Intervista a Giuliano Dottori tra i protagonisti di Karel Music Expo 2015. Quando la musica è figlia di suggestioni autentiche

Giuliano Dottori ph Nicola Cordì

Giuliano Dottori ph Nicola Cordì

Dal 1 al 3 ottobre musica e cinema saranno i protagonisti del Karel Music Expo 2015 di Cagliari. La nona edizione del festival ospiterà un ampio ventaglio di generi musicali e stili cinematografici per una tre giorni dedicata anche alla valorizzazione del territorio. Tra i protagonisti della kermesse ci sarà Giuliano Dottori, un cantautore capace di scrivere testi tanto autentici ed espressivi quando semplici nella loro inusualità e che, oltre la valorizzazione della propria arte, ha imparato a sviluppare e produrre anche quella altrui. In attesa di ascoltarlo dal vivo, ecco cosa ci ha raccontato.

Dopo la pubblicazione dei due volumi de “L’arte della guerra”, chi è oggi Giuliano Dottori?
Un musicista un po’ più consapevole di ciò che sta facendo.

In cosa si differenziano e in cosa, invece, si compensano i due volumi?
Sono due facce della stessa medaglia. Anche con la grafica abbiamo giocato molto su questo aspetto. Una bambina che diventa donna, bianco e nero, nero e bianco, un pettirosso (morto) che prima è nelle mani di una bambina e poi vola nel vestito della donna. È un ciclo, è un disco unico che finisce con le parole “non c’è più” e comincia con le parole “quando tornerai a casa”. È un viaggio che ha una partenza e un ritorno, ma non nello stesso luogo. È come un cerchio che non si chiude perfettamente, perché dopo un viaggio si è sempre un po’ diversi da quando si è partiti.

Come lavori alla costruzione di testi tanto semplici quanto suggestivi?
Di solito parto da una suggestione, una frase, una parola, un’immagine. Questa prima suggestione è fondamentale: se nasce insieme a una melodia o un’atmosfera musicale precisa, ci lavoro, sennò la lascio sui miei taccuini in attesa che arrivi qualcos’altro a smuovermi. Ho imparato a non avere fretta, ad aspettare.

In che modo la città di Milano continua ad essere fonte di ispirazione per te?
Milano è una città. Una città vera, in evoluzione, viva. Mi fa incazzare e mi fa gioire. Ora siamo in un momento di grande orgoglio, c’è un sacco di gente in giro, tanti turisti (non siamo così abituati ad averne), tante infrastrutture finalmente completate che hanno risolto alcuni antichi problemi di viabilità. Ciò che vedo soprattutto è finalmente una visione lungimirante, un voler pensare al futuro e non solo a far quadrare i conti e a rattoppare le buche delle strade. Mancherà moltissimo Pisapia. Ma i milanesi hanno la memoria corta, come tutti gli italiani.

Stai definendo le date del tour invernale. Che tipo di concerto è il tuo? Sarai ancora in formazione con un quartetto elettrico?
Sì, continuerò a suonare in quartetto, anche se a distanza di quattro anni dal Casa tour comincio ad avere di nuovo voglia di fare qualche concerto in solo.

Perché “Siamo tutti degli eroi”?
Perché – come è giusto riconoscere le enormi conquiste sociali ed economiche fatte dai nostri genitori – credo sia doveroso cominciare ad essere meno dimessi e più orgogliosi di ciò che la mia generazione sta facendo. Perché ci siamo relazionati con un cambio epocale (globalizzazione, internet, precariato, un ventennio politico all’insegna del malaffare e della menzogna), eppure siamo qui, ci siamo reinventati, paghiamo le pensioni ai nostri vecchi e cerchiamo continuamente di essere creativi e vivi.

Come è stato lavorare al videoclip di “Fiorire” con DIMARTINO?
Credo che Antonio mi odierà a lungo per questo… sveglia alle 6, quattro ore truccati da cadaveri sotto una pioggia battente ad aspettare di essere convocati per le riprese. Io sono stato un’ora con la faccia nella sabbia bagnata e fredda. Per rendere più credibile la scena mi hanno trascinato per le braccia in mezzo a una sorta di pozza paludosa piena di insetti. Ecco. Questo è quanto.

Conosci la realtà del Karel Music Expo? Come vivi il fatto che suonerai lì?
Ci suonai qualche anno fa con gli Amor Fou e sono felicissimo di tornarci. Un bellissimo festival, con un cast molto coerente e (a che mi ricordo) delle location davvero belle. Da direttore artistico di festival (Musica Distesa) sono sempre felice di conoscere altre situazioni.

Quali sono le attività del Jacuzi studio?
Nasce come mio studio personale e negli anni ho scoperto l’arte della produzione e devo dire che fare il produttore – per lo meno in questo momento – è la cosa che mi diverte e soddisfa di più. Sono passati da me i Riva, Alia, David Ragghianti, Aria su Marte, ora sto lavorando coi Les Enfants. Mi piace lavorare sulle canzoni degli altri, sia perché credo sia un grande arricchimento per me, sia perché credo di aver raggiunto un buon equilibrio nel lavoro artistico.

Quali sono i tratti che caratterizzano il tuo approccio alla musica?
Cerco di essere autentico nei testi e musicalmente non scontato.

Sei un fervido sostenitore del crowdfunding. Cosa ha significato per te questo tipo di raccolta fondi e come ne spiegheresti l’utilità a chi ancora non lo conosce?
È il modo migliore per bypassare la discografia e poter stringere una sorta di patto di fedeltà con l’ascoltatore. La smaterializzazione della musica ha causato i disastri che già conosciamo. La domanda che tutti si fanno è: perché dovrei pagare 1 dollaro una canzone che posso avere gratis? Non c’è una sola buona ragione per pagare quel dollaro ormai. La cosa mi disturba, certo, ma ora è così e fine. Come dicono i saggi “no solution no problem”. La cosa che mi disturba è che la gente spende 60 euro per andare allo stadio o 1 euro per un pacchetto di cicche. O al supermercato prende il vino da 3 euro facendo del male innanzi tutto a se stesso. Discorso complesso. A cosa serve il crowdfunding? A dire: “ragazzi, se amate la mia musica dobbiamo tornare a come si faceva vent’anni fa, perché i dischi costano molti soldi”. Questo è il patto di fedeltà. Aiutate gli artisti che amate o sennò avremo solo platinum collection di Vasco e dischi dei talent. Oddio, è già quasi così in effetti.

Colgo l’occasione per chiederti di parlarci anche di MusicRaiser…
Ho usato Musicraiser più volte, mi sembra una piattaforma davvero ottima e non a caso è un servizio creato da un musicista che sa bene come funzionano le cose nel mondo della musica.

