Polvere e Asfalto: la recensione dell’album di esordio di Vins

Polvere e Asfalto

Polvere e Asfalto

Che cosa vuol dire far musica sentendosi parte di una dimensione parallela, fuori dal tempo, dallo spazio e dalle necessità dettate dalle incombenze del vivere quotidiano? Prova a spiegarcelo Vincenzo Pennacchio, in arte Vins, con il suo album d’esordio “Polvere e asfalto”. Musicista e cantautore napoletano, Vins usa la penna e le corde per mettere a fuoco una serie di riflessioni ora estemporanee, ora più stratificate attraverso un modo di esprimersi autentico e privo di artifizi.

Il viaggio di Vins inizia con “Come si fa?”, un brano che inneggia a vivere e muoversi controtempo e controcorrente per non rischiare di restare mummificati dalla polvere e dall’asfalto che ogni giorno siamo corretti a schivare pur muovendoci esattamente al loro interno.

Le vibrazioni sonore che scandiscono parole ed emozioni sono figlie di ascolti standard. Tra blues e rock che hanno marchiato a fuoco intere generazioni, nella musica di Vins rimane questo flusso di continuità che è sinonimo di qualità.

C’è un tempo per odiare, un tempo per amare, canta Vins in “Domani”, una canzone per definire la propria identità. Lontano da stereotipi e mode, il cantautore mira alla sostanza delle cose, questo è ciò che avviene tra le righe di “Curami” in cui la musica nuda è la cura perfetta per evolversi dalla contingenze quotidiane e muoversi su strade nuove.

La cruda amarezza e il feroce disincanto vibrano ne “Il vento”: un po’ bisogna cedere e farsi il culo in tre, sporca è l’anima della rabbia che sento dentro, le certezze sono bandiere stuprate dal vento, non mi va di essere usato per pagare i vostri conti, il mio disprezzo è il mezzo di comunicazione. Più onesti, diretti e trasparenti di così davvero non si può essere.

La riflessione si fa urlo definitivo in “Io non sono qui”: il varco per uscire completamente fuori, allo scoperto, privati da vincoli e definizioni. Vins evade e in questa fuga attraversa “Polvere e asfalto”, percorrendo chilometri a piedi nudi, barcamenandosi tra bestie feroci fino a divenire entità astratta. Rimane una vibrazione strumentale, prima cruenta, poi dolce e struggente.

La trasIfgurazione è solo metaforica, la consistenza di Vins è ancora vivida e scomoda, esattamente come appare ne “Il mondo è qua”: benvenuto a euro-zona, tu sei zero, non sei persona, il codice a barre è la tua identità, scrive Vincenzo senza fare sconti. Ecco perché è il caso di individuare un “Punto di fuga”, come lui fa attraverso parole e canzoni.

Assurdo pensare che il rock’n’roll sia “Solo uno show” quando assurge a una tale potenzialità espressiva eppure questa consapevolezza piomba con forza ineludibile anche tra i sogni di Vins. A chiudere l’album è “Immobile”, una ballad amara ma avvolgente. Un monito a non crogiolarsi nel dolore e a credere che ci sia sempre e comunque un buon motivo per saltare nel buio.

Raffaella Sbrescia

 

 

 

Ostia Antica: tra mito e sogno ecco Le Parole Note di Giancarlo Giannini e Marco Zurzolo Quartet

Ostia Antica: tra mito e sogno ecco Le Parole Note di Giancarlo Giannini e Marco Zurzolo Quartet

Ostia Antica: tra mito e sogno ecco Le Parole Note di Giancarlo Giannini e Marco Zurzolo Quartet

E’ il sax dalla vibrazione garbata e onirica di Marco Zurzolo ad introdurre, al teatro romano di Ostia Antica, l’attesissimo recital ” Le Parole Note“. Un incipit musicale, quindi: si comincia dalle note.

Due tre minuti, e poi fa il suo ingresso discreto Giancarlo Giannini. Completo blu elettrico, cravatta, camicia bianca: il look del lettore. E di questo in effetti dovrebbe trattarsi: della lettura di alcuni stralci o componimenti poetici, accompagnati da musica di qualità.

Nulla di nuovo, un format già visto.

Ma un Istrione può, con un gesto, uno sguardo, un ammiccamento, un sorriso, trasformare la frittata di zucchine della mamma in un piatto di alta cucina, dai raffinati sapori, dall’aspetto invitante, dal gusto pieno, dall’effetto saziante.

