Marracash e Guè Pequeno in “Santeria live”. Tutte le novità di un tour che si preannuncia ricco di sorprese

Marra/ Guè - Santeria live tour

Marra/ Guè – Santeria live tour

Dopo il successo riscontrato da “Santeria”, l’album che ha messo insieme due teste di serie come Marracash e Guè Pequeno. Concepito, scritto e registrato tra Spagna, Brasile e Milano, l’ambizioso progetto continua la propria naturale evoluzione con un tour prodotto da F&P. Traendo spunto dalla fertile ricerca artistica di entrambi i rapper, ormai amici da più di 15 anni, il tour declinerà dal vivo i contenuti e la forza espressiva del disco facendo leva anche sulla scenografia e sui contenuti visivi realizzati ad hoc da Armando Mesìas, l’artista colombiano che ha già curato tutte le grafiche di questo progetto. A parlarcene sono proprio i diretti interessati.

Intervista

Come mai avete scelto di fare un tour insieme?

 Questo disco nasce da un’amicizia pluriennale. Avevamo in mente da tempo di realizzarlo per cui è venuto fuori in modo molto naturale. Questa è la forza di un disco in cui ci siamo divertiti molto. Lo abbiamo concepito senza pressioni e senza velleità di dover raggiungere un grande pubblico a tutti i costi.

In che senso di tratta di un disco cinematografico?

Un disco in coppia rende più facile incarnare un personaggio. L’idea è quella di proseguire questo racconto anche nel live portando in scena un vero e proprio film. Vorremmo raccontare una storia, romanzare le tappe, ci saranno visuals e musica correlati tra loro. Non avremo una band con noi, il nostro obiettivo sarà quello di fare immedesimare lo spettatore nel racconto.

Come vivete la collaborazione con F&P?

Questo per noi è un upgrade, una novità, una bella sfida. Daremo il massimo trasponendo le vicende che raccontiamo dallo schermo allo stage.

Quali sono i vostri riferimenti?

Per quanto riguarda l’idea del tour in coppia ci siamo ispirati a Jay Z e Kanye West anche se il loro show era molto più simile ad una videoinstallazione, non c’era una trama. Per quanto riguarda i riferimenti cinematografici, guardiamo film insieme fin da quando eravamo ragazzini. Su tutti, i gangstamovie: Scarface, Goodfellas, Carlito’s Way, Tarantino. Siamo legati a filo rosso a questo genere ma abbiamo anche la credibilità di poterci ispirare a questi film; questo è il nostro pane quotidiano. Abbiamo un vissuto, un background ed un percorso individuale molto vicino a questo mondo. Noi abbiamo sempre parlato di argomenti scomodi, lo facciamo dalla fine degli anni ’90. Sarà anche per questo che la nuova ondata trap terrà noi come punti di riferimento.

Approfondiamo la questione…

All’epoca i temi delle nostre canzoni erano considerati da emarginati, la gente non era abituata a sentire certe cose, abbiamo italianizzato gli stilemi della cultura hip hop. Si tratta di una struttura comunque circolare visto che gli americani all’epoca si ispirarono all’immagine del mafioso italiano.

Marra/ Guè - Santeria live tour

Marra/ Guè – Santeria live tour

Che brani metterete in scaletta?

Ovviamente porteremo “Santeria” in tour quasi nella sua totale interezza. Ci sarà comunque un espediente narrativo che ci consentirà di avere dei momenti da solisti. Cercheremo di far convivere tutto al meglio in quello che sarà uno show completo.

Ci saranno degli ospiti?

Non lo escludiamo ma non è questo il punto focale. Certo, se guardiamo gli show americani fa figo vedere gli special guests a sorpresa. Sarebbe bello proporre dei remix con artisti particolari ma non abbiamo bisogno di basare lo show sull’ ospite.

Che pubblico vi aspettate?

Guè: Diventando maturo mi sto accorgendo con piacere di avere un pubblico eterogeneo. Lavoro molto nei club, ci sono ancora dei pregiudizi storici verso un genere che all’estero viene masticato da almeno 30 anni sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori. Qui il rap pare sempre roba per bambini. Nel nostro caso abbiamo un feedback misto, spesso anche proveniente da colleghi e la cosa ci piace parecchio. Ben vengano i teenagers perché vuol dire che siamo di tendenza, in ogni caso ci aspettiamo un pubblico vario.

Marracash: Con il mio album “Status” avevo conquistato una fetta di più pubblico più adulto, con “Santeria” è arrivato un pubblico più giovane. In ogni caso credo che quando hai costruito una carriera con della “cicca” riesci sicuramente a portarti dietro un pubblico eterogeneo.

Cosa ne pensate dei nuovi rappresentanti del mondo rap?

Ben vengano i ragazzi che hanno riportato in auge la questione dell’immaginario urbano con metriche nuove, basi nuove. La differenza tra l’Italia e l’estero è che nel mondo gli artisti urban si estremizzano, sono in Italia invece si finisce sempre per “merdizzare” la musica ammorbidendola. Un altro punto a favore della nuova corrente sta nel portarsi dietro la crew facendo diventare la musica un lifestyle a 360 gradi, questa è una cosa molto hip hop. Certo, i video sono molto belli ma si basano su quelli che ormai sono  diventati canoni internazionali.

Che rapporto c’è tra i bambini e il rap?

In Italia non c’è un’industria musicale pensata per i bambini. La conseguenza diretta è che questi ultimi prendano spesso il rap come modello. Certo, se avessimo 8 anni non ci metteremmo ad ascoltare del pop melenso come quello dell’Amoroso. Qui si finisce per ascoltare Cristina D’Avena o del rap all’acqua di rose come quello di Moreno con dei contenuti meno complessi da metabolizzare o comprendere. Poi ci sono Benji & Fede ma loro occupano giustamente il proprio posto più che altro è triste che ci siano anche alcuni rapper ad occupare quel posto lì.

Raffaella Sbrescia

Santeria Live Tour

Gennaio 2017

27 Padova Gran Teatro Geox

28 Venaria (TO) Teatro Concordia

21 Milano – Alcatraz

Febbraio 2017

02 Fontaneto D’agogna (NO) Phenomenon

04 Nonantola (mo) Vox Club

14 Napoli – Palapartenope

16 Firenze Obihall

118 Roma Atlantico

Video: Salvador Dalì

http://vevo.ly/a26utc

 

Raige presenta “Alex”: “Mettetevi le cuffie e schiacciate play; al resto ci penso io”. Intervista

Cover album Raige_Alex (1)

Una tempesta di sogni invadenti ma necessari convergono in “Alex”, il nuovo album di Raige che vedrà la luce il 9 settembre per Warner Music. All’interno di questo nuovo progetto l’ artista sceglie di sognare anche quando il mondo non ce ne dà ragione facendo un sincero bilancio tra sbagli e certezze di una vita. Raige si mostra senza filtri attraverso un racconto intimo e personale, a tratti scomodo, ma sempre fruibile. La vita è senza sconti ma può sembrarci più dolce attraverso la musica di Raige, figura di spicco della scena rap italiana da sempre apprezzato per l’innato talento nel coniugare rime e generi musicali.

Intervista

Come sei arrivato a concepire un album come “Alex” e cosa c’è alla base di questo progetto?

Ho iniziato a lavorare a questo disco circa due anni fa. Ci sono state un po’ di vicissitudini in fase di pre-produzione per trovare dei produttori che potessero sposare l’essenza della mia idea. Parto dal rap come segmento, mi avvicino al pop perché la melodia la fa da padrone.  Dopo un primo contatto con produttori rap blasonati, che si sono esposti in prima persona per produrmi il precedente album, sono arrivato a Filippelli e Milani che pur non provenendo dal rap, hanno capito benissimo cosa avevo in mente. Abbiamo buttato via il 90% di quello che avevo scritto in un momento molto cupo della mia vita.

In che senso?

I pezzi erano molto pesanti, erano il frutto di alcune esperienze che avevo vissuto in prima persona come la malattia che ha portato alla scomparsa di mia madre. Ho scritto questo disco per le donne della mia vita: per mia madre che non c’è più e per la mia compagna. Insieme ad altri autori ho fatto un lavoro di repertorio tenendo i brani più interessanti a livello musicale e testuale tra quelli che avevo già composto. Ho scritto con altre persone, una cosa nuova per me. In precedenza avevo collaborato solo con Davide Simonetta, il mio chitarrista, questo perché ci metto me stesso nei miei testi e prima di darli in pasto agli altri amo condividerli con chi è mio amico.