Raffaella Sbrescia

Video: Fiorire

Sergio Cammariere incanta Milano con elegante immediatezza. Il report del concerto al Teatro Manzoni

 

SERGIO CAMMARIERE ph. Alessio Pizzicannella

SERGIO CAMMARIERE ph. Alessio Pizzicannella

Eravamo stati al concerto di Sergio Cammariere lo scorso 26 gennaio al Teatro Dal Verme di Milano e, memori delle forti emozioni regalateci dal cantautore, siamo tornati ad ascoltarlo dal vivo lo scorso 29 settembre al Teatro Manzoni, nell’ambito della rassegna Expo a Teatro. Accompagnato da una formazione inedita composta dagli ottimi Amedeo Ariano alla batteria, Francesco Puglisi al contrabbasso, Bruno Marcozzi alle percussioni ed il celebre sassofonista Javier Girotto, Cammariere ha incanalato subito pensieri ed energie in un cammino costellato di suggestioni ed ispirazioni estemporanee. Affiancando eleganza e ricercatezza ad immediatezza e semplicità, l’artista ha subito saputo creare un’atmosfera intima e raccolta. Partendo dall’intenso e struggente “Tema di Malerba”, la storia di un ergastolano come la raccontano nel loro romanzo Carmelo Sardo e Giuseppe Grassonelli, il cantautore di Crotone delinea i tratti principali di un cammino indirizzato verso un tipo di emozione decisamente più sedimentata e quindi più difficile da carpire. Un tipo di coinvolgimento  sensoriale che scava sotto la superficie e che, proprio per questa ragione, raggiunge un livello di intensità che supera aspettative e convenzioni. Concedendo ampio spazio ai brani del primo album “Dalla pace del mare lontano”, Cammariere ripercorre in lungo e in largo i tratti salienti del suo percorso da globetrotter della tastiera. I plus del concerto sono i numerosi e graditissimi preludi ed interludi strumentali improvvisati a più riprese suscitando un’immediata ed entusiasta risposta da parte del pubblico.

“Ormai considero Milano come una città vicina al mio cuore e ai miei sentimenti – spiega il cantautore –  Questo sarà un concerto vibrante e ricco di emozioni, le stesse che proveremo noi tutti su questo palco e che speriamo di trasmettere a tutti voi”. E così è stato tra storie che tranciano il cuore e altre che ne curano le ferite con ammirevole maestria. L’amore raccontato in lungo e in largo è la chiave di volta per entrare nelle viscere di un repertorio vasto come quello di Cammariere, capace di trovare anche lo spazio e l’entusiasmo di eseguire qualche brano a richiesta per un’ indimenticabile parentesi piano e voce: “Sul sentiero”, “Vita d’artista”, “E mi troverai” sono i frutti di questo particolare momento del concerto. Il picco del coinvolgimento emotivo arriva sulle note di “Tutto quello che un uomo”, brano particolarmente significativo per Cammariere che, infatti, non perde occasione per sottolinearlo chiedendo al pubblico di cantarne una strofa tutti insieme. Il risultato è da pelle d’oca, il minimo se consideriamo l’eccelsa qualità strumentale e l’intensa forza espressiva di canzoni che sono vere e proprie poesie.

Raffaella Sbrescia

Dal 5 ottobre arriva su Rai Due “Sorci Verdi”: lo show politicamente scorretto di J Ax

J-AX SORCI VERDI ph PHOTOCIRASA

J-AX SORCI VERDI ph PHOTOCIRASA

«Cos’è “Sorci Verdi”? E’ David Letterman sotto acido che tenta di farsi un muppet». Questa l’esilarante definizione con cui J Ax ha sintetizzato l’essenza del nuovissimo late show satirico, in programma su Rai Due dal prossimo 5 ottobre alle 23.30, durante la presentazione stampa avvenuta questo pomeriggio negli studi di Via Mecenate. Nel corso delle 5 puntate, della durata di un’ora e quaranta ciascuna, il rapper milanese vestirà i panni di showman conducendo uno spettacolo (con la regia di Gaetano Morbioli) che nasce con l’intenzione di raccontare l’Italia dicendo cose che di solito non si dicono. «Vorrei innanzitutto ringraziare la dirigenza di Rai Due per avermi dato la possibilità di realizzare questo sogno – spiega J Ax -  sono rimasto sorpreso dal fatto che, dei temi proposti, nessuno di questi è mai stato considerato tabù, anzi mi hanno addirittura accusato di essere diventato troppo democristiano (ride ndr). Con questo show farò vedere i sorci verdi al pubblico ma solo dopo averli visti io stessi. Per quanto riguarda la scelta degli ospiti – aggiunge Ax -  ho voluto quelli che fanno paura alla Rai o che stavano lavorando per altri networks. Maria De Filippi, ad esempio, sarà ospite della prima puntata e, quando è entrata nei nostri studi, non aveva ancora ricevuto il permesso scritto da Mediaset. Sono rimasto molto colpito dal fatto che è entrata subito a gamba tesa con ben due scoop di cui non vi farò alcuno spoiler. Il secondo ospite – continua – sarà Marco Travaglio. Poi ci sono Cochi e Renato, la loro presenza nel programma mi ha fatto venire i brividi sul volto. Il quarto ospite sarà Fedez, un amico che ho invitato a budget ormai ridotto e che, con i suoi apprezzamenti al programma, assolutamente poco scontati, ha rappresentato il superamento di una importante prova del nove. Per l’ultimo ospite vi lascio in serbo una bella sorpresa -  conclude».

DE FILIPPI E J-AX ph Andrea Ciucci

DE FILIPPI E J-AX ph Andrea Ciucci

Date le premesse, “Sorci Verdi” si presenta, dunque, come uno spettacolo di satira tagliente e ironica caratterizzata da una comicità contemporanea che guiderà gli spettatori fra filmati “politicamente scorretti”, grandi ospiti, gag irriverenti e importanti collaborazioni musicali. «La formula del late show – aggiunge Ax – trae ispirazione dalle trasmissioni americane di cui da sempre mi nutro e di cui sono fanatico. Il programma ci è costato molto in termini di scrittura e preparazione, è stato un processo lungo e ragionato scritto insieme a Matteo Corradini, Laura Tonini, Matteo Lenardon e Virginia Ricci. Già verso la fine della prima stagione di The Voice, era emersa la voglia di fare delle cose insolite e fuori dagli schemi, c’è voluto il concreto sostegno dall’alto e ora siamo pronti a fare faville». A fare da contraltare ad Ax ci saranno ben 3 Muppets animati made in USA doppiati da Albertino (Brambo), dj e personaggio Tv; Roofio, produttore musicale (Ascia) e il rapper Shade (Pezza). Presente in studio anche  una band diretta dal Maestro Paolo Jannacci.