Ostia Antica: tra mito e sogno ecco Le Parole Note di Giancarlo Giannini e Marco Zurzolo Quartet

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Un Istrione può.

Può molto, un Istrione. Può anche annoiare e diventare pedante ed antipatico. Non è sicuramente il nostro caso. Un Giannini che riesce ad essere giocoso ed intenso, commovente e potente, delicato e carezzevole, dominante e contestualmente schivo, lasciando agli intermezzi musicali ed agli arrangiamenti dell’ottimo Zurzolo tutto lo spazio che è giusto che prendano.

Si fa attendere, un Istrione, Ma solo quei cinque minuti sufficienti a invogliare il pubblico all’applauso.

Entra in scena, un Istrione, ma come un olimpionico al tuffo, con eleganza e senza far tracimare una goccia d’esuberanza in più del dovuto.

Può raccontarci, un Istrione, che parlerà della donna. Dell’Amore, della passione che la donna ispira.

E farci giungere alle lacrime interpretando sì, l’amore. Ma quello dagli aspetti più universali e assoluti.

Può, un Istrione. E Giancarlo Giannini può regalare al pubblico una serata come quella di ieri, carica di emozione, divertimento, suoni, scherzi, lazzi, commozione, fino a scoperchiarti il cuore.

Ostia Antica: tra mito e sogno ecco Le Parole Note di Giancarlo Giannini e Marco Zurzolo Quartet

Ostia Antica: tra mito e sogno ecco Le Parole Note di Giancarlo Giannini e Marco Zurzolo Quartet

E’ attraverso le poesie, lette da un semplice leggio, che ci parlerà d’amore. E sono le poesie che tutti conosciamo. Che abbiamo studiato a scuola, che abbiamo imparato a memoria, che ci hanno accompagnati nei lunghi e solitari pomeriggi adolescenziali, che abbiamo richiamato alla memoria, nella gioia, nella tristezza, nel commiato e nell’incontro. Non una ricerca, una lettura. Ma un Istrione può trasformare un leggio in una scenografia fantastica, complice anche la naturale bellezza del luogo, senza aggiungere altro che la voce, le espressioni, una parca ma significativa gestualità, un pizzico di ironia, e un poco di spavalderia da guascone.

I brani musicali sono di volta in volta richiesti, a seconda del poeta interpretato. Ora Neruda, su Ravel, ora Ariosto su un’aria medievale a tinte jazzistiche, Ora una tarantella, ora un’improvvisazione a soggetto, mentre riecheggiano i versi
di Alda Merini, Prevert, D’Annunzio, Petrarca, Ada Negri, Leopardi, Salinas, Dante, Pasolini.

Ma un momento su tutti prende alla gola lo spettatore e gliela stritola, ed è il capitolo dedicato ai versi di Shakespeare. Avrebbe potuto essere rappresentato dal dialogo tra “Romeo e Giulietta”, o dai fraseggi del “Sogno di una notte di mezza estate”. Invece no. Sono il compianto di Antonio su Cesare, e il monologo, totalmente fuori dagli schemi, reso quasi in prosa, del principe Amleto, umano, compassionevole, straziante.

E’ sicuramente questo l’attimo in cui la magia di questa notte di mezza estate si trasforma in incanto ed il pubblico sublima.

Intanto, tra una rima e l’altra, la musica si affaccia. Un jazz leggero e divertente, ma non per questo meno ricco di sofisticate sfumature, nella cui esecuzione un altro Istrione la fa da protagonista..

Scherzano, giocano, si abbracciano, i due fulcri di scena, e intanto emozionano, rompono schemi, riempiono di contenuti e significati uno spettacolo che potrebbe, nei suoi presupposti, prestarsi all’esaltazione della banalità.

Ostia Antica: tra mito e sogno ecco Le Parole Note di Giancarlo Giannini e Marco Zurzolo Quartet

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Ma un Istrione può trasformare quanto potenzialmente banale in un dardo che ti arriva dritto nel centro del petto e ti spacca il cuore. Figuriamoci due Istrioni.

Il pubblico riconosce i versi, li recita sottovoce, si intenerisce di fronte alla “siepe che da tanta parte/dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”, e nel ricordare quale e quanto fosse l’amore di Pasolini per la madre.

Il pubblico riconosce tutto. E tutto apprezza e applaude.

Sono i versi che tutti noi abbiamo ascoltato, studiato, almeno una volta recitato.

Sono Parole Note.

J.R.

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