Perché il disco s’intitola “Alex”?

Ho intitolato il disco in questo modo proprio perché mi sono tolto di dosso la paura di fare quello che mi piace veramente, finalmente. Ho voluto lasciare da parte le costrizioni legate al mondo rap. Che siano gli altri a dare un nome a quello che faccio, a me non interessa. A me piace scrivere le canzoni e pensare di essere in grado di farlo; questa è l’unica cosa che conta.

Nel brano “Nemmeno il buio” ti mostri particolarmente lucido scrivendo che “Nessun mostro fa paura come la vita vera”. Una frase che ci mette con le spalle al muro…

Qui ho scritto una strofa per mia madre ed una per la mia compagna. Ho avuto la fortuna di avere grandi donne che hanno avuto la sfortuna, a loro volta, di avere piccoli uomini che siano padri, genitori o fidanzati.  Non bisogna avere paura, nemmeno il buio può fare paura, mi carico io di tutti i fardelli, ci penso io. Per le persone che amo, sono disposto a sacrificarmi senza se e senza ma.  Io sono cresciuto con mia madre, mio padre non c’era perchè faceva il trasfertista, quindi lei è riuscita a darmi un’impostazione precisa con dei valori che vengono fuori nel momento in cui mi relaziono con gli altri.

Cosa ci dici di “Dove finisce il cielo?

Questo è uno dei miei pezzi preferiti insieme a “Non c’è niente da ridere” e “Mi sembra il minimo”. Ho scritto questa canzone per mia madre, le dico che alcune cose le ho imparate e che altre continuerò a sbagliarle.

“A tutta velocità sento meno lo shock” è forse la frase più rappresentativa del testo…

La gente tende a riempire, gli spazi, tempi, i luoghi per non pensare al dramma quotidiano. A tutta velocità ti rendi conto meno delle cose, il dolore rimane dentro come se fosse un ronzio, non lo senti assordante nelle orecchie, si sente solo quando spegni le luci e devi metterti a dormire.

Come vivi il tuo rapporto con la città di Torino?

Nutro assoluta riconoscenza verso questa città perché mi permette di vivere una realtà diversa dalla metropoli. Torino rappresenta una dimensione a misura d’uomo e quindi è più giusta per me che non sarei in grado di vivere in una grande città. Ho bisogno di spazi e a Milano ho la sensazione che ci sia qualche forza oscura che ti ruba le energie da sotto i piedi mentre cammini.

Pensando a chi si andrà a relazionare con questo tipo di progetto, viene da porsi degli interrogativi in merito alla capacità di leggere e comprendere questi messaggi non facilmente fruibili. Hai cercato di mediare attraverso la scelta dei suoni?

Raige

Raige

Il nostro obiettivo era realizzare un progetto fresco ma che non perdesse l’identità del cantautorato. Non riesco a mettermi dentro una scatola rap o pop. Il mio modo di scrivere è più cantautorale per cui abbiamo cercato di rendere accessibili i miei brani.

Cosa significa vivere “sotto una tempesta di sogni”?

Amo pensare che si possa vivere con i piedi per terra e la testa fra le nuvole senza dimenticarsi di quello che stiamo cercando.

Come sei arrivato al bel duetto con Marco Masini nel brano “Il Rumore che fa”?

Masini è un mio mito grazie a mio padre che mi faceva ascoltare suoi brani da piccolo. L’ho conosciuto al Roxy Bar, Red Ronnie sapeva che ero suo fan e ci ha fatto duettare sulle note di “Principessa”. Poco dopo ci siamo risentiti, mi ha chiesto di ricantare “Bella Stronza” in un suo album, in quel momento avevo questo pezzo e gli ho prontamente chiesto di ricambiare il favore. Avrei potuto scrivere strofe più focused ma ho preferito sacrificare l’accessibilità a favore di una scrittura più “cinematografica”.

InNon c’è niente da ridere” proponi una serie di ossimori in sequenza…

Aldilà delle figure retoriche, quello che mi muove in questo brano è che non c’è proprio un cazzo da ridere ma alla fine ne ridiamo. Se siamo io e te, è vero che  è tutto un casino ma alla fine possiamo riderne insieme. Questo è lo slogan più forte del mio disco.

Qual è il tuo rapporto con la religione?

Il mio un rapporto con Dio lo gestisco a modo mio. Dicono che a volte ci comportiamo con Dio così come fanno gli opportunisti cercandolo solo quando stiamo male. Non ho la presunzione di escludermi da questa categoria però cerco di non fare mai male agli altri e di comportarmi bene più che posso.

Un tema ricorrente nel disco è quello della paura…

La vita non ha tempo per le paure: la mia era di non essere all’altezza delle aspettative, di non mostrarmi per quello che realmente sono. Stavolta mi sono spogliato di tutte queste paure e ho fatto quello volevo davvero.

“Perfetto” è un pezzo autobiografico?

Ho avuto questo pezzo da Scirè e De Simone ed ho subito capito che era giusto per me che volevo parlare del fatto che da ragazzino pesavo 120 chili. Certo, non ero perfetto, vivevo questo disagio che adesso viene demonizzato ma il bullismo c’è sempre stato. Bisogna imparare a convivere con i propri difetti e farne la propria forza. L’importante non è quello che gli altri ti dicono sia perfetto, l’importante è quello che ti fa stare bene. Io ho scelto di dimagrire perché c’è stato un processo evolutivo nella mia persona, perché non stavo bene con me stesso, il disagio nasceva anche da quello. I giovani di oggi perdono spesso il contatto il realtà, sono continuamente bombardati da contenuti, devono avere qualcuno che gli insegni che  in realtà sono loro stessi la fabbrica dei propri sogni, devono riuscire a trovare dentro loro stessi la forza per cambiare quello che non va bene, devono farlo per loro stessi non per gli altri.

Cosa diresti a chi ti segue da sempre e che vorrebbe capire la tua svolta artistica di oggi?

Se avete scelto di seguire me come fan, avete già scelto a prescindere qualcosa che è lontano e diverso da tutti gli altri. Se amate il mio modo di scrivere, questo è il disco meglio di tutti gli altri. Ne sarete fieri anche voi. Non credo che ci sia molto da spiegare, non ho mai fatto un rap che mi tenesse stretto dentro dei canoni, temevo solo di non essere capito. Quando ho scoperto che in realtà io lo chiavo sotto padrone l’ho già fatto per tanti anni, ho realizzato che se voglio fare questo lavoro, devo poter fare quello che piace a me o quanto meno di avere il coraggio di provarci.

Raffaella Sbrescia

Video: Il Rumore che fa

Raige incontrerà i fan negli store delle principali città italiane, queste le prossime date:

09 settembre Torino – Feltrinelli Stazione Porta Nuova – ore 15

09 settembre Genova Mondadori– Via XX Settembre 210 – ore 18,30

10 settembre Milano Mondadori  Duomo ore 15

10 settembre  Stezzano (BG) Mediaworld c/o Shopping Center Le Due Torri Via Guzzanica ore 18.30

11 settembre Rovigo Mediaworld Viale Porta Po’ 193 ang. Via Colletta ore 15

11 settembre Padova Mondadori ore 18.30 – Piazza Insurrezione XXVIII Aprile ’45,

12  settembre Bologna Mondadori Via Massimo D’Azeglio 34/A  ore 15

12  settembre Rimini Mediaw.– Mediaworld Shopping Center Romagna ore 18,30

13 settembre Firenze Galleria del Disco Sottopassaggio stazione SMN ore 15

13 settembre Roma Discoteca Laziale Via Giolitti 263 – ore 18,30

14 settembre Salerno Feltrinelli Corso Vittorio Emanuele ore 15

14 settembre Napoli Feltrinelli Stazione ore 18,30

15 settembre Bari Feltrinelli Via Melo ore 15

15 settembre Lecce Feltrinelli Via Templari ore ore 18,30

Jesto: “La mia vita è come un’opera di cui ogni disco è un tassello. Con Justin affronto i demoni del passato”.