Raffaella Sbrescia

Tutti i festeggiamenti per il 50ennale dei POOH: una storica Reunion per un indimenticabile addio

Pooh ph Luisa  Carcavale

Pooh ph Luisa Carcavale

Alla fine del 2013 i POOH avevano anticipato che si sarebbero presi 2 anni di pausa per preparare al meglio i festeggiamenti programmati nel 2016 per i 50 anni dalla fondazione della band più straordinaria e longeva d’Italia. Ora è arrivato il momento di annunciare l’eccezionale reunion che vedrà tutti insieme per la prima volta Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli per due imperdibili concerti-evento negli stadi nell’estate 2016: per la prima volta la band calcherà, infatti, i palchi dello Stadio San Siro di Milano (10 giugno 2016) e dello Stadio Olimpico di Roma (15 giugno 2016) per i due concerti-evento “REUNION – L’ULTIMA NOTTE INSIEME”  che celebreranno 50 anni di carriera attraverso le note di un repertorio che ha fatto la storia della musica italiana e che sarà riadattato a cinque voci per uno storico live della durata di almeno 3 ore. I biglietti per i concerti (prodotti e organizzati da F&P Group) sono disponibili in prevendita dalle ore 11.00 di oggi martedì 29 settembre, su www.ticketone.it,  punti vendita e prevendite abituali. Fino ad esaurimento disponibilità (in ogni caso l’offerta terminerà il 31 gennaio 2016) sarà acquistabile esclusivamente online su www.ticketone.it la #POOH50 CARD, una card memorabilia in edizione limitata che sostituisce il biglietto, quindi è valida come titolo di accesso (nel settore acquistato) allo spettacolo, e dà diritto a vantaggi, sconti e convenzioni. Le specifiche saranno pubblicate sul sito www.fepgroup.it.

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Tutte queste sorprese di cui stiamo parlando  sono state annunciate proprio dalla band al gran completo  presso l’Hotel Boscolo di Milano lo scorso 28 settembre. Il primo passo di questa clamorosa reunion è stata la presentazione di un’inedita versione di “Pensiero”, il grande successo del 1971, che vede per la prima volta insieme le voci di Roby, Dodi, Red, Stefano e Riccardo, e che da oggi, martedì 29 settembre, sarà in rotazione radiofonica e in vendita sui digital store (Believe Digital). A questo aggiungiamo che il prossimo 28 gennaio 2016, in occasione dell’anniversario dei 50 anni dalla fondazione della band, verrà pubblicato un doppio vinile Picture Disc che raccoglierà 20 “perle” dei POOH in una confezione a tiratura limitata, autografata, prenotabile in pre-order on-line su www.pooh.it. L’ultima grande sorpresa l’ha fatta, infine, Bibi Ballandi al gruppo annunciando che Rai Uno a trasmetterà una serata- evento in primavera, interamente dedicata alla band che, in un clima rilassato e disteso si è lungamente concessa alle domande della stampa italiana.

 Il resoconto:

«In questi due anni ci siamo riuniti spesso per parlare della celebrazione e abbiamo deciso che è il vero momento per finire alla grandissima: stiamo sul palco ancora tre ore e vogliamo lasciare questa fotografia, solo così possiamo dimostrare che si può essere amici per sempre». «La nostra carriera finisce qui non solo per i concerti ma anche per la produzione discografica» – spiegano i Pooh – «Da oggi al 2016 faremo di tutto per consacrare i 50 anni di carriera, saremo molto motivati perché questi i concerti a San Siro del 10 giugno 2016 e poi all’Olimpico di Roma il 15 siano indimenticabili. Faremo prove da subito, porteremo una scaletta pensata fin nei minimi dettagli. A tal proposito, il 28 gennaio 2016, così come avvenne il 28 gennaio 1966, uscirà un disco con 20 canzoni e vogliamo che sia il nostro pubblico a sceglierle. Puntiamo su brani che non hanno avuto magari il successo che meritavano ma che hanno un significato  importante. Visto che non possiamo essere giudici di noi stessi , chiediamo aiuto ai fan. Ovviamente questo progetto richiederà una colonna sonora inedita – continuano – non sappiamo ancora cosa ma qualcosa ci sarà».

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«Siamo l’unico gruppo che si riunisce senza essersi sciolto. Oggi sono cambiati un po’ tutti gli assetti del mondo ecco perché un gruppo musicale non potrebbe durare così a lungo: noi eravamo pionieri, uniti in un unico progetto, quello Pooh. Oggi i gruppi durano meno perché ci sono incomprensioni, il cantante ha più spazio, magari guadagna di più. Noi siamo nati negli anni Sessanta e lì i brani erano colmi di contenuti importanti: testo, musica, melodia, armonia. Oggi invece tirano i motivetti da 15 secondi, spiegano i Pooh». E quando, alla fine, viene loro chiesto cosa faranno dopo 31 dicembre 2016 specificano:« Dopo l’addio ai Pooh ognuno di noi continuerà a fare il suo mestiere. Siamo comunque musicisti, non smetteremo di fare il lavoro più bello del mondo anche se non sappiamo per chi e come». Prima di calare il sipario sull’ incontro, la band ha ricevuto un’ultima simpatica sorpresa: un filmato con i saluti e gli auguri di amici e colleghi musicisti. Una simpatica iniziativa voluta per sottolineare ancora una volta il seguito ed il grande affetto di cui gode ancora oggi la storica band italiana.

Raffaella Sbrescia

Video: Pensiero

Mika in concerto a Milano: incanto e magia in un Heaven di emozioni

Mika live @ Mediolanum Forum ph Francesco Prandoni

Mika live @ Mediolanum Forum ph Francesco Prandoni

Magia, spensieratezza, allegria e a “little bit of love”. Il quarto concerto italiano di Mika al Mediolanum Forum di Assago (Milano), nell’ambito del No Place in Heaven Tour, è la celebrazione dei sentimenti. Divo senza divismi, Mika è diverso da tutti gli altri, non cerca trucchi, non si affida alla tecnologia, crea una fiaba in cui i protagonisti sono gli outsiders con i loro piccoli difetti da mettere in  bella mostra. Genuino, disinvolto, scatenato Mika entra nel cuore del pubblico con immediatezza e lucida efficacia. Lo show è un tripudio di colori e sonorità pop ma non rinuncia all’autenticità del lavoro artigianale ed è così che nell’arco di due ore Mika ci porta alla scoperta della sua personalità con una nuova consapevolezza di sé e della sua arte. Anche la scenografia è la materializzazione di un sogno, si tratta si un paesaggio urbano stilizzato in colori pastello che rispecchia l’animo multiforme di Mika e che esclude l’impatto tecnologico a favore di un coinvolgimento emotivo più intenso.

L’artista sale sul palco intorno alle 21.00 cantando “No place in Heaven” quasi celandosi dietro un impermeabile ed un grosso cappello, appoggiandosi ad una roulotte che si rivelerà essere un palco nel palco . Un inizio in sordina, quasi enigmatico. L’energia cresce e si sviluppa in maniera lenta, inesorabile, quasi viscerale: la scenografia si arricchisce e si espande insieme ai ritmi e i toni dei brani e delle gag con cui Mika coinvolge il pubblico creando un’onda emotiva impattante. “Stasera mi sento un po’ a casa mia – spiega l’artista di origine libanese – Sapete cosa facciamo quando siamo a casa mia? Cantiamo!” E via, su e già per il palco senza fermarsi mai, senza risparmiare sorrisi e sudore. Big Girl (You Are Beautiful), Good Wif, Grace Kelly, Boum Boum Boum, Talk About You, Good Guys, Origin Of Lov, Relax, Take It Easy. Mika spazia con disinvoltura tra le hits che l’hanno reso celebre in tutto il mondo e i brani del suo ultimo album di inediti in cui racconta davvero molto di sé.

