in “Ma tu”: l’amore non è tempesta e furore, è la donna che aspetta sulla porta di casa”, canta Vecchioni che aggiunge: “Che strano posto è il cuore, le cose che entrano non escono più”. Dedicata alla guerrigliera curda Ayse, “Cappuccio Rosso” racconta una resistenza al femminile. “Non c’è niente di così grande nella vita, niente di così infinito come il perdono” è il messaggio de “La canzone del perdono”. L’ultimo brano è “Parola”: un testamento, un manifesto, un irrinunciabile elogio alla parola: dono prezioso sempre più bistrattato e svilito. Vecchioni scrive un testo che è impossibile commentare, solo ascoltandolo si può capire come possa essere innato e inestricabile l’amore profondo del Maestro nei confronti della parola stessa. Un finale felliniano alleggerisce la tensione dopo la fatidica domanda: “Amore mio chi t’ha ferita a morte?”. La risposta è avvolta dalla lugubre consapevolezza che ognuno di noi ne ha fatto un uso spesso improprio ma la speranza, così come la parola, come sempre, sarà l’ultima a morire.
Raffaella Sbrescia

Daria Colombo e Roberto Vecchioni insieme in scena con il recital “La forza delle donne”

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

Esiste una forza, una forza che è nel quotidiano. Ed è del quotidiano femminile che stiamo parlando. E’ un argomento che si affronta da anni, quello della difficoltà del mondo femminile a confrontarsi con un altro mondo, per certi versi opposto, ma indispensabilmente complementare, che è quello maschile. Fatto di motivazioni diverse, di atteggiamenti diversi, di coinvolgimenti diversi. Diversi non vuol dire migliori o peggiori, ma diversi. Una diversità riconosciuta e paradossalmente negata allo stesso tempo, una diversità che vuole contrapposti due mondi che non sempre vivono in guerra, ma spesso distaccati. E così, senza fanatismi da attivismo femminista, accade che due donne, di età diversa, si incontrino. E nell’incontrarsi, confrontino i propri mondi, l’uno fatto di coinvolgimento, di impegno, di lotte, l’altro di sostegno, di familiarità, di dedizione al prendersi cura, di rassegnazione all’assenza. Una delicata, e a tratti poetica, analisi dell’essere donna nella quotidianità, quella fatta da Daria Colombo nel suo libro “La forza delle donne”, che si è trasformata in uno spettacolo teatrale e musicale, realizzato a sostegno delle iniziative di due Onlus, e più precisamente Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna, e alla Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano, con la regia di Velia Mantegazza. Ad accompagnare le letture ed i versi, il pianoforte e i flauti di Ilaria Biagini.
Sul palco, di fianco a sé, Daria Colombo ha voluto il marito, Roberto Vecchioni. Un cantautore che del mondo femminile ha scritto tanto, e lo ha cantato da uomo. “Costano le donne costano più dei motori dei gioielli e delle lacrime ballano le donne ballano  ma quelle vere sono rare  e non si comprano tu le puoi prendere ma non comprendere” testo di Ornella Vanoni, che volle fare suo in una leggera e felliniana reinterpretazione.

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

E ancora, anni fa, in “Voglio una donna con la gonna”, meravigliosa provocazione rimasta incompresa dai più, “Prendila tu quella che fa il leasing, quella che va al briefing, stronza come un uomo, sola come un uomo”.
Ho vissuto gli anni del femminismo con molta diffidenza. Ed ho sempre creduto che non sia nel tentativo di scimmiottare gli atteggiamenti maschili, la vera emancipazione, ma nel rivendicare un ruolo che viene sempre più negato da una società diventata competitiva e spietatamente utilitaristica. Ci sono cose che solo una donna può fare, o meglio, che sarebbe meglio che facesse, semplicemente perché sono nella sua natura. Una natura che non può e non deve essere negata da logiche di mercato, come non possono e non devono esserlo molte altre cose.

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

Il mondo cambia, cambiano i modi di rapportarsi, e di interpretare i ruoli. Anche le dinamiche dei rapporti cambiano, e si abbattono muri, spesso alzandone altri, considerando sempre più i sentimenti come qualcosa di cui si può fare a meno, o meglio, che si può vivere in autonomia, prescindendo da quelli degli altri. E’ l’era dell’egoismo sentimentale. Le persone vanno, vengono, non si impegnano, colgono l’attimo, però vogliono certezze, senza assumersi responsabilità. Se sarà meglio o sarà peggio, nessuno potrà dirlo: Sarà semplicemente diverso. E se da un lato riconosciamo le difficoltà di adattamento del mondo femminile, dall’altro non neghiamo quelle di un mondo maschile che, indubbiamente, ha perso anch’esso molti punti di riferimento. Una riflessione più serena, più empatica e meno conflittuale al riguardo non guasterebbe, a nostro avviso.
Tuttavia, a prescindere da ciò, resta il valore assolto della musica. Ci sono note che per sempre continueranno a toccare la nostra anima. Note che accompagnano le letture tratte dal libro.

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

Le note di “Velasquez”, il grande viaggiatore,di Figlia, l’omaggio a Enrico Ruggeri, con “Quello che le donne non dicono”, de “il cielo capovolto”. E la toccheranno oltre le differenze sessuali, la toccheranno arrivando dritte al cuore, il vulnerabile cuore. Perché sono note che parlano d’amore. E quello, non conosce differenze di sesso, è semplicemente la motivazione, riconosciuta o negata, che crea il bello che c’è al mondo.  A grande richiesta del pubblico, alla fine “Luci a San Siro”, interpretata da Vecchioni con l’intensità dell’età matura. E qui, come in un bel fine pasto, è giusto non aggiungere nulla……per continuare a sentirne il sapore il più a lungo possibile.

Roberta Gioberti

Photogallery a cura di: Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

Ilaria Biagini "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Ilaria Biagini “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo "La forza delle donne" ph Roberta Gioberti

Roberto Vecchioni e Daria Colombo “La forza delle donne” ph Roberta Gioberti