Jesto

Jesto

Lo scorso 15 aprile 2016, la Maqueta Records ha lanciato  #JUSTIN, il nuovo concept album di Jesto, riconosciuto come uno dei rapper più rivoluzionari del panorama italiano. In questa lunga intervista, l’artista parla approfonditamente del suo nuovo lavoro, definito da lui stesso come la sua opera più matura, introspettiva e profonda.

Intervista

Come sei arrivato alla concezione di “Justin”? Colpisce il fatto che, dall’alto di una produzione discografica piuttosto vasta, soltanto ora hai deciso di metterti a nudo con un progetto così introspettivo.

 ”Justin” è nato da solo, strada facendo. Dopo il 2015, anno in cui ho regalato ben 4 mixtapes (Supershallo3, SupershalloZero, Mamma Ho Ingoiato L’ Autotune2 e XtremeShallo), detenendo il record italiano assoluto di mixtapes, sentivo l’esigenza di fermarmi per capire la direzione del disco ufficiale. Dopo un periodo di buio in cui ho scritto tanto senza avere un concept preciso, ho deciso di buttarmi in studio e registrare senza pensare a cosa sarebbe uscito. Giorno dopo giorno il concept ha preso forma, mi piace pensare che “Justin” fosse già lì, e che ho dovuto solo scoprirlo. Un po’  come Michelangelo sosteneva che le sue opere fossero già contenute nei blocchi di marmo, e il suo lavoro fosse ‘semplicemente’ levare tutto il superfluo, fino a farle uscire fuori, a farle ‘vivere’. Il mio compito è stato andare nelle profondità dell’anima e portarlo alla luce. Un periodo di 6 mesi che mi ha risucchiato, che ha azzerato la mia vita sociale e che ha fatto riaffiorare demoni del passato. Affrontarli è stato l’unico modo per dare vita all’ album.

Raccontaci della genesi di questo album: dalle rime al suono, dalla varietà degli argomenti alla presenza al microfono.

Ho lavorato molto sulla presenza al microfono. Un ascoltatore attento percepisce subito una tecnica di registrazione inedita per il Rap italiano: tutte le canzoni sono one-line, non ci sono doppie, armonizzazioni, seconde voci. Solo qualche ‘sporca’ ogni tanto. Questo fa sì che abbia usato la voce come fosse un synth, il lead synth di ogni canzone. Sono arrivato ad un approccio molto Jazz nell’ uso della voce. Mi fondo completamente con la base musicale ma restandone ‘fuori’. Il mio flow è imprevedibile, irregolare, controtempato, rappo quasi sempre in levare, è la mia dote naturale. Questo fa sì che la mia voce esca fuori come in nessun altro caso in Italia, come se ogni strofa fosse un assolo di voce, proprio come se suonassi un sax. Sono da sempre focalizzato sul suono delle rime, ho evoluto la tecnica di scrittura rap fino a fare quasi tutte triple rime, anche quadruple e quintuple. Ogni parola di ogni frase fa rima con ogni parola della frase successiva. Da questo deriva l’alta musicalità di ogni barra. Riguardo la varietà degli argomenti, sentivo di dover maturare rispetto ai vari “Supershallo”, in cui usciva fuori molto il mio lato pazzoide, ma meno quello umano. È stata un’evoluzione spirituale, ancora prima che tecnica.

Sono convinto che la musica rispecchi la vita che vive l’autore nel periodo in cui la compone, quindi tendo a cercare di vivere il meglio possibile. Concepisco la mia vita come un’opera, di cui ogni disco è un tassello. Ho una visione dandy della mia musica. E della mia vita.

Quali sono gli stili lirici e metrici che usi in queste canzoni?

Invento il modo di rappare nel momento stesso in cui esce l’emissione vocale. Si può dire che ogni mia registrazione sia frutto del mio inconscio. Quasi freestyle. Per questo mi sento un jazzista più che un rapper. Metricamente cambio flow a ogni barra, a seconda dell’efficacia in base al concetto che esprimo. Alcune frasi sono urlate, sofferte, e alzo il tono, a far percepire il dolore, come nella seconda metà delle strofe in “Crescendo”, in cui alzo il tono al momento della crescita di pathos del testo. Altre tengo la voce bassa, calda, intima, per comunicare la sensibilità e il tono confidenziale. A questo punto della mia carriera, dopo tutti i dischi e i mixtapes che ho fatto, sento di poter fare con la voce quello che voglio. E ci sono arrivato strada facendo. Questo non vuol dire che mi fermerò, l’evoluzione del mio flow è quotidiana, da anni. Gioco molto con la voce e ho raggiunto una padronanza al di là del mio controllo.

Jesto

Jesto

Cosa vorresti comunicare a chi ti ascolta attraverso questo ‘frullato’ di attualità e storytelling di vita vissuta?

 Io sono frutto delle mie esperienze personali e di quello che la società mi ha imposto. Il mio Rap è una vendetta, un rivomitare addosso al mondo quello che ci viene imposto fin da piccoli, filtrandolo attraverso la mia visione. Ogni immagine che rappresento è come una grottesca parodia della realtà.

Nei tuoi testi ironia e sarcasmo si mescolano alla poesia e alla malinconia. Questo mix rispecchia anche la tua personalità?

Assolutamente. Non so mentire, sono come sembro. Questo mi rende unico. Forte e debole allo stesso momento. Alterno periodi di leggerezza e divertimento a periodi di profondo buio interiore, e da sempre combatto con me stesso alla ricerca dell’equilibrio. Credo sia una ricerca che mi porterò fino alla tomba. Il contrappasso di avere tutta questa ispirazione, di questa iper-produttività artistica, è dover fare i conti con i miei demoni. Puoi incontrarmi un giorno che sono la persona più solare del mondo, e beccarmi il giorno dopo che non spiccico una parola manco a cavarmela. Sono così, ma questo mi rende prezioso. Credo che la mia arte sia il frutto di questa battaglia interiore. Che non avrà mai fine.

Toccante quanto vero e sentito il brano “Papà” dedicato al compianto Stefano Rosso, cantautore rivoluzionario della scena romana anni 70. Come sei riuscito a parlare di un rapporto tanto complesso quanto fondamentale per te?

Mi ci sono voluti anni. E poi l’ho scritta in 10 minuti. Sento come se ci fosse voluta tutta la vita per poter arrivare a scriverla. E’ la mia miglior canzone di sempre. Contiene una vibrazione magica, è carica delle mie energie, e di quelle di mio padre, e di quelle di chiunque gli abbia voluto bene. Tante persone piangono quando la sentono. Brividi, pelle d’ oca. E’ come un portale dimensionale che abolisce spazio e tempo e fa rivivere il suo ricordo come fosse presente. Questo grazie al potere della musica. La produzione musicale fonde la chitarra, lo strumento a cui mio padre ha dedicato la vita, al mio sound trap, dando vita a un mix mai fatto da nessuno prima d’ ora. Poi la mia voce non mente. E’ carica di vibrazioni, l’argomento toccato mi ha potenziato la performance vocale e ne è uscita la mia miglior interpretazione, a mio parere. Il testo racconta cosa è stato Stefano Rosso, cosa ha rappresentato per il mondo e per me. Credo sarebbe orgoglioso di me, come domando nel ritornello.

Come vivi l’esordio per una “nuova” etichetta nel settore hip hop italiano quale è la Maqueta Records?