Mika live @ Mediolanum Forum ph Francesco Prandoni

Mika live @ Mediolanum Forum ph Francesco Prandoni

Il climax del concerto è racchiuso in “Underwater”, un momento di emozione tanto autentica quanto inaspettata. Con il sorriso di un bambino ed uno sguardo ricolmo di commozione, Mika guarda estasiato il gioco di luci creato dagli smartphones degli spettatori: “Non ci sono mai state tante stelle a Milano, scherza, Facciamo gli scemi tutti insieme, senza orgoglio e senza vergona”, esortando il pubblico a lasciarsi andare dirigendo una spettacolare coreografia di luci e di voci. Costantemente al di sotto di un glitteratissimo mappamondo-mirrorball, Mika riesce a far ballare anche i più abbottonati “senza pensare alle conseguenze, perché a Milano mi sento a casa, e a casa non ci sono conseguenze”.

Mika live @ Mediolanum Forum ph Francesco Prandoni

Mika live @ Mediolanum Forum ph Francesco Prandoni

Di grande impatto anche il duetto con Chiara Galiazzo sulle note di “Stardust”, senza dimenticare la super triade composta da Happy Ending, We Are Golden, Love Today. Con l’animo leggero e lo sguardo disteso, Mika si avvia al finale dello show con grinta: “Prima di andare via, facciamo un po’ di rumore”, e così sia. I bis chiudono la festa pop con Last party ed inedite rime in italiano, frutto di una traduzione maccheronica di “Lollipop”, cantata ancora in duetto con Chiara Galiazzo e che, nonostante la leggerezza della  melodia,  nasconde un messaggio malinconico: “L’amore ti deluderà”, canta Mika, mostrando fino all’’ultimo istante ogni singola sfumatura della sua anima così colorata e altrettanto stimolante.

Raffaella Sbrescia

La scaletta del concerto

No Place in Heaven
Big Girl (You Are Beautiful)
Good Wife
Grace Kelly
Boum Boum Boum
Talk About You
Good Guys
Origin Of Love
Relax, Take It Easy
L’amour fait ce qu’il veut
Staring at the Sun (Tant que j’ai le soleil)
Promiseland
Underwater
Elle Me Dit
Happy Ending
Stardust (con Chiara Galiazzo)
We Are Golden
Love Today

Encore
Last Party
Lollipop  (con Chiara Galiazzo)

 

Intervista a Matthew Lee. L’eclettico performer porta il suo “D’altri tempi” sul palco dell’Estathè Market Sound

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Lollipop 50s torna all’Estathé Market Sound in una domenica a tutto vintage per salutare quest’estate indimenticabile a suon di swing e rock and roll!
Sul palco del village ci sarà il travolgente Matthew Lee performer, pianista e cantante innamorato del rock’n'roll, che ha fatto propri gli insegnamenti dei grandi maestri del genere. Un vero talento, che, nonostante la giovane età, ha già sulle spalle circa 1000 concerti suonando in tutta Europa: Italia, Belgio, Inghilterra, Francia, Svizzera, Slovenia, Olanda, Germania, e si è inoltre esibito negli Stati Uniti ed in Africa. In quest’intervista Matthew Lee ci parla di “D’altri tempi” (Carosello Records). L’album, realizzato con l’intervento di autori e produttori sia italiani che internazionali come Luca Chiaravalli, Claudio Guidetti, Mousse T e Chris, racchiude 12 tracce (6 in italiano e 6 in inglese), tutte legate da un inconfondibile ritmo rock’n’roll rivisitato in chiave moderna.

Matthew, qual è il mood che attraversa  l’album?

Questo è il mio primo “vero” lavoro discografico.  Fin dal principio ho curato ogni canzone ed ogni dettaglio insieme ad alcuni dei più importanti produttori italiani ed internazionali. Il disco è stato registrato in tre paesi diversi (Italia, Inghilterra e Germania), ed è un lavoro in cui ho racchiuso tutti i lati della mia personalità: da quella rock’n’roll a quello più blues, fino al mio lato più romantico. Quello che mi ha dato maggiore soddisfazione è stato entrare in studi di registrazione veri e lavorare con eccezionali professionisti.

“E’ tempo d’altri tempi” è il tuo manifesto artistico?

Ho vissuto diversi anni suonando dal vivo il rock’n roll, il blues, lo swing, indie hop, boogie- woogie, tutti generi che son tornati in voga da poco tempo. Ho sempre guardato a questi ritmi con molto interesse per cui, quando mi hanno proposto di lavorare al disco, ho pensato di scrivere sulla base di quanto avevo fatto fino a quel momento. Tutto il disco è interamente pensato per il live, la cosa che mi interessa di più in assoluto.

Matthew Lee

Matthew Lee

Con più di 1000 concerti alle spalle, come affronti oggi il palco?

Con passione e spensieratezza. Nella mia vita ho girato davvero tanto. In tempi non sospetti caricavo video su Internet e sfruttavo  la visibilità del mio canale su Youtube. Mi hanno contattato spesso dall’Inghilterra, poi mi hanno chiamato in Olanda, in ,  fino ad arrivare in America (New York, Ohio) e persino in Africa (Tunisia e Capo Verde). Le cose sono andate sempre meglio anche se le mie idee vengono sviluppate dal mio ottimo management che lavora alacremente.

Come hai concepito l’arrangiamento de “L’isola che non c’è”, così distante da quello originale di Bennato?

Questo brano mi è sempre piaciuto molto; credo sia uno dei capolavori della musica italiana in generale. La prima cosa che ho fatto quando ho iniziato a lavorare a questo album è stato proprio riarrangiare questo brano con il mio stile ed è stato un processo davvero molto naturale.

Quale versione preferisci tra quella in italiano e quella in inglese?

Le due versioni hanno due storie. Quella italiana è quella che ho inventato, l’altra è giunta poco prima della chiusura del disco perché Bennato, dopo aver ascoltato la registrazione della versione in italiano, mi ha chiesto  di farne una in inglese con un testo fornito da lui stesso. L’ho realizzata subito, lui l’ha ascoltata, gli è piaciuta e l’abbiamo inserita. Visto che mi piacciono tutte e due, nei concerti ne faccio una ma la divido in due.

Cosa ci dici di “Così Celeste” di Zucchero?

In questo caso ci ho lavorato molto di più perché la canzone nasceva come un’autentica ballata. Ci ho dovuto ragionare molto ma per fortuna anche questa è piaciuta molto all’autore.

“Can I take a bit” è un pezzo molto energico.

In questo caso abbiamo fatto un lavorone. Siamo andati in Germania, ad Hannover, nello gigantesco studio di Mousse T, abbiamo ragionato pur senza avere un’idea ma alla fine è stata un’esperienza super.

Quanto c’è di te in “Place that I call home”?