Maquesta Records esiste da anni, ha uno storico solido, è una struttura collaudata e affiatata. Sono amico, ancora prima che collaboratore, di Fernando Alba (Art Director di Maqueta), abbiamo suonato insieme molto prima di immaginare una collaborazione tra etichetta e artista. Mi trovo bene, grazie alla libertà espressiva che mi viene lasciata e al rispetto che percepisco nei confronti della mia opera. Io ho già avuto a che fare con altre etichette e anche con major in passato e quella dimensione non fa assolutamente per me. Per questo per anni ho scelto l’autoproduzione, l’autogestione delle mie opere. Ho bisogno di libertà creativa, per poter far venire fuori il vulcano di idee che ho quotidianamente. Con Maqueta ho trovato la possibilità di esprimermi, di scrivermi i video per esempio, come facevo da autoprodotto, di pensare al concept degli ArtWork e di proporlo e valutarlo insieme. Questa è una fortuna per un’artista come me, con una personalità sfaccettata e spesso controversa, con una così chiara visione artistica. Il segreto del successo che stiamo ottenendo da questa collaborazione è che alla base del rapporto c’è feeling umano, prima che professionale. Alla loro squadra ho affiancato il mio team creativo, persone con cui lavoro anni, e unire le forze ci ha portato a trovare una direzione vincente ed efficace. La fiducia riposta in me per un progetto HipHop dimostra le larghe vedute e l’apertura mentale di Maqueta, oltre che il fiuto per il business. Detto questo non mi considero semplicemente un’artista HipHop. In fondo vogliamo considerare “Papà” una canzone prettamente Rap? Per me è una Canzone, al di là del genere. Odio rientrare in definizioni, mi reputo un caso isolato del panorama musicale italiano. Sto usando il Rap come mezzo espressivo, ma non racchiude tutto il ventaglio delle mie possibilità espressive. Non mi pongo limiti e vengo da una famiglia di musicisti. Mi hanno sempre insegnato che la musica non ha etichette, non è racchiudibile in definizioni. Si parla di vibrazioni, non definibili per eccellenza.

Sempre solido il sodalizio artistico con Pankees?

Dopo aver registrato tutti i Supershallo da Pankees abbiamo raggiunto un feeling speciale in studio. Dopo 3 anni che registro da lui, era tempo di lavorare a un disco vero e proprio. Oltretutto abbiamo gusti simili in quanto a HipHop. Veniamo entrambi dall’ HipHop classico e siamo appassionati di Trap da anni, prima ancora di Sout. Insomma, ci siamo trovati. Nel 2015 io e Pankees abbiamo realizzato un Ep (Mamma Ho Ingoiato L’ Autotune 2), che può essere considerato un preludio all’ album, dal sound alle tematiche (“Lasciatemi Stare” poteva far parte dell’album).

Ci spieghi il tuo metodo di lavoro per i mixtape?

A differenza dell’album, per il quale ho avuto bisogno di tempo, per i mixtape non mi soffermo molto sulle canzoni. Butto giù praticamente in freestyle ogni pezzo, spesso usando le strumentali del momento americane, rappo su produzioni americane e mi sfogo così, costringendomi a stare al passo con i rapper Usa, dovendo rappare su basi usate da loro, e non volendo sfigurare. Effettivamente mi sento l’unico in competizione con i rapper d’ oltreoceano, sia per mole produttiva che per flow e sonorità. Mi diverto molto a fare i mixtapes, sono la mia passione e ho l’esigenza di farli, per testare la mia evoluzione a che punto è. Io se non registro sto male, ho bisogno di imprimere costantemente la mia voce e fermarla per sempre nel tempo. Questo è per me fare canzoni.

Sono maniaco di mixtapes, pensa che sul mio sito ufficiale (www.jesto.it) ci sono ben 19 mixtapes scaricabili gratuitamente. Credo nessuno abbia mai fatto così tanti mixtape di alto livello in Italia.

Jesto

Jesto

Quali sono le tematiche, i contesti, le persone che ti ispirano maggiormente?

Quello che vivo, quello che vedo. Ho una visione critica del mondo, e non credo a nulla di quello che ci viene imboccato. Devi contare che vengo dal liceo classico e ho studiato Filosofia all’ università. Analizzo tutto, dalle notizie del tg ai comportamenti delle persone che incontro. Studio il mondo, fin dall’ adolescenza, e lo rimetto in circolo filtrato dalla visione di Jesto, alter ego disposto a ‘sporcarsi’ con le brutture del mondo pur di creare arte nuova.

Cosa dovremo aspettarci da te prossimamente?

 L’ inaspettato. Ho sempre stupito a ogni step, i miei Supershalli lo sanno. Attualmente sento sempre di più l’eredità artistica di mio padre, e credo stia definitivamente venendo fuori. Oltre a questo ho bisogno di fare nuovi mixtapes, perché sto continuando a scrivere come un pazzo. Sono iper-produttivo musicalmente e non vedo l’ora di tornare in studio. Detto questo ora sono focalizzato sul disco, stiamo lavorando ai nuovi video e promuoverò “Justin” ancora per un bel po’. Oltre alla musica sono appassionato di tutto quello che è arte visiva, disegno e dipingo fin da piccolo, e ultimamente sta riuscendo fuori l’esigenza di comunicare anche così. Ma non ti anticipo nulla.

Come è andato il concerto di presentazione a Roma e cosa ti aspetti da quello che terrai al Legend Club di Milano?

A Roma è andata una bomba. Una città non facile per quanto riguarda la musica, riempiere un posto come il Brancaleone solamente con il mio nome è stato un traguardo. Sento come se fossi arrivato al cuore della gente, dopo anni di alti e bassi. Ora le persone si rispecchiano, hanno capito che sono un’artista assolutamente originale, e quindi non seguo percorsi prestabiliti. Questo mi porta ad avere il rispetto delle persone, ancor prima della stima artistica. Non sono mai sceso a compromessi, e finalmente la mia visione mi sta ripagando.

Per il Live di sabato mi aspetto di far trappare Il Legend Club, è la prima data da solo che faccio a Milano e non vedo l’ora di stare sul palco. Quando sono sul palco mi trasformo, è la cosa che mi viene più naturale del mondo. Come se stessi in un’altra dimensione, in cui non c’è razionalità ma tutto istinto. Non a caso vengo dal freestyle. Considero i miei concerti esperienze molto cariche energeticamente, emano vibrazioni amplificate con il microfono in mano.

Raffaella Sbrescia

Video: Puttantour

Shade presenta “Clownstrofobia”: Oltre le rime c’è di più

clownstrofobia_shade

Shade è un rapper, attore, doppiatore, freestyler e stand up comedian italiano nato a Torino. Lo scorso 15 gennaio Shade ha pubblicato il suo primo album intitolato “Clownstrofobia” (Warner Music), un lavoro in cui lo stile ironico e tagliente del rapper si sposa con contenuti anche più delicati. L’album rappresenta l’incontro tra il mondo del freestyler ironico e pungente e quello dell’artista più maturo e introspettivo. Spesso i panni dell’intrattenitore risultano stretti e si soffre di clownstrofobia. Ecco cosa ci ha raccontato Shade al telefono.

Intervista 

Dietro le rime, si nasconde una scrittura profonda e una voglia di lanciare dei messaggi ben  precisi.

Questo è un lavoro molto diverso rispetto alle cose fatte finora.  Nel precedente lavoro mi ero cimentato in pezzi molto divertenti e allegri, sono sempre usciti dei video  in cui facevo free style di intrattenimento incastrando le parole e le rime. In questo  album ho cercato di fare uscire fuori un lato di me che finora non avevo potuto mostrare. Un disco ufficiale in vendita rappresenta l’occasione giusta per farlo!

Perché il titolo “Clownstrofobia”?

Ad un certo punto l’etichetta di intrattenitore ti sta stretta e quindi ne soffri. In questo disco, a partire dalla cover, dimostro che non ne posso più di rappresentare un determinato tipo di cose e ho scritto dei pezzi che la gente non si aspettava da me…

In “Bar Mitzvah” canti “Gioco con le parole, me ne fotto delle persone”. Cosa intendi dire?

Non faccio giochi di parole per fottere le persone, gioco con le parole e me ne fotto delle persone. La critica si riferisce al fatto che molti mi dicono: “Sei bravissimo ma non hai contenuti”,  come a dire: “Sei una Ferrari a rappare ma ti limiti a fare il giro dell’isolato.  Secondo me sono magari loro che si limitano a guardarmi mentre faccio il giro dell’isolato. Forse il limite è più di chi segue questo genere di musica…

In “Patch Adams” parli di una storia importante e di una tematica delicata che si distanzia dal resto del progetto.

Sì, ho voluto inserirla come ultima traccia ed è il pezzo a cui sono più affezionato. Ho scelto di raccontare un brutto periodo della mia vita, ci si augura sempre di non avere a che fare con gli ospedali invece volenti o nolenti succede e a me è successo molte volte. In questo caso particolare si trattava di un’ altra persona che mi dispiaceva  vedere in brutte condizioni; andavo costantemente a trovarla fingendo che mi andasse tutto bene, vestendo un po’ i panni del clown per starle vicino poi, una volta uscito dall’ospedale, stavo malissimo ma non mollavo perché il giorno successivo sarei andato a trovarla di nuovo per convincerla che sarebbe andato tutto bene non sapendo se poi le cose si sarebbero risolte. Alla fine c’è stato un lieto fine ma è una cosa che mi ha segnato molto.

Il tuo stile richiama tematiche che rientrano anche nel repertorio di altri rapper però la tua ironia irriverente fa la differenza. Vai fino in fondo e te ne prendi la responsabilità?

Sì, questo è il mio modo di fare, non ho mai avuto problemi a tenermi le cose, non ho filtri e anche questa ragione ho dovuto rivedere tante cose che ho scritto in tanti miei pezzi. Chiaramente non vogliamo incorrere in denunce però se devo dire una cosa la dico. Faccio l’esempio di quando ho partecipato ad Mtv Spit: in quel momento non mi interessava di essere in tv, non ho cambiato nulla rispetto a quello che faccio quando giro l’Italia per i concerti. Sono sempre me stesso purtroppo o per fortuna!

“Stronza bipolare” è un brano divertente e spietato

La protagonista di questo brano è una persona con cui ho avuto molto a che fare e che mi ha fatto impazzire, attraverso litigi, crisi d’ansia, botte. Ho raccontato questa storia  in maniera tragicomica, il pezzo è quasi divertente ma la vicenda è stata distruttiva.

Netflix  è uno schizzo di quello che ci circonda al momento….

Le serie tv sono parte integrante della mia vita. Ho intitolato Netflix perché è arrivato da poco in Italia, ha rivoluzionato il mondo delle serie tv, prima avevamo solo lo streaming e quel poco che passa in nella tv tradizionale.

Dicci della collaborazione con Fred De Palma, sia nel singolo “Se i rapper fossero noi” che nella saga

Abbiamo fatto questa serie per caso, non sapevo nemmeno se volevo farla con lui. Volevo realizzare questo video intitolato “Se i rapper si facessero i complimenti”…. Lui si è mostrato subito super entusiasta e in effetti abbiamo realizzato questo video che ha superato i 3 milioni di visualizzazioni. La cosa ha rappresentato  lo stimolo giusto per realizzarne altri. Di solito ci mettiamo veramente pochissimo tempo a farli, credo al massimo  un’oretta e abbiamo culminato il tutto con “Se i rapper fossero noi”, il primo singolo estratto da “Clownstrofobia”.

“Disco d’horror” rispecchia un po’ il costume dei tempi delle querelle da classifica e lo fa in maniera dissacrante 

Ho un’ansia pazzesca per classifiche e cose del genere. La Warner ha puntato molto su di me e non voglio deludere nessuno. So che ci sono mille logiche che possono determinare il successo di un album ma voglio comunque fare il massimo e dimostrare che hanno fatto bene a puntare sul mio nome  e sul mio lavoro.

Questo è il pezzo più cattivo del disco, l’ho fatto uscire come primo vero estratto, ho postato il video su Facebook, dico cose cattive su altri rapper perché secondo me non esiste un migliore , esiste qualcuno che è più bravo ad incontrare il gusto delle persone. Il rap non è come il calcio, non è una cosa statistica, vendere tanto non vuol dire necessariamente saper fare buona musica.  Ho voluto smontare l’ego di certe persone approfittandone per realizzare un pezzo un po’ più tecnico.

Ti aspetta un Instore tour a tamburo battente…

Sì sarà un “instore tour de force”! Ho iniziato a Torino, l’anno scorso facemmo un concerto in metro, ci inventammo un instore che prevedeva pezzi eseguiti in metro. Purtroppo tanti mi scrivono di andare nella loro città ma non sono io a decidere. Chiaramente si tratta di un tour, ci sono  dei costi e ci sono persone che decidono cosa fare e perché. In ogni caso stiamo preparando una sorpresa per febbraio… sarà molto divertente!

Nel 2014 hai doppiato alcuni personaggi tra cui Eminem e 2pACm, nella nuova stagione di South Park in onda su Comedy central. Come hai vissuto il tuo ruolo?

Uno dei miei insegnanti mi mandò un messaggio vocale super serio chiedendomi di richiamarlo, ho subito pensato di aver fatto qualche cretinata delle mie. Ero al secondo anno della scuola di doppiaggio per cui credo siano i personaggi che ho doppiato peggio in assoluto, riascoltandomi mi “imparanoio”. I personaggi che doppio ora non sono di quel calibro lì, per me che faccio rap è stato  fantastico e poi South Park è il mio cartone preferito. Il direttore di doppiaggio è Walter Rivetti è colpa sua se South Park è così figo e rende bene anche in italiano rispetto all’inglese.

Cosa stai doppiando ora?

Ho doppiato una serie tv che si chiama “Bitten” che uscirà a breve in Italia, sul genere Twilight. Sto doppiando un cartone animato giapponese molto bello che si chiama “Sengogu Bazara, in questo caso il mio personaggio è un figo e dalla seconda stagione diventerà ancora più figo!

Raffaella Sbrescia

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Instore – Le date

Dal 15 gennaio Shade incontra i fan negli store delle principali città italiane: il 15 gennaio a Torino (Feltrinelli Stazione h.15.00) e a Genova (Feltrinelli via Ceccardi, h.18.30); il 16 gennaio a Milano (Mondadori Duomo h.15.00) e a Varese (Casa del Disco, Piazza Podestà h. 18.30), il 17 gennaio a Verona (Feltrinelli via Quattro Spade, h.15.00) e a Brescia (Mondadori C.C. Freccia Rossa h.18.30), il 18 gennaio a Padova (Feltrinelli via S. Francesco, h.15.00) e a Bologna (Mondadori via Massimo D’Azeglio, 34h.18.30), il 19 gennaio a Firenze (Galleria del Disco, Piazza della Stazione h.15.00) e Roma (Discoteca Laziale ,via Mamiani h.18.30); il 20 gennaio aMarcianise (Mondadori C.C. Campania, h.15.00), e a Napoli (Feltrinelli, Stazione h.18.00); il 21 gennaio a Bari (Feltrinelli via Santa Caterina h.15.00) e a Lecce(Feltrinelli via dei Templari, h.18.30)

Video: Sei rapper fossero noi feat. Fred De Palma

Intervista a Rocco Hunt: “SignorHunt è l’album che ho sempre sognato di fare”

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Rocco Hunt torna con un nuovo progetto discografico intitolato “SignorHunt”, in uscita il 23 ottobre (Sony Music). Per il titolo Rocco sceglie un sottile gioco di parole per un lavoro che lo stesso rapper ha definito come “l’album che ha sempre sognato di fare”. Masterizzato agli Sterling Studios di New York da Chris Gehringer (Mastering Engineer di Nas, MethodMan, 50 Cent, JayZ e molti altri) e prodotto da Ketra e Takagi (già produttori di “Nu Juorno Buono), Bassi Maestro (storico produttore hip hop italiano che ha collaborato con artisti hip hop americani), 2nd Roof (Guè Pequeno, Marracash), “SignorHunt” racchiude sedici inediti in cui Rocco si lascia finalmente andare; il suo rap è melodicamente morbido ma i testi lasciano trasparire un’anima forgiata da una crescita individuale vissuta all’insegna del rispetto dei valori sani. Rocco Hunt vive a Milano ma la sua testa e la sua penna sono ancora ben radicate a Sud e, se durante la presentazione del disco sulla Darsena di Milano, il giovane rapper parla in napoletano, nell’album è proprio questa lingua che si riveste di autorevolezza ed autentica credibilità. Tanti i featuring che arricchiscono le molteplici sfumature di questo lavoro: Clementino, J-Ax, Guè Pequeno, Neffa, Mario Biondi, Enzo Avitabile, Chiara, Speaker Cenzou, O’ Zulù, Luchè, Nazo,Zoa, Maruego e Chief hanno preso parte alla realizzazione di questo disco conferendogli una maggiore completezza e testimoniando la maturità artistica con cui Rocco Hunt si sta interfacciando con il mercato musicale italiano.

Intervista

“SignorHunt” è un disco libero?

A differenza del disco precedente, imprescindibilmente legato al Festival di Sanremo, non ho sentito la tensione di dover omaggiare “Nu juorno buono”.  All’epoca avevo 18 anni, ero più chiuso in me stesso, mi facevo consigliare spesso. In questo caso, invece, non ho avuto paura di assumermi la responsabilità delle mie scelte. Non temo critiche e pregiudizi, esco con un album che non pretende altro che essere ascoltato.