Ho scritto questa canzone in Inghilterra durante una session prima delle registrazioni del disco. Di  solito vivo con la valigia già pronta ma, per quanto mi piaccia stare in giro, la vita vera è un’altra cosa. Quando sei in tour sei sempre di corsa, dormi in orari strani ed è sempre bello tornare nella mia Pesaro.

Come affronti questa vita così frenetica?

Non saprei, è talmente divertente che a volte non mi soffermo a pensare. Mi appaga fare  il musicista, si tratta di una passione che sono riuscito a trasformare miracolosamente in lavoro che non definirei neanche tale. Alla fine sono una persona abbastanza quadrata per cui cerco di bilanciare le cose.

Matthew Lee_foto d'altri tempi 3

Che aspettative hai per questo album?

Sono contentissimo. Mi piace portarlo in giro perché ci abbiamo messo il cuore e tutta la passione possibile. Non ho paura, c’è tanto di me qui dentro ed è una bella sensazione.

Come ti rapporti con chi ti segue da tempo?

Cerco di parlarci, di essere partecipe e di tenermi in contatto il più possibile. Mi piacerebbe organizzare un bel raduno- incontro con tutti loro.

Raffaella Sbrescia

La Rivoluzione sta arrivando: la magica metafora della vita secondo i Negramaro

 negramaro

Sono passati cinque anni da “Casa 69” e, da allora, i Negramaro non hanno mai smesso di cercare e trasmettere emozioni. Con “La rivoluzione sta arrivando”, un album interamente composto da brani inediti che li riporta nella veste di produttori, Giuliano Sangiorgi e compagni compiono un’ evoluzione che non snatura la loro identità. Questo nuovo lavoro è connotato da sonorità meno aggressive e testi particolarmente ricchi, visionari, per certi versi temibili per la loro immensa forza espressiva. In ogni angolo di ogni canzone, i Negramaro raccontano i sentimenti umani e il mondo circostante in modo semplice eppure fortemente impattante. Sono temi forti quelli che stanno alle base de “La rivoluzione sta arrivando” ed giusto così perché questi anni sono stati particolarmente ricchi di eventi e vicissitudini per tutti loro. Partiti da una masseria in Salento, i sei salentini sono finiti su una highway di Nashville alla ricerca del suono perfetto, un viaggio che ha fatto crescere l’album, attimo dopo attimo, fino al risultato finale che ci lascia col fiato corto ed il cuore gonfio. Anticipato da “Sei tu la mia città” e “Attenta”, lanciati rispettivamente ad aprile e agosto, “La rivoluzione sta arrivando” è un disco malinconicamente lucente ed è ricco di visioni e suggestioni che colpiscono l’anima. “Lo sai da qui”, ad esempio, è una piccola preghiera in cui qualcuno che abbiamo perso continua ad esserci e a mostrarci il cammino. Speciali anche le strofe de “L’ultimo bacio” in cui il flusso di coscienza per un amore finito, rappresenta, in realtà, un nuovo punto di partenza . Il nucleo dell’album è racchiuso, però, tra i versi de “Il posto dei santi”, brano in cui testo e musica si intrecciano intorno al difficile tema della morte offrendone una chiave di lettura speranzosa. Morte e rinascita si ritrovano anche in “Onde”. Bello anche il gioco di immagini in opposizione in “L’amore qui non passa”, brano che Giuliano ha voluto dedicare al gruppo nella sua interezza e che, con quegli archi in chiusura, ci lascia con la sensazione di aver vissuto un sogno da cui non vorremmo svegliarci.

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Il resoconto della conferenza stampa tenutasi al Museo Nazionale della Scienza e della tecnologia di Milano

«Questo album è la nostra evoluzione di questi anni. I titoli sono dei veicoli che devono far riflettere. Non siamo così presuntosi da credere che ci sia una rivoluzione in questo disco, eppure c’è una piccola rivoluzione in ognuno di noi. Durante la realizzazione dell’album mi sono più volte chiesto se fosse giusto affrontare le questioni personali che io e i miei compagni abbiamo vissuto in questi anni, compresa la scomparsa di persone care, e ho capito che la morte è solo una sfumatura dell’esistenza e ti porta a vivere il mondo esterno in maniera ancora più forte e intensa. La rivoluzione per me parte proprio da questo concetto: portare la vita al centro di ogni cosa – spiega Giuliano Sangiorgi.  Visto che viviamo in un’epoca segnata da 140 caratteri, dove spesso contano solo i titoli, vorremmo far riflettere, anche solo per un momento, sull’idea che la rivoluzione possa essere messa in atto ogni singolo giorno da ciascuno di noi – aggiunge il cantante – Nel nostro piccolo ci piacerebbe una piccola rivoluzione contro il cinismo culturale devastante che ci sta infettando».

I Negramaro durante la conferenza stampa a Milano

I Negramaro durante la conferenza stampa a Milano

«Da molto tempo condividiamo vita musica, storia, esperienze. La nostra vita musicale è passata per tante stagioni. “Casa 69” è di cinque anni fa, il discorso musicale era molto diverso. Da lì siamo arrivati a “La Rivoluzione sta Arrivando” attraverso un best off con sei inediti. Siamo stati per mesi in una masseria nel Salento e abbiamo iniziato a parlare e stare insieme tra rivoluzioni ed evoluzioni: ci siamo approcciati a questo disco in maniera tecnicamente diversa, con un discorso musicale immediato e scarno che non significa misero perché il lavoro di costruzione è stato pazzesco – racconta Andrea Mariano –“La rivoluzione sta arrivando” ha girato il mondo per arrivare al sound finale: dal Salento ci siamo spostati a Milano, nelle Officine Meccaniche di Mauro Pagani e in seguito a Madrid, New York e Nashville. Qui abbiamo collaborato con Jacquire King (Kings Of Leon, Bon Jovi, James Bay), un fonico straordinario che, dalla sala prove al mix, ha mantenuto un equilibrio incredibile».

«Per quando riguarda il tour – spiega Lele Spedicatosi tratterà di uno spettacolo, organizzato da Live Nation (in partenza il 4 novembre da Mantova) e sarà raccontato da immagini e visuals che seguiranno il concept grafico del disco. Stiamo lavorando molto sui contributi video, il 15 luglio avevamo già la scaletta pronta e questo non ci era mai successo».

Negramaro

Negramaro

Tornando a parlare dei cardini del disco, molto spazio è stato dedicato al brano intitolato “Il Posto dei santi”: «Questo è un brano in cui mi sono misurato con la metrica del rap, genere che ho sempre amato. Quando avevo  8 anni, il sabato scappavo dal catechismo e mi andavo a comprare i 45 giri rap di quel momento. “Mentre tutto scorre”, “Nuvole e lenzuola”, “Via le mani dagli occhi” racchiudevano un rap in rock e anche questo brano riprende un tipo di metrica rap con sonorità anni ’70», specifica Giuliano. Interpellato in un momento successivo, anche Ermanno Carlà ha commentato il brano in questione: «Il vestito di questa canzone è così diverso da quello che abbiamo sempre fatto, da essere diventato il punto di riferimento per  un cambiamento effettivo senza snaturare quello che siamo stati in passato. Per un gruppo il vestito musicale è molto importante, quindi si gioca sempre su quello che si può indossare più facilmente. Quando il pezzo è venuto fuori sembrava quasi non appartenerci – aggiunge Ermanno – Ora, invece, è come essere consapevoli che un centimetro di pancia in più o una ruga sul viso possono anche esibiti con naturalezza seguendo una prospettiva moderna».

In merito al concept grafico, il bassista del gruppo racconta: «L’uomo e la celebrazione della vita sono il perno intorno a cui si sviluppano le nuove tracce dei Negramaro. Il logo ridonda il titolo stesso del disco e i simboli che vi si leggono sono legati all’ im maginario che Giuliano ha sognato e tradotto in musica. Così è nata questa sintesi grafica tra morte, vita e ironia. Questo tipo di lavoro grafico è una cosa che avevo in mente da tanto tempo. Affascinato anche dal lavoro che fecero un po’ di tempo fa i Gorillaz, ho giocato un po’ con le metafore, quindi è come se i nostri sei alter ego fossero una traslazione del genio e della follia umana. Tutto questo vorrebbe offrire uno spunto di riflessione sul percorso che l’uomo ha compiuto dall’ età della pietra al microchip e far riflettere sul contrasto tra moderno e antico. Il concept vorrebbe essere uno stimolo a recuperare il contatto con la natura, che è vita e che comprende tutto. Nonostante il fatto che a volte si possa provare un sentimento di paura verso il cambiamento, noi attraverso  la musica siamo pronti ad affrontarlo. Certo, non siamo immuni alla sensazione di timore ma da noi in Salento si dice: “Metti un ramoscello lì dove riesci ad arrivare”, ovvero metti il segno dove sai che puoi arrivare perché quando segni un tuo limite stia già lavorando bene per riuscire a superarlo» – conclude Ermanno.

Raffaella Sbrescia

Video: Attenta

 

Le date del tour

4 novembre Palabam – Mantova

6 novembre Mandela Forum – Firenze

10 novembre  Unipol Arena - Bologna

12 novembre Palafabris – Padova

15 novembre Palarossini – Ancona

18 novembre Palaevangelisti -Perugia

21 /22 novembre Palaflorio – Bari

26/27 novembre Palalottomatica – Roma

2 dicembre Palasport – Acireale

5 dicembre Palasele – Eboli

8 dicembre Palamaggiò – Caserta

14/15 dicembre Mediolanum Forum – Milano

18 dicembre Pala Alpitour – Torino

22 dicembre Palageorge – Montichiari (BS)

Info su: www.livenation.it

“Roger Waters. The Wall”, il film – evento sarà nei cinema italiani. Il commento

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“Roger Waters. The Wall”, il film-concerto basato sulla riproposizione dal vivo della celebre opera rock dei Pink Floyd non ripropone soltanto il grandioso concerto che Waters, bassista del gruppo e creatore di The Wall ha portato in giro per il mondo dal 2010 al 2013, il lavoro in questione rappresenta, in effetti, un viaggio reale e metafisico nella vita e nella psiche dell’artista seguendo il tentativo di mettere la parola fine al tormento generato dalla perdita di suo nonno (durante la prima guerra mondiale) e di suo padre (nel corso della seconda guerra mondiale). Scavando nel profondo della propria storia personale e della propria sensibilità, Waters e Sean Evans  toccano temi universali come la guerra, il senso di perdita, l’amore e la vita trasformando la testimonianza di un orfano di guerra in un’opera rock connotata da un forte spirito politico e umanitario. Costruito seguendo le regole dello schema classico del film-concerto, in cui le esecuzioni delle canzoni sono inframmezzate da riprese esterne, la pellicola rappresenta un eccellente esempio di teatro rock. Lungo oltre due ore, il film non trascura nessuna canzone del concept, comprese le parti non incluse nel disco del ’79 come “What Shall We Do Now?”, “The Last Few Bricks” e “The Ballad of Jean Charles de Menezes”. Di grande impatto  la scelta di aprire e chiudere il film con la stessa scena in cui Waters scende dal palco chiedendo «Dove si va?», bellissimi anche gli effetti digitali proiettati sul grande muro eretto fra band e pubblico, compresi  i dettagli tutti da spiare immediatamente al di là del muro stesso. A scandire le fasi del concerto è un viaggio onirico, a metà fra documentario e fiction, girato in Inghilterra, Francia, Italia, interamente basato sull’idea di ciclicità sottintesa all’album del ’79, che si apriva e concludeva con lo stesso motivo. Il film, accompagnato in via del tutto eccezionale  dall’imperdibile conversazione – confronto tra Roger Waters e Nick Mason,  sarà distribuito in contemporanea mondiale il 29 settembre alle 20, ma i fan italiani, unici al mondo al momento, lo troveranno al cinema per tre giorni: il 29 e 30 settembre e l’1 ottobre.

 Raffaella Sbrescia

Il trailer italiano

Intervista a Immanuel Casto: ironia, coraggio, irriverenza e amore in “The Pink Album”

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Immanuel Casto, all’anagrafe Manuel Cuni, torna in scena con un nuovo album inediti, il quarto per esser precisi, intitolato “The Pink Album”, pubblicato il 25 settembre 2015 per Freak&Chic/ Artist First. Composto da undici brani, il disco rappresenta un’evoluzione musicale, ma soprattutto contenutistica, per l’artista ormai riconosciuto come re indiscusso del porn groove. Sonorità dance e synth pop sono le note che scandiscono testi intrisi di ironia ma anche di coraggio. Pronto e sagace nel riconoscere le tematiche più in vista nel nostro quotidiano, Immanuel rivela una forte sensibilità, associata a prontezza di spirito e genuina irriverenza contro gli schemi dettati dall’ ipocrisia Made in Italy. Abbiamo incontrato l’artista all’interno dello Studio Know How di Milano, il più grande sexy shop gay friendly d’Europa; ecco quello che ci ha raccontato.

Partiamo dai forti rinnovamenti testuali e sonori contenuti in “The Pink Album”.

Questo è un disco diverso dai miei precedenti. La sfida era creare qualcosa di nuovo rimanendo fedele a me stesso, ho voluto costruire su quello che è avevo fatto in precedenza. C’è stata un’evoluzione musicale, mi sono avvicinato a suoni più materici, più acustici. Ho sempre amato l’elettronica e la disco anni ’80 ma sentivo la voglia di qualcosa di un po’ più concreto, che si distaccasse dal pop più patinato e bidimensionale. Tutto questo si sente in brani come “Uomini veri”, “Male al cubo” e soprattutto in “Deepthroat Revolution”, il cui arrangiamento è, a mio parere, uno dei più belli che abbia mai fatto. Per quanto riguarda i contenuti, è paradossale dire che questo è il mio disco più coraggioso perché parla poco di sesso.

In che senso?