Come sei cambiato in questi anni?

Oggi vivo a Milano ma la mia scrittura è legata ancora e soprattutto alla mia terra. Nel frattempo mi sono innamorato, ho scoperto per la prima volta l’amore. Anche in questo disco parlo dell’amore ma non in modo omologato.

Nel booklet del disco precedente c’erano le foto di posti a te molto cari, come ad esempio casa di tua nonna. In questo nuovo lavoro c’è qualcosa di simile?

Sì, ci sono degli scatti che ritraggono me da piccolo. Lo shooting fotografico è stato fatto interamente a New York ma avevo bisogno di integrare il tutto con qualcosa che parlasse di me. Quando mia madre ha saputo che avevo bisogno di alcune foto, si  è messa a cercare dappertutto. All’epoca era difficile scattare foto sia per questioni di tempo che di costo. Ho scelto una foto della recita dell’asilo, una in cui avevo tre anni con un murales dietro di me con la scritta hip hop, una sorta di segno del destino. Ho voluto rivivere un’epoca ormai estinta. Ringrazio i miei genitori che, con i loro sacrifici, mi hanno fatto crescere con poco ma dandomi tutto.

Rocco Hunt

Rocco Hunt

Come sei riuscito a duettare con Neffa?

In questo brano abbiamo invertito le parti. Lui, che parte dal rap e che ha sempre avuto chi gli costruiva le melodie, stavolta l’ha realizzata per me. “Se mi chiami” è un brano radiofonico ma anche introspettivo. Un pezzo che emoziona e che parla dell’amore autentico. Personalmente lo consideravo un featuring impossibile perché Neffa collabora con pochissimi artisti. La cosa più bella che mi ha detto è stata che tra tutte le collaborazioni fatte di recente, quelle in cui si è sentito più coinvolto sono state quelle realizzate con me e Ghemon.

Come mai hai scelto Chiara?

Il disco ha molti ospiti che hanno a che fare con la mia terra. Con Chiara, che è veneta,  ho voluto creare un ponte di collegamento con il nord ed il risultato è molto originale. Sentirete una Chiara molto diversa da quella che conoscete!

Stupisce il duetto con Mario Biondi…

Alcuni mi hanno chiesto: “Cosa c’entra Mario Biondi in un disco come il tuo?”.  Vorrei sottolineare che l’hip hop in America parte dalla musica black, dal soul e dal funk. Se in Italia vogliamo pensare a una persona che fa questo tipo di musica, andiamo direttamente da Biondi. La cosa di cui ci si dovrebbe meravigliare non è il fatto che io abbia collaborato con Mario bensì che nessun’altro lo abbia fatto.

Una delle collaborazioni più belle è quella con Enzo Avitabile su “Eco del mare”. Un messaggio di speranza forte e chiaro.

Credo che non possa esserci un mio album senza il contributo di Enzo Avitabile. Il Maestro è una persona squisita e, a differenza di tanti altri grandi artisti di grande successo, si mostra sempre aperto a nuove intuizioni, ho potuto dirgli cosa non mi piaceva e viceversa. In questo modo c’è stato un reale scambio reciproco.

Un legame a doppio filo con la  scuola napoletana?

In futuro amplierò ancora di più le conoscenze della scuola napoletana perché la mia aspirazione è diventare uno dei baluardi di quella corrente musicale che ha fatto diventare grande Napoli nel mondo. Parlo di Pino Daniele, Tullio De Piscopo, James Senese, lo stesso Avitabile. Io nasco da loro e con la mia musica cerco di creare un ponte di collegamento tra generazioni lontane.

Per quanto tempo hai lavorato al disco? C’è qualcosa che hai inserito o tolto all’ultimo momento?

L’album è stato lavorato in un anno e mezzo. Per fortuna sono molto prolifico, scrivo molto. In effetti ho già quattro pezzi pronti per il prossimo disco (ride ndr). Stare fermo mi debilita! Per questo disco ho voluto prendermi molto più tempo e me ne sarei preso ancora. Vengo dagli ottimi riscontri ottenuti da “A’ Verità” però non sono molto bravo nelle strategie, mi lascio consigliare spesso. Ho tolto tre tracce dall’album che non sentivo mie e, anche per questo, mi sento ancora più fiero del risultato raggiunto.

Rocco Hunt

Rocco Hunt

Nell’ultimo brano “’Na stanza nostra” parli del desiderio di paternità, come mai?

Il brano riprende la storia dei miei genitori. Mia madre mi ha avuto quando aveva 18 anni, quindi giovanissima. Era orfana, il suo sogno era quello di avere una stanza con mio padre in cui potermi crescere. La cosa non era economicamente possibile, infatti i primi anni della mia vita li ho vissuti a casa di mia nonna fino a quando mio padre non ha trovato un lavoro dopo tanti anni di disoccupazione. “’ ‘Na stanza nostra” è il sogno di tutti i ragazzi di strada che vogliono avere una stanza in cui le paure non posso entrare, in cui crescere una creatura dando vita al futuro della propria famiglia, una cosa che attualmente è sempre più difficile da realizzare.  Ho scelto come questa canzone come ultima traccia perché racchiude un sogno.

La title track “SignorHunt” è un gioco di parole ma racchiude anche un messaggio che esce fuori dal coro?

Menomale che è stato capito! Ho fatto ironia su me stesso e mi sono messo in gioco. Ho voluto fare lo sbarco in Darsena nel video con Maccio Capatonda ndr), proprio per dare una scossa. Che faremmo se lo sbarco avvenisse da noi a Milano? Tutto è relativo finchè non avviene a casa nostra, un tipico ragionamento italiano. Certo, non posso risolvere il problema,  posso solo denunciarlo e fare sì che i miei coetanei e le persone che mi seguono siano consci della situazione che viviamo.

Tornerai a scrivere pezzi come “Pane e rap”?

Quei pezzi così ho smesso di farli perché la gente purtroppo non li capisce.  Mi demoralizza stare tre ore a scrivere un pezzo mega incastrato, mega metrico per poi farlo uscire e vedere che non funziona. Con pezzi più orecchiabili e più melodici ottengo molti più risultati, la gente non è pronta per canzoni così. Un po’ mi dispiace perché vedo che in America i rapper passano in radio con la propria arte senza scontrarsi con stereotipi e pregiudizi.

 Raffaella Sbrescia

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TRACKLIST:

01: TENGO VOGLIA ‘E SUNNÀ

02: VENE E VVÀ

03: ECO DEL MARE feat. Enzo Avitabile

04: SE MI CHIAMI feat. Neffa

05: UNA MONETA E UN SOGNO feat. J-Ax e Guè Pequeno

06: O’ POSTO MIO

07: O’ REGGAE DE GUAGLIUNE feat. Clementino, Speaker Cenzou e O’ Zulù

08: SIGNORHUNT

09: ALLORA NO! feat. Chiara

10: QUALCOSA DI STRANO

11: BACK IN THE DAYS feat. Mario Biondi

12: MALETIEMPO

13: NU BRUTTO SUONNO feat. Luchè

14: ALTRI 100 ANNI feat. Nazo, Zoa, Chief

15: MARCOS feat. Maruego

16: ‘NA STANZA NOSTRA

Video: SignorHunt

INSTORE TOUR

23/10/2015         NAPOLI – La Feltrinelli Express (Stazione Centrale – ore 15.00)

24/10/2015         MARCIANISE (CE) – Mondadori Megastore (c/o C.C. Campania, Località Aurno, 1 -ore 17.00)

25/10/2015         BENEVENTO – MediaWorld (c/o C.C. BUONVENTO, S.S. Appia Km. 258+750 Contrada San Vito – ore 17.00)

26/10/2015         SALERNO – La Feltrinelli (C.so Vittorio Emanuele 230 – ore 15.00)

27/10/2015         VERESE – Casa Del Disco (Piazza Podestà 1 – ore 15.00)

27/10/2015         MILANO – Mondadori Megastore (Piazza Duomo, 1 – 18.30)

29/10/2015         ROMA – Discoteca Laziale (via Mamiani 62 – ore 16.00)

30/10/2015         POMPEI (NA) – MediaWorld (c/o C.C. LA CARTIERA, Via del Macello, 22 – ore 16.00)

31/10/2015         CATANIA – La Feltrinelli (Via Etnea, 285 – ore 15.00)

01/11/2015         PALERMO – Mondadori Megastore (Via Ruggero Settimo, 16 – ore 16.30)

03/11/2015         TORINO – Mondadori Megastore (Via Monte di Pietà 2 ang. Via Roma -               ore 17.00)

04/11/2015         FIRENZE – Galleria Del Disco (Sottopasaggio Stazione Santa Maria Novella – ore 16.00)

05/11/2015         BARI – Feltrinelli (c/o C.C. MONGOLFIERA SANTA CATERINA, Strada Santa Caterina – ore 15.00)

06/11/2015         BRINDISI – La Feltrinelli (Corso Umberto I 113 – ore 16.30)

07/11/2015         FOGGIA – Mondadori Bookstore (Via Oberdan 9/11 – ore 16.00)

08/11/2015         BRESCIA – C.C. IL LEONE SHOPPING CENTER (Via Mantova 36, Lonato Del Garda              – ore 17.30)

09/11/2015         VERONA – La Feltrinelli (Via Quattro Spade 2 – ore 15.00)

11/11/2015         REGGIO CALABRIA – Mondadori Bookstore (Corso Garibaldi 16                – Ore 16.00)

12/11/2015         COSENZA – La Feltrinelli (Feltrinelli di Corso Mazzini 86 – ore 15.00)

13/11/2015         PONTECAGNANO FAIANO (SA) – La Feltrinelli (c/o C.C. MAXIMALL, Via Pacinotti snc – ore 17.00)

14/11/2015         OLBIA – Centro Commerciale Auchan (Strada Statale 125, località Sa Marinedda – ore 17.00)

15/11/2015         CAGLIARI – Centro Commerciale Auchan (Santa Gilla, Via S.Simone 60 – ore 17.30)

21/11/2015         ROMA – C.C. Porta di Roma (Via Alberto Lionello, 201 – ore 17:00)

22/11/2015         PESCARA – C.C. PESCARA NORD (Via Leonardo Petruzzi 140, Città Sant’angelo – ore 17:00)

Maledetto, un album senza peli sulla lingua per Maxi B

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“Maledetto” è il nuovo album di Massimiliano Bonifazzi, in arte Maxi-B, uscito lo scorso giugno per Latlantide. Diretto, immediato, sfrontato, sfacciato, “Maledetto” contiene ben 17 tracce e rappresenta il manifesto del Maxi B pensiero. Il rap hardcore dell’artista respinge e condanna in-stores, talent show e le dinamiche da rap commerciale decise a tavolino per vendere a tutti i costi. Ogni concetto viene espresso fuori dai denti, senza peli sulla lingua con rime che arrivano dritte allo stomaco: “Ho scritto questo disco guardandomi allo specchio, dovevo tirare fuori tutte le sensazioni amare che ho provato negli ultimi due anni, a volte allontanarsi serve per non perdersi, ora vedo tutto con più lucidità, soprattutto la delusione verso il mondo Rap, troppo superficiale e legato a stereotipi lontani dalla mia realtà”, dice lo stesso Maxi B che, in questo disco, si fa accompagnare da Ghemon, Amir Issaa, Michel, Daniele Vit, Big Joe, Dj Double S, Dj C.I, Jacques Moretti e Kay. I due anni e mezzo di silenzio sono quindi serviti a raccogliere le idee e capire come muoversi. A dimostrazione del fatto che le tendenze non gli interessano, Maxi B inserisce anche una serie di skit all’interno dell’album, la sua parte ludica, quella che ogni giorno sfoggia nella radio dove lavora (Radio3i).

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Se il brano più duro e diretto è la title track “Maledetto”, quello che invece evidenzia meglio i veri valori di chi vuole ergersi a difensore della cultura rap è proprio “L’arte del rap”: “L’arte del rap è dare voce a chi voce non ha”, canta Maxi B; un compito non facile e spesso ingrato eppure sempre più fondamentale. Nel parlarci della propria visione della vita, vissuta a cavallo tra le case popolari di Varese e la Svizzera, Bonifazzi regala forza e convinzione a chi ha paura di sognare in un mondo sempre più abituato a calpestarci. “Le medaglie più importanti non le metti sulla giacca ma sull’anima”, canta in “Parlo Chiaro” mentre un altro brano che sta riscontrando molto successo è “Da Solo”, cantato con Ghemon. Attraversata da una sorta di dolcezza innata, la canzone ha la forza di essere fruibile da tutti senza perdere l’autenticità del contenuto: “ Dove la mente mette i limiti, il cuore li spezza”, scrive Maxi B. Ambizioso e forse pretenzioso è “Le 10 Regole Del Rapper”, con Dj Double S e Big Joe, un pezzo che invita a seguire una serie di regole per “crescere” ed affermare la propria credibilità artistica. Tra i temi più quotati c’è ovviamente l’amore che fa capolino in “Senza Di Me” con Amir Issaa e Michel e “L’amore Inutile” insieme a Daniele Vit. In conclusione “Maledetto” è un progetto energico, carico di esperienza e di prospettive, intenso e pregno di contenuti, un album tagliente dedicato a chi non vuole abbassare la testa, agli ultimi della fila, a chi ha ancora voglia di mettersi in gioco.

Raffaella Sbrescia

Moreno live all’Alcatraz di Milano: il report del concerto

Moreno @ Alcatraz Ph Francesco Prandoni

Moreno @ Alcatraz Ph Francesco Prandoni

Lo scorso 9 aprile  Moreno è salito sul palco dell’Alcatraz di Milano per il primo dei due concerti anteprima del suo “ Incredibile Tour. Faccia pulita e rime affilate per  il noto freestyler che, in scaletta, ha inserito non solo i brani del disco d’esordio “Stecca” ma anche e soprattutto i brani contenuti nella riedizione del suo ultimo album  “Incredibile”, comprensivo di cinque brani inediti, tra cui i singoli “Supereroi in San Fransokyo”, inserito nella colonna sonora del film Big Hero 6, ed il brano sanremese“Oggi ti parlo così”. Sul palco con lui anche degli ospiti speciali come Annalisa, Zibba e Antonio Maggio. Una serie di duetti che rappresentano la controriprova del fatto che Moreno riesce ad interfacciarsi con naturalezza e disinvoltura con artisti anche molto distanti tra loro. Per  aprire il concerto, invece, il giovane rapper genovese ha voluto il giovane e promettente collega Kaligola, anche lui reduce dal palco dell’Ariston, che ha presentato il nuovo singolo “Rimorso”, estratto dall’album d’esordio “Oltre il giardino” ed il cantautore emergente Alberto Tentori.  Affamato di consensi sempre crescenti, Moreno dimostra di credere in se stesso e di voler andare avanti per la propria strada a dispetto delle critiche e detrattori; i risultati parlano da soli.

 

Moreno @ Alcatraz Ph Francesco Prandoni

Moreno @ Alcatraz Ph Francesco Prandoni

 

Moreno @ Alcatraz Ph Francesco Prandoni

Moreno @ Alcatraz Ph Francesco Prandoni

Rocco Hunt racconta ‘A verità: la recensione del disco

a-verita-cd-cover“A verità” è il titolo del sorprendente disco di Rocco Hunt, all’anagrafe Pagliarulo. Composto da ben 18 tracce 19 (nella versione digitale),  l’album, pubblicato per Sony Music Italy, dell’acclamato vincitore della sezione giovani dell’ultima edizione del Festival di Sanremo si affaccia nel mondo mainstream mantenendo una spessa corteccia hardcore, grazie ad una serie di assi nella manica. Rocco, originario di Salerno, mette sul tavolo le rime migliori di un repertorio davvero denso di questioni da tenere in considerazione. Questo album sorprende per lo spessore, per il dinamismo, per la franchezza e la qualità dei testi e degli arrangiamenti. Aldilà delle prestigiose collaborazioni presenti nel lavoro, colpisce la visione che Rocco ha del mondo, così giovane eppure così diverso, ma mai distante, da una generazione sbandata e disorientata.