Di solito sono i contenuti forti richiedono molto più coraggio perché tuttora sono difficili da veicolare, soprattutto attraverso i media convenzionali. In questo lavoro mi sono esposto tanto, soprattutto emotivamente. Certo, non è una cosa che non abbia mai matto in precedenza ma , di solito, i brani più intimi li mettevo sempre in fondo al disco quasi per non guastare l’ascolto a chi si voleva divertire con brani goliardici, divertenti, provocatori. In questo caso, invece, ho voluto che brani ironici e sbarazzini si compenetrassero  con altri più significativi.

L’esempio tangibile potrebbe essere “Uomini veri”?

Esatto. Questa è una canzone di Joe Jackson. Il tema del brano è abbastanza vicino a quello di “Da grande sarai fr**io” anche se, a differenza di quest’ultimo brano, in cui sono rimasto molto più fedele al mio stile politicamente scorretto, estremamente ironico e sfacciato, nel caso di “Uomini veri” sono molto più serio e canto con il cuore in mano.

Come vivi il fatto che la tua musica e la tua immagine riscontrano pareri anche molto discordanti tra loro?

Sicuramente è la prova che ci sono dei contenuti presenti, questo è ciò che fa scatenare delle reazioni. Quando si prendono posizioni o, più semplicemente, si dice qualcosa, immediatamente si va a scontentare qualcuno e viceversa. Se non si vuole disturbare nessuno, l’unico modo è non dire niente. Ci sono moltissimi artisti che agiscono esattamente in quest’ultimo modo, non dicono niente e la cosa funziona perfettamente. La mia è una scelta personale e non potrei fare altrimenti.

Questo discorso rientra perfettamente nelle dinamiche e nei riscontri che sta ottenendo il singolo “Da grande sarai fr**io”.

Mi rendo conto che si tratta di un brano politicamente molto scorretto ma lo difendo a spada tratta. Il testo dà un messaggio molto importante: è la voce di un omosessuale adulto che si rivolge ad un ragazzino, addirittura quasi un bambino, i cui atteggiamenti tradiscono quello che sarà il suo orientamento sessuale. Il brano è forte perché nega di fatto tutte le sciocchezze secondo cui l’omosessualità è una scelta. Si tratta di un fatto legato alla natura di una persona che, con l’età adulta, verrà fuori. L’adulto protagonista del brano dice al ragazzino di accettarsi con autoironia, la difesa più grande che abbiamo. Riguardo ai toni goliardici, quasi come se si trattasse di una presa in giro, in realtà metto me stesso nel pezzo quindi posso permettermelo. A questo aggiungo che, se avessi fatto una canzone contro l’omofobia, molti avrebbero detto sono d’accordo con il testo però poi non credo che avrebbero veramente apprezzato il brano. In verità, io ritengo che questo pezzo abbia reso un servizio ancora maggiore al messaggio che volevo trasmettere. Alcuni hanno anche sostenuto che io volessi far passare un messaggio secondo cui tutti i gay siano così come li descrivo in questo brano. Primo: Anche se fosse?  Quel ragazzino effeminato non merita di essere accettato? Secondo: Non è vero. Non ho mai detto che questa storia rappresenta tutti. Io racconto una storia e, proprio chi dice questo, parte dal presupposto che esista qualcosa per rappresentare tutti. Siamo diversi, tutti meritiamo di essere rispettati, io ho scelto un aspetto di questa diversità e ho raccontato quello.

Immanuel Casto

Immanuel Casto

Alla fine cerchi l’amore…

Sì, molti brani parlano d’amore e questa per me è la più grossa novità. Un esempio è “Male al cubo”, un brano che nelle strofe si propone con cinismo per poi riscattarsi nel ritornello; mai come nel dolore incrociamo noi stessi per cui nulla è veramente perduto.

Il brano “Rosso, oro e nero” con i Soviet Soviet è molto diverso dagli altri

 Sì, in effetti è così. Si tratta di uno dei due adattamenti. L’originale è  un pezzo tedesco e ho voluto realizzarlo per omaggiare la mia storia con un tedesco.  Anche questa, di fatto, è una canzone d’amore, è capitato un po’ a tutti di stare una persona con cui si faceva fatica ad essere felici.

 Immancabile la collaborazione con Romina Falconi

Assolutamente! Ormai siamo veramente legatissimi. Ogni tanto l’accuso di essere una dolce Pollyanna. Se, per esempio, sto frequentando una persona ed è evidente che stia andando tutto male, lei interpreta sempre tutto in chiave positiva.

Perché avete scelto di duettare in “Horror Vacui”?

Non ricordo come è nato, stavamo parlando e avevamo deciso di collaborare in questo pezzo. Io ho scritto le mie parti, lei ha scritto le sue e, insieme, abbiamo scritto i ritornelli. Tra tutti i nostri duetti, il brano è più vicino al suo “Eyeliner” o al mio “Sognando Cracovia”.

“Alphabet of Love” si conclude in modo esilarante…

Ci stava! L’autoironia salverà il mondo!

Sesso, sangue e soldi sono ancora i protagonisti della cronaca e dell’intrattenimento?

Le tre S sono sempre attuali.

Il primo titolo provvisorio del disco era “Disco Dildo”, perché l’hai cambiato?

Il cambiamento è stato dettato dal fatto che non volevamo avere problemi legati alla distribuzione del disco ma è stata una beffa perché poi abbiamo avuto difficoltà con i firmacopie nelle grandi catene ed eccoci qua a parlare in un sexy shop. In realtà sono comunque contento di averlo intitolato “The Pink album” perché era la prima idea che avevo ma soprattutto perché forse “Disco Dildo” avrebbe eclissato i contenuti più emotivi dell’album.

E i richiami al “White album” dei Beatles e al “Black album” dei Metallica?

Anche in questo caso spero che la gente percepisca l’ironia della cosa. I riferimenti culturali sono molto forti ma il mi rosa è un sorriso da affiancare alle icone.

Tra i tanti progetti paralleli alla musica c’è il gioco di carte “Squillo”. Un successo che non conosce sosta…

Si tratta di una fantastica avventura. Dopo aver concluso “La trilogia del piacere” ( “Deluxe Edition”, “Bordello d’Oriente” e “Marchettari sprovveduti”), iniziamo un nuovo capitolo con “Time travels” in cui andiamo a scoprire la prostituzione nelle varie epoche della storia. Si parte con l’Antica Grecia di Satiri e Baccanti, il tema è molto divertente e le stupende illustrazioni sono realizzate da Jacopo Camagni, in arte Dronio, che lavora anche per la Marvel. La cosa divertente è che quando ci si stancherà delle proprie squillo le si potrà anche vendere come schiave o ci si potrà appellare all’Oracolo per richiedere l’intervento dei vari dei.

Immanuel Casto

Immanuel Casto

E la biografia in uscita il prossimo 2 ottobre?

Il titolo è “Tutti su di me”, l’ho proposto io e sono contentissimo di questo volume perché il curatore Max Ribaric ha realizzato un lavoro molto accurato. Sono stati recuperati tutti i miei post sul sito e sui social per una ricostruzione storica dettagliata e che non perde mai di vista l’ironia. Leggendo il libro, mi sono divertito ed emozionato, si tratta di un bel modo per scoprire tutto il mio percorso.

Hai collaborazioni in mente?

Ci sono dei progetti in testa ma ancora non so a quali di questi mi dedicherò.

Hai mai pensato ad un palcoscenico come quello di Sanremo?

Sì, certo. Mi piacerebbe, è un tentativo che si fa e, come molti artisti fanno, si prova diverse volte prima di riuscire ad avere questa occasione. Sanremo è  probabilmente l’unico contesto istituzionale che mi interesserebbe per dare uno schiaffo in faccia all’ipocrisia.

Quali sono i tuoi interessi?

Fondamentalmente sono un nerd. Le mie passioni sono principalmente i giochi, naturalmente c’è la musica, poi ci sono le serie tv e la lettura.

Alla luce del grande rinnovamento presente nel nuovo album, apporterai cambiamenti anche all’interno del nuovo tour?

In verità continuerò sulla linea del tour precedente quindi  avrò grande cura e attenzione per i dettagli, a livello musicale avrò un batterista elettronico che suonerà dal vivo, ci saranno ovviamente dei visuals grafici realizzati da me per ogni video, le coreografie, una nuova corista e non mancheranno svariate guest stars come  Romina Falconi, Soviet Soviet e Tying Tiffany.

Raffaella Sbrescia

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 Video: “Da grande fr**io”

IMMANUEL CASTO firmerà le copie del disco e incontrerà i fan anche sabato 26 settembre a Roma alla Ludoteca TORA STORE (Via dei Galla e Sidama, 57 – ore 16.30),domenica 27 settembre Bologna alla Galleria Ono (Via Santa Margherita, 10), sabato 3 ottobre a Bologna al RED durante il party di gay.it, venerdì 9 ottobre a Torino alla Libreria Luxemburg.

 

MAL presenta ELIO E LE STORIE TESE: 3 cd e dvd con materiali inediti e contenuti speciali. Tutto quello che non sapevate sugli inizi di EELST

Elio e le Storie Tese

Elio e le Storie Tese

In occasione del 26º, 23º e 22º compleanno dei loro primi pioneristici long-playing, Elio e Le Storie Tese hanno deciso di ristrutturarli  dal punto di vista sonoro grazie alle nuove tecnologie tra cui il sistema stereofonico e la rimasterizzazione , arricchire l’offerta originale, già integrata con l’accoppiata vinile più CD – di un DVD (per album), della durata media di due ore ciascuno tra materiali inediti, girati amatoriali d’epoca, interviste ai protagonisti, concerti dal vivo e contenuti speciali, ed esaltare il ruolo di Mal, definito deux ex machina dei proto Eelst, ovvero colui che seppe indirizzarli nella carriera a metà degli anni ’80, nonchè produttore segreto dei primi tre album di cui riportiamo sia i titoli originali che quelli ristrutturati: “Mangoni Samaga Hukapan Kariyana Turu (Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu, 1989), Türk, Rum Casusu Çikti (Italian, Rum Casusu Çikti, 1992), Entro nel tuo corpo e ho poca paura ( Esco dal mio corpo e ho tanta paura, 1993).

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Animati dalla consueta verve brillante che li contraddistingue Elio e Le Storie Tese hanno accolto la stampa al circolo Arci Bellezza di Milano, proprio in compagnia di Mal, per un incontro esplicativo:  “Buongiorno, siamo in ritardo perché ci hanno che detto essere in anticipo faceva poco figo. Siamo qui per presentare un progetto di cui vogliamo parlare con un amico che abbiamo incontrato per caso, un meccanico quantistico, esperto di metaverso. Un mentore che non c’è in questa dimensione e che invece è stato il testimone degli inizi della nostra carriera e che addirittura ha prodotto le canzoni dei nostri primi dischi, lui viene dal Galles, si chiama Paul Bradley Couling ma tutti noi lo conosciamo come Mal. Proprio lui è andato in questo nostro universo parallelo, ha preso nota di ciò che è accaduto, ce ne ha portato traccia e noi abbiamo realizzato questo film documentario diviso in tre parti con il contenuto sonoro dei nostri primi tre album rimasterizzati e con ore e ore di materiali video inediti. I tre supporti – spiegano gli EELST – riguardano i primi 3 album rimasterizzati e rimiscelati per un’esperienza sonora decisamente migliorata e ognuno dei dischi contiene i dvd con materiali originali dell’epoca, a dimostrazione del fatto che parallelamente ai dischi facevamo attività dal vivo, attività video-cinematografica sperimentale, ci sono spezzoni di momenti risalenti alla Milano che fu: per esempio i live al Magia Music Eventi, storico locale che ci pagava con consumazione unica o doppia, a seconda del numero delle nostre performance a sera, poi sono arrivate le lire del vecchio conio e infine abbiamo svoltato. Naturalmente ci sono tanti materiali di cui ignoravamo praticamente l’esistenza dati i piccoli buchi mnemonico-temporali che ci affliggono. Tutto questo è stato  possibile grazie al produttore Claudio Dentes, che ci ha gentilmente fornito tutto questo materiale audio-video di cui ci eravamo dimenticati e della cui  esistenza,  in verità, non eravamo a conoscenza. Ringraziamo anche colui che ci ha resi “belli, belli in modo assurdo”, il regista  Davide Fara e Fabio Curti che ha lavorato in maniera indefessa a questo progetto”.

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L’irriverente complesso decide, così, di fare i conti con il passato rivelando segreti e curiosità. Su tutte spicca il ruolo di Mal, che spiega: “Ho cominciato la mia carriera negli anni ’60, ho cantato in tutto il mondo però ad un certo punto mi sono stancato di girare, volevo fare qualcosa di più sostanzioso, volevo produrre musica e portare al successo qualcuno. Per questo motivo, all’interno di questo mondo parallelo, ho trovato questo gruppo che suonava qui a Milano, l’ho visto suonare e mi sono convinto che avrebbe avuto successo. All’epoca il gruppo si chiamava Stefano e i suoi amici ma quel nome lì non era adatto. A quel punto ho deciso di cambiargli il nome, ho deciso come dovevano cantare, cosa e dove ed ecco che, all’interno di questo mondo parallelo, il gruppo è davvero diventato fortissimo”.

Elio e le Storie Tese in conferenza stampa

Elio e le Storie Tese in conferenza stampa

 Infine se tutti vi stavate chiedendo se il gruppo ha intenzione di sciogliersi ci pensano i diretti interessati a dissacrare le dicerie: “Non sappiamo se andremo in tour perché non ci è ancora chiaro se ci sciogliamo o no. Inizialmente avevamo intenzione di scioglierci, poi dopo le insistenti voci sul nostro scioglimento, qualcuno di noi ha pensato che potesse essere un’idea vincente.  Stiamo valutando l’ipotesi di creare 5 o 6 sottogruppi divisi in Elio e Le Storie Tese Experience.  C’è anche l’idea di un tribute band, facendo due conti porteremmo a casa un grandissimo incasso (ridono ndr)”.

Raffaella Sbrescia

 

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