Hunt ha più volte ribadito di voler essere “A’ voce de guagliune” pur non essendo affatto il primo della classe. Il suo parlato è naturale, è sincero e soprattutto rispecchia esattamente una realtà vera, tangibile, che in tanti, troppi, toccano con mano tutto il giorno, tutti i giorni. Bando alle accuse di speculazione e di strumentalizzazione di tematiche difficili e costantemente inflazionate dalla stampa come quelle citate nell’ormai nota “Nu juorno buono”: nelle canzoni di Rocco Hunt c’è gente che si accontenta di mettere il piatto sulla tavola, c’è gente che si arrangia, che si reinventa e che, nonostante il maledetto disinteresse dello Stato, trova ogni giorno la forza per ricominciare una lotta, quasi sempre persa in partenza. Forse quello che si può rimproverare a Rocco è un’ eccessiva dose di positività e di speranza ma come potrebbe non averne un giovane che è riuscito a far fortuna in un contesto inavvicinabile ai più?

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Hunt scrive e lo fa tanto, lo ha fatto per anni in strada, con un calzino come filtro per il microfono, dedica una canzone alla madre e chiede più rispetto per le donne in “Na vota ancora”: «Nascimm a na femmena, crescimm cu na femmena, amma purtà cchiù rispett e femmen».  Hunt non le manda a dire a nessuno, canta in “Rh Staff”, di parole al vetriolo ne ha per il presidente del consiglio, per le ragazzine perdute di oggi e per i ragazzi scapestrati di “Giovane disorientato”. C’è spazio anche per l’amore in “Tutto resta” e “Come una cometa”, il dolcissimo brano realizzato in collaborazione con Tiromancino. Rocco usa il dialetto napoletano sottolineando che si tratta di una lingua riconosciuta dall’Unesco in “Vieni con me”, parla di vittorie e sfide in “Replay” e di rimpianti e pensieri in “Nun è fernut’”.

Il testo più completo e più profondo è proprio quello della title track “A verità” in cui Rocco Hunt riesce a toccare nervi scoperti e questioni mai risolte. Si tratta di un testo che fa male, fastidioso, doloroso, prezioso. Il sax e le parole strette tra i denti del maestro Enzo Avitabile scorrono come un flusso di coscienza all’altezza del midollo spinale, da brividi.

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Di Emiliano Pepe è invece la voce di “Senza Chances”: «Te può piglia’ ’o Rolex, ma ’ o tiempo non t’’o può accatta’… simme ’e guagliune senza chances», cita il ritornello del brano, che si allaccia a “Ce magnamm’”, la canzone che Rocco Hunt interpreta insieme a Clementino suggellando una fraterna alleanza di intenti.  Poi c’è “Devo parlare”, con Noyz Narcos, in cui ogni parola canta la coscienza sporca di chi giudica, condanna, specula sugli altri.  Nazo e Zoà sono i compagni di microfono di Rocco in “RH staff” che, insieme a “The Show”, in cui compare il featuring con Gemitaz, Nitro e Madman, rappresenta uno dei pochi momenti goliardici di tutto il lavoro discografico di Hunt.

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Rocco Hunt live @ Teatro Trianon Ph. Luigi Maffettone

Molto interessante è l’arrangiamento di “Credi”, in duetto con Eros Ramazzotti, per una buona rivisitazione dello storico brano di Edoardo Bennato del 1973, intitolato “Un giorno credi”. “Die young”, porta il featuring con Ensi e, nel condannare una generazione di doppioni che parla al mondo con whatsapp, Rocco trova anche il coraggio di rivelare le sue paure nei riguardi di un domani nebuloso e incerto. Stando alle premesse, per lui ci saranno sicuramente tante soddisfazioni.

Raffaella Sbrescia

Video: “Nu juorno buono”

Clementino: il 28 febbraio a Napoli con il “Mea Culpa tour”

Clementino

Clementino

Il giovane e talentuoso Clementino, al secolo Clemente Maccaro, torna a Napoli per l’unica data campana del  “Mea Culpa Tour”. Dopo i due concerti anteprima dello scorso dicembre a Milano e Roma, il rapper classe 1982, originario di Camposano (Nola),  canterà dal vivo il prossimo 28 febbraio presso la Casa della Musica di Via Barbagallo. Presente nella scena musicale italiana sin da quando aveva 14 anni, Clementino è riuscito ad affinare sempre meglio le sue tecniche nel freestyle e a farsi riconoscere come uno dei talenti più apprezzati d’Italia. Lo stile del rapper è principalmente rap, anche se nei suoi brani non mancano campionamenti di musica elettronica e funk. Nella scaletta pensata per il live ci saranno, ovviamente, le canzoni che hanno scandito l’ escalation di successi che lo hanno visto protagonista negli ultimi anni: “Amsterdam”, “Ci rimani male”, “Alto Livello”, “Rovine”, “La Luce”, “Beat Box”, “La mia musica”, “Harlem Shake”, “Il Re Lucertola, “O Vient” nonchè  “Fratello”, con la straordinaria partecipazione di Jovanotti, e l’ultimo singolo “Buenos Aires / Napoli”, prodotto da Shablo, che vede la presenza Negrita e contiene un campione del loro brano tormentone “Rotolando verso Sud”. A dividere il palco con Clementino ci sarà il beat-maker Dj Tayone, che aprirà il live con il suo dj set.

 I biglietti per il concerto di Napoli, organizzato da Veragency, sono in vendita al costo di 23 Euro attraverso i circuiti Go2 e Boxol e nelle prevendite abituali.

Video: “Buenos Aires/Napoli”

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I Taurina Bros alla conquista del…cosmo!

Taurina Bros
“Viaggio Famelico” è il primo album dei Taurina Bros, pubblicato lo scorso giugno 2013. Dario Genovesi, Lorenzo Maggiani e Matteo Ratti sono tre ragazzi che basano la loro musica su un ascolto eterogeneo e sulla ricerca sperimentale. Inseriti a pieno titolo nello scenario dell’evoluzione del Rap italiano, i tre artisti ci raccontano la loro voglia di “mangiare” l’anima delle cose e anticipano che prima dell’estate uscirà il loro nuovo album.
Chi sono i Taurina Bros e come nasce “Viaggio Famelico”?
 I Taurina Bros sono tre individui che fanno finta di fare musica rap, che sbattono fortissimo la testa contro ogni cosa finche non l’hanno rotta e non hanno visto che cosa c’è dentro. “Viaggio Famelico” nasce da questa ricerca musicale e dalla voglia di “mangiare” l’anima delle cose.
 La vostra musica è un melting pot di contaminazioni e combinazioni di note. Cosa ispira le vostre composizioni e a cosa aspirano, a loro volta, i vostri brani?
 
 Sicuramente siamo ispirati da altra musica, dalle persone e dalle loro opere. A cosa aspiriamo? Alla conquista del cosmo… ovviamente.
“Solo confusione”… è la nostra nazione?
 
Ci riferiamo più generalmente ad ogni agglomerato urbano che conti più di tre persone.
Paranoico e visionario, sicuro e osservatore… è questo lo spirito dei Taurina Bros?
 
Aggiungeremo disturbato e in qualche modo pericoloso. Adesso c’è tutto.
“Mia madre lo sa” affronta, con ironia, i messaggi distorti della tv…voi come fate fronte all’omologazione delle menti?
 
 Indossiamo la maschera dell’omologato e dietro la cartapesta ce la ridiamo di brutto.
Cosa si intende per “nuovo rap”?
 
Sicuramente un rap variegato di ogni “gusto” musicale immaginabile. È probabile che presto tutti si accorgano che il rap può essere facilmente mescolato ad ogni altro genere, è un giochino facile e divertente. Ma per ora lo facciamo in pochi e a noi va bene così.
Siete già al lavoro su nuovi pezzi?
Sì, abbiamo già finito il nostro prossimo album e probabilmente uscirà prima dell’estate e sarà molto più bello del precedente.
Cosa dovremo aspettarci da voi in futuro e quali sono le vostre aspettative nei riguardi di voi stessi?
 
 Dovete aspettarvi che vi daremo la nausea e ci odierete. A quel punto avremmo conquistato il cosmo e andremo in vacanza. E ci andremo! Promesso. È ciò per cui si lavora realmente no?
Raffaella Sbrescia
 

Video: “Viaggio Famelico”

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=CI64u3m25ak]

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